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Era la fine della seconda amministrazione Bush, e la questione palestinese lasciava non poche
incognite.
Nell’autunno del 2008 la questione sul ritratto si riaccese. Peter Gumpel, padre gesuita dichiarò
che papa Benedetto XVI non avrebbe visitato la Terra Santa se quella didascalia non fosse prima
stata modificata. In realtà il direttore della stampa vaticana Federico Lombardi padre gesuita
precisò che il fatto non era determinante per la visita, e che il decreto di beatificazione di Pio XII
ancora non era stato firmato, né programmata alcuna visita in Terra Santa. Per uscire da questa
impasse il nunzio apostolico in Israele e lo Studio Teleologico di Ratisbonne a Gerusalemme
proposero una commissione formata sia da studiosi vaticani che israeliani che si sarebbe
incontrata segretamente , in modo da studiare scientificamente le carte e trovare una soluzione.
Della delegazione fece parte anche il prof. Napolitano. Numerosi erano quesiti scientifici che si
ponevano e diplomatici. L’ambasciatore Minerbi , membro anch’esso della delegazione scelta
dallo Yad Va-shem rilasciò un intervista in cui sosteneva che Benedetto XII non avrebbe voluto
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procedere alla beatificazione di Pio XII, e accusò anche il Cardinale Bertone di aver montato una
polemica antisemita e antisionista. Ma Bertone difendendosi aveva detto in realtà che Pio XII
sosteneva che il popolo ebraico legittimamente aspirava alla Palestina e che al Comitato Arabo
Pacelli aveva assicurato completa imparzialità. Bertone, a sua difesa continuava dicendo che
proprio in quell’occasione era nata la “leggenda nera” del papa, a causa della pressante campagna
antivaticana organizzata da Mosca. E Minerbi continuò a rilasciare interviste contro quelle che
secondo lui erano posizioni anti israelite del vaticano, e correva voce che l’autore della didascalia
fosse addirittura lui stesso. La conferenza iniziò nel marzo del 2009, ed essendo a porte chiuse , fu
predisposto un uditorio costituito da storici,ecclesiastici e responsabili di istituzioni culturali a
Gerusalemme. Purtroppo la notizia trapelò ai giornali, e il mondo internazionale si interessò. A
quel punto si dovette concordare una sessione introduttiva pubblica aperta ai media ,e poi si
sarebbe proceduto a porte chiuse. E oggi della sessione segreta poco si può dire. Si può tuttavia
sostenere che la diplomazia vaticana della seconda guerra mondiale era di stampo classico, e
niente funzionava più. Ma c’era una diplomazia umanitaria sotterranea molto più sottile e
analitica,operativa,sprovvista di un mandato e non di rado esposta al pericolo personale. E fu
proprio questo lo sviluppo della diplomazia vaticana durante quel periodo,la salvezza delle anime
e di tutti gli esseri umani. Ed è questo tipo di diplomazia di cui bisogna tener presente per valutare
Pio XII e la Shoah. Ed è sempre per questo che furono proprio le delegazioni ebraiche
internazionali a tributare a Pio XII le massime espressioni di gratitudine.
Alcune correnti storiografiche risentono di troppi filtri interpretativi che pretendono di spiegare il
silenzio di Pio XII in modo “anticomunista”. E dire che fu l’anticomunismo del papa a guidare
l’approccio verso Hitler è del tutto sbagliato. Anche se per molto tempo l’Armata Rossa fu
considerata come chi avesse salvato l’Europa , come l’unico vincitore,non vi era alcuno spirito
anticomunista da parte del vaticano seppure erano certamente preoccupati; e a testimonianza di
ciò, proprio dal papa provenne il segnale dato ai cattolici americani di appoggiare il presidente
Roosevelt nel progetto di assistenza dell’Unione Sovietica dopo l’attacco tedesco del giugno 1941.
Per quanto riguarda l’attacco di antisionismo del Vaticano, secondo il quale il Vaticano era solo
preoccupato che la Palestina non diventasse la terra degli ebrei, ma che fossero tutelati anche i
cattolici come lo scrittore Lewy tralascia di descrivere come Pio XII si fosse interessato al
trasferimento di fanciulli ebrei in Palestina. La Santa Sede non negava il diritto degli ebrei di
trasferirsi in Palestina,ma chiedeva rassicurazioni di tutela dei Luoghi Santi. Già nel 1943 il gran
Rabbino di Gerusalemme ringraziava la Santa Sede per quanto faceva nel trasferimento degli ebrei
in Israele e chiedeva ulteriori aiuti.
Applicando una non categoria di giudizio, l’atteggiamento di molti “Giusti Tra le Nazioni”, la
Chiesa nel periodo tragico della seconda guerra mondiale preferì “fare” e “tacere” perché parlare
e metterle in pericolo? Agire in via riservata, ed è proprio quello che apprezzò il Rabbino capo di
Zagabria nel pieno del 1942.
La Chiesa non fece mai distinzione tra ebrei tout court e ebrei convertiti. Nel 1943 il Time scriveva
che la diplomazia papale aveva lottato attraverso enc-cicliche e altri pronunciamenti papali contro
i totalitarismi in modo più consapevole e serio di ogni altro potere organizzato. I documenti
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vaticani riportano moltissime situazioni tragiche. La Santa Sede pertanto appoggiò l’idea di un
Comitato internazionale di soccorso ai rifugiati proposto dal professor Schmutzer dell’Università
di Utrecht. Tale proposta fu fortemente raccomandata dalla Nunziatura in Olanda e si pensava di
allargarla il più possibile all’Australia e alle Americhe. Il Vaticano si adoperò in Paesi amici a far
concedere visti in entrata agli ebrei, anche se tale proposta fu fortemente osteggiata da vari Stati.
Nel 2004 il Corriere della Sera pubblicò un articolo , ( poi scoperto ancora “bozza” e addirittura
mancante delle due ultime pagine dove si trovavano le vere direttive ) degli archivi apostolici
francesi in cui Pio XII chiedeva di non consegnare alle famiglie di origine, i bambini dati in custodia
alle famiglie cattoliche e battezzati. Si scoprì dopo che in realtà questi bambini erano orfani e
venivano reclamati in realtà da non precise istituzioni ebraiche per il trasferimento in Palestina. In
realtà Pio XII, aveva già lavorato alcuni mesi prima , d’accordo con il Rabbino capo di Palestina
Herzog al trasferimento. Uno dei nodi storiografici è spesso quello della partecipazione delle alte
sfere Vaticane all’ “operazione Odessa” : operazione che consentiva ai criminali nazisti di
espatriare prevalentemente in America Latina. Quando si verificò la situazione del padre
francescano Draganovic , il Vaticano non voleva sottrarre i criminali ad una giustizia
internazionale, ma semplicemente alla giustizia di Tito , che avocava a sé competenze come
quelle del Tribunale di Norimberga. Anzi i sospetti della Santa Sede erano concentrati sulla
Pontificia Commissione di Assistenza, Il Collegio di Santa Maria dell’Anima e quello di San
Girolamo. Tutte e tre le istituzioni furono “commisariate” e i dirigenti rimossi, e fu così che le
“Personalità indesiderate” cessarono. Lo storico Matteo Sanfilippo , scrivendo un bellissimo
articolo , documenta le innegabili responsabilità di Padre Hudal e Draganovic nell’aiuto dei nazisti
in Argentina, e la loro diffidenza nei confronti del Vaticano , per convinzione che questo fosse
ormai in mano al capitalismo americano e al bolscevismo russo. In realtà poi, Draganovic pur di
salvarsi la vita, nel regime comunista rinnegò il suo passato e visse serenamente nella Iugoslavia di
Tito. E il tentativo di coinvolgere Pio XII in questa faccenda non era altro che dovuto alla sua
proverbiale riluttanza verso il comunismo, inteso alla maniera americana.
L’evento della Conferenza di Yad Va-shem era di portata storica. Si era respirato un clima di grande
apertura da entrambe le parti, una disponibilità a studiare scientificamente senza preclusioni. Si
smussarono posizioni radicali e un po’ di distacco aiutò a vedere le cose con maggiore libertà. Ci
lasciammo con l’intento di ritrovarsi e dare alla questione di Pio XII fonti sempre nuove, e
meditare su quelle esistenti, e comprendere meglio il funzionamento della Santa Sede in un
preciso contesto storico.
Esaltare un papa dannandone un altro sembrava fino a poco tempo fa un esercizio,
confrontando Pacelli con Roncalli , sottolineando soprattutto come quest’ultimo, Il papa
buono fosse stato una rottura con chi lo aveva preceduto. L’era giovannea , e in particolare
il Concilio Vaticano II è sicuramente un’epoca nuova. Qualche tempo fa il Corriere della
Sera in previsione del viaggio di papa Benedetto XVI in Turchia pubblicò un articolo della
storica israeliana dell’Università di Tel Aviv Dina Porat , in cui veniva raccontata
l’esperienza di due sopravvissuti al lager di Auschwitz. I documenti unitamente a un
rapporto sulla situazione degli ebrei ungheresi venivano consegnati al delegato apostolico
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Angelo Giuseppe Roncalli ( futuro papa Giovanni XXIII ) da un suo amico Barlas
rappresentante a Istanbul dell’agenzia ebraica per la Palestina. Pare che la reazione di
Roncalli fosse di un pianto accorato, e di disagio per i suoi superiori. Tutto questo, suonava
come un avvertimento in vista della beatificazione di Pio XII. La questione delle presunte
critiche di Roncalli e Barlas si allargò ad altri giornali. E le critiche erano sempre sul silenzio
del papa di fronte alla distruzione dell’ebraismo. E ancora di più si affermava che i lavori di
una commissione ebraico- cattolica, (che si sciolse poiché fu rifiutato l’accesso ai
documenti) confermassero attraverso prove, le accuse nei confronti di Pio XII. Vale la pena
puntualizzare che il Vaticano non nominò mai una tale commissione, ma da dove aveva
preso queste informazioni la Porat? Le ricerche fatta dalla Porat, in realtà risalivano ad un
giornale americano Associated Press, e al giornale turco Ha’aretz. Il giornale riporta che
Roncalli scrisse al Reggente governativo Horthy, pratica molto insolita, poiché ci si rivolge a
persone dello stesso grado, e in questo caso sarebbe dovuto essere Pio XII a scrivere.
Barlas ricevette il famoso “ Protocollo di Auschwitz ” dai sopravvissuti nel 1944, e ne parlò
direttamente a Roncalli, il quale se ne commosse fino alle lacrime. E fu ricolmo di
risentimento nei confronti dei suoi superiori. L’International Herald Tribune, scriveva poi,
anche che i due comunicavano in francese. Ma come mai se Barlas ( da come direbbe
Roncalli non parlava che l’inglese? ) intrattenne una corrispondenza in francese? E lo
stesso Roncalli diceva di non conoscere il francese! Le richieste in favore dei bambini ebrei
in modo che gli fosse consentito di emigrare in Palestina furono fatte da Barlas e Kaplan,
capo della sezione finanziaria dell’Agenzia ebraica per la Palestina, a Roncalli. L’intervento
vaticano ebbe l’avallo di Pio XII, e