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Se il trust non è da ritenersi interposto, la procedura di collaborazione volontaria potrà
essere attivata dal trust stesso, nella misura in cui si possa ritenere che la residenza di un
trust, ancorchè estero, vada riqualificata in Italia.
Le medesime considerazioni valgono per le fondazioni di diritto estero: in caso di attivi
detenuti da fondazioni di diritto estero bisognerà prioritariamente analizzare i documenti
istitutivi della fondazione ed i documenti successivi per verificare se siamo di fronte a
fenomeni di interposizione.
Nel caso in cui la fondazione sia interposta, il soggetto attivo della procedura di
collaborazione volontaria dovrà essere individuato nell’interponente. Nel caso in cui la
fondazione non possa dirsi interposta, la procedura di collaborazione volontaria potrebbe
essere condotta mediante avuto riguardo a quanto previsto dall’art. 167 del Tuir, secondo cui
“Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente,
anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una impresa, di
una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori diversi da quelli di cui
al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis,
i redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato sono imputati, a decorrere
dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai
soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute”.
Le regole CFC potrebbero trovare applicazione nell’ambito della regolarizzazione
di fondazioni di diritto estero in tutti quei casi in cui si possa sostenere che un residente
italiano “controlli” l’ente non residente localizzato in paese black list.
Si pensi al caso di una fondazione istituita in un paese black list da un residente
italiano poi deceduto: in una tale ipotesi se i beneficiari residenti in Italia della fondazione
hanno dimostrato di avere un potere di gestione sul patrimonio della fondazione, la
regolarizzazione del patrimonio della fondazione potrà avvenire
mediante applicazione delle regole CFC. Soggetto attivo della procedura di collaborazione
volontaria sarà il/i beneficiario/i della fondazione residente in Italia.
La regolarizzazione di polizze vite sottoscritte in violazione degli obblighi di monitoraggio
fiscale non è “esente” da una preventiva analisi circa possibili fenomeni di interposizione.
Per la prima nel c.d. caso “Crédit Suisse Bermuda” è stato messo infatti in discussione il c.d.
differimento d’imposta, caposaldo della fiscalità dei contratti di assicurazione sulla vita.
L’art. 45, comma 4, del T.U.I.R., prevede che i capitali corrisposti in dipendenza di contratti
di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte
corrispondente alla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei
premi pagati.
Un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione non è produttivo di reddito
sino alla decisione del sottoscrittore di procedere al riscatto, totale o parziale della
posizione.
In tal caso, costituisce reddito il differenziale tra quanto versato e quanto effettivamente
percepito.
Tale meccanismo di differimento d’imposta al riscatto assume la denominazione di Tax
Deferral.
La Guardia di finanza nell’indagine Credit Suisse contesta per la prima volta la tenuta
di questo meccanismo. E questo in relazione all’influenza del sottoscrittore nelle scelte di
gestione del sottostante delle posizioni assicurative.
Secondo l’articolo 1882 del codice civile, l’assicurazione è il contratto col quale
l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti
convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una
rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.
Il contratto di assicurazione può essere stipulato sulla vita propria o su quella di un terzo. La
designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione o con successiva
dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore o per testamento.
Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi
dell’assicurazione.
Questa è la ragione dell’esclusione delle somme corrisposte a seguito del decesso
dell’assicurato dall’asse ereditario.
Nel contratto di assicurazione sulla vita, il premio pagato dal contraente rappresenta dunque
la prestazione a fronte della quale la compagnia assicurativa si impegna a rivalere
l’assicurato in relazione ad un evento della vita umana.
Durante la durata del contratto la compagnia assicurativa accantona ed investe i premi
ricevuti a copertura degli impegni contrattuali assunti.
Le polizze emesse da Credit Suisse Bermuda, a differenza delle polizze emesse dalle
Compagnie Italiane, sono polizze a fondo interno dedicato: i premi raccolti vengono
accantonato in “segregated accounts”, unità di conto dedicate cioè. si tratta
dunque di polizze a fondo interno dedicato, i cui premi non vengono gestiti “in monte” dalla
compagnia, unitamente agli altri premi, ma in modo dedicato.
Su tali unità di conto, poteva operare, secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza e
dell’Agenzia delle Entrate, il sottoscrittore della polizza, tramite una specifica procura
rilasciata dalla compagnia assicurativa.
Da tale assunto discende la riqualifica dei contratti così sottoscritti in vere e
proprie gestioni patrimoniali, i cui redditi andavano tassati, secondo i verificatori, di anno in
anno.
Il potenziale dell’inchiesta della Procura di Milano è dunque esplosivo, perché mette in
discussione uno dei capisaldi della fiscalità assicurativa, il Tax Deferral.
Spesso le polizze estere sono state utilizzate come strumento di protezione e trasmissione
patrimoniale, ancorché secondo Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate la motivazione
principale della sottoscrizione di tali polizze era quella di eludere la c.d. Euroritenuta, che
sarebbe stata applicabile sul pagamento degli interessi prodottisi sulle singole unità di conto
sulla base della direttiva sul risparmio transfrontaliero.
Il codice civile prevede infatti che le somme dovute dall’assicuratore
al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.
Impignorabilità e insequestrabilità che, secondo la giurisprudenza di merito ( tra gli altri
Tribunale di Parma, sentenza numero 1107 del 2010) sono collegate alla “funzione
previdenziale” delle polizze.
Le polizze a contenuto spiccatamente finanziario, in cui non è presente la garanzia di
restituzione del capitale iniziale, in quanto strumenti speculativi che non perseguono
alcuna funzione previdenziale, sono – secondo tale filone giurisprudenziale - pignorabili e
sequestrabili. La prova della gestione interposta del sottostante da parte del sottoscrittore e
la conseguente riqualifica di tali contratti determina, oltre
alla tassazione dei rispettivi rendimenti di anno in anno, anche la pignorabilità e
sequestrabilità delle polizze in parola.
Nel caso di polizze interposte, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria le
polizze vanno considerate come delle gestioni patrimoniali.
Aspetti premiali della volontary disclosure
La Legge 186/14 prevede, limitatamente alle violazioni relative all’imponibile, alle
imposte ed alle ritenute che sono state oggetto della procedura di voluntary disclosure. la
non punibilità dei reati tributari di cui all’ art. 2 d.lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta
mediante uso di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti); art. 3 d.lgs. 74/2000
(dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici); art. 4 d.lgs. 74/2000 (dichiarazione
infedele); art. 5 d.lgs. 74/2000 (omessa dichiarazione); art. 10bis d.lgs. 74/2000 (omesso
versamento di ritenute certificate); art. 10ter d.lgs. 74/2000 (omesso versamento di
I.V.A.), nonché riciclaggio (art. 648bis c.p.); impiego di denaro, beni o utilità di
provenienza illecita (art. 648ter c.p.); autoriciclaggio (art. 648ter.1 c.p.), che abbiano per
presupposto i medesimi reati tributari.
Stabilisce inoltre significative riduzioni delle sanzioni amministrative applicabili nei
confronti del contribuente che si avvale della procedura di collaborazione volontaria.
Le riduzioni sono applicate sul minimo edittale delle sanzioni relative alle violazioni
commesse nei periodi d’imposta ancora accertabili, quanto ai redditi, ovvero, ancora
contestabili, quanto alle violazioni in materia di monitoraggio fiscale. Precisamente, le
sanzioni per le violazioni agli obblighi di monitoraggio sono ridotte del 50% e quindi s
tabilite in misura pari alla metà del minimo edittale, ossia l’1,5% per i Paesi white list ed il
3% (2,5% sino al periodo d’imposta 2007) per gli Stati black list, se, alternativamente: 1)
le attività finanziarie vengono rimpatriate in Italia o Stati aderenti all’Accordo sullo
Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l
’Italia;
2) le attività oggetto di emersione sono od erano detenute in questi Stati.
Cio nondimeno si puo verificare anche nel caso in cui il contribuente senza procedere al
materiale trasferimento nel territorio dello Stato, abbia conferito ad un intermediario
abilitato residente (tipicamente una fiduciaria) un incarico di custodia, deposito,
amministrazione o gestione delle stesse attività finanziarie (cosiddetto “rimpatrio
giuridico”).
Ciò in quanto, come chiarito dalla circolare 43/E del 10.10.2009 con riferimento alla
normativa sull’emersione delle attività estere non dichiarate ex Legge 102/09 (cd. detto
scudo fiscale), il conferimento da parte dell’interessato di un siffatto incarico
all’intermediario implica, in forza del mandato professionale, l’obbligo di effettuazione da
parte di quest’ultimo di tutti i conseguenti adempimenti sostanziali (tra i quali,
l’applicazione delle ritenute e delle imposte sostitutive) e formali (tra cui, le
comunicazioni all’Amministrazione finanziaria dei redditi soggetti a ritenuta a titolo
d’acconto) previsti dalle pertinenti disposizioni di legge .
Fuori dai casi precedentemente considerati, il beneficio della riduzione della sanzione alla
metà del minimo edittale è comunque concesso se il contribuente rilascia all’intermediario
finanziario estero presso cui le attività sono detenute, l’autorizzazione a trasmettere
all’Amministrazione finanziaria tutte le informazioni riguardanti le attività oggetto di
regolarizzazione.
Nel caso in cui non sussista alcuno di questi requisiti, l