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Il linguaggio della scienza
La prosa del '700 deve molto allo sviluppo del linguaggio scientifico, che in questo secolo raggiunse esiti elevati, prima di tutto per merito di Galileo. Egli aveva scritto in italiano fin da quando aveva 22 anni, allorché aveva composto il breve saggio "La bilancetta". Egli aveva la volontà di staccarsi polemicamente dalla casta dottorale. Infatti, nella prefazione a "Le operazioni del compasso geometrico e militare", aveva affermato di aver usato il volgare per raggiungere coloro che avessero più interesse per la milizia che per la lingua latina. Un intento divulgativo è quindi riconoscibile, così come la fierezza per la propria lingua, quella toscana. Il latino assunse la funzione di termine di confronto negativo, a cui rivolgersi in una sorta di controcanto polemico: ciò è particolarmente evidente nel "Saggiatore" (1623), dove sono riportate le tesi dell'avversario scritte in latino e confutate in italiano. Galileo,Pure scegliendo il volgare, non si collocò mai al livello basso o popolare. Se seppe aggiungere un tono elegante e medio, perfettamente accoppiato alla chiarezza terminologica e sintattica. Non rinunciò peraltro a mostrare in alcuni suoi scritti alcune macchie di lingua toscana, così come sarcasmo, boutade scherzose e paradossi.
Galileo raggiunse un grande rigore logico-dimostrativo e una eccezionale chiarezza linguistico-terminologica. Vi sono termini per i quali Galileo ha provveduto a fissare il significato in maniera univoca. Così il candore della luna: "questo tenue lume secondario, che nella parte del disco lunare non tocco dal Sole si scorge".
Galileo, dunque, quando nomina e definisce un concetto o una cosa nuova, preferisce attenersi ai precedenti comuni ed evita di introdurre terminologia inusitata o troppo colta. Migliorini ha osservato come Galileo, più che alla coniazione di vocaboli nuovi, si affidasse alla tecnificazione di termini.
già in uso. Si pensi allo strumento che egli nominò inizialmente come cannone o occhiale e che poi prese il nome di cannocchiale. Osserva ancora Migliorini che ogni qual volta troviamo un'invenzione galileiana designata con un nome dotto, possiamo asserire con quasi assoluta certezza che il nome fu foggiato da altri. I grecismi si affermarono nel linguaggio della scienza fin dal XVII secolo: il barometro si chiamava inizialmente Tubo di Torricelli. 4. IL MELODRAMMA L'Italia assunse per lungo tempo una posizione egemonica per ciò che riguarda la produzione di opere liriche. Il melodramma permette di affrontare la questione del rapporto fra parola e musica. Il melodramma del primo '600 fu un tentativo di ricreare la tragedia antica. Il rapporto tra musica e poesia era considerato stretto: tuttavia una semplice utilizzazione della poesia da parte dei musicisti ci permetterebbe solamente di affermare che il canto fu un ulteriore canale di diffusione dei modelli.Il rapporto fra la parola e la melodia fu affrontato in maniera più profonda e sistematica nel Dialogo della musica antica del 1581, in lingua italiana, da Vincenzo Galilei.
Il teatro del '500 era stato recitato, non cantato, e la musica era rimasta confinata negli intermezzi. Peri e Caccini, nella partitura nell'Euridice, diedero una svolta al canto, un canto che permetteva finalmente di comprendere il testo senza deformazioni.
Il melodramma si caratterizza come uno spettacolo di élite, e questo ci aiuta a delimitare la sua influenza linguistica nella giusta dimensione, quella della corte.
La produzione di libretti, a partire dal '600, ebbe dimensioni quantitative strepitose. Il linguaggio poetico del melodramma si inserisce nella linea della lirica petrarchesca, rivisitata attraverso la memoria di Tasso, in particolare dell'Aminta.
Le concatenazioni di "e", i giochi di opposizione (del tipo: "dove ghiaccio
divenne il mio belfoco”), già tipici della lirica tassiana, si diffusero ulteriormente attraverso il melodramma, in cui siaccentuò la propensione per la poesia cantabile, per i versi brevi, per le ariette.
5. IL LINGUAGGIO POETICO BAROCCO
Con Marino e il marinismo, a partire dall’inizio del ‘600, le innovazioni si fanno ancora piùaccentuate. Il catalogo degli oggetti poetici si allarga notevolmente.
Gli schemi metrici e le cadenze ritmiche sono ancora quelle petrarchesche.
La poesia barocca estende il repertorio dei temi e delle situazioni che possono essere assunte come26oggetto di poesia, e il rinnovamento tematico comporta un rinnovamento lessicale. Si considerino iriferimenti botanici. Proprio Marino, accanto alla rosa, pone una serie di piante diverse, soventecorredate dal loro epiteto (il vago acanto, la bella clizia, il papavero vermiglio, etc.).
La poesia barocca utilizza un’ampia gamma di animali, canonici e non (il fiero leone, la
giovenca,la civetta, il parpaglione, etc.). Nel Lubrano ci sono il baco da seta e la lucciola.La prosa scientifica aveva descritto con interesse il regno animale anche in alcune delle sue formerepellenti, come le vipere e i vermi. I poeti barocchi non furono da meno e arrivarono a utilizzare glistessi strumenti della scienza, sfruttando le più aggiornate ricerche zoologiche per attingere nuovolessico.Marino, nell’Adone, usa il lessico dell’anatomia, ricavato dai trattati anatomici del tempo, in mododa celebrare i “sensi” e la “macchina” umana. Altre ottave dell’Adone utilizzano la descrizionedella luna fatta da Galileo, fino a concludere coll’elogio del “picciol cannone” con i suoi “duecristalli” (il cannocchiale galieleiano, appunto).Un consistente filone della poesia barocca che fa capo a Marino utilizza dunque il lessicoscientifico. Sempre Marino, nell’Adone, parla anche dell’anatomia
dell'occhio umano, usa parole come nervi, orbicolare, pupilla e cristallo, anche se questo lessico, nuovo nella poesia, viene poi utilizzato nel contesto del tradizionale linguaggio poetico nobile.
Il suo è un poema, ma anomalo poiché comprende una certa varietà di generi.
La presenza del lessico scientifico nella poesia di Marino conferma dunque la tendenza al rinnovamento. Nell'Adone entra l'attualità: il cannocchiale, le lodi a Galileo.
Vengono usati cultismi, grecismi, latinismi, non di rado di provenienza scientifica.
6. LE POLEMICHE CONTRO L'ITALIANO
A partire dalla fine del '600 si sviluppò e prese piede il giudizio sul cattivo gusto del Barocco. Tale giudizio fu costantemente ripetuto dagli illuministi del '700.
Proprio in Francia si condannava la letteratura del nostro paese e quella della Spagna.
Il padre Dominique Bouhours, un gesuita e grammatico francese, svolse in due opere la tesi secondo la quale, tra i popoli d'Europa,
sola ai francesi poteva essere riconosciuta l'effettiva capacità di parlare; di contro, gli spagnoli declamavano e gli italiani sospiravano. Lo spagnolo era accusato di magniloquenza retorica, l'italiano di sdolcinatezza poetica. A vantaggio del francese, secondo Bouhours, giocava la vicinanza della prosa e della poesia, indice di "razionalità"; Bouhours voleva promuovere il francese a lingua universale, lingua di tutto il mondo, nuovo latino. La lingua italiana veniva bollata come incapace di esprimere in modo ordinato il pensiero umano e quindi veniva confinata nel suo orticello poetico. Ci si avviava dunque ad attribuire a ogni idioma un carattere fisso, considerato arbitrariamente come "strutturale". La risposta alle tesi di Bouhours tardò a venire. 7. LA LETTERATURA DIALETTALE E LA TOSCANITÀ DIALETTALE Nei secoli XVI-XVII si ha la nascita di una letteratura dialettale cosciente di essere tale, volontariamente contrapposta alla lingua italiana.letteratura in toscano. Va osservato che la tradizione letteraria italiana è caratterizzata dalla grande vitalità della letteratura in dialetto. Rappresenta una forma di dialettalità anche la manifestazione marcata del gusto per la lingua toscana viva e popolare. In Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del grande Michelangelo, si ritrovano nei versi delle sue due opere teatrali in versi (La Tancia e La Fiera, 1611-1619) termini toscani popolari e rari che interessano molto il linguista.
CAPITOLO SETTIMO – IL SETTECENTO
271. L'ITALIANO E IL FRANCESE NEL QUADRO EUROPEO
Le lingue di cultura che potevano ambire a un primato internazionale, all'inizio del '700, erano poche. Lo spagnolo era in fase calante, il portoghese non ha ormai alcun rilievo, le lingue slave non erano né conosciute né apprezzate, mentre tedesco ed inglese avevano una posizione marginale. La cultura inglese si diffuse in genere all'inizio dell'800.
attraverso le traduzioni francesi. Quanto altedesco, la sua stagione non era ancora venuta: su di esso correvano giudizi piuttosto negativi. Nonsolo un intellettuale come Leibniz aveva lamentato il grave ritardo di questa lingua dal punto divista del vocabolario intellettuale e della capacità di vincolare il pensiero filosofico e scientifico, male testimonianze mostrano che del tedesco si poteva fare benissimo a meno anche viaggiando esoggiornando nei paesi di lingua germanica. Voltaire, nel 1750, scrive da Potsdam dicendo di averl’impressione di essere in Francia, e osserva che lì si parla francese ovunque.Solo con il Romanticismo, all’inizio del secolo XIX, il tedesco ottenne un riconoscimento generalee la cultura tedesca si organizzò utilizzando finalmente la propria lingua nazionale. Nel ‘700 peròprevaleva il francese.La lingua di comunicazione elegante da usare con i viaggiatori stranieri nei territori di linguatedesca era il francese,
ma anche l'italiano aveva una posizione di prestigio come lingua di conversazione elegante, soprattutto a Vienna, dove Magalotti assicura che non occorreva imparare il tedesco, perché ogni galantuomo conosceva l'italiano; era dunque lingua di corte a Vienna, e anche a Parigi era abbastanza noto, come lingua da salotto e per le dame. Un italiano colto del '700 che non voglia sfigurare nel bel mondo deve parlare un po' di francese. Era insomma pacifico che il francese aveva assunto una posizione che lo rendeva in qualche modo erede dell'antico universalismo latino. Scrivere in francese significava non solo essere alla moda, ma anche essere intesi dappertutto senza bisogno di traduzione, vantaggio non di poco conto. Un'opera fondamentale come l'Encyclopedie di Diderot e D'Alembert ebbe due ristampe in Italia, a Lucca e a Livorno, coronate da uguale successo di vendita: entrambe queste ristampe furono in francese. Nel 1784 l'Accademia diBerlino premiò un saggio di Rivarol intitolato significativamente Del'univer