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CHE COS’È L’ATTENZIONE?

L’attenzione non è un qualcosa di unitario, ma riguarda piuttosto una varietà di fenomeni psicologici anche

molto diversi fra loro. L’attenzione è quel processo mentale che ci permette di elaborare appieno e a livello

consapevole una parte limitata di informazioni, selezionandola dall’enorme quantità di stimoli di cui veniamo

a disporre sia attraverso i sensi, sia attraverso i ricordi immagazzinati, sia attraverso altri processi cognitivi.

L’attenzione opera in tutte le modalità sensoriali e si distingue in diverse componenti.

L’ATTENZIONE SELETTIVA:

In ogni momento della nostra vita i nostri sensi registrano la presenza contemporanea di un alto numero di

stimoli.

Il nostro cervello non riesce a elaborare tutte le informazioni che riceve contemporaneamente dall’esterno

(dai sistemi sensoriali) e dall’interno (dai sistemi di memoria). Fortunatamente solo alcune di queste

informazioni sono rilevanti per lo scopo che perseguiamo in un determinato momento.

Siamo quindi costantemente nella situazione di dover selezionare gli stimoli cui prestare attenzione,

ignorando ciò che è irrilevante, o che può interferire con i nostri scopi.

Focalizzare l’attenzione su un numero limitato di stimoli aumenta la velocità e l’efficienza con cui li

elaboriamo.

L’attenzione selettiva è quindi l’insieme dei meccanismi che consentono di concentrare le proprie risorse

mentali su alcune informazioni piuttosto che su altre, determinando ciò di cui siamo coscienti in ogni istante.

Possiamo selezionare parte dell’informazione disponibile utilizzando diversi criteri: si può prestare attenzione

ad una particolare modalità sensoriale (es. modalità visiva), a una particolare posizione nello spazio, a un

particolare oggetto, a specifiche caratteristiche sensoriali (es. tutti gli oggetti di colore rosso) o a particolari

classi di elementi.

( sappiamo ascoltare la voce dell’interlocutore in una stanza affollata, sappiamo ascoltare i violini in una

sinfonia…).

4.1.1) L’ATTENZIONE SELETTIVA UDITIVA:

I primi studi sperimentali sull’attenzione sono stati ispirati da un fenomeno detto “fenomeno o problema del

cocktail party” : quando cerchiamo di conversare con un amico in un ambiente molto affollato e rumoroso,

cerchiamo di udire e comprendere la voce di quella determinata persona ignorando allo stesso tempo le voci

e i rumori intorno.

Come funziona questo fenomeno?

 quando due messaggi diversi pronunciati dalla stessa voce sono presentati contemporaneamente alle due

orecchie, chi ascolta trova molto difficile differenziarli in base al loro significato.

Cherry, analizzando sperimentalmente questo fenomeno, scoprì che il compito diventa più facile se i due

messaggi possono essere distinti basandosi su caratteristiche fisiche (per es. diversa posizione spaziale

della sorgente del suono o diverso tono di voce del lettore): quanto più aumenta la differenza percettiva tra i

due messaggi, tanto più è facile distinguerli.

esperimento shadowing: i soggetti ascoltavano due messaggi e dovevano ripetere ogni parola di uno solo

dei due, ignorando completamente l’altro. I soggetti avevano molte difficoltà nel ripetere il messaggio, se

entrambi erano presentati contemporaneamente a entrambe le orecchie (ascolto binaurale).

Tuttavia erano in grado di ripetere il messaggio cui prestavano attenzione quasi perfettamente quando i due

messaggi erano presentati sì contemporaneamente, ma uno all’orecchio destro, e l’altro all’orecchio sinistro

(ascolto dicotico).

Cosa succede al messaggio cui non si presta attenzione? Esso non viene totalmente ignorato:

- i soggetti sono in grado di riferire cambiamenti di voce da maschile a femminile, o cambiamenti di tono

- ma non ne afferrano il significato complessivo, né rilevano un eventuale cambio di lingua.

Le informazioni cui non si presta attenzione non vengono elaborate, anche quando nel messaggio disatteso

la stessa parola viene ripetuta 35 volte.

 I risultati di queste prime ricerche misero in luce la capacità limitata di elaborazione dell’informazione del

sistema cognitivo e portarono a sviluppare i primi modelli dell’attenzione:

- ipotesi: Nel processo di elaborazione dell’informazione c’è un filtro che limita il funzionamento del sistema

cognitivo.

Broadbent propose l’esistenza di un filtro posizionato subito dopo i registri sensoriali (selezione precoce),

che seleziona l’informazione in entrata sulla base di un’analisi sensoriale e/o percettiva.

L’informazione non rilevante non viene ulteriormente elaborata e decade passivamente entro pochi secondi.

Secondo Broadbent:

- il filtro è necessario perché il sistema nervoso centrale è paragonabile a un singolo canale a capacità

limitata attraverso cui viaggia l’informazione.

- Il filtro è di tipo “tutto o nulla”, cioè permette solo all’informazione rilevante di venire analizzata.

Tuttavia: esperimenti ulteriori hanno dimostrato che almeno una parte dell’informazione relativa agli stimoli a

cui non si presta attenzione viene analizzata semanticamente. (es. ci si rende conto di udire il proprio nome

anche se è presentato senza altri cambiamenti sensoriali (cambio tono di voce…) nel messaggio disatteso).

 In un esperimento di shadowing (Treisman) ai soggetti era chiesto di riportare il messaggio che veniva

presentato loro, per esempio, nell’orecchio destro.

I messaggi erano frasi semanticamente corrette formate da due parti:

- John ha fatto canestro e il suo punto è stato decisivo per la partita;

- Giovanna canta meravigliosamente, ma suona il piano in modo incredibile.

In una percentuale di prove a metà frase i due messaggi venivano invertiti di posizione:

- John ha fatto canestro, ma suona il piano in modo incredibile.

- Giovanna canta meravigliosamente e il suo punto è stato decisivo per la partita.

cosa succedeva?

 i soggetti ripetevano erroneamente la parola presentata nell’orecchio disatteso (affioramento o intrusione)

subito dopo l’inversione, prima di tornare a ripetere il messaggio dell‘orecchio atteso

(per esempio: John ha fatto canestro e il suo punto in modo incredibile).

L’elaborazione a livello semantico, cos’ come l’affioramento, non erano previsti dal modello di Broadbent, e

questo ha portato Treisman a proporre la teoria dell’attenuazione o del filtro attenuato.

Ipotesi: un filtro che attenua, ma non blocca completamente, l’accesso all’informazione non selezionata.

Ogni parola ha un proprio livello di soglia, e se questa soglia viene superata essa viene riportata, anche se la

parola è presentata nel canale disatteso. Queste soglie sono caratterizzate da due importanti proprietà:

1) possono variare da parola a parola (il nostro nome ha una soglia molto bassa).

2) possono essere momentaneamente abbassate dalle aspettative del soggetto (effetto del contesto).

La teoria di Treisman modifica solo parzialmente l’idea originaria di Broadbent, mantenendo la selezione

precoce ma cambiando le proprietà selettive del filtro.

 È stata proposta una teoria in cui si ipotizza un diverso posizionamento del filtro, dopo i processi percettivi

e prima della risposta, nella fase decisionale o di programmazione della risposta (selezione tardiva).

Questo approccio è diverso in quanto prevede che:

- il sistema analizzi completamente tutta l’informazione sia attesa sia disattesa.

- se l’informazione è saliente, cioè rilevante per il compito o per il soggetto, viene lasciata passare dal filtro.

- tutti gli stimoli vengono elaborati completamente e identificati, ma solo alcuni raggiungono il livello della

risposta.

La teoria dell’attenuazione e della selezione tardiva predicono lo stesso risultato:

- l’informazione disattesa può essere elaborata fino al livello semantico.

- la differenza è data dal fatto che la teoria dell’attenuazione propone che l’identificazione dell’informazione

disattesa sia l’eccezione e non la regola, mentre la teoria della selezione tardiva sostiene l’opposto, cioè che

l’estrazione del significato sia la regola e non l’eccezione.

4.1.2) L’ATTENZIONE VISIVA SPAZIALE:

una delle funzioni chiave dell’attenzione è quella di permetterci di selezionare alcune informazioni, a

discapito di altre.

Quando la selezione riguarda la modalità visiva, e in particolare quando riguarda la selezione di informazioni

presenti nel nostro campo visivo, si parla di attenzione spaziale.

1) L’ORIENTAMENTO MANIFESTO E L’ORIENTAMENTO IMPLICITO:

possediamo due modalità di esplorazione del campo visivo:

1) consiste nello spostare i nostri occhi così da indirizzare la fovea (la parte della retina in cui l’acuità visiva è

massima) verso gli oggetti o le posizioni spaziali d’interesse.

 In questo caso si parla di orientamento manifesto (o overt), perché coinvolge il movimento degli occhi.

2) riguarda lo spostamento della sola attenzione sulla posizione o sull’oggetto di interesse.

 In questo caso si parla di orientamento implicito (o covert), in quanto ci si focalizza su determinate parti del

campo visivo e si elaborano preferenzialmente quelle parti rispetto ad altre, senza però muovere gli occhi o

lo sguardo.

(quando guardiamo con la coda dell’occhio).

L’utilizzo della modalità implicita nei paradigmi sperimentali ci permette di studiare l’effetto dell’attenzione

visiva indipendentemente dai movimenti oculari e senza variazioni in acuità visiva.

2) L’ORIENTAMENTO VOLONTARIO E L’ORIENTAMENTO AUTOMATICO:

Siamo noi che volontariamente scegliamo di prestare attenzione a una determinata cosa.

Tuttavia la nostra attenzione può orientarsi anche in modo automatico, cioè indipendentemente dalla nostra

volontà.

Questo capita, per esempio, quando compaiono stimoli improvvisi o inattesi: questi stimoli attraggono su di

loro la nostra attenzione indipendentemente dalla nostra volontà.

Quindi due tipi di stimoli diversi innescano due tipi di orientamento dell’attenzione diversi:

a) stimoli endogeni (o centrali): sono gli stimoli che guidano l’orientamento volontario.

b) stimoli esogeni (o periferici): sono gli stimoli che guidano l’orientamento automatico.

 Per studiare l’orientamento dell’attenzione, Michael Posner ha proposto il “paradigma dello spatial cueing”

(paradigma di Posner).

Il paradigma di Posner applicato allo studio dell’orientamento volontario:

Il compito dei soggetti è quello di rilevare la presenza di uno stimolo appena visibile che può apparire in una delle due

l

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Publisher
A.A. 2014-2015
79 pagine
23 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ali7877 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia generale I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Bricolo Emanuela.