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Prova di trazione su campioni di dimensioni differenti
Supponiamo di voler eseguire la prova di trazione su due campioni dello stesso materiale ma di dimensioni differenti, tipo:
- Campione A: lunghezza di 100 mm e diametro della zona ristretta di 10 mm;
- Campione B: lunghezza di 200 mm e diametro della zona ristretta di 20 mm.
La prova di trazione di questi due campioni darà lo stesso risultato per entrambi?
No, perché la curva di trazione non dipende solamente dal materiale ma anche dalla geometria del campione. È vero che la macchina rileva i valori di allungamento e di forza, però li "traduce" in parametri derivati. Vediamo la seguente figura:
8 = ∆ = -
Come si può notare la forza P è associata a , mentre è associato a . Mediante queste associazioni è possibile svincolarsi dalle dimensioni del provino, forza tensione → allungamento deformazione → σ. Nel grafico significa tensione nominale, mentre è l'area della sezione trasversale del provino.
prima che il carico venga applicato. Perché è detta tensione nominale?
Perché non è una tensione vera e propria. Viene indicata in o MPa. Attenzione: non è una pressione, perché se lo fosse sarebbe uno scalare, invece la tensione nominale è un tensore, cioè una matrice 3x3, quindi in un punto si hanno 6 valori di tensione. Anche per la deformazione vale il concetto, o meglio, non è lo stesso parlare di allungamento e di deformazione perché quest'ultimo è adimensionale. Torniamo a: è un'approssimazione perché viene determinata impiegando una forza misurata in qualsiasi fase, istante, della prova e dividendola per l'area A. Quindi questa tensione è fittizia ma è comunque utile perché quando si deve dimensionare un organo meccanico bisogna far si che le deformazioni siano ridotte il più possibile e vengono accettate di norma solo piccole.
deformazioni elastiche. Durante la prova si assume che i materiali siano incomprimibili, quindi che il volume sia mantenuto costante: V = A * L = A * ΔL = ε * L = ε * ΔL. Quindi se l'allungamento aumenta, conseguentemente l'area della sezione trasversale A deve diminuire, proprio perché il volume deve mantenersi costante. Ogni tanto si ha anche a che fare con delle deformazioni percentuali in quanto sono deformazioni molto piccole:
- valore assoluto: |ε|;
- valore percentuale: ε * 100.
Riprendiamo i metodi di misurazione dell'allungamento: abbiamo visto quali sono le modalità adottate, ma cosa cambia nel scegliere la modalità di misurazione? La risposta ce la dà il grafico in figura 4-3: la curva continua indica la prova di trazione misurandogli allungamenti con l'estensometro, quella tratteggiata invece è stata ottenuta misurando lo spostamento della traversa superiore. Si può notare che nella fase elastica di questa curva il materiale
è la deformazione? La deformazione è la variazione di forma o dimensione di un materiale quando viene sottoposto a una forza esterna. Può essere misurata in termini di allungamento, compressione, torsione o flessione. La resistenza di un materiale è la capacità di sopportare una forza senza rompersi. Può essere misurata esaminando i carichi massimi che il materiale riesce a sopportare. In altre parole, la resistenza è la capacità di sopportare tensioni elevate senza subire danni. La rigidezza, d'altra parte, si riferisce alla capacità di un materiale di resistere alla deformazione nella fase elastica. Più è verticale la fase elastica della curva, più il materiale è rigido. La rigidezza viene studiata nella parte elastica della curva di deformazione. Il modulo di Young è una misura della rigidezza di un materiale ed è pressoché invariato indipendentemente dalle lavorazioni eseguite sul materiale. La tensione di snervamento, invece, è la tensione massima che un materiale può sopportare prima di subire una deformazione permanente. In conclusione, la resistenza e la rigidezza sono due concetti fondamentali per comprendere il comportamento dei materiali quando vengono sottoposti a forze esterne.significa che un materiale è fragile o duttile?
Un materiale è fragile quando, oltrepassata la fase di snervamento, si rompe subito a seguito di una deformazione plastica anche molto piccola.
Un materiale è duttile quando la deformazione plastica è molto ampia, quindi ce ne vuole perché il pezzo si rompa.
Alcuni esempi di materiali fragili sono: il vetro, le ghise grigie e le ghise bianche (per quanto riguarda le leghe metalliche) che sono materiali ad alto tenore di carbonio, oppure anche i ceramici e le plastiche termoindurenti.
Finora siamo stati abituati che ogni curva presenta una zona elastica, una di snervamento e una zona plastica. Per determinati materiali non è così: alcuni, una volta applicato il carico, si deformano subito entrando nella fase plastica. Un esempio è dato da determinati metalli e plastiche.
Dunque come possiamo definire il comportamento elastico di questi materiali?
Le norme dicono di ricorrere
all'utilizzo di una retta secante. Torniamo un attimo alla duttilità: abbiamo detto prima che è associabile alla fase plastica e che questa è molto estesa nella curva di trazione. Un altro parametro associabile alla duttilità è la riduzione d'area (è un parametro molto significativo). Noi confronteremo l'area della sezione trasversale una volta avvenuta la rottura, con quella iniziale. Perché quest'area è rappresentativa della duttilità di un materiale? Perché noi partiamo dal presupposto che, durante tutta la prova, il volume si mantenga costante. Ma perché è più indicativa dell'allungamento? Perché l'allungamento è concentrato su una piccola sezione del provino (vedi immagine nella pagina precedente) e non su tutto il provino. La duttilità quindi non può essere, diciamo, "compresa" con l'allungamento proprio perquesta ragione: l’allungamento è concentrato su un tratto molto pic-colo della sezione. Quindi il solo parametro che mi permette di misurare l’effettiva duttilità del ma-teriale è l’area di restrizione di quel tratto di provino.
Esaminiamo ora il concetto di stato tensionale: abbiamo detto prima cosa s’intende per tensione e abbiamo detto che in un punto abbiamo più valori di tensione. A seconda di quante tensioni siano diverse da zero in un punto del materiale possiamo stabilire quel è lo stato tensionale in quel punto. Quindi lo stato tensionale ci permette di definire quali siano le tensioni agenti in quel punto del ma-teriale.
Quando eseguiamo la prova di trazione quali tensioni agiscono sul provino?
Prendiamo in riferimento queste figure:
Figura (a). Qui si può notare che l’unica tensione presente è quella di trazione, quindi avremo che lo stato tensionale è monoassiale di trazione. Tutti i punti
della zona ri-stretta del provino sono soggetti ad un' unica tensione di trazione.
Ogni suo punto con una certa pressione (uguale per tutti i punti) non si rompe mai, ciò che applichiamo è una compressione triassiale. Vediamo ora la tenacità di un materiale: che cos'è? È la capacità di un materiale di assorbire energia (specifica) fino ad arrivare alla rottura. In altre parole è l'area sottesa della curva. Tornando alla duttilità, esistono dei metodi per aumentarla? Innanzitutto possiamo dire che la strizione del provino avviene nei punti più deboli, quelli cioè in grado di indebolire il materiale. Vediamo la figura alla pagina seguente. "Cleaner material" fa riferimento alla superficie del provino: se la superficie è liscia, pulita, allora il suo comportamento meccanico tende a migliorare e in qualche modo si può aumentare la duttilità. Notiamo anche la scrittura "increasing hydrostatic pressure": significa che se eseguiamo la prova di trazione a
pressioni più elevate rispetto a quella atmosferica, otterremo un ritardamento della rottura del provino: questo è un altro metodo per aumentare la duttilità del materiale. Con la prova di tenacità misuriamo l’energia assorbita dal materiale in condizioni statiche, mentre con la prova di resilienza valuteremo l’energia assorbita in condizioni dinamiche. Per la prova di trazione è tutto, passiamo ora a quella di compressione.
Prova di compressione
In ambito tecnologico viene più usata la prova di compressione rispetto a quella di trazione. Come detto prima, qui il provino viene schiacciato. Osservando la figura (a) possiamo osservare la cella di carico ed un trasduttore di appostamento. Non c’è bisogno di un estensimetro, quindi ci basta misurare la distanza tra le due piastre. Anche in questa prova vale la costanza di volume, quindi in fase di schiacciamento diminuisce la lunghezza e aumenta il diametro del provino cilindrico.
questa pro-va la forza P aumenta sempre proprio per il fatto che l'area della sezione trasversale aumenta, inol-tre il materiale s'incrudisce diventando sempre più resistente durante la prova. Una differenza da osservare tra la prova di trazione e quella di compressione è la formula definentela deformazione: Trazione Compressione- - -= = = Come si può notare i parametri sono scambiati di posizione, perché la deformazione è presa positi-va. Anche per la prova di compressione possiamo ricavare una curva tensione-deformazione: per lamaggior parte dei materiali la curva è uguale, è la stessa. Quando il provino viene schiacciato moltoperde la propria configurazione cilindrica assumendone una a forma di botte. Cosa significa che assume una forma di botte? Significa che cambia lo stato tensionale, cioè passa dallo stato monoassiale della configurazione ci-lindrica a quello triassiale di compressione. Questoparticolare è rilevante perché ci dice che la curva tensione-deformazione no