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Grazie alla narrativa le esperienze di ognuno diventa moneta di scambio per

poter conoscere e leggere l’altro. Leggere l’altro significa prendere in

considerazione la nicchia interpersonale cioè la condivisione di un comune

fondo (esempio noi studenti). Quando un soggetto si racconta,racconta la sua

storia,ha un arricchimento e non impoverimento. Quando parliamo di racconti

è necessario un narratore,un soggetto che racconta e un oggetto che è

raccontato. Nel racconto il soggetto parlante riesce a tagliare quel velo e ci fa

scoprire la verità delle cose e ciò che siamo noi è il risultato di una

storia,anche gli individui che ci circondano così come anche il mondo

costituiscono con noi la nostra storia,il nostro racconto. Grazie al racconto

l’individuo può conoscere se stesso e gli altri. E’ importante però capire se le

storie narrate sono reali o immaginarie,noi in quanto uomini siamo in grado di

renderci conto della realtà o immaginazione e porgli rimedio. Quando

raccontiamo facciamo ricorso a vari generi: commedia,tragedia,racconto

d’avventura,ironia ecc. Anche i bambini entrano molto presto nel mondo della

narrativa,al pari degli adulti sviluppano aspettative su come dovrebbe essere

il mondo. Alcuni bambini spesso raccontano bugie visto che le aspettative del

mondo esterno sono deludenti,allora lo racconta a modo suo e con bugie. La

lingua fa si che il mondo sia oggetto dei suoi desideri. Secondo Bruner il

racconto,resoconto o l’invenzione di storie, contribuiscono a far acquisire

nelle forme del pensiero narrativo, gli strumenti per comprendere il mondo

esterno e per costruire la propria identità. Narrare deriva dal latino ed indica

conoscere,rendere noto, il narrare comporta : transitività (si narra qualcosa) ;

finalità( si narra per qualcosa). Secondo Bruner la narrazione è il primo

strumento interpretativo e conoscitivo di cui l’uomo ne fa uso per le sue

esperienze di vita. La narrativa ci offre un mezzo pronto e flessibile per

trattare gli incerti esiti dei nostri progetti e aspettative. Come è stato

osservato da Aristotele e Burke, la spinta alla narrativa è data da un’attesa

andata a monte: la peripeteia come la chiama Aristotele o la difficoltà come la

chiama Burke. L’attesa caratterizza tutti gli esseri viventi. La sua espressione

tipicamente umana è il Progetto:l’escogitare i mezzi per raggiungere i nostri

scopi. La fallibilità dei nostri progetti non dipende solo dal fatto che non

sappiamo abbastanza,essa deriva anche dal modo in cui conosciamo le

cose. La narrativa è il racconto dei progetti umani che sono falliti, di attese

andate a monte. Essa ci offre il modo di addomesticare l’errore e la sorpresa,

cioè se noi abbiamo il racconto come pratica quotidiana,come esercizio su

noi stessi abbiamo il modo di renderci conto degli errori e porvi rimedio.

Raccontare è anche stare vicini a noi stessi e vedere momento per momento

ciò che si fa e che si vuole. I racconti non sono solo prodotti del linguaggio

ma fondamenti per l’interazione sociale. I bambini ad esempio entrano presto

nel mondo della narrativa e sviluppano aspettative su come dovrebbe essere

il mondo e come gli adulti sono sensibili all’inaspettato,addirittura sono attratti

da ciò che è strano in quanto sin dalla nascita abbiamo una

predisposizione,un’intima conoscenza della narrativa.

Cap.2 Il diritto e la letteratura

Quando parliamo del racconto si fa riferimento anche al racconto giudiziario ,

quello narrato in tribunale. Il racconto è fatto dall’accusatore e dal difensore :

il racconto della parte avversa cerca di respingere l’accusa fornendo un’altra

versione dell’accaduto. Il diritto è un sistema che si è evoluto nel corso del

tempo ed ha il fine di pronunciare un verdetto equo e legittimo tra i due

racconti contrapposti evitando il rischio di scatenare un ciclo di vendette tra

le parti in causa dopo che il tribunale ha pronunciato la sua sentenza. Per

raggiungere tale obiettivo i tribunali devono essere accettati come

autorevoli,legittimi,equi e disinteressati. Dobbiamo prendere in

considerazione le procedure mediante le quali i racconti giudiziari vengono

analizzati giuridicamente e alla fine giudicati dal giudice o giuria. Distinguiamo

le questioni di fatto e le questioni di diritto. Chi ha fatto che cosa,con quale

intenzione: nella pratica giudiziaria sono queste le questioni di fatto. Decidere

se l’azione violi o meno la legge comporta l’interpretazione di una questione

di diritto. A metà tra queste due fasi sta il decidere se l’azione ha

effettivamente danneggiato la parte accusatrice. Quindi i racconti giudiziari

comportano un sottile paragone fra ciò che ci si attende e ciò che è

effettivamente accaduto. L’accertamento dei fatti nel processo è regolato da

norme procedurali,come per esempio negli stati uniti,le norme Federali

uniformi sulle prove. Dopo che una causa è stata giudicata è possibile un

appello a un’istanza superiore, il che offre un’ulteriore opportunità per altri

racconti giudiziari. Inoltre le cause non devono mirare al semplice far danno:

devono tutelare gli interessi delle parti coinvolte. Altra caratteristica dei

racconti giudiziari è il modo curioso in cui vengono narrati, in alcune

giurisdizioni,il giudice può citare dei testimoni che sono affini agli attori di un

dramma teatrale,con gli avvocati delle parti che contrappongono gli uni agli

altri. I racconti giudiziari non sono, non sono mai stati e non saranno

probabilmente presi per buoni,per questo motivo la procedura legale offre agli

avvocati di controinterrogare i testimoni. Quindi la nostra fiducia sul

procedimento legale deve essere fondata su qualcosa di profondo. Un

elemento di questa fiducia è la nostra fede nel confronto come mezzo per

arrivare al fondo delle cose. I racconti giudiziari hanno una struttura narrativa,

spirito antagonistico ,finalità intrinsecamente retorica,esposti al sospetto.

Perché la gente ha tanto fiducia nel sistema legale? La risposta va cercata

nella legittimità ossia quell’elemento che rappresenta ogni fatto giuridico. La

legittimità del diritto è contenuta non solo nel solenne rituale dell’aula ma nel

suo linguaggio specialistico che viene assiduamente coltivato dagli avvocati,

per assicurare quello che Fuller ha chiamato la ‘’moralità interna’’ del diritto

cioè : L’accessibilità della legge prima ancora della sua applicazione. Bruner

afferma che la narrativa giudiziaria può essere considerata legittima proprio

perché essa appartiene alla gente e non solo agli avvocati o giudici il quale si

limitano ai fatti senza raccontare troppo storie a differenza di un letterario che

apre nuove possibilità senza diminuire la realtà. La letteratura imita la realtà

per creare la vero somiglianza, il diritto lo fa citando il corpus juris e

attenendosi ai precedenti senza dubbio,la letteratura ottiene questo

successo mediante le metafore,con la magia degli intrecci e trasformare la

realtà. La narrativa letteraria da spazio non solo a quello che c’è, ma anche a

quello che avrebbe potuto esserci. Col tempo la sensibilità narrativa prodotta

dalla letteratura arriva a influenzare il modo in cui gli avvocati narrano i loro

racconti giudiziari e col tempo la buona narrativa letteraria si insinua a poco a

poco nel corpus juris delle decisioni legali del passato (esempio l’istituzione

scolastica la quale non solo un fatto del diritto ma anche letterario -narrativo).

Bruner ha mostrato che la narrativa è il medium per eccellenza per descrivere

situazioni umane, lo stesso vale per i grandi giuristi. La narrativa e le nostre

metafore entrano a far parte del corpus juris, possiamo quindi fare una

differenza tra la letteratura che sfrutta l’apparenza della realtà, guarda al

possibile, il diritto guarda all’effettivo,alla memoria del passato. Bruner passa

a trattare la narrativa autobiografica che serve per la creazione del proprio sé.

Cap.3 La creazione narrativa del sé

Se i nostri se fossero trasparenti non avremmo bisogno di parlarne a noi

stessi,eppure non facciamo altro per gran parte del tempo da soli dallo

psichiatra o in confessione. Allora che funzione assolve questo parlare di sé?

La risposta del 20 secolo era che gran parte di noi stessi è inconscia e con

l’aiuto di uno psicoanalista,interagendo avremmo rivissuto il passato e

superato la resistenza a scoprirci. La lotta di Freud tra Io,Super-Io ed ES, non

deve renderci insensibili al lavoro che resta da compiere. Secondo Bruner

parlare di noi a noi stessi è come inventare un racconto su che cosa siamo

noi, su cosa è accaduto e sul perché facciamo quel che stiamo facendo. Noi

parliamo di noi,del sé perché non ci conosciamo, se ognuno conoscesse per

bene se stesso non ci fosse bisogno di parlarne con l’altro. Attraverso il

racconto possiamo portare alla luce ciò che c’è di nascosto. Il sé è qualcosa

che ci appartiene, è la parte più intima di noi,non può essere oggetto di

scambio. Inoltre tramite il racconto costruiamo la nostra identità ossia

qualcosa che ci appartiene,mediante il racconto delineo i tratti del mio essere.

L’io e l’anima sono sempre stati due fondamentali principi nella tradizione

cristiano-giudaica, ad esempio ricordiamo le confessioni di Agostino,il

racconto degli altri diventa una confessione,dove si costruisce il sé.

Distinguiamo l’autobiografia riguarda se stessi,il racconto vero e proprio

riguarda l’altro,il racconto degli altri diventa confessione, sia nell’uno che

nell’altro si costruisce il sé. L’autobiografia che scriviamo non è altro che una

versione ad es. Sant’Agostino vede nella propria autobiografia una ricerca

della sua vita,del suo vero io,oppure le confessione di Rousseau, per egli le

autobiografie diventano qualcosa di simile a giochi di società piuttosto che

ricerche di una verità superiore. Per Sant’Agostino il sé è il prodotto della

narrazione guidate dalla rivelazione, Per Beckett la narrazione di sé stessi è

un semplice cappio di fabbricazione umana. Una narrazione creatrice del sé

è una specie di atto di bilanciamento. Da una parte deve creare una

convinzione di autonomia,una certa libertà di scelta, un certo grado di

possibilità, ma deve anche metterci in relazione con il mondo di altre

persone(famiglia,amici). Nell’entrare in relazione con l’altro è implicito un

impegno verso gli altri che limita la nostra autonomia,qui

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
7 pagine
1 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Unina2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie del linguaggio e della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Pititto Rocco.