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3. I MODELLI INTERPRETATIVI DEL VOLONTARIATO
numerosi studi si sono concentrati sull’individuazione di determinanti e predittori del volontariato, percorrendo
principalmente due strade:
• da una parte si è cercato di motivare l’azione volontaria con fattori disposizionali, cioè legati alla personalità o
comunque a fattori strettamente connessi al volontario;
• dall’altra si è cercato di motivare l’azione volontaria con fattori situazionali, legati al contesto.
Oggi si ritiene necessario un approccio che li consideri entrambi.
I VOLUNTEER PROCESS MODEL
Il modello di Omoto e Snyder. La tesi centrale sostiene che è l’impegno in questo particolare tipo di attività che possa
apparire omogeneo nelle sue manifestazioni esteriori, ma rifletta in realtà processi motivazionali diversificati e
complessi. L’impegno nell’ambito del volontariato è un processo con risvolti personali, sociali e associativi, dal
momento che rispecchia e mobilita motivazioni, atteggiamenti, valori e norme ecc.
Il Volunteer Process Model (VPM) specifica caratteristiche psicologiche e comportamentali associate con ogni stadio e
si riferisce alle attività di volontariato a tre livelli di analisi: individuale, organizzativo e societario.
Lo stadio degli antecedenti fa riferimento alle caratteristiche personali del volontario, alle esperienze personali, alle
motivazioni e aspettative.
Una volta attivi, i volontari fanno esperienze che danno forma alle loro percezioni in merito a quanto fanno, a loro stessi
e a coloro con cui interagiscono. Questo stadio fa riferimento in particolar modo alle relazioni che si sviluppano tra il
volontario e gli assistiti.
Infine, l’interazione tra antecedenti ed esperienza influenza le conseguenze dell’impegno nell’ambito del volontariato.
Volontari che pensano di avere buone relazioni con le persone cui dedicano tempo e cura, o che ritengono di avere il
supporto di amici e familiari, sono più soddisfatti di altri.
Il Volunteer Process Model poggia dunque sull’assunto che l’investimento nell’azione volontaria avvenga in assenza di
pressanti e continuativi vincoli situazionali e che questa debba necessariamente avere forti antecedenti di tipo
disposizionale, in cui le motivazioni e i bisogni personali giocano un ruolo di primaria importanza.
Barbaranelli e colleghi distinguono l’efficacia in personale e collettiva, ossia quanto le persone si ritengono all’altezza
di affrontare con successo compiti che portano a un vantaggio personale o a vantaggio del gruppo. La soddisfazione per
la propria attività di volontariato deriva da una disposizione ad aiutare, dalla percezione della propria efficacia personale
e dell’efficacia collettiva, nonché dalla motivazione a impegnarsi nell’attività di volontariato perché l’attività ha
funzioni di sviluppo personale e professionale.
IL ROLE IDENTITY MODEL OF VOLUNTEERISM
A differenza del modello di Omoto e Snyder, il Role Identity Model of Volunteerism di Callero e Piliavin ridimensiona
l’importanza dei fattori disposizionali e accentua ulteriormente quella degli elementi situazionali. Tale modello è basato
sulla teoria dell’identità di ruolo di Piliavin, a parere della quale i comportamenti spesso soddisfano una funzione
simbolica di espressione-conferma dell’identità personale e sociale della persona, coniugata con la teoria del
comportamento pianificato.
Quest’ultima è una teoria generale del comportamento umano basata sull’ipotesi di una serie di relazioni fra
credenze, atteggiamenti, intenzioni, comportamenti e controllo comportamentale nella spiegazione di un
comportamento affettivo.
Alle variabili della Teoria del comportamento pianificato hanno aggiunto le seguenti variabili: la salienza del ruolo di
volontariato, il network relazionale connesso all’azione e l’abitudine al compimento dell’azione.
_L’IDENTITA’ SOCIALE E L’IDENTITA’ DI RUOLO_
Il termine identità sociale indica quegli aspetti del concetto di sé che derivano dalla conoscenza che una persona ha
delle proprie appartenenze di gruppo e dei sentimenti che tali appartenenze suscitano. Quanto il volontario percepisce se
stesso come membro dell’organizzazione di cui fa parte. L’identità di ruolo indica un oggetto sociale che rappresenta
una dimensione del Sé. Un individuo può assumere differenti identità in funzione dei distinti network relazionali in cui
è inserito. L’essere volontario va al di là del semplice fare volontariato e diventa parte della sua identità.
_LA TEORIA DELL’AZIONE RAGIONATA E LA TEORIA DEL COMPORTAMENTO PIANIFICATO_
La teoria del comportamento pianificato di Ajzen e Madden deriva dalla teoria dell’azione ragionata di Fishbein e
Ajzen. Quest’ultima è una teoria generale del comportamento umano basata sull’ipotesi di una serie di relazioni fra
credenze, atteggiamenti, intenzioni e comportamenti. Assume che il comportamento effettivo dipenda dall’intenzione di
adottare tale comportamento.
Il modello assume che gli atteggiamenti verso il comportamento dipendano dalle credenze relative alle conseguenze (in
termini di costi-benefici) dell’adozione del comportamento stesso (credenze comportamentali) nonché della valutazione
di ognuna di tali conseguenze.
La TRA suppone che il comportamento oggetto di studio sia sempre sotto il controllo delle persone.
IL SUSTAINED VOLUNTEERISM MODEL
Louise Penner ha proposto il Sustained Volunteerism Model, un modello che tenta l’integrazione del Volunteer
Process Model di Omoto e Snyder e del Role Identity Model of Volunteerism di Callero e Piliavin partendo dall’idea
che non possano essere considerati più importanti per l’azione volontaria i fattori disposizionali o quelli situazionali.
Penner cerca di integrare i due modelli sopra esposti sottolineandone la compatibilità più che non l’opposizione: i due
costrutti infatti mettono in luce aspetti diversi del processo del volontariato, che sono però ugualmente importanti e che
si influenzano reciprocamente.
Il Sustained Volunteerism Model si sviluppa in senso temporale, per cui la decisione di impegnarsi nel volontariato ha
avvio da antecedenti disposizionali, quali caratteristiche demografiche, credenze personali, personalità prosociale e
motivazioni quali pressioni sociali a compiere azioni di volontariato.
Il volontariato tende a instaurarsi un’identità di ruolo di volontario, elemento essenziale affinché l’impegno si mantenga
nel tempo, in quanto si sa che maggiore è l’impegno, più saliente diventa l’identità di ruolo del volontario e l’impegno
si mantiene nel tempo.
IL MODELLO DI MARK DAVIS
Un modello interpretativo del volontariato volto a rivalutare l’influenza di variabili di personalità è stato elaborato da
Davis.
A suo parere la personalità ha un ruolo di rilievo nella decisione di impegnarsi in attività di volontariato e nella durata
della stessa. L’empatia è la tendenza a provare sentimenti di simpatia, compassione e interesse per le altre persone, lo
stress individuale, ansia, disagio sono variabili importanti quando si sceglie di svolgere una particolare attività di
volontariato.
Davis teorizza che vi siano alcune variabili di personalità che hanno maggior peso come antecedenti, altre che sono
fondamentali nel definire l’esperienza di volontario e altre ancora considerate quali conseguenze dell’intero processo.
Gli antecedenti sarebbero l’empatia, la percezione dell’intensità dell’attività e lo stress individuale.
IL MODELLO INTEGRATO DEL PROCESSO DEL VOLONTARIATO
Tanto la motivazione valoriale chiamata motivazione other-oriented, quanto la soddisfazione e l’integrazione con
l’organizzazione giocano un ruolo importante nella definizione dell’identità di ruolo di volontario.
Gli effetti emersi dal fare volontariato e il supporto da parte dei genitori, amici ecc possono influenzare l’identità del
volontario. Tale identità risulta essere il miglior predittore dell’intenzione a mantenere l’impegno per un lungo periodo
di tempo. Ricerca longitudinale su un campione di giovani adulti volontari, un campione di ex volontari. I risultati sui
partecipanti volontari supportano l’ipotesi che è la sola motivazione other-oriented, combinata con l’integrazione e la
soddisfazione rispetto all’organizzazione, che si lega fortemente all’identità di ruolo di volontario. Ciò non avviene per
gli effetti derivati dal volontariato e per il supporto. L’identità di ruolo di volontario è cruciale nella decisione e nel
desiderio di continuare a fare volontariato.
IL THREE-STAGE MODEL OF VOLUNTEER’S DURATION
Un sesto modello del volontariato è stato proposto dall’equipe spagnola diretta da Chacòn. Il modello denominato dei
“tre stadi” si propone di sintetizzare il pensiero di Penner e di integrare tra loro i modelli di Omoto e Snyder e di
Callero e Piliavin.
I volontari, a parere di Chacòn, sono gli unici in gradi di predire il proprio impegno nell’ambito del volontariato.
Teorizzano che l’intenzione a continuare a essere un volontario è il miglior predittore dell’effettiva durata dell’azione di
volontariato.
Studiando un campione di 300 giovani volontari appartenenti a 20 diverse organizzazioni di volontariato, ipotizzano che
l’intenzione a continuare a fare volontariato a breve (6 mesi), medio (1 anno) e lungo termine (2 anni) ha variabili
predittrici differenti. La soddisfazione è il miglior predittore dell’intenzione a breve termine, l’impegno organizzativo a
medio termine e l’identità di ruolo a lungo termine.
VERSO UN NUOVO MODELLO
Possiamo distinguere una prima generazione di modelli:
• il Volunteer Process Model di Omoto e Snyder (AIDS);
• il Role Identity Model of Volunteerism di Callero e Piliavin (donatori di sangue-volontariato alla persona);
e i modelli di seconda generazione:
• il modello di Davis (educativo-assistenziale);
• il nostro modello integrato del volontariato (volontariato giovanile alla persona in Italia);
• il Three-Stage Model of Volunteer’s Duration di Chacòn, Vecina e Davila (volontariato in Spagna);
e possiamo considerare il modello teorico di Penner come una sorta di spartiacque tra modelli a prevalenza situazionali
o disposizionali e modelli che cercano di integrare queste due posizioni.
Ogni modello ha contribuito a spiegare il fenomeno del volontariato in un determinato contesto culturale e in maniera
specifica rispetto a un tipo particolare di volontariato.
Al di là delle specificità, questi modelli fanno riflettere su 4 macrocate