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IL LIBRO
È stato scritto nel 2007 da Massimo Livi Bacci, insegnante di demografia all‟Università di
Firenze.
INTRODUZIONE
L'El Dorado (o Paititi) è un luogo leggendario in cui vi sarebbero immense quantità di oro e
pietre preziose, oltre a conoscenze esoteriche antichissime. In questo luogo, situato al di là
del mondo conosciuto, i bisogni materiali sono appagati e gli esseri umani vivono in pace
tra loro godendo della vita. Spesso viene associato al paradiso terrestre o all'Eden situato
agli antipodi.
Mojos (ai piedi delle Ande pianure inondate dai fiumi del Madeira, affluente del Rio delle
Amazzoni, l‟attuale Bolivia orientale) spedizioni dei conquistadores in cerca dell‟oro
(spedizioni deludenti) gesuiti cacciata dei gesuiti clero secolare (corrotto)
La Conquista avvenne in gran velocità a causa di:
1) Navigazione oltreoceano sicura e veloce
2) Differenza tecnologica e conoscitiva tra conquistadores e indigeni
Le pianure esplorate si rivelarono fangose, le popolazioni che vi abitavano erano povere,
arretrate e inadatte allo sfruttamento spagnolo.
1° CAPITOLO
1) Una pepita d’oro più grande di un maialino da latte: nel „500 Miguel Diaz scoprì in un
fiume una pepita che pesava 16 kg. Venne conservata per mostrarla ai reali spagnoli.
Alla sera si decise di mangiare un maialino da latte sulla pepita: ci stava tutto il
maialino. Quando venne imbarcata sulla flotta, incontrarono un fortunale e persero
l‟oro in mare.
2) Il tesoro di Atahuallpa arricchisce 64 cavalieri, 138 fanti e il re di Spagna: Pizarro
(nella guerra contro l‟ex socio de Almagro vinse e lo fece decapitare) catturò come
prigioniero Atahuallpa, sovrano inca, e ricattò il suo popolo: oro e argento in cambio
della sua vita. Gli indigeni portarono tanto oro a Pizarro da riempire una sala di
soggiorno, ogni giorno per due mesi. Pizarro lo fece giustiziare. Tutti avevano visto
l‟oro, non era un mito e se ne parlava a corte, nelle taverne e negli accampamenti.
3) El Dorado, cacico vanitoso e spolverato d’oro, si bagna nel lago: gli indios utilizzavano
l‟oro per i gioielli, per le armi, per adornare i morti e per offrirlo ai templi. Il mito dell‟
El Dorado nacque nell‟attuale Colombia, dove si racconta che il cacico di Guatavita si
recasse alla lagune nelle ricorrenze indigene. Era ricoperto di un unguento speciale e
ricoperto di polvere dorata, saliva su una barca con dei sacerdoti e delle gioie, si
gettava in acqua e ne usciva lavato, poi si faceva affondare la barca con le gioie. Il
mito dell‟ El Dorado era assecondato anche dagli autoctoni, che lo ponevano al di là
delle catene montuose e delle selve impercorribili per salvarsi dalla violenza europea.
Si dovevano affrontare le inondazioni, traversare le selve tropicali, difendersi dagli
indios, evitare le frecce avvelenate, i caimani, gli insetti, la fame, le ferite e le
malattie. Si cercavano anche la piante di cannella (scorza preziosa), ma se ne
trovarono pochissime.
4) Storie delle amazzoni e di un artigliere greco: le amazzoni sono donne bianche e alte,
con i capelli lunghi e intrecciati, sono quasi nude e combattono con archi e frecce.
Non si sposavano, i villaggi erano fatti di pietra e con posti di guardia per far pagare
un tributo. Quando combattono fanno prigionieri di guerra, con cui hanno dei figli:
se è maschio lo restituiscono al padre, se è femmina le insegnano a combattere.
Conservano l‟oro e l‟argento e hanno dei sudditi uomini, che devono rimanere nel
villaggio delle amazzoni; i confinanti devono pagare loro i tributi. A metà del „500 uscì
un decreto reale che vietò la concessione delle licenze di esplorazione per evitare il
dissanguamento delle risorse della Spagna, dopo molti conflitti.
Nelle spedizioni il capitano generale doveva anticipare le spese e provvedere
all‟alimentazione e alle armi dei soldati e degli avventurieri. Ci si faceva portare il cibo a
spalla dagli indios e in caso di vittoria gli europei si dividevano il bottino. In queste
spedizioni morirono più indios che spagnoli, a causa della loro vulnerabilità ai
cambiamenti di altitudine e temperatura.
2° CAPITOLO
1) Ai piedi delle Ande, sott’acqua per 5 mesi all’anno: la regione degli Llanos ( = pianure)
dei Mojos (popolazione che vi abitava) era situata nel bacino del Madeira ed era
inondata dalle piene per molti mesi, era una regione umida e torrida, poco propizia
all‟insediamento umano e povera di risorse naturali. Gli indios avevano molte lingue
diverse, erano pescatori, cacciatori e coltivatori di manioca. I Mojos non sono spariti,
ma i loro templi, costruiti con i gesuiti, ospitano i loro discendenti. La stagione delle
piogge iniziava da ottobre – novembre e finiva in aprile, la stagione secca andava da
maggio a settembre. Durante quella delle piogge il fiume straripava e inondava la
pianura per molto tempo (da poche settimane fino a 6 mesi). L‟altezza dell‟acqua
variava da pochi centimetri a due metri. L‟ambiente era composto dalla pampa, dalle
zone boscose (non toccate dalle inondazioni) e da terreni poco fertili e dalla
vegetazione erbosa. Le inondazioni modificavano il paesaggio e creavano nuovi laghi e
stagni, determinando lo spostamento degli insediamenti. Inoltre determinavano la
morte degli animali (poco cibo per gli indios) e la putredine provocava la pestilenza.
Gli insediamenti erano situati nei terreni rilevati (in caso di inondazioni) o vicino ai
fiumi, che permettevano il trasporto veloce. Durante la stagione secca gli alberi
perdevano le foglie, le erbe ingiallivano, i fiumi si seccavano, i sentieri erano polverosi
e le erbe prendevano fuoco.
2) Gli abitanti del grande pantano: miti, ingegnosi, adattabili: gli abitanti degli Llanos
praticavano l‟agricoltura al riparo dalle inondazioni (yucca, mais, patata, fagioli e
cotone), la caccia (anatre, colombe, tacchini e fagiani) e la pesca. La loro bevanda era
il chica. Lavoravano la terracotta, erano abili tessitori e utilizzavano il legno. Non
indossavano vestiti e le loro abitazioni erano ricoperte di frasche e sostenute da un
palo centrale. I villaggi erano costituiti da poche abitazioni e non si sa in che misura
il vaiolo si sia trasmesso perché la distanza dalle altre popolazione e l‟ambiente
umido ostacolano la trasmissione di virus.
3) Tre uomini in barca fanno un censimento: la gerarchia della Provincia gesuitica del
Perù voleva conoscere le caratteristiche della regione da evangelizzare, la consistenza
delle popolazioni e la fattibilità di una conversione.
4) Terra e acqua in quantità ma né oro, né argento, né pietre: molte spedizioni partirono
alla ricerca al di là delle Ande prima di oro, poi di manodopera, infine di anime. Ma
non trovarono né oro, né ferro, né pietre, ma solo pantano.
3° CAPITOLO
1) Il mito del Paititi, Padre – Tigre, e le misteriose emigrazioni Inca oltre le Ande: nel „600
il Sud America era in mano a spagnoli e portoghesi e non si era trovato la città
misteriosa (Paititi in Paraguay, Gran Mojo in Perù, El Dorado in Colombia), né si
sapeva qualcosa delle zone al di là delle Ande. Si diceva che il padre di Atahuallpa
avesse colonizzato le genti barbare oltre le Ande e che poi, attraversati gli Llanos,
avesse fondato un insediamento isolato tra i fiumi Guaporè, Mamorè e Madeira. Ciò
alimentò il mito dell‟esistenza di un popolo civilizzato. Inoltre si diceva che ci fosse
stato un‟emigrazione transandina di indios a causa del crollo dell‟Impero Inca. Il
viceré Toledo scrisse a Filippo II lanciando una requisitoria contro i criteri di
autorizzazione e conduzione delle spedizioni (i descubridores erano violenti con gli
indios, non insegnavano la dottrina e provocavano rivolte). Asunciòn era una città di
spagnoli, sede di vescovado e centro della colonizzazione spagnola dell‟Argentina, del
Paraguay e dell‟Uruguay. Era un modesto borgo con le abitazioni di mattoni di fango
coperte di foglie di palma. Più lontano c‟erano i quartieri degli indios servi degli
spagnoli.
2) Un ricco e nobile meticcio, con 14 uomini, alla conquista di mezza America: Chavez e i
suoi luogotenenti interpretarono le indicazioni dei Guaranì come una conferma
dell‟esistenza di Paititi e del Gran Mojo, forse per motivare le truppe. Entrarono nelle
terre dei Chiquitos, che usarono frecce avvelenate. Metà della spedizione tornarono
ad Asunciòn, mentre gli altri proseguirono e fondarono Nueva Asunciòn, un
avamposto.
3) L’Eldorado affonda nei pantani dei Mojos
4) I cittadini di Santa Cruz – 11 strade senz’ordine – alla cattura di schiavi: poi Chavez
fondò Santa Cruz de la Sierra, che oggi è una metropoli di circa un milione e mezzo
di persone. Una volta era un centro minore con 11 strade “senza forma né ordine”,
una piazza centrale, una cattedrale modesta e case coperte da foglie di palma. Molti
governatori di Santa Cruz, nel tempo, iniziarono ad esplorare con delle spedizioni:
furono tutte un fallimento. Alcuni si ritirarono a Santa Cruz per la fame, le
inondazioni e le piogge, altri furono trovati da spedizioni di soccorso. La spedizione di
un governatore fu quella con Juan de Soto, gesuita esperto in medicina. Questa
spedizione, composta da volontari non pagati, aveva il compito di riprendersi gli
indios fuggiti dai padroni e dalle piantagioni. Ricevettero una richiesta di aiuto da
parte dei Mojos, attaccati dagli indios. Vinsero e si ripresero gli indios (cannibali). Il
gesuita mostra sia una nota di pietà (“dà pena vederli perdere la loro libertà, esseri
strappati alla propria terra, essere trattati come schiavi in dura schiavitù”) sia una
giustificazione degli occidentali (“sembra che siano banditi dalla legge naturale” e
“giusta guerra”). Un secolo dopo, padre Garriga, superiore dei gesuiti, condannò le
spedizioni con un‟ordinanza reale, che imponeva di liberare gli schiavi, punire i
colpevoli e destituire dagli incarichi i responsabili.
4° CAPITOLO
1) Finisce la cattura degli uomini, inizia la caccia delle anime: alla fine del „600 il mito
dell‟ Eldorado era definitivamente tramontato e le ordinanze, che proibivano
spedizioni e torture, non erano ascoltate oltreoceano. Inoltre lo sforzo evangelizzatore
dei gesuiti stava avendo i massimi successi in Paraguay con i Guaranì a livello
spirituale, sociale ed economico. In Perù, invece, i gesuiti arrivarono dopo i
domenicani, i francescani e gli agostiniani. Un requisito importante per diventare
missionario era la giovane età, perché i viaggi erano lunghi e i modi di vita primitivi.
Inoltre erano importanti la costituzione fisica, il carattere e le capacità fisiche e
pratiche. C‟era la preoccupazione, da parte delle gerarch