LE DEMENZE
La demenza è uno stato di decadimento progressivo ed irreversibile delle funzioni
cognitive e dell’autonomia funzionale associato ad alterazioni comportamentali,
psicologiche e del ragionamento (le principali aree cognitive coinvolte sono la
memoria, il linguaggio, le abilità prassiche, la capacità di riconoscimento di oggetti
e le funzioni esecutive); le caratteristiche tipiche della demenza sono l’acquisizione
(la malattia si manifesta in soggetti che detengono funzioni cognitive
adeguatamente funzionanti), il coinvolgimento di domini multipli e la non
compromissione della vigilanza del paziente.
I pazienti affetti da demenza presentano alcuni sintomi cognitivi come il disturbo di
memoria episodica con difficoltà nell’apprendimento di nuove informazioni e nel
reperire oggetti, il disturbo delle funzioni esecutive associato a riduzione
dell’attenzione, della capacità di inibire i processi automatici, a difficoltà nella
pianificazione, della programmazione e dell’organizzazione, il disturbo del
linguaggio (anomie, parafasie, riduzione della produzione verbale e disturbi di
comprensione), i disturbi visuo-percettivi e visuo-spaziali come la difficoltà nel
riconoscere oggetti e orientarsi in strade familiari; inoltre presentano dei sintomi
non cognitivi quali psicosi, alterazioni dell’umore come depressione, euforia e
labilità emotiva, ansia, disturbi neurovegetativi come alterazioni del ritmo sonno-
veglia, dell’appetito e del comportamento sessuale, disturbi dell’attività psicomotoria
come vagabondaggio e affaccendamento, agitazione ed alterazioni della personalità.
[la diagnosi di demenza è convenzionalmente considerata definitiva quando viene
confermata autopticamente].
Esistono forme primarie di demenza che portano alla generazione del quadro clinico
di decadimento cognitivo (malattia di Alzheimer, demenza fronto-temporale,
malattia di Parkinson e corea di Huntington) e forme secondarie dovute ad
alterazioni cerebrali causate da danni ai vasi sanguigni (vasculiti, infarti,
malformazioni artero-venose), da sostanze tossiche (alcool, metalli pesanti,
monossido di carbonio e farmaci) (, da fattori endocrini e metabolici (ipotiroidismo,
deficienza di acido folico e vitamina B12, ipoglicemie ripetute), da traumi o
idrocefalo, da neoplasie (gliomi, meningiomi, tumori ipofisari) e da infezioni
(neurosifilide, AIDS, sclerosi multipla, ascessi cerebrali, encefalopatie da prioni).
Per quanto riguarda le demenze il principale fattore di rischio è l’età in quanto
l’incidenza della malattia aumenta con l’invecchiamento (infatti si pensa che
l’incidenza delle demenze sia destinata ad aumentare con l’aumento della
popolazione e del numero di persone ultrasessantacinquenni); la prevalenza della
demenza è stimata intorno al 6,4% nella popolazione al di sopra dei 65 anni e
raddoppia in media ogni 5 anni. Altri fattori di rischio per l’insorgenza della
demenza sono l’aterosclerosi, gli ictus, il fumo, l’alcool, le malattie cardiache, il
diabete mellito, la depressione e l’ipertensione.
N.B. Il principale problema della demenza è che il decadimento cognitivo inizia
prima della manifestazione dei sintomi, per cui alla comparsa dei primi segni di
perdita della memoria il danno è già esteso ed è inevitabile un progressivo declino
delle funzioni cognitive (la principale causa di demenza è la malattia di Alzheimer:
54%). LA MALATTIA DI ALZHEIMER
Nel 1984 il National Institute of Neurogical and Communicative Disorders and
Stroke e l’Alzheimer’s Disease and Related Disorders Association hanno formulato
i criteri per distinguere:
Malattia di Alzheimer certa, basata su riscontri neuro-patologici.
Malattia di Alzheimer probabile, definita su base clinica e mediante test
neuropsicologici per valutare la memoria e la presenza di disturbi di
coscienza con un’età di insorgenza compresa fra i 40 ed i 90 anni.
Malattia di Alzheimer possibile, basata sulla presenza di un deficit
cognitivo isolato, presenza di elementi atipici nell’esordio e nella
presentazione del quadro clinico.
Mild Cognitive Impairment (MCI), che indica una fase di transizione tra
l’invecchiamento normale e la demenza caratterizzato dalla presenza di
deficit cognitivi isolati, di rischio di insorgenza di Alzheimer, ma in assenza
di compromissione del funzionamento quotidiano e di demenza.
Nel 2007 sono state distinte varie fasi della condizione di demenza per distinguere
il processo patogenetico della malattia di Alzheimer e della sua manifestazione
clinica:
Stadio preclinico è il periodo asintomatico compreso fra l’instaurarsi dei
processi patologici della malattia e la manifestazione dei sintomi clinici.
Fase presindromica è la condizione precoce e sintomatica che precede la
demenza conclamata, caratterizzata da disturbi della memoria episodica,
dalla presenza di specifici biomarcatori nel liquido cefalorachidiano e da
alterazioni patologiche visualizzabili mediante tecniche di neuroimaging.
Fase di demenza da malattia di Alzheimer, caratterizzata da sintomi cognitivi
sufficientemente severi da interferire con il funzionamento sociale e con le
attività della vita quotidiana.
L’afasia è il disturbo della formulazione o della comprensione del linguaggio dovuta
a lesioni dell’emisfero dominante in assenza di disturbi dell’articolazione e della
fonazione.
L’aprassia è l’incapacità di eseguire attività motorie finalistiche nonostante
l’integrità della coordinazione e della motricità (viene definita ideativa quando si
manifesta nei gesti transitivi come l’uso degli oggetti, ideomotoria quando riguarda
i gesti intransitivi come i gesti simbolici quali il saluto o il segno della croce,
costruttiva quando riguarda il disegno di forme geometriche e di specie
tridimensionali e orobuccofaciale quando riguarda attività come fischiare e gonfiare
le gote).
L’agnosia è l’incapacità di riconoscere o identificare stimoli in assenza di deficit
sensoriali (può essere visiva, tattile, spaziale e somatica).
I principali test di screening per l’insorgenza della demenza e della malattia di
Alzheimer sono:
Mini Mental State Examination (MMSE) è un questionario di facile e rapido
impiego per valutare l’orientamento, la memoria a breve termine,
l’attenzione, la concentrazione, il calcolo mentale, il linguaggio e la prassia
(presenta un punteggio massimo di 30 punti ed un punteggio inferiore a 24
punti è indicativo di disturbi cognitivi); se vengono utilizzati in maniera
longitudinale posso documentare la progressione della malattia per
quantificare il peggioramento.
Valutazione della storia clinica del paziente e della famiglia (modalità di
esordio ed evoluzione della patologia, sintomi associati, entità del deficit,
presenza di disorientamento, di limitazioni socio-lavorative e della vita
istintuale).
Esame neurologico e valutazione neuropsicologica e comportamentale.
Test di Laboratorio, in particolare esame del sangue (emocromo, elettroliti,
VES, glicemia, azotemia, creatininemia, esame delle urine, folati e vitamina
B12, sierologia) e del liquor.
Elettroencefalogramma.
La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza e determina la
formazione di placche amiloidi senili e grovigli neurofibrillari che possono essere
riscontrati a livello citologico nei neuroni prima dello sviluppo dei sintomi clinici;
queste formazioni cellulari si verificano per l’aggregazione di proteine parzialmente
foldate.
Le principali mutazioni che causano la malattia di Alzheimer sono:
Mutazione del gene PS1 che codifica per la presenilina 1 (un attivatore della
γ-secretasi) e causa una malattia ad insorgenza precoce (24-65 anni).
Mutazione del gene PS2 che codifica per la presenilina 2 (un attivatore della
γ-secretasi) e causa una malattia con esordio precoce (40-85 anni).
Mutazione del gene βAPP che codifica per la proteina precursore della β-
amiloide.
Mutazione del gene APOE che codifica per un enzima proteolitico fisiologico
della proteina β-amiloide detto apolipoproteina E (l’isoforma ε4 è quella che
ha minore efficienza nella reazione di degradazione e quindi risulta essere la
più pericolosa).
La proteina precursore della β-amiloide viene fisiologicamente scissa dalla α-
secretasi che taglia nel dominio amiloidogenico, la β-secretasi e la γ-secretasi che
effettuano un taglio proteolitico per degradare la proteina.
Una mutazione che determina un aumento dell’attività della β-secretasi e della γ-
secretasi a svantaggio della α-secretasi determina il mancato o errato clivaggio della
proteina formando la proteina tossica β-amiloide formata dal frammento compreso
fra l’amminoacido 1 e 42 che tende ad accumularsi a livello cellulare e ad aggregarsi
in protofibrille neurotossiche.
[La malattia di Alzheimer familiare si presenta come una malattia genetica
autosomica dominante]
N.B. Sono stati messi a punto nel modello murino dei vaccini contenenti i
frammenti 1-15 della proteina β-amiloide che prevengono la degenerazione
cognitiva e comportamentale e la deposizione della stessa proteina per impedire la
formazione delle placche senili; l’anticorpo aducanumab è un anticorpo
monoclonale ricombinante umano selettivo per la proteina β-amiloide che permette
la riduzione delle placche senili.
La malattia di Alzheimer è dovuta anche modificazioni epigenetiche, in particolare
è stata descritta un’ipermetilazione a livello dei promotori dei geni PSEN1, PSEN2
e AβPP che aumenta in maniera esponenziale dal momento della diagnosi (in modo
da aumentare la trascrizione della proteina β-amiloide).
MARCATORI BIOLOGICI LIQUORALI
I biomarcatori sono sostanze oggettivamente misurabili e valutabili come indicatori
di un normale processo biologico, di un processo patologico o di una risposta
farmacologica (la loro utilità diagnostica è determinata dalla sensibilità, dalla
specificità e facilità di uso della sostanza).
Lo studio dei biomarcatori a livello del liquido cefalorachidiano è importante per la
diagnosi delle malattie neurodegenerative in quanto esso riflette i processi
metabolici del cervello (il loro utilizzo diagnostico è limitato in quanto esso può
essere recuperato solamente attraverso una raccolta invasiva come la puntura
lombare).
Per quanto riguarda la malattia di Alzheimer i principali marcatori liquorali
esaminati sono:
Proteina τ totale che aumenta notevolmente a valori superiori a 450 pg/ml (i
v
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