vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LA DIPENDENZA RELATIVA: AREA/OGGETTO TRANSIZIONALE:
AREA TRANSIZIONALE:
Per Winnicott esiste oltre al mondo soggettivo e al mondo oggettivo del bambino anche un “territorio
neutrale”, definito da Winnicott come “area transizionale” o “area intermedia”.
Quest’area transizionale è uno spazio in cui è possibile sovrapporre mondo soggettivo e mondo oggettivo ed
è influenzata sia dall’area soggettiva che dall’area oggettiva.
Per accedere a questa area, il bambino deve aver sperimentato una precedente esperienza di illusione di
onnipotenza, ovvero l’allucinazione di un oggetto che è allo stesso tempo reale.
Winnicott definisce fenomeni transizionali, tutti quei fenomeni che mediano il rapporto tra interno ed esterno
nel processo di costruzione della realtà, garantendo la funzione della fantasia.
I fenomeni transizionali prendono forma dai cosiddetti oggetti transizionali, che corrispondono a quegli
oggetti (bambole, orsacchiotti, giocattoli, ecc…) con cui il bambino sviluppa un particolare attaccamento
nell’arco del primo anno.
L’oggetto transizionale diviene spesso importante nel momento dell’addormentamento, nel passaggio dalla
veglia al sonno.
Il bambino parte dalla realtà soggettiva e grazie poi alla presenza della madre si sovrappone la realtà
soggettiva del bambino alla realtà esterna, creando l’area intermedia che da adulti possiamo ritrovare ogni
volta che abbiamo qualcosa che rappresenta la realtà oggettiva ma che acquisisce significati che
provengono dalla nostra realtà interna (per esempio l’esperienza dell’arte: un quadro esiste qua fuori ma i
significati che noi diamo al quadro sono quelli dati dalla nostra realtà interna).
VERSO L’INDIPENDENZA:
La capacità di considerare le persone e le cose come separate da se stessi e come permanenti nel tempo e
nello spazio è legata all’aggressività: per percepire il mondo in modo oggettivo il bambino deve aver fatto
esperienza di oggetti che sopravvivono alla sua distruttività, permettendogli di sviluppare una
preoccupazione per il loro destino.
Winnicott evoca quindi l’aggressività, ma le dà un significato molto diverso da quello kleiniano.
La posizione depressiva per la Klein comportava che il bambino pensava di aver distrutto l’oggetto buono
grazie alla sua aggressività e il bambino doveva poi compiere degli atti di riparazione nei confronti
dell’oggetto.
Tutto ciò avveniva nella fantasia del bambino.
Per Winnicott invece la madre deve tollerare gli attacchi aggressivi del proprio figlio, è lei che deve
sopravvivere, non nella fantasia del bambino.
Secondo la Klein il bambino distrugge l’oggetto buono perché deve tollerare il fatto di capire che la madre
rappresenta sia l’oggetto buono che l’oggetto cattivo.
Per Winnicott invece la posizione depressiva è data dall’unione di due aspetti materni:
- madre/ambiente: si riferisce alla madre presente negli stati di quiete del bambino.
Il bambino deve realizzare che la madre che sta sullo sfondo è la stessa madre che aggredisce con i dentini
quando prende il latte dal seno. Ha la funzione essenziale di proteggere il bambino dagli urti, qualsiasi
interferenza con il suo stato di non integrazione. Winnicott sottolinea che il bambino non è sempre solo in
preda a bisogni, come la fame, ma il bambino ha dei momenti in qui è in quiete e la madre deve stare sullo
sfondo e dare al bambino la sensazione di essere solo in presenza di qualcuno.
- madre/oggetto: madre che soddisfa i bisogni del bambino oggetto dell’esperienza eccitata, come la fame.
Corrisponde alla madre kleiniana che possiede gli oggetti parziali del bambino.
L’unione dell’oggetto buono e dell’oggetto cattivo, per Winnicott diventa l’unione tra questi aspetti della
mamma, che nella mente del bambino fino a quel momento erano due mamme diverse.
Avviene una graduale riunificazione, nella mente del bambino, tra queste due esperienze della madre che il
bambino può fare.
In termini classici: la madre – oggetto è la madre delle pulsioni del bambino; la madre – ambiente è la
madre con cui l’Io del bambino si rapporta.
VERSO L’INDIPENDENZA: LA DISTRUTTIVITÀ:
Winnicott riformula il senso di colpa che accompagna la posizione depressiva in termini di capacità di
preoccuparsi (ancora una volta depatologizza i termini kleiniani).
Secondo Winnicott oltre ad unire le due mamme, il bambino deve poter esprimere la propria aggressività e la
madre deve sopravvivere. Si crea un nesso tra gli aspetti distruttivi e gli altri componenti affettivi che il
bambino ha nei confronti della madre.
Winnicott introduce un’altra dicotomia tra entrare in rapporto con un oggetto e fare uso di un oggetto.
- Entrare in rapporto con l’oggetto: è un fenomeno soggettivo che riguarda scambi con oggetti che non sono
ancora percepiti come separati (in termini più classici la madre è un oggetto parziale, anaclitico, di
appoggio).
Winnicott toglie questi aspetti negativi e parla di un oggetto che è ancora confuso con il bambino.
- Fare uso di un oggetto: significa poter entrare in relazione con un oggetto che adesso percepisco come
separato da me, che quindi in termini kleiniani è un oggetto totale, con una sua personalità, con una sua
individualità e non al mio servizio. Saper usare un oggetto significa saper entrare in relazione con un oggetto
che percepisco come separato da me, con dei propri bisogni.
Per compiere tale passaggio e arrivare a usare un oggetto io devo percepire che l’oggetto sta fuori da me e
questo richiede che io posso distruggere l’oggetto nella mia mente ma l’oggetto resta lì, non muore in realtà.
Questa è la riparazione secondo Winnicott.
Se la madre non sopravvive agli attacchi del figlio e reagisce, il bambino deve fare i conti con una realtà
esterna aggressiva, che gli impedisce di percepire la propria distruttività e di trasformarla in una fantasia
inconscia.
In questo caso la distruttività diventerà un suo tratto caratteristico e porterà a una estrema inibizione di ogni
impulso e creatività.
Quindi rispetto alla concezione classica della natura pulsionale dell’aggressività, Winnicott propone una
lettura dei comportamenti aggressivi come vitali.
Winnicott non usa più il termine depressivo, poiché questo sembra indicare che i bambini debbano
attraversare una fase di “malattia dell’umore”, al contrario evidenzia gli aspetti di sanità di questa conquista
evolutiva.
Winnicott si discosta dall’idea kleiniana di un Edipo precoce, ritenendo che il bambino sia in grado di avere
una relazione triadica solo dopo aver conquistato la relazionalità con un altro oggetto come intero, essendo
quindi passato per la capacità di preoccuparsi per l’altro e prendersene attivamente cura negli scambi
interaffettivi.
FALSO SÉ:
Winnicott approfondisce i termini di falso sé e vero sé.
Il falso Sé di Winnicott deriva da un rapporto primario madre – bambino insoddisfacente, quindi da una
madre che non ha risposto in maniera soddisfacente ai bisogni del bambino.
Non si parla di bisogni fisiologici, ma piuttosto dei bisogni di crescita, di onnipotenza, di creazione e
distruzione dell’oggetto.
La madre non sufficientemente buona interrompe bruscamente l’onnipotenza soggettiva del bambino,
tarpandone le ali e impedendo la crescita del vero sé.
È in questo modo che si forma il falso sé, un sé privo di energia soggettiva, fatto di accondiscendenze, non
creativo, senza spinta.
Il verò sé invece è quello nato dal normale superamento dell’onnipotenza soggettiva, la quale rimane come
base del vero nucleo della personalità, la fonte di energia dalla quale si sviluppano gli aspetti periferici della
personalità.
Il vero sé è la fonte di gesti e bisogni spontanei, non in risposta all’aspettativa altrui. Nei pazienti può
nascondersi o essere atrofizzato. Il vero sé tenta disperatamente di affermarsi.
In altre parole è l’ambiente a doversi adattare ai bisogni del bambino. Se ciò non avviene sarà il bambino a
doversi adattare all’ambiente e per fare ciò deve “conformarsi” creando un sé che non è reale e che ha
anche il compito di proteggere il vero sé dall’ambiente non “favorevole”.
Per Winnicott tutti noi abbiamo un falso sé. Questo falso sé media con la realtà esterna.
È un po’ come il Super – Io freudiano ma il falso sé è solo adattivo.
IMPINGEMENT NON TRAUMATICO:
Winnicott parla di urti da parte dell’ambiente. Questi urti possono essere traumatici o meno.
A) Se tutto va bene abbiamo un individuo isolato e grazie alla non intrusione materna l’individuo è libero di
scoprire il proprio ambiente e scoprendo il proprio ambiente poi interiorizza parte dell’ambiente stesso
perché l’ambiente si è adattato a lui.
L’adattamento attivo dell’ambiente ai bisogni del bambino gli permette di tornare all’isolamento. Il bambino
fa un movimento spontaneo, scopre l’ambiente, senza perdere il Sé e poi lo prende dentro di sè (si crea un
legame tra sè del bambino e ambiente esterno).
IMPINGEMENT (URTO) TRAUMATICO:
Il bambino è isolato. L’ambiente fa una richiesta al bambino, urta il bambino. Il bambino non può fare altro
che reagire alla richiesta dell’ambiente e l’unico modo per difendersi da esso è tornare al suo stato di
isolamento.
In questo isolamento, il sè è di nuovo del tutto isolato dall’ambiente stesso.
Mancanza di adattamento, urto dell’ambiente che richiede una reazione. Nel momento in cui il bambino
reagisce all’ambiente tornerà all’isolamento ma il suo sè ,avendo dovuto reagire all’ambiente, viene
deformato dall’ambiente. Perdita del senso di Sé che può solo essere riacquisito tornando all’isolamento.
Relazionarsi implica perdita del Sé (deformare il proprio sè). Quindi implica la costruzione di un apparato
difensivo.
Il bambino ogni qualvolta che si muove, ha un movimento eccitato, la madre lo interpreta come aggressività
e punisce il bambino. Un urto è qualsiasi cosa che richiede una reazione dell’ambiente che nulla ha a che
fare con il sé del bambino. Pian piano il sé del bambino, che ha una naturale tendenza a essere agitato,
diventa sempre più quieto, diventa il bambino perfetto che sa che ogni sua attività