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Per acquisire il linguaggio il bambino deve, dunque, prestare attenzione sia al linguaggio
stesso, sia ai contesti in cui esso si attua, ovvero capire ciò che sente e cercare di esprimere le
intenzioni di cui è capace. Per far ciò, deve avere a disposizione procedure di scoperta,
linguistiche e cognitive, per formulare strutture interne che siano in grado di assimilare e
collegare dati sia linguistici che non linguistici e che siano in grado di realizzare determinate
intenzioni in forma di enunciati. La comparsa di nuove intenzioni comunicative deve portare
simultaneamente i mezzi per decodificare quelle intenzioni nel linguaggio che il bambino
ascolta e ciò gli consente di scoprire nuovi mezzi per esprimere tali intenzioni.
Cromer sostiene che:
una volta che alcune abilità cognitive si sono sviluppate, cominciamo a notare che il bambino usa forme,
utilizzate prima solo in maniera limitata, per esprimere e riferirsi a nuove idee. Inoltre notiamo anche
un’attiva ricerca verso l’acquisizione di nuove forme: improvvisamente forme e parole a cui il bambino è
stato esposto per anni entrano a far parte del suo linguaggio.
L’universalità riconosciuta agli stadi dello sviluppo cognitivo ha portato gli psicolinguisti
al seguente enunciato universale dello sviluppo: la sequenza e l’ordine di sviluppo delle
nozioni semantiche espresse dal linguaggio sono abbastanza costanti in tutte le lingue,
indipendentemente dai mezzi formali d’espressione impiegati. Gli strumenti di ricerca sono
principalmente due: tassonomie e schemi di codifica delle intenzioni linguistiche utilizzati al
fine di stabilire una sequenza sicura e universale delle intenzioni comunicative
prelinguistiche, definite grazie alla misurazione del ritardo tra la comparsa di un’intenzione
comunicativa e la padronanza della forma linguistica corrente che la lingua nativa offre per la
realizzazione di tale intenzione. Il ritardo varierà da lingua a lingua, è quindi la variabile in
gioco. 3.2. I principi operativi
Per poter costruire la struttura grammaticale della propria lingua, il bambino deve avere a
disposizione determinati requisiti, suddivisibili in tre classi distinte:
1. requisiti relativi alla semantica sottostante gli enunciati
2. requisiti relativi alla produzione e percezione del linguaggio in un tempo reale
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3. requisiti relativi all’organizzazione e immagazzinamento delle regole linguistiche
Braine specifica, rispetto al suo modello di acquisizione linguistica basato sulle “procedure di
scoperta” altri tre requisiti:
1. apprendimento del concetto
2. dispositivo di analisi
3. componente memoria
Questi requisiti sono definibili come variabili di organizzazione del linguaggio che
possono essere concettualizzate in termini di principi operativi; essi guidano il bambino
nello sviluppo di strategie per la produzione e interpretazione del linguaggio e nella
costruzione di sistemi di regole linguistiche. Dai principi operativi, che riguardano
principalmente il dispositivo di analisi e le procedure di interiorizzazione e memorizzazione,
si potranno dedurre degli “universali evolutivi”.
La gerarchia delle caratteristiche di una lingua, ovvero la sua “misura di semplicità”
(Chomsky), risulterà dall’applicazione dei principi operativi così come da un un eventuale
ordine preferenziale di applicazione di questi principi.
Occorre tenere presente le restrizioni che riguardano l’esecuzione linguistica: alcune
strutture linguistiche non si ritrovano nel linguaggio infantile perché superano l’ampiezza di
organizzazione del bambino, ampiezza che aumenta con l’età . Molti universali dello sviluppo
linguistico sono basati sulla possibilità di crescita temporale delle operazioni di
organizzazione (percezione e produzione linguistica).
− Principio operativo A: fai attenzione alle terminazioni delle parole.
Universale A: gli indicatori locativi post-verbali e post- nominali vengono acquisiti prima
degli indicatori locativi pre-verbali e pre-nominali.
Uno studio compito su bambini bilingui ungheresi serbo-croati ha dimostrato come
in costoro lo sviluppo delle espressioni locative in ungherese sia anticipato rispetto allo
sviluppo delle medesime espressioni in serbo-croato. Ciò avviene perché l’ungherese ha
una varietà di flessioni nominali che esprimono combinazioni di stato e moto: “hajòban”,
posto nella barca, “hajòtol”, barca che si allontana da vicino e così via. Il serbocroato
invece, come l’inglese, ha un certo numero di preposizioni di luogo: “in”, “on”, “from”,
“to”( codificano il moto). I bambini, facendo attenzione alla parte terminale delle parole,
apprenderanno con più facilità i termini ungheresi. Un altro dato interessante è quello
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relativo all’acquisizione dell’elemento negativo dei bambini francesi: nella coppia
“ne….pas” il primo elemento appreso è “pas”.
Universale A1: Per ogni data nozione semantica le realizzazioni grammaticali sotto forma
di suffissi o preposizioni verranno acquisite prima delle realizzazioni sotto forma di
prefissi o preposizioni.
− Principio operativo B: le forme fonologiche delle parole possono venire modificate
sistematicamente.
Numerosi osservatori parlano di un periodo, che precede la comparsa delle flessioni, in
cui il bambino modifica per gioco le parole. Questo fenomeno accade molto prima che il
bambino intuisca il ruolo dei cambiamenti di forma come meccanismi grammaticali, ma
nonostante questo egli intuisce che le forme dei vocaboli possono venir modificate per
esprimere qualche requisito di un evento o la reazione affettiva a questo stesso evento. I
bambini di madrelingua lettone, ad esempio, all’età di 1 anno e 6 mesi utilizzano le
flessioni -a/-e nominativo e -u/-i accusativo liberamente, come pronunce alternative dei
nomi. Le utilizzeranno correttamente intorno ai 20 mesi.
Spesso accade anche che utilizzino terminazioni plurali per nomi singolari o che
aggettivi maschili e femminili vengano utilizzati indiscriminatamente, senza accordo col
nome.
Bisogna sottolineare, però, che esistono notevoli differenze individuali tra i bambini
nella loro propensione a giocare con la forma quando non esprime nessun significato.
I seguenti principi operativi si riferiscono a specifiche strategie dell’organizzazione del
linguaggio e della comprensione (regole produttive e di proiezione) in accordo con le regole
linguistiche inizialmente prescelte dal bambino.
− Principio operativo C: fai attenzione all’ordine delle parole e dei morfemi.
Sembra che una delle aspettative fondamentali che il bambino ha nel corso dello sviluppo
grammaticale sia che l’ordine degli elementi in un enunciato può venir collegato alle
relazioni semantiche sottostanti. 13
Universale C1: L’ordine normale dei morfemi funtori nell’input linguistico viene
conservato nel linguaggio infantile.
Universale C2: l’ordine delle parole nel linguaggio infantile riflette l’ordine delle parole
nell’input linguistico.
L’ordine delle parole, secondo gli studi, sembra essere più coerente nelle lingue con un
ordine delle parole fisso (inglese) rispetto alle lingue in cui l’ordine è più libero (lingue
slave, tedesco, turco).
Universale C3: le frasi che deviano dal normale ordine delle parole verranno interpretate,
nei primi stadi di sviluppo, come se fossero esempi del normale ordine delle parole.
Un esempio deriva dagli studi di Brown. I bambini di madrelingua inglese interpretano
le frasi al passivo come se l’ordine degli elementi fosse soggetto-verbo-oggetto: “Maria è
spinta da Andrea” verrà interpretato come “Andrea spinge Maria. L’interpretazione dei
bambini è coerente con l’ordine delle parole precedentemente appreso ma stravolge il
significato.
− Principio operativo D: evita l’interruzione o il riordinamento delle unità linguistiche.
Universale D1: le strutture che richiedono permutazione di elementi compariranno prima
di una forma non permutata.
L’interruzione o il riordinamento creerebbero difficoltà di produzione e ricezione.
Il bambino inglese utilizzerà presumibilmente la forma interrogativa “ I can go?”
sprovvista dell’inversione soggetto-ausiliare.
Universale D2: Ogniqualvolta sia possibile, morfemi discontinui saranno ridotti o
sostituiti da morfemi continui.
La prima forma progressiva in inglese è la flessione verbale -ing sprovvista dell’ausiliare
pre-verbale (“I doing”, “you watching”..)
Universale D3: vi è una tendenza a conservare la struttura della frase come un’entità
chiusa che si riflette nello sviluppo della collocazione esterna alla frase di varie forme
linguistiche al loro spostamento all’interno della frase.
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Le prime forme negative in inglese, ad esempio, vengono unite alle frasi originarie.
Ecco una possibile sequenza: “No do This”→ “I no do this”→ “I can’t do this”.
Universale D4: maggiore è la separazione tra le parti di una frase in relazione tra loro,
maggiore è la tendenza a non organizzare adeguatamente la frase (nell’imitazione, nella
comprensione e nella produzione).
Ciò che risulta difficile non è la lunghezza di una frase in sé ma riguarda l’ordine degli
elementi in essa inseriti. Per un bambino inglese sarà più semplice comprendere “He
knows how to read becouse he goes to school” piuttosto che “ The man that fell down ran
away”.
− Principio operativo E: le relazioni semantiche sottostanti devono venir segnalate
manifestamente e con chiarezza.
Universale E1: un bambino comincerà a segnalare prima una nozione semantica se la sua
realizzazione morfologica è percettivamente più rilevante.
Universale E2: vi è una preferenza a non marcare una categoria semantica con morfema
Ø. Se una categoria è talvolta marcata da Ø e talvolta da qualche forma fonologica
manifesta, quest’ultima ad un certo punto sostituirà anche le Ø.
Il bambino russo, ad esempio, usava il maschile e femminile -ov per tutti i nomi al
genitivo plurale, sostituendo il genitivo plurale femminile Ø.
Universale E3: se in un sistema flessionale vi sono forme omonime, quelle forme non
tenderanno ad essere le primissime flessioni acquisite dal bambino, che preferisce forme
fono logicamente uniche.
Universale E4: quando un bambino comincia a controllare la forma completa di un’entità
linguistica che può venir sottoposta a contrazione o cancellazione, non tendono a
manifestarsi contrazioni o cancellazio