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ITALIANO POPOLARE
E’ la varietà sociale per eccellenza dell’italiano, vale a dire quell’insieme di usi frequentemente
ricorrenti nel parlare e nello scrivere di persone non istruite e che per lo più nella vita quotidiana usano
il dialetto, caratterizzati da numerose devianze rispetto a quanto previsto dall’italiano standard
normativo.
Molti tratti sub-standard compaiono sia nell’italiano diastraticamente basso sia nel parlato colloquiale
trascurato e nei registri bassi ma ciò non ci deve indurre a pensare che sub-standard=italiano popolare
perché, in realtà, con sub-standard si intende tutto ciò che sui vari assi di variazione è “al di sotto” dello
standard. I fenomeni che lo caratterizzano dipendono da:
-dal dialetto retrostante, che dà luogo a fenomeni d’interferenza e o anche di ipercorrettismo e
“iperdistanziamento”
-dalla rielaborazione e la ristrutturazione (sotto forma di semplificazione linguistica) della norma
dell’italiano standard.
I testi prodotti in italiano popolare presentano la testualità tipica del parlato spontaneo (frammentazione
sintattica e tematica, false partenze, accumulo paratattico etc…) ed esaltano le anomalie nella grafia.
Elenchiamo qualche caratteristica:
-impiego insistito di dire specialmente alla III persona sing. per segnalare il discorso diretto; ma anche
usato in modo desemantizzato quasi grammaticalizzato “rispose, dice:…”
Sintassi:
-costruzione sub-standard del periodo ipotetico dell’irrealtà (doppio condizionale o doppio imperfetto
congiuntivo)
-l’italiano popolare è il regno del che polivalente utilizzato come semplice indicatore generico di
subordinazione tuttofare.
-il che usato come rafforzativo di altre congiunzioni subordinanti (mentre che, siccome che etc…)
-uso improprio della subordinata relativa (talvolta con ripresa disambiguante di un clitico)
-uso frequente di frasi nominali con omissione del verbo essere e di altri verbi.
-accumulo di congiunzioni e avverbi
-concordanze ad sensum e accordi soggetto-predicato diversi rispetto a quelli previsti dalla norma.
Morfologia:
uno dei fenomeni più interessanti è quello dei pronomi personali.
-estensione di ci come clitico tuttofare (valido per masch./femm./cose, e dativo generalizzato); questo
fenomeno tocca addirittura gli impieghi allocutivi (“ci piace, a Lei?”)
-le esteso per gli e loro
-pronomi soggetto rafforzati “noialtri” e “voialtri”
-me/te in luogo dei pronomi soggetto io/tu
-sovraestensione delle forme del paradigma di “suo” al posto del possessivo “loro”.
-forme verbali analogiche: “vadi”, “venghino”
-scambi fra gli ausiliari essere e avere “hanno cresciuto qua”
-sovraestensione di il in luogo di lo “il sciopero, il zoo” e i in luogo di gli “i stivali”
-per gli aggettivi il fenomeno più notevole è la ricorrenza di forme analogiche per il comparativo: “ero
il più superiore”.
Lessico:
Per quanto riguarda il lessico, l’italiano popolare è ricco di malapropismi, cioè le parole riprodotte da
un parlante incolto assimilandole a qualcosa che risulta più familiare e noto “vene vanitose”, “sono
celebre” in luogo di “celibe”, etc…
-neoformazioni con scambio di suffissi: “proibismo” per proibizionismo, “umanesimo” per umanità.
-dialettismi “fare la decisione”, “fare un’emigrazione etc.
Fonologia:
dominano i fenomeni marcatamente regionali, che fanno sì che propriamente l’italiano popolare parlato
si configuri come italiano regionale basso. Vi è una tendenza più marcata che non nel parlato
colloquiale a fenomeni di semplificazione di realizzazioni “difficili”: “pissicologo”, “Isvizzera” etc…
Testimonianze scritte di italiano popolare sono infine fornite dalle lettere e dalle memorie di incolti,
semincolti e semicolti. Gli errori più evidenti sono dovuti o alla riproduzione nella grafia della
pronuncia effettiva o a rianalisi o sovraestensioni analogiche in quei settori dove l’ortografia
tradizionale dell’italiano è altamente convenzionale e non presenta corrispondenza tra fonemi e
grafemi.
-uso caotico di maiuscole iniziali
-“e” congiunzione accentata
-“a” preposizione scritto con l’acca
-proprietà senza accento
-devianze riguardanti la divisione delle parole, con errate separazioni “all’avoro”, conglutinazioni
”linverno” e deglutizioni “l’uridume” “in cinta”.
ALTRE VARIETA’ DIASTRATICHE
L’opposto dell’italiano popolare sarà chiaramente una varietà diastratica alta di italiano: l’italiano colto
(impiegato dai parlanti di livello socio-culturale medio-alto e alto). Non può essere descritto in termini
di una serie di tratti caratterizzanti, in quanto coincide grosso modo con l’italiano cosiddetto standard.
Molto studiato anche il tema della differenziazione linguistica correlata con il sesso (vedi Berruto).
CAP. 3 VARIETA’ DIAFASICHE
NATURA DELLA VARIAZIONE DIAFASICA
La terminologia riguardante la variazione diafasica è varia. Chiamiamo per comodità “registri” le
varietà diafasiche dipendenti primariamente dal carattere dell’interazione e dal ruolo reciproco assunto
da parlante (o scrivente) e destinatario (stile contestuale e stile); e sottocodici le varietà diafasiche
dipendenti primariamente dall’argomento del discorso e dall’ambito esperienziale di riferimento
(lingue speciali).
Fattori determinanti della variazione di registro (Labov):
-Grado di formalità o informalità della situazione comunicativa
-Grado di attenzione e controllo che il parlante pone nell’attuare la produzione linguistica
Tra i fattori Bell include anche il destinatario e l’udienza non intenzionale perché elementi suscettibili
di interferire con la psicologia del parlante e quindi di variare il registro.
Spesso la variazione di registro è difficile da cogliere e da descrivere (si pensi alle sovrapposizioni di
etichetta del registro sui dizionari).
I tre assi che determinano il registro sono dei continua che hanno come poli estremi:
-informale vs formale (riguarda il controllo dell’elaborazione)
-solenne vs volgare (coglie gli effetti di senso connotativi, legati al dominio di interazione)
-eufemistico vs disfemistico (rappresenta la chiave interpretativa dell’espressione)
I registri sono governati da regole di co-occorrenza: risulta sociolinguisticamente sbagliata (e ciò non
vuol dire non avere competenza comunicativa perché la frase potrebbe essere adatta al contesto) o
scherzosa la frase “comunichiamo agli ascoltatori che il nostro presidente ci ha lasciato le penne”, che
combina elementi di registro formale e di registro basso.
REGISTRI
I tratti che caratterizzano i registri bassi, (molto) informali, coincidono in buona parte con quanto si è
visto per l’italiano parlato-parlato. Nei registri bassi l’incrocio tra variazione diafasica, diastratica e
regionale è netto. Vediamo qualche altro tratto:
-uso di forme abbreviate bici, cine;
-uso di termini espressivamente connotati, a volte eufemistici a volte disfemistici: rompere (disturbare),
tirar su (allevare, educare) etc…
-emergenza del parlare volgare (anche se registro basso non vuol dire registro volgare, tuttavia nei
registri bassi tendono ad occorrere espressioni marcate come volgari e plebee culo, cazzo, palle etc)
I tratti che caratterizzano i registri alti, (molto) formali, coincidono in buon parte con quanto si è visto
per l’italiano scritto-scritto.
‐Sintassi molto elaborata
‐Tendenza alla verbosità
‐Ampia gamma di variazione lessicale e frequente presenza di termini dai significati astratti
‐Uso di forestierismi
‐Scelte di voci lessicali e di varianti morfologiche arcaizzanti
‐Uso del si impersonale
SOTTOCODICI E MODALITA’ D’USO Lingue speciali:
L’altro versante della variazione diafasica è quello relativo ai sottocodici.
Anche in questo settore della diafasia la fenomenologia è varia. Si va, infatti, dalle lingue speciali in
senso stretto (dalla terminologia fortemente specifica e tecnica, e usate solo fra gli addetti ai lavori); ai
linguaggi settoriali (tipici di certi argomenti e ambienti comunicativi come la lingua della critica
letteraria); alle modalità d’uso connesse con i generi e tipi di testo, che possono attingere in diversi
modi a sottocodici e registri di varia natura, dando luogo a una delle molteplici forme in cui una lingua
si attualizza in una certa area di comunicazione secondo una certa norma sociale.
Un esempio di quest’ultime è la lingua dei notiziari radiotelevisivi, che unisce i tratti derivanti del
mezzo (lingua scritta per essere detta) con la finalità comunicativa (fornire informazione) e con fatti di
registro (formale) e di sottocodice (burocratico che conferisce prestigio alla formulazione verbale).
Tener conto di tutte le modalità d’uso è impossibile visto la pluridimensionalità della variazione
diafasica. Questa cattiva corrispondenza tra varietà e situazioni e in questa sovrapposizione di varietà
nei testi deve aver le sue colpe la televisione che nel parlato mischia alla rinfusa registri e sottocodici
diversi. Tuttavia queste commistioni nell’italiano contemporaneo avvengono perlopiù nel parlato (a
causa della progettazione a breve gittata) e prevalentemente nelle produzioni di parlanti con
relativamente scarsa competenza della lingua o con competenza in sviluppo.
Prima di definire il substandard dobbiamo definire lo standard. Un primo possibile valore della nozione
di standard equivale a quello di “neutro” (non marcato su nessuna delle dimensioni di variazione). Un
secondo valore è quello di “normativo” (codificato dai manuali e dalla tradizione scolastica). Un
ulteriore possibile valore è “normale” (statisticamente più diffuso). Mentre varietà e tratti sub-standard
saranno le varietà, o singoli elementi linguistici, che in un modello delle varietà pluridimensionale
orientato stanno al di sotto dello standard, vale a dire verso l’estremo basso di ogni asse di variazione.
Una crescente marcatezza sub-standard è sanzionata via via sempre più negativamente fino a diventare
un indicatore dell’estrazione sociale del parlante e addirittura dei suoi caratteri personali.
Sul rapporto tra standard e sub-standard si può dire che:
-vi è un aumento della quantità di variazione lungo tut