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La matrice amorfa ed il liquido interstiziale sono essenziali per gli scambi
metabolici. La sostanza intercellulare amorfa possiede le proprietà di una soluzione
colloidale molto viscosa o di un gel fluido e la capacità di legare quantità variabili
d’acqua. L’acqua, con le sostanze ed i gas in essa disciolti, che diffonde dai capillari
sanguigni e ad essi ritorna, costituisce il liquido interstiziale. Liquido interstiziale,
plasma e linfa costituiscono il liquido extracellulare e sono in equilibrio dinamico tra
di loro, pur essendo diversi (le proteine del plasma non sono presenti nel liquido
interstiziale in condizioni fisiologiche. In condizioni fisiologiche le forze in gioco che
condizionano gli spostamenti del liquido interstiziale tra capillare e matrice
extracellulare sono due: (a) la pressione idrostatica (la pressione sanguigna
generata dal cuore, che ha un valore di -32 mm Hg all’estremità arteriosa del
capillare, ma che progressivamente diminuisce, fino a -15 mm Hg all’estremità
venosa dello stesso, per la resistenza incontrata dal sangue nel capillare), che è di
segno opposto, circa -22 mm Hg, e rimane costante, o aumenta leggermente lungo il
capillare. La pressione idrostatica tenderebbe a far ultrafiltrare il plasma fuori dal
vaso, attraverso la parete semipermeabile del capillare, mentre al contrario la
pressione oncotica tenderebbe a trattenere il liquido all’interno del capillare. Il
bilancio netto di questi due vettori pressori di segno opposto è diverso ai due capi
del capillare: al livello del braccio arterioso del capillare prevale il vettore
idrostatico, e si ha fuoriuscita del liquido interstiziale (acqua e soluti). Poiché nel
braccio venoso prevale invece il vettore oncotico, il liquido è spinto a rientrarvi,
dopo aver ceduto alle cellule circostanti ossigeno, precursori metabolici, ormoni
etc., ed essersi arricchito dei prodotti delle cellule (CO2, cataboliti e altro). La parte
del liquido interstiziale che non rientra nel capillare viene drenata via dai circostanti
capillari linfatici. La linfa così raccolta, dopo aver attraversato le vie linfatiche di
calibro crescente ed organi linfoidi periferici, viene infine riversata nel circolo
venoso attraverso due tronchi linfatici terminali posti a livello degli angoli venosi
del collo. In questo modo si stabilisce un meccanismo attraverso il quale ogni cellula
dell’organismo, in quanto bagnata dal fluido interstiziale dal quale preleva ed in cui
riversa metaboliti, ormoni etc., è in contatto metabolico ed informazionale con ogni
altra cellula dell’organismo. La matrice amorfa ed i liquidi tissutali sono dunque
intimamente associati e le caratteristiche molecolari e biofisiche di queste due
componenti costituiscono la base della funzione trofica del tessuto connettivo lasso.
Inoltre la sostanza amorfa influenza l’orientamento delle microfibrille nascenti di
collagene e di fibrillina e contribuisce alle reazioni di difesa dell’organismo
ostacolando la diffusione di microorganismi.
Glicoproteine simili sono presenti nella matrice di tessuti connettivi e nel glicocalice
di cellule non connettivali. Le glicoproteine sono componenti importanti della
sostanza fondamentale dei tessuti connettivi, anche se quantitativamente inferiori
rispetto ai glicosaminoglicani. Le glicoproteine della sostanza amorfa sono
responsabili della colorabilità di tale sostanza con il metodo PAS. Glicoproteine
simili a quelle della sostanza amorfa dei tessuti connettivi sono presenti sulla
superficie di tutti i tipi cellulari come componenti intrinseci di membrana e formano
il cosiddetto “glicocalice” o matrice pericellulare. Una glicoproteina ben identificata
è la fibronectina presente anche nella matrice pericellulare. La fibronectina è una
fibronectina il cui ruolo è quello di fattore capace di mediare l’adesione tra le
cellule e matrice extracellulare. Forse a questa stessa caratteristica va ricondotta
anche la funzione di guida per diversi tipi cellulari durante le loro migrazioni; inoltre
interviene nella cicatrizzazione delle ferite. Può essere localizzata sulla superficie
cellulare, dove si lega ad uno specifico recettore. La fibronectina può essere
presente nel plasma sanguigno sotto altra forma molecolare. Le circa venti diverse
isoforme della fibronectina sono tutte codificate dallo stesso gene, il cui trascritto
primario è rimaneggiato mediante splicing alternativo, in base al tipo cellulare e alla
fase di sviluppo. Si ritiene che la fibronectina svolga un ruolo importanze
nell’organizzazione delle fibre collagene.
I costituenti chimici più importanti della sostanza fondamentale dei tessuti
connettivi appartengono ad una classe di polisaccaridi denominati
glicosaminoglicani (GAG) che, legandosi covalentemente a proteine, formano grandi
complessi proteico-polissaccaridici detti proteoglicani o mucopolisaccaridi. La
sostanza amorfa contiene anche in concentrazioni minori glicoproteine e quantità
variabile di tropocollagene non polimerizzato in fibre collagene. I GAG sono lunghi
polisaccaridi lineari costituiti dal concatenamento, mediante legame O-glicosidico,
di unità disaccaridiche ripetute moltissime volte. I glicosaminoglicani sono molecole
grandi inoltre l’elevato contenuto di gruppi anionici rende ragione non solo della
loro intensa basofilia e della metacromasia, ma anche della loro capacità di legare
molte molecole di acqua, caratteristica amplificata dal fatto che i GAG si presentano
sotto forma di molecole più complesse, i proteoglicani. Questa caratteristica rende
gelatinosa e viscosa la sostanza intercellulare amorfa. L’acido ialuronico è una
singola catena non ramificata con peso variabile. È abbondante in numerosi tessuti
e sedi nell’embrione e nell’adulto. È specificatamente digerito dalla ialuronidasi. Per
la sua elevata viscosità rappresenta un ottimo lubrificante nelle sedi in cui, come
nelle articolazioni, si verificano attriti: per questo è un componente fondamentale
del liquido sinoviale. La viscosità dell’acido ialuronico dipende dal suo grado di
polimerizzazione, dalla sua conformazione tridimensionale e dalla capacità di legare
l’acqua; tali capacità possono modificarsi rapidamente in rapporto alle condizioni
funzionali, determinando variazioni parallele alla consistenza della matrice amorfa e
della diffusione di sostanze dai capillari ai tessuti e viceversa. L’acido ialuronico
svolge quindi un ruolo fondamentale nel controllare la diffusione nel tessuto
connettivo di sostanze disciolte nei liquidi interstiziali (prodotti nutritivi, ormoni,
anticorpi etc.) e nel prevenire la diffusione di agenti tossici e di batteri nelle
infezioni localizzate. Non a caso alcuni batteri secernono l’enzima che idrolizza
l’acido ialuronico, la ialuronidasi. A differenza degli altri GAG, sintetizzati all’interno
della cellula e secreti per esocitosi, è sintetizzato sulla superficie della cellula. Le
sue caratteristiche chimico-fisiche lo rendono adatto a resistere alla compressione,
e durante lo sviluppo e nella cicatrizzazione è utilizzato, per il suo elevato volume
specifico e per la sua semplicità strutturale, come sostanza capace di creare uno
spazio che verrà poi riempito da altre molecole o da altre cellule. In conclusione, è
opportuno sottolineare che i GAG, pure appartenendo ad una classe omogenea di
macromolecole, mostrano un’ampia variabilità di strutture e caratteristiche.
Dopo la loro biosintesi i GAG, tranne l’acido ialuronico, non si presentano come
molecole libere ma sono sempre legati covalentemente a proteine diverse dal
collagene, formando complessi macromolecolari generalmente di grandi dimensioni,
detti proteoglicani. I proteoglicani sono sintetizzati come tali all’interno della cellula
e quindi secreti mediante esocitosi. Nell’apparto di Golgi, in corrispondenza di
numerosi residui di serina della proteina che costituisce l’asse del proteoglicano si
lega, mediante un caratteristico legame O-glicosidico, uno specifico tetrasaccaride.
I proteoglicani non sono costituenti strutturali inerti della matrice. Le
caratteristiche funzionali dei proteoglicani coincidono, in larga misura, con quelle
dei GAG che li costituiscono: a causa della loro viscosità e permeabilità (due
caratteristiche che possono essere modulate da fattori locali) costituiscono dei
“filtri” molecolari a porosità variabile: così regolano la diffusione di molecole da e
verso i capillari o la diffusione di sostanze attraverso la parete dei tubuli renali; per
la forte carica negativa proteggono gli endoteli ed impediscono l’attacco di cellule
circolanti del sangue alla parete del vaso; inoltre possono “intrappolare” nello
spazio intercellulare molecole quali fattori di crescita o proteasi. Molti proteoglicani,
inoltre, rimangono nelle membrane plasmatiche di cui diventano componenti
intriseci con diverse funzioni (co-recettoriali, di collegamento con macromolecole
della matrice etc.).
I proteoglicani si legano ad altre molecole formando strutture di ordine superiore. Si
definisce aggregato proteoglicanico un complesso macromolecolare formato da
numerose molecole di proteoglicano che si legano lungo una molecola di acido
ialuronico. Il complesso che ne risulta ha dimensioni enormi (fino a quelle di un
batterio). Gli aggregati presenti nella matrice cartilaginea sono costituiti da un asse
di acido ialuronico cui sono legate circa 100 molecole di aggrecano (ciascuna
mediante una molecola di una proteina di collegamento) ed ha un peso molecolare
di oltre 100 milioni di dalton. La stessa proteina di collegamento è capace di
mediare l’interazione di altri proteoglicani (versicano, neurocano) con l’acido
ialuronico, e aggregati come quelli sopra descritti sono reperibili in numerosi tessuti
e sedi, compresi il corpo vitreo dell’occhio, la polpa dentaria, il cumulo ooforo. I
proteoglicani possono aggregarsi anche con altre macromolecole, tra cui il
tropocollagene, la fibronectina, etc. formando reti tridimensionali estremamente
complesse. Si ritiene che l’organizzazione in fasci orientati delle strutture fibrillari
dei tessuti connettivi sia dovuta anche all’interazione tra tropocollagene e
proteoglicani.
Un intreccio di collagene, laminina, entactina e proteoglicani costituisce la
membrana basale. All’interfaccia tra tessuto connettivo propriamente detto ed
epiteli (ma anche al confine del connettivo con cellule muscolari, cellule di Schwann,
adipociti), cui il connettivo fornisce supporto meccanico e trofico, è una zona in cui
la matrice connettivale si organizza in modo particolare, costituendo, insieme al
tessuto confinante, la membrana basale. Si tratta di una zona priva di cellule ma
ricca di macromolecole della matrice. Apparentemente omogenea in