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Performance del processo e benefici ambientali
Per quanto riguarda la performance del processo, è considerato efficace se il 50% della sostanza evolve metano e CO2 e poi il 50% è digestato; in confronto al compostaggio, produce energia che è rinnovabile perché deriva da biomasse e questo determina un risparmio di energia fossile e anche una riduzione degli impatti ambientali legati alla liberazione di CO2 e di altri inquinanti da fonti non rinnovabili. Quando si usa una fonte fossile si immagazzina e poi si rilascia in un tempo a lungo termine e quindi il bilancio di CO2 non è zero, mentre le fonti rinnovabili hanno un bilancio di emissione di CO2 pari a 0. La differenza tra ingestato e digestato è la quantità di biogas prodotta: il sistema determina un aumento della stabilità biologica della sostanza residua perché ciò che è più disponibile è stato utilizzato dai microrganismi, quindi ciò che rimane ha caratteristiche di recalcitranza.
Maggiori perché si tolgono le frazioni facilmente fermentescibili proprie della sostanza organica in ingresso. Il digestato ha proprietà ammendanti, quindi è una sostanza organica recalcitrante e promotore della salute e qualità del suolo ma trova anche utilizzo come fertilizzante, ovvero un principio attivo/biomassa ricca in nutrienti per le piante che sono azoto e fosforo.
Per fare i bilanci di massa bisogna basarsi sul principio di conservazione delle ceneri e fare una valutazione in termini qualitativi non è corretto perché ciò che rimane alla fine è diverso in quantità rispetto all'inizio: i solidi volatili passano dal 85 al 65-70%, il COD passa da 130000-170000 a valori più bassi, come anche la produzione di biogas e anche OD. Considerando le 4 macro-classi tipiche delle biomasse: il cellulare solubile si riduce, mentre le frazioni recalcitranti aumentano in valore relativo nella composizione di quello che è rimasto.
Per quanto riguarda i nutrienti, fosforo e azoto aumentano perché si tratta di specie inorganiche e tendono ad accumularsi in quanto la sostanza organica si riduce del 50% e quindi l'azoto raddoppia perché rimane più concentrato; la maggior parte dell'azoto è in forma ammoniacale e facilmente assimilabile da parte delle piante in modo diretto senza che sia necessaria una trasformazione chimica preliminare, quindi è una forma di azoto prontamente disponibile per la pianta. Questi aspetti fanno del digestato un sottoprodotto che può avere un utilizzo e quindi viene considerato un prodotto minoritario che può avere una sua funzionalità. Considerando il biogas e il digestato si ha un sistema produttivo che non produce rifiuti; il digestato può essere valorizzato e diventa una risorsa. Il digestato solido contiene la quota di sostanza organica più recalcitrante, mentre il digestato liquido ha frazioni di elementi.idrosolubili e che possono essere utilizzati con finalità di fertilizzanti, quindi ammendante e fertilizzante. Poi ci sono anche processi più complicati dove il digestato può essere una fonte per la produzione di biostimolanti che sono frazioni di sostanza organica o di biomasse che hanno la capacità di aumentare lo stato soluto delle piante, la resistenza a stress abiotici e l'assorbimento dei nutrienti stessi; sono molecole importanti che portano a benefici alle piante anche se non sono fondamentali. Ci sono studi in cui è stato mostrato come la digestione anaerobica produca frazioni a basso PM con capacità stimolanti e ormoni-simili all'auxina. Oppure viene usato anche per la produzione di fertilizzanti con difosforo. Le concentrazioni che si ottengono sono confrontabili con quelle dei vari reflui utilizzati in ambito agronomico; il digestato è comparabile se non migliore per i componenti nutrienti e per i componenti aggiunti positivi come lasanificazione perché non si ha una carica patogena che invece si può avere con i reflui e poi ha anche un impatto odorigeno con emissioni di frazioni volatili minori. Tra gli impatti ambientali si hanno gli odori e anche la presenza di inquinanti; gli inquinanti sono sempre dipendenti dalla biomassa in ingresso ma essendo un processo degradativo tra le varie classi di inquinanti sono di interesse i metalli pesanti. Biomasse pulite come gli scarti dell'industria alimentare portano a un digestato pulito, mentre reflui, liquami dove si accumulano rame e zinco e soprattutto i fanghi di depurazione non sono puliti. Un digestato ottenuto da biomasse agricole risulta molto più pulito e si trova sotto i limiti di legge riportati dalle normative. Principali filiere agroalimentari La corretta gestione delle risorse e la prevenzione dei rifiuti costituiscono il primo fattore delle politiche di sviluppo sostenibile. L'industria alimentare è un settore che necessita di.numerosi input: acqua, aria, energia, materie prime agricole e packaging. Tutti questi input determinano un grosso impiego di energia per la loro produzione. Gli input per la produzione di cibo richiedono un grosso dispendio energetico, approvvigionamenti consistenti in termini di acqua, energia e produzioni primarie; si ha la tendenza di questo settore a diventare meno energivoro per aumentare quindi la sostenibilità ambientale. L'input più costoso sono le materie prime agricole perché per la produzione primaria servono acqua, aria, energia e suolo e anche emissioni; più del 70% delle materie agricole è acquistato dalle industrie per le trasformazioni. La produzione, perdita di cibo e la produzione di rifiuti costituiscono un fenomeno mondiale diffuso ovunque e anche molto ingente. La quantità di rifiuto prodotto è pari al 60%; a livello della comunità europea si ha una produzione di 89 milioni di tonnellate di rifiuti per cittadini.
Diversi settori dell'industria alimentare hanno un impatto diverso in base alla risorsa primaria che utilizzano e allo sfruttamento della stessa. Quando si parla di rifiuti generati da produzioni alimentari si possono distinguere: food lose (surplus), ovvero cibo che viene buttato o che non viene utilizzato e questa quantità di rifiuto organico si traduce in una perdita economica perché è una produzione potenziale che non si realizza, quindi si cerca di ridurlo ottimizzando il processo e valorizzando lo scarto stesso e inoltre si ha anche una perdita calorica. Per ciascun step della produzione si cerca di recuperare il surplus food con una destinazione diversa, ma si tratta di una quantità esigua rispetto alla quantità totale di food waste prodotti. In termini economici, nelle diverse fasi della trasformazione alimentare si ha un impatto economico per la produzione di rifiuti che per l'Italia è rilevante e la quota parte maggiore.La produzione di rifiuti è legata alla produzione agricola e quindi ai rifiuti che si generano nella prima fase di produzione. La produzione di scarti è tipica in tutto il mondo: i paesi più ricchi hanno spesso la produzione di rifiuti post-consumer più elevata rispetto ai paesi più poveri; quelli meno sviluppati hanno maggiori perdite in fase di produzione.
Per le produzioni vegetali, i possibili scarti sono eccedenze di produzione, quindi si ha una maggiore produzione di ciò che il mercato potrebbe assorbire. Nella nostra realtà, il maggior motivo di produzione di rifiuto sono gli standard di qualità elevati. Si possono avere eccedenze di produzione che rimangono nel campo per l'eccessiva produzione, per la perdita durante le diverse fasi di raccolta e trattamento. Per le diverse produzioni vegetali le quote si attestano verso il 2-3% e le maggiori quote si hanno nei vegetali prodotti in serra. Considerando la totalità della
produzione è il settore della produzionecerealicola e la produzione di pieno campo che hanno un' eccedenza maggiore. Il destino delle stesse è dipendente da ciò che rimane. Le frazioni di cereali che rimangono sul campo hanno dei costi di recupero delle stesse più alti del valore che avrebbero sul mercato, mentre per frutti, uva e altre tipologie di produzioni risulta conveniente il loro recupero. Facendo un bilancio tra i costi di produzione e il mercato, cereali e tuberi hanno un costo di produzione maggiore del costo di mercato, mentre nel caso di frutta, olive, uva il costo del trasformato è molto maggiore della biomassa. Si hanno poi scarti ligneo cellulosici che rimangono nel campo perché danneggiati e possono apportare sostanza organica al suolo.
Dal punto di vista delle caratteristiche degli scarti vegetali rispetto alla produzione agricola possono essere divisi in freschi, insilati e secchi. Quelli industriali vengono divisi in liquidi.
(melassi) e solidi divisi in freschi, insilati e secchi. Spesso hanno un'umidità molto elevata e questo le rende molto nutrienti, molto fermentescibili ed è quindi indice di bassa conservabilità tanto che tendono ad acidificare velocemente ed essere attaccate dai microrganismi che ne intaccherebbero la salubrità. Servono sistemi di conservazione idonei od utilizzi rapidi. Gli impatti negativi sono: rilascio di odori, di percolati. Hanno però un'elevata purezza merceologica intesa come composizione omogenea. Sono prodotti in ambienti igienicamente controllati; hanno elevate concentrazioni di macromolecole nutritive e di molecole funzionali. La quantità di scarti è dipendente dalla tipologia della biomassa, ovvero dagli aspetti morfologici ma anche dalla tipologia di trasformazione che viene attuata per cui una stessa materia prima può generare quantità di scarto diverse a seconda del tipo di trasformazione. Lo specific wasteindex misura la quantità di scarto prodotto per specifiche produzioni diverse ma anche dalla stessa materia prima avviata a diversi processi produttivi; è la massa di rifiuti prodotti rispetto all'unità di massa disponibile, può essere applicabile a qualsiasi materia prima e per tutte le trasformazioni alimentari. Spesso non tiene conto della fase di produzione primaria.
Le principali filiere dell'industria alimentare (ISTAT) e i loro scarti:
- La filiera del frumento si ha con la produzione di grano tenero e duro con una dislocazione geografica diversa: il grano tenero viene maggiormente prodotto nel settentrione, mentre quello duro nell'Italia centrale e meridionale; è una produzione rilevante e un processo di trasformazione a dare la farina prevede la produzione di scarti come paglia e poi crusche che sono tegumenti dei semi del frumento che si ottengono nel processo di raffinazione. La paglia costituisce la maggior parte della frazione
discarti che si possono ottenere; spesso viene lasciata al suolo. Il frumento ha una raccolta estiva incui si ha la produzione e l’acc