Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 9
Tiroide ed Anziano Pag. 1 Tiroide ed Anziano Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 9.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tiroide ed Anziano Pag. 6
1 su 9
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Ipotiroidismo centrale

Per ipotiroidismo centrale si intende una ridotta secrezione di ormoni tiroidei per deficitario

stimolo da parte del TSH.

Definizione clinico-bioumorale

 TSH ridotto o normale

 Ormoni tiroidei ridotti

Eziologia dell'ipotiroidismo centrale

1. Danno anatomico ipofisario e/o ipotalamico: adenomi ipofisari, radioterapia, chirurgia,

infezioni

2. Alterazioni funzionali: traumi, insufficienza renale grave, chirurgia, diabete scompensato,

depressione, farmaci (L-DOPA, corticosteroidi, dopamina, somatostatina), invecchiamento

(ridotta secrezione di ormoni tiroidei + alterato metabolismo periferico degli stessi)

Clinica

Le manifestazioni cliniche dell’ipertiroidismo primitivo e di quello centrale sono simili. La cosa più

importante da considerare è che, nell’anziano, i sintomi sono molto sfumati rispetto al giovane-

adulto, ma è importante individuarli perché l’ipotiroidismo non trattato ha ripercussioni a cascata

su diversi organi ed apparati, primo tra tutti il cuore. Gli ormoni tiroidei, infatti, mantengono

l’omeostasi cardiovascolare in quanto modulatori essenziali della funzione contrattile miocardica e

del tono vascolare periferico. Le alterazioni cardiovascolari possono costituire la più evidente

espressione clinica di disfunzione tiroidea.

La riduzione dei livelli di ormone attivo (T3) determina una serie di alterazioni emodinamiche

cardiovascolari che vanno sotto il nome di “cuore mixedematoso”: si riduce la termogenesi

tissutale e le resistenze vascolari periferiche con conseguente aumento del volume di

riempimento arterioso effettivo, riduzione del riassorbimento renale di sodio e riduzione del

volume circolante. Tutto ciò determina una riduzione dell’inotropismo e del cronotropismo

cardiaco (anche determinata direttamente dalla riduzione dei valori di T3) con riduzione della

portata cardiaca fino allo shock e alla morte.

Sintomi tipici

 sensazione di freddo (la cattiva termoregolazione è uno dei maggiori elementi di sospetto)

 depressione

 sonnolenza diurna

 difficoltà di concentrazione

 aumento di peso

 stipsi

 cute secca e ruvida

 gonfiore del viso

 voce rauca

 capelli secchi e fragili

 perdita di memoria (nelle persone anziane può rappresentare l’unico segno di

ipotiroidismo).

L’80% di questi sintomi si confonde con i sintomi associati alla senescenza, ma è l’insieme di più

segni/sintomi che dovrebbe indirizzarci verso il sospetto diagnostico.

Terapia

La terapia ormonale sostitutiva con L – Tiroxina normalizza le anomalie cardiovascolari del

mixedema, ma non è sempre possibile effettuarla; l’ipotiroidismo viene trattato solo in pazienti

con caratteristiche cliniche peculiari e con condizioni cliniche adeguate. Bisogna fare molta

attenzione perché un trattamento ormonale sostitutivo può essere addirittura più deleterio di uno

con antitiroidei (Tapazole). Nell’anziano lo schema terapeutico è lievemente differente rispetto a

quello del giovane adulto (l’ipotiroidismo a 90 anni è differente rispetto a quello a 50 anni perché

cambia la conformazione degli organi che contribuiscono all’omeostasi e all’equilibrio degli ormoni

tiroidei). Il paradigma da ricordare è che è necessaria estrema cautela nell’iniziare una terapia

sostitutiva e ci sono dei parametri da valutare:

1. Gravità

2. Durata: quanto più l’ipotiroidismo è datato, tanto più lentamente si dovrebbe iniziare la

terapia.

3. Comorbilità e stato di salute del paziente: tanto più appare “giovanile”, tanto più veloce si

dovrà andare (si potrebbe arrivare alla dose finale teorica nel giro di 1 settimana); tanto più

il paziente è malmesso, tanto più bisogna iniziare lentamente per permettere

l’adattamento dell’organismo, soprattutto del cuore.

La terapia sostitutiva deve eseguire la regola del “parti lento e vai piano” (iniziare con 12,5 μg/die,

aumentare gradualmente la posologia di 12,5-25 μg/die ogni 4-8 settimane fino al raggiungimento

della dose finale). Una correzione troppo rapida può determinare un aumento del consumo di O 2

con il rischio di provocare un’angina o slatentizzare una sottostante cardiopatia ischemica.

L’obiettivo è raggiungere un valore di TSH che sia a metà del range di normalità.

Uno studio osservazionale ha evidenziato in persone > 60 anni che valori bassi di TSH si associano

ad un aumentato rischio di fibrillazione atriale a 10 anni (aumento del rischio relativo di 3,1) e di

angina; questo è il motivo per cui la posologia va attentamente controllata.

La terapia con L-tiroxina non ha bisogno di scadenze di controllo, a differenza di quella con il

Tapazole. Quest’ultimo, infatti, non è un ormone sostitutivo, ma piuttosto un agente chimico che

interferisce con la sintesi degli ormoni tiroidei e che ha tutta una serie di gravanti metaboliche (es.

aumento delle transaminasi con rischio di epatite fulminante, alterazione della formula

leucocitaria). È per questo che, non solo prima di iniziare la terapia, ma già nell’immediato (7-10

giorni), il paziente deve essere monitorato (funzionalità epatica ed emocromo) per valutare se può

o meno continuare la terapia. Il Tapazole, al contrario della L-tiroxina, non nasce come farmaco

cronico ma ha una scadenza (l’ipertiroidismo deve avere una fine quindi o si compensa con gli

antitiroidei che poi vengono sospesi oppure viene finalizzato con qualcosa di radicale come iodio

radioattivo o trattamento chirurgico). Il Tapazole si dà se si ha una buona funzionalità epatica e un

ipertiroidismo, ma non da tiroidite, bensì da adenoma tossico o morbo di Basedow. Ci sono delle

regole sulla posologia che tengono conto del peso del paziente e della gravità dell’ipertiroidismo (il

dosaggio medio va da 2 a 6 compresse).

L’L – tiroxina (equivalente di T4) è un ormone inattivo quindi ci vogliono 6-8 giorni di tempo

affinché questo ormone si trasformi, grazie alle deiodasi, e venga attivato in L – T3 (perdendo un

atomo di iodio).

Si somministra L – T4 e non L – T3 perché quest’ultimo diventerebbe rapidamente

metabolicamente inattivo (FT2) e verrebbe eliminato con le urine. L – T3 è infatti dotato di

un’emivita molto breve, di poche ore.

Nota:

Somministrare 25 μg/die di L – Tiroxina ad un paziente giovane, senza alcun problema particolare,

non ha alcun effetto terapeutico perché la dose è considerata troppo bassa.

Trattare o non trattare l’ipotiroidismo subclinico?

L’ipotiroidismo subclinico non è una semplice entità di laboratorio ma piuttosto una condizione

patologica in cui la lieve insufficienza tiroidea può determinare effetti a carico di organi e tessuti

bersaglio con possibili complicanze (soprattutto CV).

Non c’è una risposta univoca e la letteratura stessa non è univoca sul trattamento o meno

dell'ipotiroidismo subclinico. Tutto dipende sempre dalle condizioni cliniche del paziente e nel

paziente geriatrico c’è ancora più dubbio rispetto a quello giovane. Non essendoci un vero e

proprio taglio da utilizzare nell'anziano, si tratta di medicina di precisione.

Il cut – off del TSH è di 10. Ma posso scendere a un cut – off di 8 se il paziente è giovane e può

sopportare una terapia sostitutiva, o aspettare anche oltre 10 di TSH se il paziente è fragile e

presenta comorbilità. Patologia Tiroidea indotta dall'Amiodarone

Il fabbisogno giornaliero di iodio è di 150 μg/die.

L’amiodarone è in grado di poter determinare due tipi di alterazione nella tiroide:

 AIT (tireotossicosi amiodarone indotta) cioè aumenta la funzione tiroidea per un breve

periodo o per molto tempo.

 AIH (ipotiroidismo indotto dall’amiodarone) per un limitato periodo o per un prolungato

periodo di tempo.

Entrambe possono anche coesistere nello stesso paziente, ma in un momento prevale una

condizione rispetto all'altra, e viceversa.

Questo accade perché l’amiodarone è una molecola che nella sua struttura include due atomi di

iodio, e se somministriamo il farmaco (una sola fiala) da 200 mg, avremo un equivalente di 75 mg

di iodio. Spesso tuttavia si danno anche 6 – 8 fiale contemporaneamente, raggiungendo valori di

iodio spropositati rispetto al fabbisogno giornaliero che bloccheranno la funzionalità della tiroidea

(“stordiranno la tiroide”). Inoltre, una parte di questo iodio resta depositato nel tessuto adiposo

anche per mesi, e dunque questa situazione va sospettata anche mesi dopo il trattamento con

amiodarone. La sua emivita è di 2 mesi, perciò il totale allontanamento del farmaco si ha dopo

circa 4 mesi.

Dal metabolismo del farmaco si rilasciano circa 6 mg/die di iodio, motivo per cui la ioduria di

questi pazienti è molto elevata.

Essendo un farmaco altamente liposolubile e si accumula a livello tissutale determinando:

 fibrosi polmonare

 danno epatico

 colorazione grigiastra della cute (ha un elevato tropismo per la cute)

 cataratta e alterazioni del visus (per deposizione a livello corneale e del cristallino).

L’amiodarone ha effetti a livello tiroideo: ostacola la trasformazione del T4 in T3 (ipotiroidismo) e

libera iodio inorganico che può essere captato dalla tiroide con alterazione della funzione tiroidea

(ipertirodismo).

Ha una lunghissima emivita perché accumulandosi nei tessuti viene lentamente eliminata. È un

farmaco che ha fortissime interferenze farmacocinetiche. È substrato e induttore del CYP3A4.

Eziopatogenesi

L'accumulo del farmaco e dello iodio da un lato inducono un processo flogistico, mentre dall’altro

una alterazione dei meccanismi che sono preposti all’assorbimento e all’eliminazione dello iodio

(in particolar modo dei canali pompa I - Na detti NIS).

- +

È stato dimostrato che nelle zone a basso apporto iodico tende a prevalere l’AIT, mentre nelle

zone ad elevato apporto iodico prevale l’AIH. Comunque, ormai l’apporto iodico è stato

normalizzato e omogeneizzato nei vari Paesi, quindi sono forme abbastanza rare. Tuttavia

prevalgono le forme composte (AIT + AIH contemporaneamente) piuttosto che quelle singole.

Patogenesi dell'AIH

L'alterazione dei meccanismi di autoregolazione, assorbimento e metabolismo dello iodio (i

trasportatori NIS si saturano e non funzionano più) porta all'induzione o alla riesacerbazione di

meccanismi autoimmuni e quindi di un processo flogistico. Questo sta ad indicare che se un

paziente ha una tiroidite

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
9 pagine
SSD Scienze mediche MED/09 Medicina interna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rityanel di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geriatria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Piro Salvatore.