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La Mimesis che sinteticamente significa imitazione, nel contesto delle creazioni sceniche con tale
definizione si definisce solo un aspetto di essa, cioè come la raffigurazione di un mondo e di un
modo di vivere, dove lo spettatore si può immedesimare .
I due grandi filosofi greci Platone e Aristotele, li declinarono con una diversa concezione.
1.2 Mimesis ed Arte : da Platone ad Aristotele
La mimesi tragica mette lo spettatore a contatto con l'universalità di ciò che è possibile e verosimile.
Platone fa una riflessione critica sulla mimesis: l'arte non può che essere una copia (un'imitazione)
del sensibile, che a sua volta è una copia delle idee.
l'arte riproduce la realtà teoricamente, ed imitandola non ne permette di cogliere la veridicità delle
cose, ma ne descrive l’apparenza suscitando emozioni che ostacolano l’anima, allontanandola dal
mondo delle idee.
Platone condanna tutti quegli artisti che danno vita a opere d'arte di ogni genere, perché esse non
sono altro che una 'copia della copia'.
L’unica opera d’arte riuscita è quella realizzata dal Demiurgo del mondo sensibile, come imitazione
del mondo delle idee, lui, come un abile e talentuoso artista, è riuscito a dare senso alla sua
creazione, anche se è solo un flebile riflesso della realtà.
Per questo le opere d’arte, qualsiasi esse siano, sono da lui considerate diseducative, perché
colpevoli di creare ancor più confusione nel cervello umano, facendogli provare emozioni per cose
che non dovrebbero esistere, sviando l'uomo dalla ricerca della reale verità.
Aristotele, passa ad un’ altra definizione del concetto di imitazione, più alto. E' con lui che abbiamo
una prima piena riflessione sull'arte. Per lui l'imitare è insito nell’ uomo, è opportunità di
soddisfazione intellettuale, perché tutti traggono piacere dalle imitazioni, che si tratti di
simulazione, dove è sottinteso l’inganno, sia che si intenda come spettacolo, dove è implicito la
riproduzione di un qualcosa vicino al modello, ma senza che ci sia la volontà di eguagliare
l’originale. Le produzioni artistiche si differenziano da quelle della natura perché prodotte
dall’animo dell’artista, non sono una semplice opera pratica, l’artista può rappresentare le persone,
le cose, gli avvenimenti in tre modi diversi: come furono o sono, come si crede o si dice siano, o
come dovrebbero essere.
Cap 2 La Poetica di Aristotele
2.1 La tragedia
Aristotele in questo libro, afferma che l’argomento principe sarà la tragedia, mentre dell’arte del
comico, ossia della commedia, tratterà in un libro successivo, cosa che storicamente non si è certi
che lui abbia portato a compimento.
La tragedia greca non va intesa come i nostri spettacoli contemporanei, essa si svolgeva durante
un periodo sacro, in uno spazio consacrato dove al centro del teatro sorgeva l'altare della divinità, ed
in questo modo il teatro assumeva la funzione di cassa di risonanza per le idee, i problemi, la vita
politica e culturale della Grecia democratica : la tragedia parlava di un passato mitico, ma il mito
diventava immediatamente metafora dei problemi profondi della società.
La tragedia aveva un carattere organico, diviso in tre parti: tempo, luogo, azione.
di tempo: doveva svolgersi nell’arco della medesima giornata
di luogo :doveva svolgersi in uno spazio unico, senza cambi-scena
di azione : doveva possedere un unico filo conduttore, senza trame collaterali, o drammi
paralleli
Solo avendo queste tre caratteristiche, la tragedia può essere impiegata dagli spettatori come mezzo
d’elevazione spirituale e morale.
La tragedia non deve riguardare il vero, perché di esso si occupa la storia, ma il verosimile, per
illustrare una situazione che abbia possibilità di realizzarsi.
le azioni che la tragedia rappresenta non sono altro che le azioni più abbiette che gli uomini possano
attuare: la loro visione fa sì che lo spettatore si immedesimi negli istinti che le generano, da una
parte empatizzando con l'eroe tragico attraverso il phatos, dall'altra condannandone la malvagità o il
vizio attraverso la "superbia" o "prevaricazione", e l’adoperarsi contro le leggi divine, che porta il
personaggio a compiere il crimine, così scaricate le proprie emozioni attraverso l’arte, l’uomo non
sente più il bisogno di scaricarle nella realtà.
Il politico, turbato da una tragedia, non è detto che non sia pacato nel prendere decisioni per il
bene della polis, tutt’altro, quel politico sarà più propenso nell’animo ad operare per il bene proprio
dopo aver preso parte allo spettacolo artistico.
2.2 La catarsi
La catarsi finale, per Aristotele rappresenta la presa di coscienza dello spettatore, che pur
comprendendo i personaggi, raggiunge questa finale consapevolezza distaccandosi dalle loro
passioni per raggiungere un livello superiore di saggezza. Il vizio o la debolezza del personaggio
portano necessariamente alla sua caduta predeterminata.
La rovina dell'eroe tragico è necessaria, perché da un lato possiamo ammirarne la nobiltà, si tratta
quasi sempre di persone eminenti e potenti, e dall'altra possiamo noi stessi trarre utilità dalla storia.
La tragedia è quindi una simulazione, quasi un esperimento da laboratorio.
Cap 3 il teatro di Antonin Artaud
3.1 Il teatro nei primi anni del ‘900
Gli anni del secondo dopoguerra aprono una nuova stagione di ricerche sperimentali
completamente innovative e molto stimolanti: il senso di questo profondo ripensamento dello
spettacolo teatrale si comprende attraverso le opere teoriche dello scrittore, poeta e drammaturgo
surrealista Antonin Artaud che rimane uno fra i più autorevoli teorico del teatro del secolo scorso,
per l’audacia di ciò che scrisse nei suoi manifesti dal 1926 al 1929.
I suoi elaborati sul teatro, vengono riscoperti grazie alla loro pubblicazione negli anni ‘60, nella
raccolta dal titolo ‘Il teatro e il suo doppio’ creando un impatto enorme negli ambienti teatrali, che
condizionarono molte delle scelte di fondo della nuova avanguardia.
Fu come se un’ascia si abbattesse sul teatro italiano e lo dividesse in due: da una parte coloro che
avevano del teatro l’idea classica delle sfarzose sale, con attori che recitavano solo i personaggi più
confacenti alla loro bravura, mentre coloro che nel fare teatro ricercavano un’esperienza che
riconducesse alla vita reale, che coinvolgesse sia gli attori che gli spettatori, essi fecero de ‘il teatro
e Il suo doppio’ la loro bandiera.
3.2 Antonin Artaud
Artaud attore vissuto nei primi anni del ‘900, lasciò traccia di sé nella storia del teatro per i suoi
scritti visionari: il teatro doveva abbandonare l’idea di proporsi come un doppio della vita, ma
diventare vita stessa, proprio nel periodo storico in cui il cinema iniziava a proporsi alle masse, e
che il teatro aveva perso la capacità di essere mimèsis della realtà.
Per Artaud il ‘dramma’ è il mezzo che rivoluziona il teatro, egli aspira ad un teatro che non sia
limitato dalle valutazione razionali che possono ostacolare il risveglio dello spirito interiore
dell’uomo, ma che liberi le sue forze oscure e nascoste che fanno parte di ogni individuo, creando
degli spettacoli dove il pubblico non vada solo per osservare, bensì per prendervi parte
emotivamente . Cosi avrebbe mostrato le angosce e le inquietudini della vita reale, dove entrano in
gioco molti fattori: ‘lo spirito, ma anche i sensi e la carne ’. Il corpo dell’attore è al centro di questo
teatro ed è un corpo modificato attraverso una disciplina crudele.
L’attore, dice Artaud, deve essere come un serpente, in grado di percepire le vibrazioni della terra e
di trasmetterle agli spettatori, il suo corpo deve essere privo di ossa e di pesantezza come quello di
un uccello, ed in grado di parlare un linguaggio fatto di ideogrammi e usare la voce per esprimere
puro suono.
3.3 La danza balinese
La scoperta dei danzatori balinese , contribuì ad una svolta nel pensiero in Artaud , che afferma
come la recitazione e la messinscena avrebbero dovuto essere considerati segni visibili di un
linguaggio che invece è invisibile e segreto, quando vide la danza balinese, capi come poter
trasformare concretamente questo suo pensiero: il teatro deve essere puro, tutto è oggettivo solo nel
momento in cui si trova in scena, le parole non servono, vengono eliminate, gli attori emettono
grida ed i loro gesti risvegliano nel pubblico risposte emotive, che non si possono tradurre con un
linguaggio discorsivo e logico, ma con un linguaggio che parli soprattutto all’immaginazione.
Per Artaud la parola era incapace di esprimere l’emotività interiore dell’essere umano, il teatro
doveva liberarsi dalla sua sottomissione al testo, ed anche il corpo dell’attore doveva liberarsi dalla
sua subordinazione alla mente, mentre i danzatori balinesi gli dimostrarono come era possibile
sostituire la parola con un sistema di segni.
3.4 Il teatro della crudeltà
Per Artaud il teatro della “crudeltà”, viene basato non sui concetti ma sul linguaggio effettivo, cioè
destinato ai sensi ed indipendente dalla parola, un linguaggio fisico sul palcoscenico, attribuire uno
spazio cosi importante ai sensi, al linguaggio del corpo e allo spazio oltre le parole, ne definisce
un principio basilare della disgregazione del teatro classico.
Artaud scelse il termine crudeltà per definire il suo teatro, pur precisando che non si trattava di
crudeltà morale o fisica, poiché lo spargimento di sangue e di carne martoriata costituivano un
aspetto secondario della questione (ma comunque presente), lasciava il posto ad una crudeltà intesa
come forza ed energia creativa, come impulso irrazionale la cui legge unica è il Male.
Il teatro deve svelare allo spettatore, come il cuore di tenebra sia presente nella vita di ognuno di
noi, ed è per questo che la morale, i tabù, le sue istituzioni, sono inutili tentativi di negare la
crudeltà cosmica.
Il fine del teatro della crudeltà è la ricerca della reale condizione umana dei tempi moderni, in
modo da far rinascere l’esigenza di un vivere collettivo e pieno: è e deve essere, in altre parole,
crisi, morte, guarigione e rinascita, cioè crescita.
3.5 Il concetto di “doppio” di Artaud
Il concetto di “doppio” di Artaud fu fonte di malintesi: Il doppio del teatro non è la realtà
quotidiana, sempre più vuota ed insignificante, ma piuttosto la realt&agr