Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 8
Tecniche di biologia molecolare Pag. 1 Tecniche di biologia molecolare Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 8.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tecniche di biologia molecolare Pag. 6
1 su 8
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

-ΔΔCT

la formula: Fold Change = 2 . Alla fine della reazione il software calcola la melting

curve per ogni campione mettendo in relazione la riduzione della fluorescenza con

l’aumento della temperatura al fine di capire se i campioni contengono solo il prodotto

specifico (la Tm, come visto precedentemente, è correlata alla dimensione del DNA, al suo

contenuto in GC e alla concentrazione di sale in soluzione).

Tm= 16.5 (log[Na])+0.41(%GC)+81.5°C

7) Sequenziamento chimico: metodo di sequenziamento più semplice e non più usato; il

procedimento consiste in: frammentare il genoma mediante enzimi restrittivi, marcare

radioattivamente il genoma, strand separation dei frammenti, distruzione chimica di basi

(con dimetil solfato e piperidina), confronto su elettroforesi a 4 corsie. Complicazioni: uso di

agenti cancerogeni, reazioni imprecise e non sempre risultati attendibili.

8) Sequenziamento enzimatico: principio basato sul blocco della pol in replicazione a causa

dell’incorporazione di un nt modificato non riconosciuto, un ddNTP, che non permette la

prosecuzione della reazione; bisogna marcare radioattivamente uno dei 4 nt al fine di

visualizzare il risultato sul gel elettroforetico a 4 corsie. Complicazioni: analisi di frammenti

non più grandi di 150 nt, preparazione di 4 reazioni, una per corsia, le corse potevano non

procedere dritte, rendendo difficoltosa la lettura delle bande.

9) Sequenziamento computazionale: in questo procedimento vengono utilizzati

sequenziatori più attendibili grazie a 2 miglioramenti principali: riducendo il numero di corsie

da 4 a 1, accoppiando ad ogni ddNTP una molecola fluorescente diversa che viene eccitata

da un laser ed emette raggi colorati che vengono intercettati da un software permettendone

il riconoscimento; inoltre le corse elettroforetiche vengono rese più accurate tramite

sequenziatori molto lunghi e a capillare. Il sequenziatore a fine operazione ci mostrerà dei

picchi colorati che corrisponderanno alla sequenza nucleotidica analizzata in base alla

lunghezza dei frammenti. A questo sistema è stata associata anche la PCR per avere un

numero maggiore di campione da sequenziare e si può arrivare al sequenziamento di

frammenti di circa 450 bp; se sul grafico risulta un picco sdoppiato si è di fronte alla

presenza di DNA eterozigote oppure un nt che il programma non è riuscito a identificare.

Tipi di sequenziamento:

- Metodo Shotgun: si procede con la frammentazione del genoma, clonazione dei

frammenti in batteri (formazione di BAC), sequenziamento di piccoli frammenti e con

primers diversi (contig) e allineamento delle sequenze omologhe; in seguito si preferì

utilizzare la PCR invece dei BAC.

- New generation sequencing (NGS): sono principalmente 3: Pyrosequences roche 454,

Uplide biosystem solid (AB solid), Solexa illumina.

Il primo produce 400 Mb di informazione ogni 4 ore mediante l’utilizzo delle

nanotecnologie: dopo la frammentazione genomica in pezzi di 3/400 bp (tramite

sonicazione, enzimi di restrizione o gettare il DNA in un filtro ad elevata pressione),

questi frammenti vengono legati a oligo-nt di sequenza nota alle 2 estremità (adattatori)

e in seguito denaturati. Si mischiano i frammenti a palline nanodimensionali in miscele

così diluite da permette l’instaurazione di legami con una sola sfera; queste sfere

vengono posizionate in pozzetti di silicone delle dimensioni di una sfera e in essi

avviene la reazione di PCR. La fase finale consta nel sequenziamento simultaneo dei

frammenti presenti nei vari alloggiamenti per poi ricostruire la sequenza iniziale. Il

sequenziamento viene portato avanti mediante un sistema che permette l’emissione di

un lampo di luce dopo l’incorporazione di ciascun nt: la polimerizzazione, e quindi il

sequenziamento, viene portata avanti mediante l’aggiunta di un nt alla volta e per ogni

nt inserito un enzima chiamato luciferasi utilizza il PPi rilasciato dall’incorporazione

nucleotidica per produrre luminescenza; dopo ogni ciclo si lava la piattaforma per poter

inserire il nt successivo.

Il metodo Illumina consta, invece, in una cella a flusso contenente una piattaforma in

cui sono inseriti 8 clusters di oligonucleotidi di ancoraggio; il DNA stampo è

frammentato in segmenti lunghi anche centinaia bp e modificato per generare estremità

tronche 5’ fosforilate. Una singola base di A viene aggiunta all’estremità 3’ del

frammento di DNA stampo fosforilato, in modo che sia facilitata la reazione di ligazione

agli oligo adattatori che presentano al 3’ una sporgenza di una singola base di T. In

condizioni diluite, il DNA stampo a singolo filamento legato agli adattatori è aggiunto

alla cella a flusso e immobilizzato mediante ibridazione agli oligo di ancoraggio. I

frammenti di DNA sono amplificati mediante PCR a ponte che si basa sulla cattura dei

filamenti di DNA ripiegati ad arco che si ibridano a un oligo di ancoraggio adiacente.

Cicli multipli di amplificazione convertono la singola molecola di DNA in un cluster di

frammenti ripiegati, ciascuno composto da circa 100 ampliconi clonali. Per il

sequenziamento si procede con un’iniziale denaturazione e scissione chimica del

frammento per ottenere soltanto i filamenti senso e si inseriscono dei nt terminatori

(ddNTPs) con 4 fluorofori diversi al fine di riconoscere la sequenza corrispondente ai

colori emessi e primers complementari alle sequenze adattatrici. Ogni volta che il

nucleotide viene incorporato viene letto dal sequenziatore e una volta avvenuta la

lettura il fluoroforo viene scisso per poter continuare la reazione.

Nell’ultima tecnica, più complessa, non si fa utilizzo di pol per il sequenziamento ma si

procede con cicli di ligasi che legano ottameri nucleotidici contenenti una parte

arbitraria, marcata, e una parte con una sequenza definita, al fine di comprendere la

sequenza finale.

10) uso della GFP: la GFP è una proteina fluorescente che può essere espressa in

eucarioti e procarioti sotto il controllo di specifici promotori. I promotori possono essere

inducibili (procarioti) o cellula/tessuto-specifici (eucarioti). La sua fluorescenza è dovuta

dalla presenza del suo folding causato dalla presenza di tre aa ravvicinati, Thr, Gly e Tyr, la

cui rotazione porta alla formazione di un anello imidazolinico tra Gly e Thr che permette la

coniugazione con il fenolo della Tyr con emissione di fluorescenza.

La GFP può essere utilizzata per studiare la regolazione post-traduzionale di una proteina

effettuando una fusione con GFP al C-terminale della proteina di interesse: se la proteina si

folda correttamente anche la GFP si folda ed emette fluorescenza. Può essere immessa in

organismi in coltura mediante trasformazione indotta per elettroporazione, shock termico o

agenti chimici come CaCl2.

pGLO è un vettore plasmidico contenente: un ori, un gene per la beta-lattamasi, bla, il gene

della GFP, sotto il promotore inducibile pBAD e araC, il regolatore dell’operone

dell’arabinosio. In un esperimento di espressione eterologa della GFP si esegue il seguente

protocollo sperimentale: trasformazione delle colonie mediante risospensione in soluzione

con CaCl2, aggiunta di DNA pGLO, incubazione in ghiaccio, heat-shock a 42°C e rimettere

in ghiaccio; immissione su terreno di crescita e piastramento in tre piastre LB/Amp,

LB/Amp/Ara, LB.

Si preparano 2 provette, una coi trasformanti e una di controllo senza pGLO, e in seguito

alla fase iniziale si piastrano su 4 terreni: i trasformanti su LB/Amp e LB/Amp/Ara e quelli di

controllo su LB/Amp e LB; ci aspettiamo che i trasformanti crescano su entrambe le piastre

e il controllo solo su LB e sulla piastra con arabinosio si può apprezzare la fluorescenza

delle colonie mediante irradiazione da UV. Per estrapolare la GFP dalle cellule sul terreno

LB/Amp bisogna dapprima lisare le cellule per mezzo dell’aggiunta di lisozima in provetta e

congelamento per favorire la rottura delle membrane; centrifugazione del lisato e

prelevamento del pellet; posizionamento su colonna cromatografica idrofobica per catturare

la GFP in soluzione con tampone ad alto sale, isolamento in provetta della GFP per

eluizione con tampone a basso sale e visualizzazione dell’eluato ai raggi UV.

:

EMSA

11) questa tecnica ci permette di analizzare frammenti di DNA legato e nudo

mediante un saggio di ritardo della mobilità elettroforetica: una volta marcato

radioattivamente il frammento in questione alle estremità, prepariamo due provette con il

DNA che supponiamo che sia un sito di legame di una proteina. In una provetta ci

inseriamo DNA nudo marcato, nell’altra il DNA lo incubiamo con la proteina in questione;

quando poniamo le soluzioni nei pozzetti risulterà che la provetta con il DNA legato

presenterà una banda ritardata dovuta a un ingombro maggiore per la presenza della

proteina legata (band shift). Più proteine interagiranno col DNA, maggiore sarà lo shift; in

questo modo si può ad esempio analizzare l’assemblaggio dei fattori di trascrizione e

definire l’ordine di entrata nella trascrizione. Questo metodo è anche utilizzato per l’analisi

di interazione RNA-proteina: l’RNA trascritto in vitro viene marcato radioattivamente in

continuo e viene incubato con la proteina; l’analisi finale verrà fatta mediante corsa

elettroforetica.

Footprinting:

12) una volta compreso il sito di legame di una proteina sul DNA bisogna risalire

alla sua sequenza di interazione; questa informazione può essere cercata mediante

un’analisi per footprinting. La procedura sperimentale consiste in: marcatura delle

estremità del DNA già sequenziato, incubazione del frammento d’interesse con la proteina

purificata o con un estratto proteico, digestione per mezzo di DNasi I, DMS e piperidina o

radicali ossidrilici, separazione della proteina dal DNA e corsa su gel. Se si tratta la

soluzione con una DNasi I si avranno dei risultati approssimativi in quanto il risultato lo

spazio di sequenza ricoperto sarà maggiore a causa dell’ingombro sterico tra DNasi e

proteina, mentre con DMS e radicali ossidrilici si avrà una precisione maggiore: il

dimetilsolfuro metila le A che vengono tagliate dalla piperidina, mentre i radicali ossidrilici

sono in grado di formare siti apurinici. All’elettroforesi si avrà un confronto diretto tra un

DNA di controllo digerito non incubato con la proteina e le altre digestioni con gli estratti

proteici utilizzati: analizzando il band-shift risultante sulla corsa si può risalire alla

sequenza corrispondente del DNA sequenziato.

ChIP:

13) l’immunoprecipitazione della cromatina è un’ottima tecnica per valutare le

interazioni acidi nucleici-proteina in vivo: in primis bisogna somministrare formaldeide alla

coltura per permettere la fissazione dei complessi proteina-DNA poich&eacu

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
8 pagine
2 download
SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Davidino14 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Negri Rodolfo.