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TOSSICOLOGIA CLINICA
La tossicologia clinica è definibile come una branca medico-specialistica volta alla diagnosi ed alla terapia delle intossicazioni acute e croniche non professionali. Per intossicazioni acute si intendono un insieme di manifestazioni patologiche prodotte dall'esposizione unica ad uno xenobiotico e/o un farmaco, tale da esitare in un ricovero ospedaliero o nella morte dell'individuo. Per intossicazioni croniche non professionali si intendono le farmaco-dipendenze (benzodiazepine) e le tossico-dipendenze. In Italia sono oltre centomila le intossicazioni annuali certificate da schede di dimissione ospedaliera. Per quanto riguarda le intossicazioni acute, 2 soggetti su 100 si ricoverano ogni anno per cause tossicologiche acute, rappresentando il 7% delle ammissioni d'urgenza e il 25% delle diagnosi nei pazienti in coma. In termini di mortalità, le morti per intossicazioni ricoprono una percentuale che va dallo 0,2 allo 0,8% della mortalità generale.
Per quanto riguarda invece le intossicazioni croniche (tossico-dipendenze e farmaco-dipendenze), vi è il bollettino EMCDDA, un report che riguarda i dati di consumo degli stupefacenti in Europa, dove il nome del bollettino è dato dalle lettere dell'acronimo dell'istituto che pubblica il bollettino (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction). L'aspetto interessante è il numero di decessi per overdose, che nell'81% dei casi sono dati dalla dipendenza da oppiacei, e in Europa secondo le stime sono oltre 8000 mila i decessi per overdose. L'età media dei soggetti morti per overdose corrisponde a 38 anni, e la zona geografica più colpita dal numero di questi decessi è il Nord Europa. Dall'antichità l'uomo ha cercato di approcciarsi alla tossicologia clinica, si risale al 600 a.C. per avere la prima evidenza di utilizzo di un antidoto per sconfiggere un'intossicazione: nell'Odissea.Omero narra di come ad Ulisse venne dato un antidoto contenente Galantamina usato contro i veleni dell'amaga Circe (si suppone che il veleno utilizzato fu la scopolamina). Più avanti con gli anni, il re Mitridate VI era terrorizzato dall'essere avvelenato da chi lo circondava, e fu il primo a commissionare ai propri medici la produzione di un antidoto universale da poter utilizzare contro il veleno dei serpenti e altri animali velenosi. Nacque così nel 123 a.C. l'alessifarmaco, il primissimo antidoto prodotto dall'uomo: era un intruglio di diversi ingredienti come pepe e zafferano, miscelato con alcolici vari. Questo antidoto è sempre stato utilizzato nel tempo e perfezionato dal medico di Nerone, fino ad arrivare ad essere composto da oltre 70 ingredienti. Successivamente Galeno compone tre opere in cui si descrive l'alessifarmaco, da cosa era costituito e per cosa risultava essere efficace. La prima vera svolta della tossicologia clinica si ha con
William Piso che capisce che a fronte di un'intossicazione di qualsiasi natura, lo svuotamento gastrico e quindi l'emesi poteva essere un primo approccio, per cui suggerirà l'uso dell'ipecacuana per prevenire l'assorbimento delle sostanze tossiche. Intorno al 1700 si cominciò a discutere la vera utilità dell'alessifarmaco, e nel 1800 un chimico dimostra come l'assunzione del carbone vegetale potesse essere un modo per neutralizzare l'effetto di diversi tipi di tossici: fece diversi esperimenti su animali, poi provò ad assumere una dose di arsenico in contemporanea a una consistente quantità di carbone vegetale, e sopravvisse alla dose letale di arsenico, avendo così la prima evidenza del fatto che il carbone vegetale può essere utilizzato come antidoto a fronte di intossicazione. In seguito sono state migliorate le proprietà del carbone vegetale, in particolare la sua capacità assorbente.
paziente significa garantire che le sue funzioni vitali siano mantenute e che non ci siano complicazioni immediate che mettano a rischio la sua vita. Questo può includere la somministrazione di ossigeno, il controllo della pressione sanguigna, la gestione del dolore e il monitoraggio delle funzioni cardiache e respiratorie. - Valutazione clinica dello status del paziente La valutazione clinica del paziente coinvolge la raccolta di informazioni sulla storia clinica, l'esame delle condizioni fisiche, l'esecuzione di indagini di laboratorio e di esami radiologici. Questo aiuta a determinare la gravità dell'intossicazione e a identificare l'agente tossico coinvolto. - Prevenzione di un ulteriore assorbimento del tossico Una volta che il paziente è stato stabilizzato, è importante prevenire ulteriori assorbimenti del tossico nel suo sistema. Ciò può includere la rimozione di vestiti contaminati, il lavaggio dello stomaco o l'uso di carbone vegetale attivo per assorbire il tossico nel tratto gastrointestinale. - Facilitazione dell'eliminazione dell'agente tossico In alcuni casi, può essere necessario facilitare l'eliminazione dell'agente tossico dal corpo del paziente. Ciò può essere fatto attraverso diuresi forzata, emodialisi o altri metodi specifici a seconda del tipo di tossico coinvolto. - Somministrazione di un antidoto Se disponibile, può essere somministrato un antidoto specifico per neutralizzare gli effetti del tossico. L'uso di antidoti dipende dal tipo di intossicazione e può richiedere una valutazione accurata da parte del medico. - Supportive care e follow-up clinico Durante il trattamento, è importante fornire cure di supporto al paziente, come il monitoraggio delle funzioni vitali, la gestione del dolore e il supporto psicologico. Dopo il trattamento iniziale, è necessario un follow-up clinico per valutare eventuali complicazioni a lungo termine e garantire una completa guarigione del paziente. In conclusione, il trattamento di un paziente con intossicazione richiede una serie di approcci farmacologici e non, con l'obiettivo di stabilizzare il paziente, prevenire ulteriori assorbimenti del tossico, facilitare l'eliminazione dell'agente tossico, somministrare antidoti quando necessario e fornire cure di supporto.paziente significa controllare, e se necessario, intervenire per normalizzare la ventilazione (capacità respiratoria), la circolazione e l'ossigenazione. Il grado di destabilizzazione clinica necessario è variabile a seconda dei pazienti e a seconda del tipo di sostanza che il paziente ha assunto o alla quale è stato esposto, infatti la gravità degli effetti tossici indotti da una sostanza nel tempo è tossino-specifica.
Valutazione clinica delle condizioni del paziente
Storia clinica del paziente: la prima cosa da fare è cercare di capire quale sia stata la sostanza tossica volontariamente assunta o a cui si è stati esposti, nonché la quantità assunta a cui si è stati esposti e il tempo di esposizione (per quanto tempo il soggetto è stato esposto alla sostanza o da quanto tempo l'ha assunta). Si è quindi davanti a due scenari: il soggetto intossicato ha assunto volontariamente la sostanza, e il
chimiche presenti sul luogo di lavoro, ecc. Il limite della ricostruzione dell'avvenimento è che le informazioni sono scarse o inattendibili.
Altro aspetto fondamentale è definire il "timing" dell'esposizione, poiché è anche a seconda di quanto tempo è passato dal tempo dell'assunzione piuttosto che della durata dell'esposizione che poi la prognosi del paziente può variare.
Esame delle condizioni fisiche: bisogna poi andare a valutare le condizioni generale del paziente, lo stato mentale (se alterato bisogna verificare eventuali traumi, infezioni al sistema nervoso centrale, ecc) e il riflesso del vomito (gli interventi possibili successivamente sul paziente come l'induzione di emesi, la lavanda gastrica, l'assunzione di carbone vegetale attivato, ecc, possono essere fatti solo nel momento in cui il paziente ha un riflesso del vomito, e nel momento in cui non ce l'avessi vi è
La possibilità che parte di ciò che viene estruso dall'organismo venga in parte ingerito). Se non si conosce la sostanza a cui il paziente è stato esposto, si osservano sintomi e segni clinici da lui presentati per cercare di risalire alla sostanza tossica. È tramite la valutazione di questi sintomi che sono stati creati i tossidromi, che sono combinazioni di specifici segni clinici e sintomi che, nell'insieme, suggeriscono l'esposizione a specifiche classi di agenti tossici. Indagini di laboratorio: i test di laboratorio per determinare la tossina a cui il paziente è stato esposto e che diano un esito entro brevi tempi (al massimo entro un'ora) sono pochi, circa una ventina, quindi vi è il rischio che con l'esame del sangue non si riesca a capire tramite di che tipo di tossico si tratta. Queste misurazioni quantitative però possono dare indicazioni sulla prognosi del paziente e guidare verso un approccio successivo.Alla luce di test disponibili a livello sanguigno per specifici tossici sono stati ideati i nomogrammi, grafici che mettono in relazione quanto tempo è passato dall'assunzione del tossico e le concentrazioni seriche e plasmatiche dello stesso, e sulla base di questi grafici si riesce a capire quale potrebbe essere la prognosi del paziente. Il tossicologo clinico deve valutare in maniera critica i dati di laboratorio e trattare il paziente considerando il suo status piuttosto che il mero dato di laboratorio. Se l'agente tossico non è noto (nessun testimone o indizio a riguardo, il paziente non vuole o non può collaborare nel dire a cosa sia stato esposto, dai test specifici sul sangue non si capisce quale sia la sostanza assunta), il tossicologo clinico utilizza degli indici derivanti dai dati degli esami di laboratorio per determinare quale possa essere l'agente tossico a cui il paziente è stato esposto. Tramite esame del sangue, il tossicologo va acalcolare il gap anionico: nel sangue il rapporto tra cariche positive e negative è sempre più o meno bilanciato, e il gap anionico misura il bilanciamento tra cariche positive e cariche negative nel sangue, e in condizioni fisiologiche il gap anionico è inferiore a 12. Quando è superiore a 12, da questo indice si evidenzia un quadro di acidosi metabolica, e allora il paziente potrebbe essersi intossicato con alcool, toluene, metanolo, paraldeide, ecc, poiché è noto che queste sostanze possono dare gap superiore a 12.
Analogamente si può calcolare il gap osmolare: ci si aspetta che l'osmolarità del sangue abbia un certo valore, e normalmente il gap osmolare è inferiore a 10 mOsm, e gap osmolari maggiori di 10 suggeriscono la presenza di sostanze osmoticamente attive nel plasma, come etanolo, glicole etilenico, isopropanolo e metanolo.
Esame radiologico: si possono fare esami radiografici, anche se l'utilizzo di questo
L'approccio è molto limitato nella tossicologia clinica. La tecnica viene sfruttata ad esempio nei "corrieri della droga", dove c'è il rischio che la forma farmaceutica si sia rotta e che tutto il contenuto abbia interagito con il corpo.