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Riccardo Fontana, che informato da un ufficiale nazista delle atrocità alla quale gli ebrei venivano
sottoposti, ne riferisce direttamente al papa, senza che questi prenda una posizione. Il Vicario di
Cristo appare come il Pilato dei Vangeli, mentre il giovane religioso sceglie di offrire la sua stessa
vita unendosi ai deportati. Il giudizio negativo del drammaturgo lo rende, in parte, responsabile della
piega negativa che ha assunto la questione.
Solo 2 volumi ripercorrono la tesi di Hochhuth:
1. Quello di Nobècourt.
2. Quello di Friedlander, che suscitò molto più scalpore del dramma stesso. L’autore si servì
della documentazione proveniente dal ministero degli Esteri, sottolineando la predilezione
del papa verso la Germania, e gli attribuisce la speranza che Hitler possa eliminare il pericolo
bolscevico. Elementi che non permisero a Pio di comprendere la gravità della situazione. I
vari documenti non vengono forniti nella lingua originale, né vengono pubblicati per esteso,
ma si tratta comunque di carte diplomatiche, con tutela di interessi politici.
In un altro libro di Carlo Falconi Il silenzio di Pio XII, l’autore ha approfondito la situazione in Polonia
e Croazia, per raccogliere la documentazione inedita di due nazioni fortemente colpite dalle violenze
naziste. Voleva inizialmente cimentarsi sulla questione europea, per poi limitarsi ai 2 soli paesi, ed
esaminando in generale il comportamento del papa e della Santa Fede durante la guerra. Alla fine,
abbandona la prospettiva storiografica per un piano anacronistico e moralistico, ma anche un po’
grottesco quando pretende di insegnare a Pio cosa avrebbe dovuto fare.
Nel 1963 si segnala un intervento del cardinale Montini, arcivescovo di Milano, che in risposta a un
articolo del “The Tablet” londinese, contesta la manipolazione dei fatti e la loro preconcetta
interpretazione operata dall’opera del Vicario e considera fondamentale il disinteresse nei confronti
dei fatti accaduti, senza assunzione di posizione contro Hitler, ma dice anche che il papa ha compiuto
coraggiosamente il suo compito.
Anche il diplomatico israeliano, Lapide difese il papa, ricordando l’azione della chiesa nei confronti
degli ebrei perseguitati, si parla di un salvataggio di 800 mila persone.
Intorno al crescere delle polemiche a metà anni 70’, si ritenne doveroso dare la parola ai documenti.
Per iniziativa di Paolo VI vennero poste le mani sull’archivio della Segreteria di Stato, pubblicando
una grande quantità di documenti, la cui iniziativa venne affidata a un gruppo di gesuiti di varia
nazionalità. Furono 11 volumi pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana, tra il 1965 e il 1981. Sorsero
comunque una serie di perplessità per la composizione di un gruppo di gesuiti, per l’inaccessibilità
agli studiosi dei documenti originali, così da risultare impossibile il controllo e l’ampliamento delle
fonti.
Anni 70’ e 80’: si comprese che i documenti erano necessari, ma non sufficienti per impostare
l’interpretazione dei fatti. Dei documenti se ne conosceva solo una parte, e di fronte a ogni
conclusione storiografica si poteva porre un’obiezione. Negli anni 80’ la situazione è diversa, e si
comprende dalla reazione del gesuita Robert Graham agli attacchi scandalistici e ai mezzi di
comunicazione di massa, sottolineando invece la grande attività di accoglienza e assistenza agli
ebrei, da parte della chiesa e di altri enti ecclesiastici. La polemica contro il papa venne
ridimensionata, soprattutto dopo la valutazione espressa dai compilatori degli ADSS; ma riprese
negli ultimi anni del secolo.
Recenti discussioni: furono alcune iniziative di Giovanni Paolo II a far riprendere alcune polemiche,
soprattutto dopo le visite ai campi di concentramento, il suo recarsi alla Sinagoga di Roma e la
richiesta di perdono del 12 marzo 2000.
Fatti e documenti nuovi avevano mosso le acque, e nel 1995 venne rintracciata e ripubblicata una
bozza di un’enciclica inedita di Pio XI, contro il razzismo. Un testo che era rimasto inedito per la
morte del papa e il successivo cambio di politica nei confronti della Germania da parte del nuovo
papa, Pio XII.
Nel 1998, un rappresentante del World Jewish Congress a Ginevra, Gerhard Riegner, in un libro di
memorie, rivelò di aver consegnato al nunzio pontificio, il 18 marzo 1942, un drammatico memoriale
sulla persecuzione che non ricevette l’attenzione meritata. Nel 1999 la Chiesa ritenne necessario
istituire una Commissione internazionale composta da 3 storici e ebrei e 3 cattolici per esaminare la
situazione. La situazione non venne risolta per i giudizi contrastati e perché molti archivi
continuavano a restare chiusi.
Nel 2004 in un volume di Sale, Hitler, la Santa Fede e gli Ebrei, conteneva novità essenziali contenute
nei documenti inediti, ossia la corrispondenza tra la Nunziatura di Berlino e la Segreteria di Stato. Fa
comprendere la situazione della chiesa in Germania, ma non è utile per ciò che riguarda le
persecuzioni ebraiche, anzi viene difeso l’atteggiamento di Pio XII.
Nel 2008 segue il volume di Michael Hesemann, che già dal titolo permette di comprendere la sua
opinione, Pio XII, il papa che si oppose a Hitler. Si tratta di una vera biografia sul papa ma si devono
apprezzare le fonti storicamente ineccepibili, nuovi e di grande interesse. In alcuni casi si lascia
condizionare da alcuni atteggiamenti polemici, anche se un eventuale silenzio del papa non andava
letto come favorevole a Hitler. L’autore polemizza contro chi critica Pio per essere rimasto troppo
sul vago in quelle parole dette il 24 dicembre 1942; quindi mentre prima si lascia trasportare dalle
polemiche poi preferisce largamente attingere alla documentazione.
Contesto tragico:
Dopo che Hitler ottenne il Parlamento, dal 1933, si mise ad attuare il primo progetto:
1. Riunificazione di tutti i tedeschi in una grande Germania, attraverso movimenti locali e
attraverso l’annessione di territori come l’Austria, parte della Cecoslovacchia, la città di
Danzica e parte della Polonia. Con ideali nazionalsocialisti, vecchi sentimenti anni semiti,
inizia la battaglia contro gli ebrei. Sia Hitler che altri teorici diedero le basi per l’ideologia
nazista, rimarcando l’importanza della purezza razziale.
2. Seguirono una serie di leggi razziali, contro gli ebrei che furono limitati nei diritti civili: espulsi
da scuole, università, non potevano circolare in strada durante festività, esclusi da locali
pubblici, costretti a distinguersi con un stella gialla e una J veniva stampata sui loro
passaporti.
3. Prima della crescita del partito nazista i vescovi tedeschi avevano avvertito i cattolici del
pericoloso radicalismo di tale formazione politica. Dopo il 1933 la posizione dei vescovi
divenne molto difficile, soprattutto dopo che tra il Terzo Reich e la Santa Fede era stato
sancito un accordo, che sembrava necessario per tutelare la chiesa tedesca.
Molti cattolici intervennero per mettere fine alle leggi razziali, si sviluppò anche una Chiesa
Confessante, in nome di un aperta e coerente confessione della fede cristiana.
In altri casi, gli stati cattolici provavano una certa “antipatia” nei confronti degli ebrei, vi era
un ampio consenso per una politica di difesa da parte dello Stato contro le infiltrazioni
giudaiche. Nell’episcopato tedesco le posizioni erano diverse, incertezza e indecisione tra i
vescovi cattolici in Germania.
Von Galen, ad esempio, reagì anche contro gli interventi di eutanasia; ma in altri casi non
venne fatta, da parte dell’episcopato, alcuna condanna di fronte ai provvedimenti antisemiti,
venne dato qualche aiuto assistenziale, ai fine di aiutare i perseguitati ad emigrare o assistere
i cattolici non ariani. In linea di massima, l’episcopato tedesco rimase in silenzio di fronte allo
sterminio degli ebrei, soprattutto quando con la guerra divenne difficile distinguere la
fedeltà alla nazione e l’appoggio al regime nazista.
Da Pio XI a Pio XII: a seguito delle misure assunte dal regime nazista contro le associazioni cattoliche,
Pio XI pubblico un’enciclica di protesta, nel 1937; 5 giorni dopo ne seguì un’altra sul regime
totalitario sovietico.
Nel 1938, in occasione della visita di Hitler in Italia, Pio XI pensò di lasciare Roma per recarsi a
Castelgandolfo, come atteggiamento polemico. Viene ricordata anche la vicenda di un’enciclica mai
pubblicata contro il razzismo, i diritti umani, in particolare degli ebrei. Non venne rese nota neanche
sotto Pio XII, e ciò spiega il cambio di atteggiamento della Chiesa nei confronti del regime che da
condanna si trasforma in un tentativo di mediazione.
La preparazione di questa enciclica era stata affidata a un gesuita statunitense, John Lafarge, che
aveva coinvolto altri 3 confratelli. A fine 1938 il lavoro era stato completato, che lo consegnò al
Generale della Compagnia che ritardò nel consegnarlo al papa, dato che prima lo fece esaminare a
un altro gesuita Enrico Rosa. Pio XI nel frattempo si ammalò e ricevette il testo pochi giorni prima di
morire. Qui per la prima volta emerge l’esplicita condanna contro la persecuzione degli ebrei.
Pio XII prese in esame il testo ma avviò un approccio diverso con il regime nazista, il testo fu
restituito a Lafarge, e venne ritrovato proprio nel suo archivio nel 1972.
Con la mancata emanazione dell’enciclica la Chiesa perse la sua occasione per denunciare al mondo
intero le teorie che andavano contro la chiesa.
Pio XII era entrato nella Segreteria di Stato fin dai tempi di Leone XIII, era stato nunzio in Germania
per 12 anni, e dal 1929 era diventato segretario di Stato di Pio IX; era il miglior diplomatico che la
Santa Fede disponeva. Una volta eletto Pio XII inviò una lettera personale a Hitler, ma lo scoppio
della guerra complicò ulteriormente la situazione.
Durante la seconda guerra mondiale: Pio XII, una volta acquisito il suo ruolo, aveva proposto un
incontro con 5 nazioni: Germania, Francia, Inghilterra, Polonia e Italia, ma l’iniziativa fallì, così la
Germania si preparò all’assalto militare. Un ultimo tentativo fu il radiomessaggio del 24 agosto, ma
il 1° settembre i tedeschi invasero la Polonia.
Nel maggio 1940, Hitler attacca la Francia, il Belgio e l’Olanda, e i paesi attaccati attendono una
condanna da parte del papa. Pio XII aveva preparato un testo, scritto dal cardinale Maglione ma poi
nei telegrammi vennero a cadere tutte le espressioni più forti, le insistenze di carattere diplomatico
caddero per prudenza. A metà 1940 la Germania aveva occupato buona parte dell’Europa, e
particolarmente grave era situazione in Polonia, dove vennero eliminati e imprigionati vescovi,
suore e preti. Nonostante le richieste d’aiuto da parte della Polonia, lo Stato Pontificio faceva fatica
a intervenire.
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