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Il proemio all'inferno nella Divina Commedia

Duca cioè tu che conduci, signore perché ti riconosco un'autorità anche dal punto di vista del reggere questa piccola squadra. Non solo conduci ma tu comandi. E dopo che si fu mosso entrai in questo cammino alto e silvestro, cioè su questa rupe scoscesa e piena di alberi. Silvestro cioè boscoso. Così finisce il II canto della Divina Commedia, il proemio all'inferno e infatti subito dopo nel canto III ci troviamo direttamente davanti a questo luogo dove lasciare ogni speranza. Tra I e II canto abbiamo già tutto presente il viaggio che Dante farà, come questo viaggio si svolgerà perché già ce l'ha detto Virgilio e ce l'ha ribadito Beatrice e soprattutto c'ha spiegato Dante più volte che stava per morire nel senso fisico e metaforico, cioè si era perduto nella selva e la selva poco più è morte, quindi si era completamente perduto. Essendo questo un viaggio immaginario.

ma reale perché ci sono tante cose che ci conducono sia alla realtà di Dante, sia alle nostre singole realtà, questo viaggio può essere sempre riempito di nuovo immaginario, di tante immaginazioni. Il III canto è il canto si apre con delle virgolette, famosissime terzine, le prime con questo andamento anaforico "per me, per me, per me" e sia l'ultimo verso, il 9, "lasciate ogni speranza voi che entrate" che è diventato ormai proverbiale. Dante fa la figura dello scemo, perché questo loro senso gli è oscuro. Questo Dante personaggio si muove con un candore, un'ingenuità per far spiegare a Virgilio le cose che lui intuisce ma non capisce profondamente, cioè non è che gli è oscuro il senso letterale, ma il più profondo senso di queste parole. Vuole dire che c'è bisogno dell'interpretazione, c'è bisogno sempre di qualcuno che ci spieghi effettivamente.qualcuno che abbia più esperienza e conoscenza di noi che ci spieghi criticamente e analiticamente quello che c'è scritto e che vada oltre quello che c'è scritto. Attraverso questa porta perché le parole sono infisse su una porta, si va nella città dolente, nella città piena di dolore, si va nel mondo dove domina l'eterno dolore e la gente che ha perso ogni speranza, cioè tra la gente perduta tra i dannati. Il senso della giustizia mosse colui che mi ha creato, che mi fece il potere divino, la somma sapienza e il primo amore; le tre cose, i tre aggettivi che sono connessi con Dio: il potere di Dio è tutto, somma sapienza e l'amore, il primo motore. Prima che io ci fossi non ci stanno cose create che non siano eterne e io duro in eterno quindi lasciate ogni speranza voi che entrate, cioè sono fuori dal tempo. Questa porta ci conduce in un luogo che è fuori dal tempo ma è un luogo eterno.

prima di me c'era soltanto Dio. E lasciate ogni speranza voi che entrate.

Secondo la mitologia classica la speranza è l'ultima Dea, si dice nel mito del vaso di Pandora dove erano contenuti tutti i mali e ovviamente Pandora che è il parallelo di Eva nella tradizione classica per curiosità scoperchia questo vaso e fa uscire tutti i mali che domineranno il mondo. L'unico che riesce a tenere fermo è la speranza che è il minore dei mali ma sempre un male perché noi speriamo nel bene ma non è che questa speranza venga sempre accolta, solo che almeno ci allevia la vita invece nell'inferno anche il minore dei mali va lasciato davanti. Anche quel piccolo lumicino che è la speranza va lasciata fuori da questa porta, cioè questo è il luogo dove non alberga alcuna speranza. Ora entriamo in un luogo buio d'ogni luce muto dirà in un altro luogo, e anche le parole sulla porta sono oscure, siamo entrati in

Un luogo silvestro e domina la sera perché siamo in un momento notturno e tutto quello che Dante scorge a malapena è scuro e quindi le parole sono due volte buie: sia perché hanno significato oscuro, sia perché sono scritte con un colore scuro. Domina il nero in tutte le sue declinazioni, dal grigio plumbeo al marrone scuro. Domina il colore che poi nel V canto dell'Inferno è il color perso, quel colore che mettendo il nero domina su tutte le cose. Tutto l'inferno è un luogo a malapena illuminato anche dove c'è il fuoco. Le fiamme a malapena interrompono l'oscurità di questo luogo. D'altronde è un luogo sotto terra, dove il sole non lo si vedrà più; lui se lo lascia alle spalle questo tramonto e non lo vedrà più fino a quando non uscirà alla fine del cammino, nel 34esimo canto a riveder le stelle. La prima contraddizione di questo Dante personaggio che viene trascinato

dentro l'inferno dalla mano fisica di Virgilio, che è un'ombra, omo già fui, equindi non può afferrare di fatto nulla, ma in questo caso afferra la sua mano. Eglirisponde sull'oscurità di queste parole aggiungendo qualcosa e gli dice ti convienelasciare ogni tuo dubbio, ogni vigliaccheria all'inizio di questa porta perché siamogiunti al luogo dove io ti ho detto che saremmo andati e dove tu vedrai le gentidolorose che hanno perduto in vita il senno e che qui scontano la loro pena. Riesce avedere anche l'espressione del volto di Virgilio per il quale io mi confortai e mi portadentro alle segrete cose, sono segrete perché non si possono conoscere se non dopola morte e sono segrete anche perché sono difficili da comprendere per chi stadall'altro lato. Così Dante viene portato dentro queste segrete cose. Stiamo entrandonell'inferno ma siamo ancora nell'antinferno. È un luogo scuro nella
dimensione e dove però Dante affina l'udito, quindi tutto quello che lui riesce a scorgere ma prima discorgerlo lo sente e qui noi abbiamo immediatamente questa percezione come quella di Dante di un grande rumore, sospiri pianti e alti guai. Guai come lamenti, alti guaiti, risuonano per l'aria senza stelle cioè in questo luogo che è nel profondo sottoterra e quindi è un'area senza stelle. Mi spaventai perché a sentirli cominciai a lacrimare ma la sensazione di terrore aumenta sentendo le lingue differenti, le orribili parlate, le parole che lei riesce a riconoscere sono di dolore, di ira, le voci sono sia alte che basse, sia alte che fioche e accanto a queste ci sono battiti di mano. E anche questa è una contraddizione rispetto all'idea di questi spiriti (come fanno gli spiriti a battere le mani o a sentire). Ma questa è una contraddizione che la poesia rende sublime, non dobbiamo correggere Dante. Inoltre potrebbe essere

Anche un'impressione metaforica rispetto a quello che succede nell'inferno. Certamente questi spiriti non hanno corporeità ma di fatto ce l'hanno sia perché fanno voci, sia perché possono fare un tumulto. Facevano questo tumulto, questo gran rumore che si aggira sempre in quest'aria senza tempo, tinta sempre dal colore oscuro e questo rumore è come il rumore della rena, della sabbia sottile quando viene mossa da un vento turbolento, da un vento a spirale, da una tempesta, da un vortice di vento, quindi un rumore forte che però domina l'aria e che in qualche orribile di queste parole si riconosce come lamento oppure come grida di ribellione. La sensazione che ha Dante è quella di avere la testa cinta di errore, cioè di non capire nulla, non decifra quello che sente e quindi deve chiedere spiegazioni di nuovo. Prima non capisce quello che vede, le parole oscure sia di colore sia di senso, adesso non capisce quello che sente.

e chiedesoccorso al maestro. Che tipo di persone sono vinte nel dolore? E poi ci troviamo adaffrontare le leggi del contrappasso, dove i dannati nell'inferno sono puniti aseconda della colpa che hanno commesso secondo questa legge, o per analogia o percontrasto la loro pena si costruisce intorno alla loro colpa. Questa è la prima cosa chespiega Virgilio nel III canto dell'Inferno introducendoci nel capire tutto quello che verràdopo. Questa punizione tocca le anime tristi; triste nel senso di malvagio. Cristo ha unaltro significato rispetto a triste che come plurale ha tristi, le anime tristi. Tristo è piùdi triste, non è soltanto afflitto di per sé, ma tristo è per gli effetti di tristezza cheprovoca nel mondo; quindi le anime colpevoli che hanno commesso qualche cosa cheha indotto dolore. E queste anime tristi, malvagie vissero senza infamia e senza lode,sono quelli che sono nella situazione di non aver mai scelto, di essererimasti in unasorta di indifferenza rispetto alla vita. Non sono né dannati né beati, non hanno mai scelto né da una parte e né dall'altra. Questa turba di dannati è mischiata a quel cattivo coro di quegli angeli che non furono né ribelli né fedeli a Dio ma fecero parte per se stessi. Quando Lucifero si ribella a Dio, Dio lo caccia insieme a tutti quelli che sono stati dalla sua parte ma poi ci sono degli Angeli che non si sono schierati né per Dio né per il demonio e vengono messi qui perché non li vuole nessuno, i cieli li hanno cacciati per non essere meno belli ma non li vuole nemmeno il diavolo nel profondo dell'inferno, perché nemmeno i malvagi, i rei colpevoli avrebbero alcuna gloria da quelli. Cioè quelli che non scelgono, addirittura gli angeli che non hanno scelto, non li vuole né Dio né l'inferno e così sono queste anime. E Dante ancora si

Incuriosisce perché sentono tanto peso che li fa lamentare così forte e Virgilio ancora spiega, te lodirò molto brevemente. Essi non hanno speranza di morte (la seconda morte), cioè non hanno speranza nemmeno di rientrare in quella del giudizio universale cioè quando si farà la divisione tra cieli e terre nuove e quando tutti riprenderanno il loro corpo loro non hanno la speranza di avere nemmeno questo, cioè rimarranno così come stanno e la loro vita è così bassa che sono invidiosi di tutte le altre sorti, persino di quelle che stanno più vicino al demonio e loro non hanno lasciato nessuna fama nel mondo se non per le loro azioni di ignavia, la Misericordia e la Giustizia di Dio li sdegna e quindi non perdiamo tempo a ragionare di loro ma guarda e andiamo avanti. Siamo nell'antinferno dove ci sono queste anime dei cosiddetti ignavi, che non hanno mai scelto né nel bene né nel male. In questi

versi vediamo come sono punite queste anime e riguardai nel senso di guardare con più attenzione, vidi un'insegna che correva girando da qui e da là tanto velocemente che non si fermava mai e di
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
13 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giadadileo98 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Basilicata o del prof Imbriani Maria Teresa.