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B. presenza di un possibile futuro attacco dettato anche dalla detenzione dello Stato in
questione di armi nucleari. Non ci sono abbastanza segnali dalla prassi per poter affermare
che sia lecita legittima secondo l’amministrazione statunitense.
Possibilità che l’attacco sferrato in legittima difesa possa essere sferrato da un ente diverso
3.
da uno Stato
Operazione Enduring Freedom: operazione di occupazione di una coalizione a guida statunitense in
Afghanistan a seguito degli avvenimenti dell’11 settembre 2001 e di alcuni attentati precedenti alle
ambasciate Usa. Questi avvenimenti possono essere considerati come attacchi armati contro gli
Usa, ci si deve chiedere se per tali atti sia imputabile lo Stato dell’Afghanistan o un gruppo
terroristico indipendente come Al Quaeda. In dottrina si è affermato che tali atti fossero imputabili
solo al gruppo terroristico privato e quindi si deve valutare se in questo caso la legittima difesa sia
lecita o no.
Vedere risoluzione del CdS del 12.09.2001: in essa non si dice che gli atti terroristici non sono un
attacco armato, ma una minaccia alla pace. Questo è un indubbio elemento di stranezza, perché una
minaccia alla pace non indica la liceità della legittima difesa. Tale stranezza si può spiegare a
partire dal fatto che ancora non si sapeva, per la breve distanza dall’attacco, se tale atto fosse
imputabile ad un gruppo privato o ad uno Stato.
Se interpretiamo l’operazione Enduring Freedom come atto di legittima difesa possiamo dire che
essa sia lecita nei confronti di attori non statali?
L’art.51, che non esplicita né esclude la possibilità di legittima difesa contro gruppi privati, è
ambiguo su questo punto, il quale è invece stato affrontato dalla CIG. La Corte ha preso una
posizione sostanzialmente conservatrice dicendo che la legittima difesa è lecita quando l’attacco
armato è condotto da uno Stato e non privati. Il dibattito si è rinvigorito durante il conflitto tra
Israele e Libano nel 2006 durante il quale lo Stato di Israele ha lanciato missili contro il paese
limitrofo per limitare gli attacchi del gruppo terroristico degli Hezbolah, anche in questo caso,
come per Enduring Freedom gli Stati hanno ritenuto lecito il comportamento di Israele, si
interpreta quindi la prassi secondo un modello per cui è lecito rivolgere la legittima difesa contro
attori non statali quando questi operano sfruttando un vuoto di potere sul territorio di un altro Stato.
Poiché lo Stato non ha il controllo del proprio territorio, è lecito che lo Stato vittima possa
intervenire, ma tale intervento deve basarsi sul rispetto del principio della necessità e
proporzionalità.
Ci sono ulteriori requisiti che devono essere soddisfatti affinchè l’azione in legittima difesa sia
lecita, oltre all’aver subito un attacco armato?
Ci sono altre tre classiche condizioni che l’art.51 non menziona, ma che sono previste dalla
corrispondente norma consuetudinaria esplicitata dalla CIG:
Necessità: l’uso della forza in legittima difesa deve essere una “extrema ratio”, deve essere
- una scelta obbligata in mancanza di mezzi pacifici per risolvere la situazione.
Immediatezza: la risposta in legittima difesa deve immediatamente seguire l’attacco armato,
- ma può dipendere dalle circostanze, in base al tempo necessario per organizzare l’azione.
Proporzionalità: la legittima difesa deve avere come obiettivo quello di far cessare l’attacco
- armato e ripristinare la situazione che c’era prima di esso, con il ripristino del precedente
status quo.
È anche lecita la legittima difesa collettiva, in cui Stati diversi dalla vittima aiutano quest’ultima per
attuare la legittima difesa, condizione di liceità è in questo caso il consenso dello Stato vittima a
riceve l’aiuto. Questo consenso può essere prestato dopo che l’attacco armato avvenga, ma anche
prima in senso generalizzato (esempio: Nato).
Vi è un ultimo requisito inserito nello stesso art. 51, nel momento in cui esso afferma che lo Stato
che ricorre alla legittima difesa debba notificare al Consiglio quest’atto. Nel disegno della Carta la
legittima difesa è un atto eccezionale e temporaneo che ha luogo fino a quando non sia il CdS a
prendersi carico della situazione.
Sistema di sicurezza collettivo delle Nazioni Unite
La Carta al capitolo 7 consente al CdS di adottare misure coercitive sia pacifiche, descritte
all’art.41, che militari, descritte all’art.42. il CdS può agire n questo senso perché l’art. 24 afferma
che gli Stati conferiscono la responsabilità principale del mantenimento della pace internazionale al
Cds, il quale agisce in loro nome. L’art. 25 obbliga gli Stati a conformarsi alle misure decise dal
Cds.
I casi in cui il CdS può esercitare un intervento sono tre e sono identificati nell’art. 39 della Carta:
Minaccia alla pace
1. Violazione della pace: dichiarazione dell’AG del 3314/74, il cui contenuto corrisponde al
2. diritto internazionale consuetudinario per cui la violazione della pace corrisponde anche a
bande armate, gruppi mercenari che agiscono per conto di uno Stato qualora l’azione di tali
bande siano di sufficiente gravità da equivalere ad un attacco armato condotto da forze
regolari.
Atto di aggressione
3.
Secondo lo stesso articolo il CdS ha il compito di accertare l’avvenimento di uno di questi tre casi.
La Carta non dà altre indicazioni, lasciando discrezionalità al Consiglio di valutare un suo possibile
intervento, unico limite che in questa fase di accertamento ha il Consiglio è il consenso degli Stati
che lo costituiscono, questo fa emergere la componente politica che lo contraddistingue.
Dalla guerra fredda in poi il caso che più frequentemente si è presentato è quello di minaccia alla
pace.
I poteri del CdS sono stati concepiti in modo graduale e le misure che il CdS può adottare sono:
Raccomandazioni o misure provvisorie (art. 40): misure che non hanno carattere vincolante
- e si configurano come un invito del CdS nei confronti dello Stato che sta creando una
minaccia alla pace al fine di prevenire l’aggravarsi della situazione (es: cessate il fuoco).
Misure pacifiche (art.41): sanzioni intelligenti che non vanno a colpire l’intera popolazione
- dello Stato, ma gli esponenti di un regime.
Altri casi di legittimo uso della forza
Art. 42 della Carta indica le misure implicanti l’uso della forza e dichiara che se il CdS ritiene che
le misure non implicanti l’uso della forza siano inadeguate o si siano dimostrate come tali, ess può
intraprendere ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza
internazionali.
Il CdS può agire sulla base di questo articolo anche senza che prima sia state adottate misure non
implicanti l’uso della forza, può quindi anche valutare come inefficaci misure pacifiche e procedere
immediatamente con l’uso di misure che implicano l’uso della forza o usare contestualmente misure
sia di un tipo che dell’altro.
Questo articolo dice che il consiglio può intraprendere esso stesso operazioni militari, e alla luce
dell’art. 43, e che esso avrebbe dovuto avere a disposizione forze armate permanenti messi a
disposizione degli Stati; tuttavia, gli accordi speciali in virtù del quale l’esercito avrebbe dovuto
crearsi, non sono mai stati stipulati e questa parte della Carta è rimasta lettera morta, così la prassi
ha attraversato un’evoluzione che si è affermata in due diverse direttrici:
Nel caso di operazioni militari coercitive lo schema utilizzato è stato quello dell’autorizzazione
1. da parte del CdS agli Stati membri di usare la forza nello specifico caso.
Le operazioni vengono svolte dagli eserciti degli Stati membri.
Gli Stati membri vengono autorizzati a usare la forza in deroga al divieto di uso della forza della
Carta, si rende lecito tale uso che non è obbligatorio. In linea di principio l’autorizzazione del
Consiglio è la seconda fondamentale eccezione al divieto della Carta. L’autorizzazione può anche
essere concessa a organizzazioni regionali (Nato, Osa, Unione Africana), questa possibilità è
prevista dalla stessa Carta, diversamente da quanto accade per l’autorizzazione agli Stati, che si è
affermata nella prassi e non è prevista dalla Carta.
Primo caso di autorizzazione a Stati: autorizzazione Onu agli Stati membri a intervenire in difesa
della Corea del Sud sotto bandiere Onu.
Secondo caso di autorizzazione a Stati: nel 1991 durante la Prima Guerra del Kuwait.
Da quel momento in poi tali autorizzazioni sono state date anche per intervenire in conflitti non solo
internazionali, ma anche interni (Jugoslavia, Pirateria in Somalia).
Si è creata, quindi, una prassi che rende lecito l’uso della forza da parte di singoli Stati se
autorizzato dal CdS.
Talvolta si è cercato di avere autorizzazioni implicite tramite la lettura delle risoluzioni del CdS,
prassi non attuabile perché:
la lettura delle risoluzioni sarebbe di parte e astratte dal contesto
- l’autorizzazione è un’eccezione rispetto a un divieto, ma tutte le eccezioni rispetto a una
- regola di diritto non possono mai essere interpretate estensivamente, ma sempre
restrittivamente.
L’autorizzazione implica anche una forma di controllo da parte del Cds sugli Stati, esso è minimale
e la responsabilità delle operazione è degli Stati.
È accaduto anche che in una fase post-conflittuale sia stata data l’autorizzazione e che si ponga il
problema del mantenimento dell’ordine in merito alle sacche di resistenza militarizzate (es:
Afghanista e Iraq) e in questa successiva fase il CdS ha autorizzato operazioni militari da parte degli
Stati, questa autorizzazione a posteriori è spesso considerata come sanatoria anche delle prime
operazioni belliche (anche questa volta si ha un’interpretazione estensiva dell’autorizzazione).
Nei casi in cui non sono previste operazioni militari coercitive, ma che richiedono un minore
2. impegno militare in funzione di mantenimento della pace si sono sviluppate azioni di
peacekeeping.
Queste operazioni non sono poste in essere da un esercito permanente Onu, ma comunque da parti
degli eserciti degli Stati membri disposti a prendere parte all’operazione.
Anche queste operazioni non sono previste dalla Carta, ma la prassi che le riguarda ha i suoi primi
esempi negli anni ’50 e ’60 quando queste operazioni nascono come concepite per interporre tra due
parti contendenti una forza militare riconducibile alle Nazioni Unite (forze cuscinetto) e in questo
senso sono qualcosa di diverso dall’uso della forza in senso stretto: