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DAGLI UNIVERSALI TRADUTTIVI ALL'ITALIANO DELLE TRADUZIONI

1. L'area descrittiva e gli universali traduttivi.

Gli studi sulla traduzione sono passati da diversi punti di vista. Negli anni Cinquanta e Sessanta, ad esempio, gli studi traduttologici si sono incentrati sulla discussione del concetto di equivalenza e significato linguistico, i decenni seguenti hanno visto l'abbandono dei modelli linguistici statici a favore di un approccio funzionalista e comunicativo e a partire dalla fine degli anni Settanta l'attenzione dei teorici non si è più focalizzata sull'analisi delle differenze fra testo tradotto e testo fonte e sulla precisione con cui il primo fosse riprodotto nella lingua di arrivo ma piuttosto sulla posizione e sulla funzione dei testi tradotti all'interno del sistema culturale di cui divengono parte integrante.

Alcuni esponenti dell'area descrittivista, hanno sostenuto che, per descrivere le caratteristiche più frequenti...

Dei testi tradotti, è necessario abbandonare l'idea che la traduzione sia un prodotto derivato di secondo livello, accettando la possibilità di un'interferenza del testo fonte. Del resto lo stesso Toury ha affermato che sebbene l'impatto di una lingua straniera dipenda dall'esperienza del traduttore, dal prestigio della lingua fonte e dalle condizioni socioculturali legate al livello di tolleranza della lingua di arrivo, il testo tradotto tende sempre a calcare la struttura del testo fonte secondo la cosiddetta "legge dell'interferenza".

Pertanto, diversi studi hanno portato a supporre l'esistenza di determinati elementi comuni ai testi tradotti che deriverebbero dalla natura del processo traduttivo piuttosto che dal confronto di sistemi linguistici specifici. Le caratteristiche che sono state più spesso attribuite alle traduzioni e che prendono il nome di "universali traduttivi" sono: l'esplicitazione, la

semplificazione e la normalizzazione. Questi universali traduttivi sarebbero secondo la definizione di Baker: "caratteristiche che tipicamente si verificano in un testo tradotto che quindi non sono né espressioni originali né tantomeno il risultato di interferenze tra specifici elementi linguistici". Tali universali possono essere riscontrati sia nel confronto tra testo fonte e testo tradotto (S-universals), sia nel confronto tra testo tradotto e testo nativo paragonabile, cioè testo che appartiene alla stessa lingua e a settori o ambiti affini (T-universals).

1.1 Le analisi contrastive (s-universals).

L'esplicitazione. I primi a parlare di esplicitazione sono stati Vinay e Daberlnet che nei loro studi la considerano una tecnica traduttiva per inserire informazioni aggiuntive che nel testo fonte sono chiare grazie al contesto o alla situazione enunciativa. La prima a suggerire che l'esplicitazione potrebbe essere una caratteristica peculiare dei testi

tradotti è stata Blum-Kulka la quale ha rilevato che i testi tradotti presentano una quantità superiore di elementi coesivi lessicali o grammaticali, nonché la dilatazione del testo fonte nel testo di arrivo. Questa tendenza all'esplicitazione potrebbe essere spiegata con due ipotesi diverse che si basano sulla distinzione tra esplicitazioni obbligatorie ed esplicitazioni opzionali: - la stylistic preference hypothesis secondo la quale l'esplicitazione sarebbe dovuta a una differenza tra i due sistemi linguistici; - l'explicitation hypothesis secondo la quale l'esplicitazione è una caratteristica peculiare dei testi tradotti. Per Blum-Kulka la seconda ipotesi è quella più accreditabile. Klaudy e Karoly hanno sostenuto che l'esplicitazione è un universale traduttivo formulando l'asymmetry hypothesis secondo la quale se l'esplicitazione fosse dovuta alle norme del sistema linguistico d'arrivo, essadovrebbe corrispondere all'implicitazione in una traduzione eseguita nel senso opposto. Nella loro analisi di un corpus bidirezionale di traduzioni inglese/ungherese, hanno dimostrato che la diversificazione dei verbi di parola (esplicitazione) in ungherese non corrisponde a una diminuzione della loro varietà in inglese. La semplificazione. Le analisi dei testi tradotti hanno rilevato esempi di semplificazione a livello lessicale, sintattico e stilistico. Analizzando la combinazione ebraico-inglese in diversi contesti linguistici, Blum-Kulka e Levenston hanno identificato cinque principi generali secondo cui opera la semplificazione lessicale: - l'uso di iperonimi al posto di iponimi; - l'approssimazione dei concetti espressi nella lingua fonte; - l'impiego di sinonimi di registro colloquiale; - l'uso di parafrasi o di circonlocuzioni; - il trasferimento delle funzioni linguistiche (connotazione, registro ecc...) da una lingua all'altra. AncheVanderauwera ha individuato diversi esempi di semplificazione lessicale, sintattica e stilistica. Analizzando 50 traduzioni inglesi di romanzi danesi ha riscontrato l'uso di termini moderni e familiari al posto di parole desuete, formali o di registro elevato, la sostituzione di proposizioni infinitive con preposizioni finite, la tendenza a preferire collocazioni brevi, a spezzare frasi lunghe e a eliminare informazioni ridondanti. Vanderauwera considera queste strategie manifestazioni di una tendenza generale verso la convenzionalità testuale e la normalizzazione. Esse non sono dovute secondo Vanderauwera alla natura del processo traduttivo ma piuttosto alla posizione secondaria delle traduzioni nella cultura d'arrivo. La semplificazione sembra inoltre manifestarsi a livello della punteggiatura, per cui segni di interpunzione deboli sono sostituiti da segni forti nei testi tradotti. La normalizzazione. Normalizzazione è il termine usato in genere per spiegare la.tendenza del traduttore a rendere gli elementi non comuni del testo fonte conformi alle caratteristiche testuali tipiche della lingua d'arrivo. Vanderauwera ha identificato vari esempi di normalizzazione rispetto ai testi fonte nell'impiego dei tempi verbali, nell'organizzazione logica delle frasi e dei paragrafi, nella punteggiatura e nell'eliminazione delle caratteristiche del parlato a favore di una conformità alle norme della prosa scritta. Kenny invece, analizzando alcune traduzioni dall'inglese al tedesco, ha parlato di "sanitisation" delle associazioni lessicali: i testi tradotti presentano un vocabolario più neutro che non rende conto delle scelte lessicali del testo fonte e che finisce per essere una versione "disinfettata" dell'originale. Il fenomeno della normalizzazione è stato iscritto da Toury in una legge del comportamento del traduttore detta legge della standardizzazione crescente secondo la quale.

Il traduttore avrebbe unatendenza a sostituire le particolarità testuali del testo fonte con elementi testuali codificati della linguad’arrivo. Egli afferma inoltre che questa inclinazione a restituire le occorrenze testuali del testo fontecon occorrenze più convenzionali è inevitabile.

1.2 Le analisi dei testi tradotti rispetto ai testi nativi (T-universals).

L’esplicitazione.

Nell’analisi di alcune traduzioni dall’inglese all’ungherese, Papai ha identificato 16 tipi diesplicitazione a tutti i livelli del linguaggio. L’interesse di questo risultato risiede nel confronto deirisultati dell’analisi contrastiva con un corpus paragonabile di testi nativi in ungherese che sembraavvalorare l’ipotesi secondo cui l’esplicitazione sarebbe un universale traduttivo.

Olohan e Baker hanno confrontato il corpus di testi tradotti in lingua inglese dell’UMIST con unsottocorpus di testi nativi paragonabili del British

National Corpus effettuando un’analisi degli elementi sintattici facoltativi. La loro ricerca evidenzia un’esplicitazione sintattica nei testi tradotti, in particolare per quanto concerne le strutture costruite con la congiunzione that che in inglese nativo è spesso omessa dopo verbi del dire come say e tell.

La semplificazione. Diversi studi sul confronto fra testi nativi inglesi e traduzioni di articoli di giornale e di narrativa in prosa hanno evidenziato alcune caratteristiche generali che contraddistinguono i testi tradotti dai testi nativi originali. Secondo Laviosa le traduzioni presentano una varietà e una densità lessicale minori: vi è una frequenza maggiore delle parole più comuni nella lingua d’arrivo e il rapporto fra parole lessicali e parole grammaticali è inferiore rispetto ai testi nativi.

La normalizzazione. Toury ha mostrato che la frequenza dei binominals (locuzioni o parole quasi sinonimiche impiegate sempre insieme)

come per esempio able e talented) che sono una caratteristica tipica dei testi nativi in ebraico, sono molto più frequenti nelle traduzioni che non nei testi ebraici nativi. 2. La "fragilità" del concetto di universale traduttivo. 2.1 Gli universali traduttivi rimessi in questione. Le prime teorie sul concetto di universale traduttivo si basavano su corpora ridotti con poche combinazioni linguistiche in cui l'inglese era sempre presente. L'integrazione di altre lingue, l'uso di strumenti informatici su corpora più vasti e altri ulteriori contributi a livello teorico hanno lasciato trapelare le prime incongruenze nell'impostazione del concetto, individuando universali che sarebbero in parte contrari ai precedenti. Tirkkonnen-Condit, per esempio, analizzando un corpus di circa quattro milioni di parole nel settore accademico e della fiction, sembra arrivare a risultati contrari all'ipotesi della normalizzazione. La studiosa hadimostrato che un tipo particolare di verbi e alcune particelle clitiche molto frequenti in finlandese, ma che non hanno un corrispettivo nelle lingue europee, sono meno frequenti nelle traduzioni che nei testi nativi. Secondo la ricercatrice, la ragione più logica di tale fenomeno è che, non essendo presenti nella lingua fonte, gli elementi tipici del finlandese non costituiscono la prima scelta del traduttore. Inoltre Jantunen, analizzando le collocazioni di tre avverbi di quantità sinonimici, simili al nostro "molto", afferma che il suo studio non evidenzia alcuna prova chiara che avvalori il concetto di universale traduttivo. I risultati sembrano piuttosto riflettere l'influenza dell'interferenza specifica di una determinata lingua fonte. 2.2 Alcune riflessioni sul dibattito. Il dibattito sugli universali traduttivi è problematico per diversi motivi. Innanzitutto vi è una mancanza di trasparenza e una gran confusione nei dati (spesso

I ricercatori confondono esempi di T-universals con esempi di S-universals non tenendo conto del fatto che si tratta di due ambiti di studio distinti e separati.

Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
52 pagine
15 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sidney81 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria della Traduzione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Montella Clara.