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TOPOGRAFIA ANTICA: LE REGIONES AUGUSTEE
L’unica fonte a nostra disposizione per conoscere la divisione dell'Italia attuata da Augusto, è Plinio
il Vecchio che, nella Naturalis Historia (III, 4, 46) prima di dare inizio alla descrizione analitica del
territorio dell'Italia antica e del numero delle regioni, dopo aver detto che l'Italia è simile a una
foglia di quercia, compie una premessa e dice di voler fare una descrizione dell'Italia e delle sue
città; egli inoltre dice che seguirà come autore Augusto e la suddivisione fatta da lui dell'Italia in 11
regiones e dice che procederà attraverso il tracciato della costa.
Plinio si appresta quindi a fare una descrizione del perimetro dell'Italia, delle sue città e ritiene
necessario avvertire che seguirà la divisione di Augusto in 11 regiones; quindi dalle parole di Plinio
veniamo a sapere che c'era una fonte scritta e l’orbis pictus, quello che venne organizzato da
Agrippa e che noi non possediamo.
Plinio, tuttavia, differentemente alla divisione augustea, seguirà l'ordine derivante dalla linea di
costa e i centri interni saranno elencati secondo un ordine alfabetico.
Circa le fonti, dobbiamo dire che non c'era l'usanza da parte degli autori greci e latini di citare la
bibliografia, quindi esse sono sempre molte incerte; tuttavia la principale fonte di Plinio è Augusto,
di cui segue la divisione in 11 regiones, l'elenco alfabetico delle città interne di ciascuna regio e
sembra che le città interne siano contrassegnate con un demotico. La seconda fonte è sicuramente
un periplo, ovvero delle descrizioni che segnavano quello che l'autore vedeva, di cui sicuramente il
più famoso è quello di Scilace di Carianda; probabilmente da questo periplo Plinio deriva
l'elencazione geografica della città litoranea e la successione delle regioni il cui ordine descrittivo
non è quello della numerazione progressiva segnata da Augusto, in quanto Plinio inizia da nord
ovest a con la regio IX, la Liguria; prosegue poi con le regioni del Mar Tirreno, dello Ionio,
dell'Adriatico e conclude con la regio X, quella di Venetia et Histria.
Gli studiosi sono abbastanza concordi nel riconoscere tra le fonti una delle molte opere di Varrone
che scrisse delle opere geografiche; stesse le città litoranee (in ora) sono classificate con il loro
nome, mentre quelle dell'interno (intus) con il demotico e in ordine alfabetico (N.H. III, 13, 11);
però dell'opera di Plinio abbiamo molte ripetizioni e incongruenze che complicano la lettura.
Quella di Plinio è infatti un'opera enciclopedica, però confusa perché è affrettata, infatti egli
procedeva per schedature degli argomenti: ecco perché vi sono molte ripetizioni incongruenze.
Sappiamo che le regiones auguste erano sicuramente contrassegnate da una numerazione
progressiva e sappiamo che a ciascuna regio non corrispondeva un solo ethnos italico, comprendeva
più etnie perché le regiones erano organizzate sulla fusione di tanti popoli.
Plinio amante non dà la caratterizzazione etnica nella regione, ma sono quella geografica e spesso
viene indicata una regio con il nome del gruppo etnico più importante: ad esempio della regio VIII
Plinio ci dà solo una caratterizzazione geografica e dice che ha tre elementi, una città, le montagne e
un fiume, così come fa per la regio XI, quella Transpadana che egli rivela prendere il nome dal fatto
che stava al di là del Po.
La definizione dei confini delle singole regiones non è però precisa, ad esempio per la regio VI,
l’Umbria, Plinio dice che non solo era occupata dagli umbri ma anche dai galli senoni.
Ecco un elenco delle singole regiones:
regio I: Latium et Campania
regio II: Abulia, Calabria, Sallentini, Hirpini
regio III: Lucania et Bruttium
regio IV: Samnium, Sabini, Marsi, Vestini, Paeligni, Marrucini, Frentani
regio V: Picenum (Piceni, Picentes) et Praetuttianus ager (di cui abbiamo però difficoltà a
comprenderne l'estensione)
regio VI: Umbria et ager gallicus (senonicus)
regio VII: Etruria
regio VIII: Gallia Cispadana
regio IX: Liguria
regio X: Venetia, Carni, Histria
regio XI: Gallia Transpadana
Augusto tenne cmq conto degli antichi gruppi etnici italici, pur non essendone vincolato; per più
informazioni dovremo conoscere la situazione corografica, cioè il sistema amministrativo,
economico e antropico di quando le regiones furono create. Ci sono inoltre molti dubbi sul perché si
sia formata questa situazione amministrativa, ovvero del motivo della divisione operata da Augusto
e gli studiosi hanno potuto elaborare solo ipotesi per una serie di esclusioni:
potremmo escludere un carattere politico perché tutto il territorio aveva ottenuto già lo ius
italicum, per cui le singole comunità cittadine facevano capo a Roma;
non poteva essere per una motivazione di carattere giudiziario perché fino ad Adriano la
giustizia venne amministrata da magistrati locali (chiamati dumviri o quattruorviri iuri
dicundo) e in seguito da magistrati centrali;
non fu nemmeno per una motivazione riguardante i servizi delle grandi strade, ovvero il
corpus publico (il servizio postale), anche perché esistevano dei magistrati specifici,
chiamati curatores viarum che presiedevano a una via o a gruppi di vie, prescindendo dalle
singole divisioni regionali perché la rete stradale travalicava le regioni;
non fu nemmeno per l'amministrazione dei beni del patrimonio dell'imperatore, che ha
distribuito in una densità varia e quindi erano degni che non la richiedevano una
suddivisione organica del territorio;
le regiones non furono sicuramente circoscrizioni militari di leva perché l'Italia godeva
dell'esenzione dal servizio obbligatorio e quindi non si facevano le leve (ad eccezione per le
coortes pretoriane);
non fu per una ragione fiscale, infatti l'Italia fino a Diocleziano venne esentata dalle imposte
dirette, e in particolare dall'imposta fondiaria; solo dal sei d.C. gravò la vigesima
hereditatum, le cui entrate Augusto le destinò a beneficio dell'erario militare, per provvedere
alle pensioni dei soldati.
L’ipotesi più plausibile per cui vennero create le regiones è il è servizio del catasto non fiscale, ma
del censimento; quindi per il rilevamento dei beni stabili e la statistica degli abitanti, anche se è
questa aveva minore valore in Italia per l'assenza dell'imposta fondiaria.
I cittadini erano infatti tenuti a dichiarare oltre alle loro generalità, anche l'ammontare dei loro beni;
durante la Repubblica il censimento avveniva ogni cinque anni, ad opera dei censores e i cittadini
venivano registrati secondo le tribù territoriali (non etniche, tribù che vennero create da Servio
Tullio) ed erano suddivisi secondo il censo in cinque classi.
Il sistema era complicato perché il territorio delle tribù era frammentato in varie parti a seconda
delle popolazioni conquistate; proprio per questo intervenne l'opera di riordinamento dell'Italia da
parte di Augusto che non poté tralasciare il censimento che venne riorganizzato sulla base regionale
e dal punto di vista della geografia antropica.
Nel monumentum anciranum (che si trova ad Ankara e che riporta parecchio delle Res Gestae di
Augusto), Augusta ricorda di aver attuato per tre volte il censimento e una conferma della
connessione tra la divisione in regiones con il censimento è offerta da Plinio che ricorda un
censimento attuato da Vespasiano (sotto il cui regno venne redatto il catasto di Orange) e Tito ed
egli dice (III, 49, 162) che furono registrate 54 persone della regio VIII che avevano raggiunto i 100
anni. Questo non significa che il censimento veniva operata regione per regione, ma l’operazione
del censimento era opera dei magistrati dei singoli municipi e colonie, che prendevano il nome di
quinquennales; dalle singole colonie erano poi trasmessi i dati a Roma dov'erano raggruppati per
regiones.