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ATTO QUARTO SCENA I
(81) Rom a, in casa di Marcantonio. Ottavio, Antonio e Lepido sono seduti ad un tavolo.
ANTONIO - Allora, tutti i nomi quischedatison da mettere a morte, tuttiquanti.
OTTAVIO - (A Lepido) Tuo fratello deve anche luimorire. Non sei d'accordo, Lepido?
LEPIDO - D'accordo.
OTTAVIO - (Ad Antonio) Allora, Antonio, aggiungilo alla lista.
LEPIDO - A patto, Antonio, che non resti vivo, però, nemmeno tuo nipote Publio. (82)
ANTONIO - Nemmeno lui vivrà. Toh, ecco, guarda: con questo segno condanno anche lui.
Ma va' a casa di Cesare, Lepido, porta qua il suo testamento, e vedremo di togliere qualche onere dai suoi legati.
LEPIDO - Vi ritrovo qui?
OTTAVIO - O qui, o in Campidoglio. (Esce Lepido)
ANTONIO - È proprio un omiciattolo da niente, buono a fare il garzone di bottega. Ti sembra giusto che, diviso il mondo in tre parti, egli debba figurare come uno che dovrà tenerne un terzo?
OTTAVIO - Tu stesso l'hai così considerato; ed hai chiesto perfino il
suopareresu chi segnare nella lista neradei condannati a morte e deiproscritti.ANTONIO - Ottavio, ho visto più giorni dite:abbiamo un bel caricarequest'uomodi onori, per alleggerir noistessi di numerosi e fastidiosi pesi;saprà portarli come porta unasinoun carico prezioso sullagroppa,sudando e mugugnando sotto ilpeso,guidato o spinto a forza versoil luogoche gli indichiamo noi;e portato che avrà per noi iltesoro,gli togliamo di dosso quellasomae da asino scaricolo scapezziamo, a scrollarsigli orecchie a pascolare nei pubbliciprati.
OTTAVIO - Fa' come credi; ma tienipresentech'è soldato provetto ecoraggioso.
ANTONIO - Così è anche il mio cavallo,Ottavio;e per ciò lo rimpinzo diforaggio:è creatura che possoammaestrarealla battaglia, al volteggio,all'arresto,allo sfaglio, restando ogni suamossada me guidata. Lo stesso è diLepido:egli abbisogna d'essereaddestratoed istruito, e costretto adandare:un
individuo di spirito sterile, uno che si alimenta di rifiuti, di robacce, di false imitazioni che, scartate dagli altri, fuoriuso, diventano per lui ultima moda. Non parliamo di lui, se non per dire che c'è soltanto uno strumento. Ed ora, Ottavio, ascolta grandi cose: Bruto e Cassio vanno assoldando truppe. È necessario che noi, senza indugio, ci apprestiamo a far loro resistenza. Perciò che il nostro patto sia concluso, consolidate le nostre alleanze e posti in opera i mezzi migliori. Sediamoci a consiglio immediatamente per decidere come meglio fare per scoprire le loro segrete trame e fronteggiare gli aperti pericoli.SCENA II (84) Davanti alla tenda di Bruto, nell'accampamento presso Sardi. Tamburi. Entrano BRUTO, LUCILIO, LUCIO con soldati da unaOTTAVIO - Facciamolo. Siamo legati al palo (83) e circondati da molti nemici, e anche temo che molti di quelli che ci fanno buon viso e ci sorridono hanno nell'animo, contro di noi, milioni di propositi insidiosi. (Escono)
parte;da un’altra TITINIO e PINDARO.
BRUTO - Alto là, fermi!
LUCILIO - La parola d’ordine!Fermi là!
BRUTO - Titinio!(85)Oh, Cassioè qui?
TITINIO - A portata di mano, ed è quiPindaroa recarti il saluto del padrone.
BRUTO - Molto onore.( A Pindaro )Però il tuo padrone,a causa forse d’un suomutamentoo per colpa di indegni suoigregari,m’ha dato modo di desiderarecome non fatte cose da luifatte.Ma s’è accampato non lungi daqui,ne avrò la spiegazione da luistesso.
PINDARO - Non dubito che il nobil miopadroneapparirà qual è: uomo d’onoredegno d’ogni rispetto.
BRUTO - Non ne dubito…( A parte, a Titinio )Come t’ha accolto?Ragguagliami bene.
TITINIO - Abbastanza cortese erispettoso,ma non con quella affabilepremurané con quel tono aperto edamichevoledi conversare che usava unavolta.
BRUTO - Me l’hai descritto come uncaldo amicoche si va intiepidendo; avrainotato,Titinio,
come sempre l'amicizia quando inizia a guastarsi ed amarcire s'ammanti di sforzata cortesia. La lealtà, quando è sincera e semplice, non ha trucchi; ma gli uomini insinceri sono come i cavalli sfocazzanti guidati a mano, che fan grande sfoggio d'ardore e ti prometton chi sa che; ma quando son montati e sentono sui fianchi il duro sprone, abbassano la cresta e come pigri e rozzi ronzinanti deludono e falliscono la prova. La sua truppa, m'hai detto, sta venendo? TITINIO - Prevedono d'acquartierarsi a Sardegna per questa notte: ma la maggior parte della cavalleria è qui con Cassio. (Fanfara all'interno) BRUTO - Eccoli, udite, arrivano! Incamminiamoci a piedi a incontrarli. Entra CASSIO con soldati CASSIO - Alt! BRUTO - Alt! Passate l'ordine! DI DENTRO - Alt! Alt! CASSIO - Fratello nobilissimo, m'hai fatto torto. BRUTO - O numi, giudicatemi! Ho fatto mai io torto ad un nemico? E se non è così, sapete voi, come potrei far torto ad un fratello?avrebbe accettate dai Sardiani; e di quanto t'ho scritto in suo favore, poiché conosco l'uomo, nessun conto hai creduto di fare, con disprezzo.- Questi tuoi modi remissivi, Bruto, ti servon bene a nasconder l'offese; e quando tu le fai...
BRUTO - Cassio, sta' calmo. S'hai da lagnarti, fallo a bassavoce... ch'io ti conosco. Non stiamo adiscutere qui, sotto gli occhi dei nostri due eserciti, che non dovrebbero vedere altro che amore ed amicizia tra noi due. Ordina loro di spostarsi altrove, e poi, nella mia tenda, da' pieno sfogo alle tue lamentele, ed io son qui per darti udienza.
CASSIO - Pindaro! Passa l'ordine ai nostri comandanti che distanzino alquanto i loro uomini da questo posto.
BRUTO - Lucio, fa' lo stesso; e nessuno s'accosti alla mia tenda fino al termine della conferenza. Voi, Lucilio e Titinio, restate qui, a guardia dell'ingresso.
(Bruto e Cassio entrano nella tenda di Bruto)
SCENA III
L'interno della tenda di Bruto
Entrano BRUTO e CASSIO
CASSIO - Che m'hai offeso, questi sono i fatti: hai castigato e marchiato d'infamia Lucio Pella, per certe regalie ch'egli...
dinoisarebbe stato tanto scelleratoda toccare il suo corpo epugnalarlose non per la giustizia?Dannazione!Deve ora uno di noi cheabbiamo uccisoil più importante uomo dellaterrasolo perch’egli proteggeva iladri,dobbiamo noi insozzarci leditacon basse regalie,ridurci a barattare il grandespaziodel nostro onore per unamanciatadi vil metallo? Un cane vorreiessere,e come un cane abbaiare allaluna,piuttosto che un romano di talpasta!
CASSIO - Bruto, non aizzarmi, non lotollero:dimentichi te stesso,a insultarmi così. Sono unsoldato,più vecchio d’esperienza e piùcapacedi te stesso a trattare con lagente.
BRUTO - Va’, va’, che non lo sei,Cassio.
CASSIO - Lo sono.
BRUTO - Tu non lo sei, ti dico.
CASSIO - Bada, Bruto,non provocarmi, ch’io perdo latesta!Pensa a te, non mi provocarpiù oltre.
BRUTO - Via, uomo da niente!
CASSIO - A me?Possibile?…
BRUTO - Sentimi bene, parliamocichiaro:credi ch’io debba cederealle tue
scriteriateescandescenze?Credi ch'io mi spaventi quando un pazzo mi sbarra gli occhi in faccia?
CASSIO - O dèi, odèi! Devo io sopportare tutto questo?
BRUTO - Tutto questo, e più ancora! Fremi, fremi, fino a spezzarti il cuore! La tua collera valla a sfogare coi tuoi schiavetti e a far tremare con essa i tuoi servi. Io, cedere ad essa? Assecondarti? Genuflettermi al tuo rabbioso umore? Consuma dentro te e la tua collera fino a scoppiare, per tutti gli dì! Perché io, da oggi in poi, quando sei più stizzoso di un'ape, ti userò come mio divertimento, sì, per riderci sopra, e niente più!
CASSIO - A questo siamo giunti?
BRUTO - Ti vanti d'essere migliore soldato: fa' che si veda; la tua vanteria mettila in atto, e ne avrò gran piacere: per parte mia, sarò sempre contento d'imparare da uomini onorati.
CASSIO - Vuoi proprio offendermi; m'offendi, Bruto. Un soldato più vecchio d'esperienza, t'ho
detto prima io, rispetto ate,non già migliore. T