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USA
loro luogo d’origine. Semplice promessa di pagamento, la moneta americana Mexico
lascerebbe il posto all’unico pagamento effettivo: quello reale. Il movimento titoli USA
circolatorio porterebbe ad una domanda e offerta di dollari fatta da entrambi i
paesi, l’operazione risulterebbe quindi neutra rispetto al valore delle monete dollari
nazionali dei due paesi.
Il saggio di cambio sarebbe fisso, non già perché mantenuto dall’intervento delle autorità monetarie ma perché
sarebbe libero dalle pressioni disequilibranti di domanda e offerta.
La moneta in tutte le transizioni internazionali, si cambia con se stessa attraverso la moneta di un altro
paese. I dollari si cambiano in pesos, al momento dell’acquisto di merci messicane, per essere di nuovo
cambiati in dollari, al momento (simultaneo) del trasferimento dei titoli americani come pagamento finale. I
pagamenti sarebbero reali e le importazioni coperte o da esportazioni equivalenti di merci o titoli (caso di
un disavanzo della bilancia commerciale). Il cambio sarebbe assoluto, ossia uno scambio i cui due termini
medesima moneta. Dai dollari ai dollari attraverso il pesos. Il dollaro non può essere domandato
sono la
senza essere simultaneamente offerto (dagli Usa e dal Messico). Questo implica cambi stabili.
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10. Integrazione monetaria e moneta europea
10.1 Le tappe del progetto di unificazione monetaria europea
10.1.1 Dal trattato di Roma alle proposte di Werner
Il trattato di Roma (1957) venne firmato in un periodo caratterizzato dall’adozione del Gold Exchange
Standard e non conteneva norme in materia di cooperazione monetaria (anche perché il sistema del Gold
Exchange Standard si pensava fosse in grado di assicurare la stabilità dei cambi).
Verso il 1961, il manifestarsi dei primi squilibri monetari ,fece sì che i membri della CEE sentirono la
necessità di coordinare le loro politiche monetarie al fine di raggiungere una maggiore stabilità dei saggi di
cambio. Si delinearono due distinte e contrapposte correnti di idee, che segnarono la storia del Sistema
monetario europeo:
1. L’integrazione (unità) monetaria richiede l’armonizzazione e l’integrazione economica
Difeso in primis da tedeschi e olandesi, questa corrente di idee considera l’unione monetaria il coronamento di un
processo di armonizzazione e di integrazione che dovrebbe portare i paesi ad essere dotati di livelli simili di
organizzazione e struttura.
2. L’integrazione e l’armonizzazione economica richiedono l’integrazione (unità) monetaria
Approccio caldeggiato in primis da belgi, francesi e lussemburghesi, esso privilegia l’unione monetaria considerandola il
mezzo più idoneo a raggiungere una sempre maggiore unità economica
Il ministro lussemburghese Pierre Werner elaborò un piano, nel 1968, volto a mediare tra le due tesi
opposte proponendo il perseguimento “in parallelo” dell’integrazione monetaria e della convergenza delle
politiche economiche. Il piano, il cui scopo finale era l’unità monetaria e l’introduzione della moneta unica
europea, prevedeva:
1. Per quanto riguarda le politiche monetarie
a. Riduzione graduale dei margini di fluttuazione delle monete europee
Le crisi monetarie che precedettero e seguirono la decisione americana di sospendere ufficialmente la
convertibilità aurea del dollaro e la continua pressione esercitata da esso sulle principali monete europee
portarono a un punto di crisi generalizzata che sfociò con la chiusura dei mercati cambiari europei il 4 marzo
essenziale per la CEE attuare una politica monetaria comune per fronteggiare l’impero
1971. Diventava dunque
del dollaro. Il 24 aprile del 1972 entrarono così in vigore gli accordi europei di fluttuazione ristretta conosciuti
come “serpente monetario” (i paesi si impegnavano a mantenere la fluttuazione dei saggi di cambio
intracomunitari entro una fascia del 2.25%; l’ampiezza delle fluttuazione era quindi la metà di quella consentita
a livello internazionale del famoso tunnel monetario definito rispetto al dollaro)
b. Armonizzare i vari strumenti di politica monetaria
2. Per quanto riguarda le politiche economiche
a. Uniformare la politica fiscale e tributaria
b. Uniformare i mercati dei capitali e il finanziamento dei disavanzi interni
3. Costituire un Fondo monetario europeo cui sarebbe spettato il compito di elaborare gli strumenti
di aiuto finanziario intracomunitario e, più tardi, di gestire le riserve valutarie della Comunità
Il piano Werner aveva il vantaggio di proporre l’unità monetaria come movimento progressivo
d’integrazione, sia valutaria che economica, e non come riforma radicale tendente a rimpiazzare le monete
nazionali con una moneta unica europea.
Pur accettato dal Consiglio della Comunità, il piano Werner non venne applicato, sia a causa delle disparità
economico‐strutturali tra i diversi paesi della CEE, sia per l’intensificarsi della crisi monetaria internazionale.
Ciononostante esso rappresenta ancora oggi l’opinione ufficiale di parte dell’UE in materia d’unità
monetaria.
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10.1.2 Il sistema monetario europeo
I risultati dell’intesa che portò alla nascita del serpente monetario non furono all’altezza delle aspettative e
dal serpente nel tunnel si passò così al serpente fuori dal tunnel. Il 13 marzo 1979 il serpente venne
assorbito dal Sistema monetario europeo (SME).
Le basi dello SME vennero gettate a Brema nel luglio 1978, sottoscrivendo accordi in base ai quali:
1. Sviluppare lo SME attraverso un perfezionamento degli Accordi europei di cambio (AEC)
Gli AEC erano la parte più rilevante della strategìa volta alla creazione di una zona di stabilità monetaria che favorisse
l’armonico sviluppo della CEE. Gli AEC furono il risultato di un compromesso fra le due alternative seguenti, presentate
a Brema, riguardo al ruolo da attribuire all’unità monetaria europea (ecu):
a. Alternativa caldeggiata dai francesi
L’adozione del sistema francese avrebbe implicato l’assunzione degli oneri di aggiustamento da parte del paese
la cui moneta avesse maggiormente deviato dalla parità.
b. Alternativa caldeggiata dai tedeschi
Il sistema tedesco introduceva un’asimmetria nella ripartizione degli oneri di aggiustamento in quanto che alle
monete che avessero raggiunto il margine di fluttuazione inferiore veniva imposto l’allineamento verso la parità
centrale.
La formula di compromesso adottata, pur riconoscendo all’ecu il ruolo di numerario del sistema e di indicatore di
divergenza (posizione francese), stabiliva le parità e le soglie d’intervento su base bilaterale (posizione tedesca) e rendeva
obbligatorio l’intervento sul mercato valutario secondo le stesse regole adottate nell’ambito del serpente monetario.
La soglia di divergenza, calcolata usando l’ecu come unità di riferimento, era dunque un semplice indicatore, ponderato
in base al peso delle diverse monete. Il marco rimane la moneta più facilmente sostituibile a livello internazionale ed è la
Bundesbank a determinare il saggio di cambio tra le monete europee e le maggiori valute estere. Alle autorità monetarie
degli altri paesi della Comunità spetta dunque essenzialmente il compito di garantire la stabilità delle loro monete
relativamente al marco. L’indebolimento del dollaro porta così a un apprezzamento del marco e a un aumento delle
tensioni all’interno dello SME, mentre un suo indebolimento è sempre accompagnato da un accresciuto grado
d’instabilità.
Ciò dimostra come il sistema sia soggetto agli effetti destabilizzanti della speculazione internazionale, a tal punto che le
modifiche strutturali o reali si rivelano insufficienti a fronteggiare una situazione che tendenzialmente aggrava i divari
intracomunitari.
2. Istituire il Fondo monetario europeo (FME)
La creazione dello FME, preconizzata a Brema, è tuttora legata a una più radicale riforma del sistema monetario della
Comunità. Il problema del FME è strettamente collegato a quello dell’ecu (che vedremo in seguito)
3. Elaborare misure a favore delle economie meno prospere (MEMP)
Si decise di potenziare i meccanismi di credito già esistenti nell’ambito del serpente monetario. Rapidamente si possono
riassumere così:
a. Facilitazioni di credito a brevissimo termine (FCBT)
si tratta di crediti interbancari (tra Banche centrali) ottenuti tramite la vendita a pronti di monete comunitarie
contro accreditamento di conti in ecu presso il Fondo europeo di cooperazione monetaria. In questo contesto è
pure prevista la creazione di conti in ecu contro apporto di riserve
b. Sostegno monetario a breve termine (SMBT) e Concorso finanziario a medio termine (CFMT)
nel primo caso si tratta di un aiuto finanziario concesso, senza condizioni, a ogni paese della Comunità la cui
bilancia dei pagamenti si trovi momentaneamente in disavanzo; nel secondo caso, invece, l’aiuto è accordato a
quei paesi il cui disavanzo sia legato a gravi difficoltà economiche e, oltre a essere limitato al 50% della quota
massima accordatagli, è condizionato alle misure che il paese è tenuto ad adottare per favorire il ritorno
dell’economia all’equilibrio.
10.1.3 Dal piano Delors al Trattato di Maastricht
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10.1.3.1 Il piano Delors
Nel ’89 venne pubblicato il piano Delors, progetto che prevedeva il raggiungimento dell’unione economica
e monetaria attraverso le seguenti 3 fasi:
• Prima Fase
naturale continuazione delle misure precedentemente adottate dalla Comunità
o liberalizzazione dei movimenti intracomunitari di capitale
o graduale restringimento dei margini di fluttuazione adottati dallo SME (2.25% risp. all’ecu)
• Seconda Fase
diventata operativa dopo la firma del trattato di Maastricht a esclusione della Gran Bretagna
o creazione di un sistema europeo di banche centrali e della relativa BCE
o costituzione dei un fondo destinato all’intervento sul mercato valutario
o progressivo trasferimento dei poteri di politica monetaria a un’istituzione comunitaria
• Terza Fase
l’adozione di questa fase doveva essere riesaminata nell’ambito del Trattato di Maastricht
o Passaggio a un sistema irrevocabile di cambi fissi
o Successiva sostituzione delle valute nazionali con una moneta unica europea
Alla Banca Centrale Europea sarebbe quindi spettato il compito, alla fine, di emettere la nuova moneta,
fissare i saggi d’interesse, detenere le riserve monetarie ufficiali ed intervenire sul mercato valutario
relativamente alle monete extracomunitarie.
10.1.3.2 Il Trattato di Maastricht
Il piano elaborato da Delors venne ripreso dal Consiglio