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dell’universo. PER UNA EDIZIONE DEI MANOSCRITTI VINCIANI
I manoscritti
Le vicende dei manoscritti vinciani furono complesse e fortunose.
Il Melzi li ereditò per testamento, li raccolse nella sua villa Vaprio d’Adda dove, dopo la sua morte, a causa
dell’incoscienza dei partenti, cominciarono a spargersi in tutto il mondo.
Nella seconda metà del secolo, il primo a raccoglierli fu Pompeo Leoni, che riunì una cinquantina di quaderni e
circa 2000 fogli isolati in 2 volumi, tra cui il Codice Atlantico.
Alla sua morte (1610) i due manoscritti passarono in Spagna, e successivamente furono donati alla biblioteca
Ambrosiana di Milano, dove si riunivano a due altri già lì presenti; e nel 1674 furono raggiunti da un quindicesimo
manoscritto.
Col il decreto napoleonico, che requisiva opere d’arte in base al principio razzista “tutti i geni sono francesi
qualsiasi sia il loro paese d’origine”, passarono in Francia.
L’Atlantico andò alla Biblioteca nazionale di Parigi, gli altri all’Istituto di Francia.
Solo il primo tornò all’Ambrosiana nel 1815, tutto il resto rimase in Francia a subire altre vicissitudini.
Tre furono sottratti, di cui uno venduto e donato infine alla Biblioteca di Torino e gli altri due alla Biblioteca di
Parigi.
Altri 3 manoscritti finirono nel Viktoria e Albert Museum, un altro fu venduto a Roma, altri in vari paesi europei.
In seguito a queste vicende, i manoscritti superstiti sono oggi divisi tra Italia, Francia, Inghilterra e Spagna.
La cosa certa, è che il compositore del Trattato di Pittura lavorò su una massa di scritti vinciani più ampia di quella
che abbiamo oggi a disposizione, al punto che solo di una quarta parte del Trattato possiamo riscontrare nei
manoscritti vinciani la fonte.
Le edizioni
Quanto oggi resta degli scritti leonardeschi cominciò ad essere pubblicato con moderni criteri nel:
1880 da RavaisonMollien, che in 11 anni produsse tutti i codici esistenti a Parigi in 6 volumi (Codice A, Codice
BD, Codice CEK, Codice FI, Codice GL, Codice H)
Nel 1891 il Beltrami pubblicò “ Il Codice Trivulziano”
Nel 1893 Piumati pubblicò “Il Codice sul Volo degli uccelli”
Tra il 1894 e il 1904 Piumati pubblicò il “Codice Atlantico” e “I Codici di Anatomia”
Tra il 1911 e 1916 furono pubblicati gli altri “Quaderni di Anatomia”
Il lavoro della Commissione vinciana fondata nel 1902 col compito dell’edizione di tutti gli scritti e i disegni di
Leonardo, cominciò a fruttificare solo nel 1923, con l’edizione del “Codice Arundel 263”, dei “Codici “Forster” tra
il 30 3 il 34, e sette fascicoli di “Disegni” e uno di “Disegni Geografici”
Attualmente la Commissione vinciana sta anche curando una nuova edizione del Codice Atlantico, recentemente
restaurato.
Quasi tutte queste moderne edizioni offrono, oltre alla fotografia delle pagine originali, una prima trascrizione che
aiuta a decifrare i segni grafici di Leonardo, e una seconda trascrizione che mediante l’aggiunta della punteggiatura,
maiuscole e altri accorgimenti, vuole aiutare a intendere il pensiero.
Il diverso valore dei singoli frammenti
Leonardo è un autore che, pur avendo mille doti naturali, nutrì una scarsa stima per la parola, solo saltuariamente
pensò di comporre libri, ma non giunse mai alla stesura definitiva nemmeno di un volume.
Quello che ci è pervenuto è materiale personale, grezzo, abbozzo da rivedere in futuro.
Troppo evidente è in molti casi la ricerca della buona forma, ma quasi sempre i tentatici sono frammentari,
interrotti, e i momenti in cui Leonardo si concede al gusto della composizione sono molto scarsi.
Per esempio, nel foglio 265 del Codice Atlantico, si può notare come emerga un’espressione letteraria accanto alla
notazione scientifica. Leonardo espone esempi e prove sull’accrescimento della terra, ma improvvisamente lo
scritto si interrompe con l’immagine di un grande animale prediluviano che si instaura nella sua mente, e quindi
anche sul foglio.
In modo simile in un altro volume, Leonardo elenca una serie di precetti per un pittore che volesse raffigurare il
“Sito di venere”, ma in fondo al foglio, DaVinci lascia un’annotazione riguardante la bellezza insidiosa del regno di
Venere, e la sua fantasia continua sul retro del foglio.
Tenendo conto anche la frettolosità degli appunti, pubblicare tutti gli scritti di Leonardo significa portare spesso
sulla stessa pagina appunti di discrepante valore e importanza, affidando al lettore il compito della necessaria
discriminazione.
L’accertamento del testo
E’ stato svolto uno scrupoloso accertamento dei testi vinciani, per il quale l’editore si è addossato la fatia di
rivedere ogni scritto sulle fotografie degli originali.
Le noticine, sia scritte a margine, o interlinearmente, o come promemoria, sono essenziali per facilitare la
comprensione del lettore.
L’editore ha inoltre evitato di unire insieme frammenti spezzati per dare un aspetto unitario a qualche brano,
volendo invece offrire al lettore una riproduzione più vicina possibile al disordine dell’originale.
Altri editori invece hanno preferito allontanarsi dalla redazione originale, attraverso trascrizioni e ritrascrizioni.
Grafia e ortografia
Tra i problemi che gli editori devono risolvere, c’è anche quello dell’indispensabile ammodernamento della grafia.
(Naturalmente che ogni edizione si limita a proporre una soluzione a questo quesito, che resta sempre comunque
aperto a nuove proposte)
Leonardo scrive quasi sempre con la sinistra, arrovesciando la scrittura, ossia procedendo da destra verso sinistra.
La sua scrittura è chiamata infatti scrittura speculare, in quanto diventa leggibile riflettendola in uno specchio.
Le particolarità ortografiche di Leonardo sono invece del tutto comuni alle carte toscane scritte nel suo tempo.
Le differenze tra quel sistema ortografico e il nostro si possono riassumere così:
A volte è omessa la i che noi poniamo tra g e c (camica, goco)
Al contrario, è posta dove noi la riteniamo superflua (montagnia, dicie, bisognio)
E’ omessa l’h che noi poniamo tra c e g (ce, sciuma)
Al contrario si trova l’h dove noi la riteniamo superflua (chosa, linghua)
Saltuario è il raddoppiamento delle consonanti. A volte la stessa parola si trova scritta con la doppia, altre
senza doppia.
Alcune consonanti, soprattutto la s, hanno la tendenza a raddoppiarsi esageratamente (messto, rincresscie)
C’è una saltuarietà anche nei raddoppiamenti sintattici tra parola e parola ( allui, ecquesto)
Normalmente è scritta la n invece che la m (inpeto, enpiere)
Gli avverbi in –mente sono per lo piu scritti con due parole staccate (umile mente, povera mente)
In tutti questi casi di norme grafiche oscillanti, questa edizione ha deciso di seguire la grafia moderna.
Particolarità fonetiche
Noi le riterremo erroneamente ingiuste, ma al tempo di Leonardo facevano parte della lingua comune. Per questo
motivo nella presente edizione saranno rispettate.
Aggluppa, cleate, albusti, balatri
Groria, obbrigato, sprendori
La l che si insinua, palpiro
La r che scompare, contastare, dimosterebbe
Sciliva invece che saliva, instaccurata invece che trascurata
Spesso lo stesso vocabolo scritto da Leonardo in modo diverso, sperienza, sperienzia, esperienza, isperienza
Particolarità morfologiche
Per la morfologia ci limitiamo a ricordare che i femminili provenienti dalla terza declinazione latina hanno
spesso la desinenza del plurale in –e.
Spesso troviamo ‘nessuno’ con il significato positivo di ‘alcuno’
Il participio passato è indeclinabile in –o.
Il gerundio
Leonardo soprattutto nei brani narrativi, in cerca della buona forma, ha una predilezione per l’uso sovrabbondante
del gerundio.
Per esempio nella “Favola del salice e della zucca” (n.7) c’è un amplissimo periodo costituito mediante la triplice
ripetizione di uno stesso schema fondato sull’impiego a oltranza del gerundio. (trovandosi… e stando… e
ricercando… e facendo… e parendoli…)
Simile schema nella favola n.5, nella n. 31.
Dobbiamo ricordare come in quella parte dell’antica letteratura, che s’era fondata imitando gli scrittori della tarda
latinità, la tendenza ad ampliare il periodo mediante una sequela di gerundi, aveva finito con l’intaccare le regole
fondamentali e temporali della sintassi. Si considerava quindi il gerundio stesso come una forma indipendente.
Altri notevoli esempi sono nel “Gigante” nella favole n.6 e nella n.7.
La ripetizione del gerundio caratterizza anche momenti d’intensa drammaticità, dove l’azione impetuosa è
rappresentata in sé stessa quasi trascurando la persona che la compie.
Nella descrizione del “Diluvio” i numerosi gerundi, quanto più si allontanano dall’inizio, tanto più sembrano
sciogliersi dal vincolo grammaticale e diventare vero e proprio dramma incontrollabile.
La paraipotassi
Consiste nel riprendere la proposizione principale con ‘e’ oppure ‘sì’ (così)
L’uso del gerundio e del paraipotattico sono fenomeni che uniscono Leonardo ad una tradizione piu popolare che ha
le sue radici nei modelli latini e francesi, tale tradizione veniva ripudiata dagli umanisti.
CONTENUTO DEL PRESENTE VOLUME
Nel titolo “Scritti letterari”, questa edizione ha inteso raccogliere solo quei brani che non hanno uno stretto
riferimento alle ricerche scientifiche o all’arte figurativa.
Il nucleo sostanziale di queste pagine è occupato dalle “Favole”, dal “Bestiario”, dalle “Profezie”, dalle “Lettere” e
da una raccolta di “Pensieri” vari.
L’edizione si è limitata a dare un titolo alle grandi divisioni interne del volume.
Per i singoli frammenti è stata stabilita una numerazione progressiva, ponendo titoli solo quando erano presenti
nell’originale.
L’ordine dei singoli brani generalmente ripete quello con cui essi si seguono nei singoli manoscritti.
Spesso accade che un brano abbia due o più stesure, indice di una ricerca della migliore espressione; mentre a volte
accade che un unico brano sia costituito dall’elaborazione parziale di singole parti non ancora saldate in una definita
unità.
I Pensieri
I “Pensieri” deluderanno forse molti lettori, per l’assenza di certi passi famosi che i trovano in tutte le antologie.
Ma questa edizioni non vuole essere un’antologia.
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