Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
RELIGIONE E POLITICA
Dio e Cesare
Poiché il potere degli imperatori cinesi è un potere totale di organizzazione della società e dell’universo, la
religione non può essere in Cina una potenza autonoma; i culti sono un fatto politico e i sovrani regnano in virtù
di un mandato del Cielo. Gli imperatori cinesi riassumono nella propria persona funzioni e aspetti sacri e
profani; la nozione cinese di ordine universale è globale e non ammette alcuna divisione. La religione allora non
era solo il riflesso, ma il cemento dell’ordine politico. Il cristianesimo, ponendosi al di fuori e sopra ogni ordine
politico, minaccia di distruggere quest’ordine, incitando addirittura privati a usurpare il privilegio imperiale di
sacrificare al Cielo, espressione dell’ordine sociale, politico e naturale. La distinzione dell’autorità politica e
dell’autorità religiosa nella persona dei re e dei papi quale esisteva in Occidente apparve ai cinesi come
un’aberrazione. In Cina un culto era autorizzato solo se ufficialmente riconosciuto e integrato nella gerarchia dei
culti patrocinanti dall’imperatore e poiché in Cina ogni politica è fondata sullo studio di quelle anteriori, il
cristianesimo aveva lo svantaggio di non essere riconosciuto dalle dinastie precedenti. Si comprende l’importanza
della scoperta di una stele bilingue, cinese e siriaco, che tracciava la storia della chiesa nestoriana di Xi’an dal 631,
prova dell’antichità della predicazione cristiana.
Per i cinesi, se le religioni minacciavano il benessere generale, la morale e la tranquillità pubblica, sono oggetto di
leggi repressive e i missionari insistevano sul fatto che il cristianesimo aveva virtù politiche e felici influenze sui
costumi, perché insegnava la sottomissione. Come potrebbero degli uomini che aspirano solo al Cielo, ribellarsi
contro il potere civile? Matteo Ricci ricorda che da quando il buddhismo è entrato in Cina, le cose non hanno
fatto che peggiorare, mentre in Occidente, i regni divenuti cristiani non hanno più visto guerra alcuna. Il
cristianesimo sarebbe di fatto la vera dottrina di Confucio e dell’antichità cinese, in grado di riportare in Cina
una specie di età dell’oro. Contestando i culti cinesi di origine popolare e distruggendo le loro statue, i missionari
sembrano approvare una tradizione dotta che era sempre stata ostile a ciò che considerava come superstizioni
nocive alla morale e all’ordine pubblico e fu in nome di questa tradizione che i cinesi delle classi dirigenti,
quando constatarono la diffusione del cristianesimo tra gli ambienti popolari vi si opposero.
Il cristianesimo come “setta eterodossa”
Negli ambienti dirigenti della Cina esiste una lunga e vecchia tradizione di ostilità ai movimenti religiosi che si
sviluppano nel popolo in maniera incontrollabile. Le grandi rivolte della storia sono tutte cominciate così,
animate da dottrine religiose o da una speranza messianica nell’avvento di una società in cui finalmente
avrebbero regnato la pace, l’uguaglianza e la giustizia. I dirigenti intendono proteggere il popolo contro coloro
che vorrebbero portarlo fuori dalla retta via e le prime misure adottate contro i cristiani furono appunto per
costituzione di associazione illecita. Si chiedeva che si procedesse a un’inchiesta sull’origine delle ricchezze dei
missionari, sul modo in cui avevano potuto penetrare in Cina senza essere forniti in documenti ufficiali. Si inizia
ora a identificare le comunità cristiane con le sette cinesi eterodosse, e tale assimilazione sarà in seguito sempre
più frequente, e nel constatare che la loro religione veniva abbassata al rango delle superstizioni cinesi. i
missionari si scandalizzarono, e venne redatto un opuscolo per dimostrare che non avevano niente in comune
con quelle sette. I missionari agiscono apertamente e non organizzano riunioni notturne, sono in rapporto con
persone appartenenti alla buona società, i libri sono opere di uomini dotti, abbellite da illustrazioni e arricchite di
spiegazioni, desiderano solo adepti convinti e non chiedono loro il segreto, la loro dottrina esalta la castità,
insegnano che solo la buona condotta permette di ottenere la felicità dopo la vita terrena, parlano solo di morale,
devozione filiale, obbedienza e lealtà.
L’obiettivo prioritario, spesso sottolineato da Ricci, era quello di conquistare la simpatia delle classi elevate con i
mezzi più svariati e all’inizio del XVII secolo avevano raggiunto più o meno il loro scopo, anche se l’atmosfera si
era modificata mano a mano che il contenuto della dottrina del Signore del Cielo aveva cominciato ad essere
meglio conosciuto e che i missionari avevano sviluppato la loro opera di evangelizzazione tra il popolo. Ma
poiché esistevano una gerarchia di divinità e culti stabiliti dallo Stato, dove tutto il resto era automaticamente
estraneo al sistema e oggetto di repressione, era impossibile integrare il cristianesimo al sistema delle religioni
cinesi, in quanto era destinato ad apparire come una setta sovversiva che si poneva al di sopra del potere
temporale e rifiutava tutti i culti pagani, con cui condivideva le restrizioni verso il culto degli antenati e il divieto
del culto delle cinque divinità domestiche.
La tesi cristiana dell’uguaglianza tra gli uomini minaccia tutto il sistema poiché condotta, morale, gerarchie
sociali e familiari, tutte cose da cui dipende in definitiva l’ordine pubblico, sono legate a una ripartizione dei
compiti tra superiore e inferiore, mentre loro pongono sullo stesso piano padre e figlio, sovrano e sudditi. Ricci
spiega ai cinesi che hanno tre padri: il padre comune (Signore del Cielo), il loro sovrano e quello che li ha
generati.
Ignorando il rapporto tra i riti e il dogma del cristianesimo la maggior parte dei cinesi colti videro nelle
cerimonie e nei sacramenti cristiani solo delle pratiche di magia, incantesimi di una stregoneria perversa e
fantastica, ed era necessario sopprimere con la massima severità tutto ciò che aveva attinenza con la magia, la
stregoneria, evitando che il popolo ne venisse turbato e eccitato. Dicevano: il Signore del Cielo Yesu fu
condannato dalla giustizia a morire crocefisso per aver turbato il popolo con i suoi discorsi strani. Non è stato
capace di far assolvere nemmeno se stesso, come potrebbe assolvere gli altri?
Dal mistero di cui si circondavano i cristiani sono nate assurde credenze, perpetuate fino ai giorni nostri, come
quella che i missionari erano sospettati di drogare i loro adepti per ottenere da essi un’assoluta obbedienza.
Matteo Ricci fu sospettato sin da pochi anni dopo il suo arrivo di dedicarsi all’alchimia, credenza rafforzata anche
dal carattere misterioso delle ricchezze dei missionari e arrivando alla conclusione che fabbricassero il denaro con
mezzi magici. Ma ciò di cui i missionari sono più frequentemente accusati è di pagare le conversioni, con
testimonianze di ricompense in cambio di ogni conversione. Si invitava il popolo a entrare in quella religione
regalando due scudi a ciascuno di coloro che vi aderivano e con la speranza di un paradiso e il timore di un
inferno.
Ciò che veniva spesso condannato era il fatto di dire che tutti gli avvenimenti che concernono Yesu erano stati
previsti dagli storici ufficiali, ma la storia è fatta per trasmettere delle cose vere, degne di fede, non per riferirsi ad
avvenimenti futuri annunciati da un genio celeste.
Un pericolo di sovversione
Alcuni cinesi ebbero una chiara coscienza dei pericoli che poteva presentare per l’eredità della loro antica
tradizione la diffusione delle concezioni cristiane. I barbari venivano in Cina per turbare le tradizioni intellettuali
ed era un dovere patriottico il difenderle da quel grande pericolo. I missionari saranno soddisfatti solo quando
avranno imprigionato tutti nelle loro reti e diffuso ovunque il loro veleno. L’intenzione dei barbari è dunque di
corrompere la Cina, per questo non si accontentano di discorsi, ma distruggono le statue, tentando di dare un
taglio netto a tutto ciò che univa i cinesi al loro passato e alle loro tradizioni. Convinti che tutta la storia
dell’uomo fosse nella Bibbia, i missionari si sforzarono di reinterpretare la storia della Cina in funzione delle
tradizioni giudaico-cristiane. Lo scopo della missione è quello di costituirsi in Chiesa in rapporto con l’estero, da
cui ricevono anche i loro ordini e sussidi. La conversione è solo una tappa che precede l’occupazione, le scienze e
le tecniche sono soltanto dei pretesti per diffondere la loro dottrina in tutte le province e tale diffusione ha lo
scopo di permettere loro di impadronirsi della Cina, demoralizzandola e radunando truppe pronte a muoversi al
momento opportuno. Questo piano si baserebbe su quattro punti: diffondere ovunque i libri perniciosi allo
scopo di turbare gli animi; insediando le associazioni in tutti i luoghi strategici; assicurarsi la complicità e
l’amicizia degli alti funzionari; eccitare i buoni a nulla, loro strumenti. I missionari elargiscono ingenti somme di
denaro, radunano la folla e tracciano delle mappe, sono spesso sospettati di spionaggio.
I missionari circolano liberamente in tutta la Cina senza che nessuno se ne preoccupi e senza che vengano chieste
loro spiegazioni, e quando l’opinione pubblica giunge a questo punto, significa che gli uomini hanno perso ogni
senso morale. I missionari avevano troppo spesso la tendenza a pensare di essere al di sopra delle leggi del paese e
a rivendicare per sé e per i propri adepti una specie di extraterritorialità ante litteram, dando prova di arroganza
anziché sottomissione. Dal momento che affermano di aver giurato fedeltà alla Cina, come possono opporre il
loro grande Occidente al nostro impero dei grandi Ming?
Tuttavia nel corso della seconda metà del XVII secolo i missionari trovarono appoggi a corte; l’imperatore Kangxi
dimostrava benevolenza ai missionari perché voleva assicurarsi il vantaggio delle loro conoscenze scientifiche. Nel
1707 quando la posizione dei missionari in Cina è minacciata dalla disputa dei riti, Kangxi intende proteggere i
padri gesuiti che in qualche modo fanno parte della sua casa e dichiara che avrebbe detto al Papa che essi ormai
risiedevano in Cina da molto tempo, completamente ambientati e per niente diversi dai cinesi e non permette il
rimpatrio. (editto di tolleranza, 1692) Ciò che conta per Kangxi sono solo i servizi che i missionari possono
rendergli, accettati in Cina in quanto sudditi fedeli, sottomessi alle leggi cinesi. Questo vale per i missionari di
Pechino, ma non per quelli insediati in provincia, i quali si preoccupano di eccitare il popolo e di formare
associazioni. L’interpretazione che tendeva a integrare gli stranieri venuti dall’Europa e la loro dottrina con
l’universo cinese era possibile sol