Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
(ICF)
Per promuovere il benessere del bambino occorre non solo conoscere le difficoltà e le
limitazioni legate alla condizione di disabilità, ma soprattutto le risorse e le potenzialità.
Fino ai primi anni 2000, la valutazione clinica veniva fatta riferendosi alla Classificazione
Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap (ICDH) elaborata
dall’OMS nel 1980 che considerava la patologia come causa della disabilità e fonte di
erano realizzati con l’obiettivo di limitare o
disagio personale. Di conseguenza, gli interventi
guarire la patologia.
Nel 2001, l’OMS ha prodotto la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della
Disabilità e della Salute (ICF) che ha introdotto importanti e sostanziali cambiamenti:
ICF sottolinea immediatamente l’attenzione riservata alla salute e al
1) la denominazione
funzionamento e l’accento posto sul benessere fisico, psicologico e sociale;
2) l’ICF sostituisce alla logica sequenziale che caratterizzava la precedente classificazione
malattia alla menomazione, alla disabilità e all’handicap), una logica circolare basata
(dalla
sulla considerazione delle interazioni tra le componenti biologiche, individuali e sociali.
L’ICF considera la natura dinamica e circolare di quattro componenti:
1) funzioni (funzioni mentali, sensoriali, scheletriche, ecc.) e strutture corporee (sistema
nervoso, cardiovascolare, apparato digerente, ecc.);
2) attività (esecuzione di un compito);
3) partecipazione (coinvolgimento nelle situazioni di vita);
4) fattori ambientali (ambiente fisico e sociale in cui il soggetto vive).
L’ICF, enfatizzando il funzionamento piuttosto che la malattia, può essere applicato a
chiunque.
La disabilità viene considerata una condizione di salute in un ambiente sfavorevole ed è una
condizione dinamica, che si inserisce in un percorso di funzionamento della persona che
può sperimentare un decremento nello stato di salute e quindi una disabilità.
Nel 2007, l’OMS ha formulato l’ICF-CY specifico per bambini e adolescenti fino ai 18 anni.
7
Tra il 2009 e il 2012 sono stati numerosi i momenti di formazione proposti in tutto il Paese
relativamente l’ICF-CY.
I principali cambiamenti che derivano dall’introduzione dell’ICF-CY sono:
● esso configura un modello e un linguaggio comuni sulla base dei quali viene
agevolato il confronto tra tutti gli attori coinvolti nei progetti di inclusione dei soggetti
con disabilità;
● la lettura del modello, almeno nelle sue linee essenziali, è abbastanza semplice e
quindi è possibile condividere le modalità di compilazione del profilo di
funzionamento anche con coloro, tipicamente i genitori, che non conoscono l’ICF-CY;
● l’utilizzo del modello permette un confronto alla pari tra tutti gli attori coinvolti e
agevola l’integrazione delle conoscenze e degli apporti di operatori di settori diversi
che lavorano sullo stesso utente;
● l’ICF-CY focalizza l’attenzione sul soggetto nella sua globalità, considerando sia la
disabilità sia il funzionamento;
● più innovativo riguarda la considerazione dell’importanza della relazione tra
il fattore
la persona e il suo contesto di vita. Il soggetto, da incapace, diventa persona che non
riceve aiuti adeguati per esprimere le proprie potenzialità. Egli non è direttamente
responsabile delle situazioni che vive e che lo circondano, sono coloro che
condividono il suo ambiente che devono chiedersi se il loro atteggiamento è
facilitatore o ostacolo per il benessere della persona.
L’introduzione dell’ICF-CY ha suscitato diverse reazioni:
1) alcuni sono interessati allo sviluppo delle potenzialità insite in questa classificazione;
2) altri sottolineano le difficoltà di apprendere come usare lo strumento;
3) altri ancora dubitano che il maggiore sforzo per adeguarsi all’applicazione del nuovo
strumento, sia compensato da un aumento nel benessere dei soggetti disabili e dei loro
familiari.
Il Profilo descrittivo di funzionamento e il Progetto multidisciplinare
Il Profilo descrittivo di funzionamento e il Progetto multidisciplinare sono redatti usando la
classificazione ICF-CY.
Il Profilo descrittivo di funzionamento sia composto da due parti:
● prima parte - Contiene la descrizione quali-quantitativa della patologia, in modo da
consentire di comprendere in modo chiaro il livello di compromissione delle quattro
componenti considerate dall’ICF-CY e deve essere compilata dal servizio sanitario;
● Contiene l’indicazione delle attività e delle partecipazioni
seconda parte - e deve
essere compilata dai soggetti che si occupano della cura e dell’educazione della
persona. 8
Il Progetto multidisciplinare deve indicare le azioni da svolgere allo scopo di favorire
l’inclusione scolastica del soggetto, concordate dagli operatori dei diversi ambiti coinvolti
(sanitario, sociale, scolastico, ecc.).
La redazione di Profili descrittivi e Progetti multidisciplinari è spesso vissuta come pratica
burocratica e non come momento di condivisione di sguardi professionali diversi in vista di
un miglioramento del benessere del soggetto.
Consideriamo sinteticamente come si legge un profilo di funzionamento.
Una parte è dedicata alle componenti attività e partecipazione che vengono messe in
relazione alla presenza o meno di fattori ambientali. Ogni voce viene definita attraverso tre
quantificatori:
● Quantificatore Capacità: indica il livello più alto di funzionamento senza assistenza;
● Quantificatore Performance 1: indica cosa l’individuo è in grado di fare con l’aiuto di
ausili nel suo ambiente;
● Quantificatore Performance: indica cosa l’individuo è in grado di fare con l’aiuto di
ausili e l’assistenza da parte di altre persone nel suo ambiente.
Per ogni quantificatore si fa riferimento a una scala che prevede i punti da 0 a 7.
Le situazioni che si possono osservare sono sintetizzate nella seguente tabella.
9
L’esperienza genitoriale nell’epilessia: dal supporto psicologico alla promozione
3 -
del benessere (di Giorgio Rezzonico e Marco Bani)
L’epilessia è un disturbo neurologico che esordisce normalmente entro l’adolescenza e che
si caratterizza per gli attacchi improvvisi, spesso violenti, caratterizzati da movimenti
involontari e perdita di coscienza.
In Italia, l’epilessia è una malattia che ha un impatto significativo sul sistema socio-sanitario
nazionale.
La terapia è prevalentemente farmacologica e i pazienti che non rispondono ad essa devono
imparare a convivere con le crisi epilettiche.
La diagnosi di epilessia dà inizio a un processo di adattamento alla patologia e di
ricostruzione dell’equilibrio personale, familiare e sociale.
Considerando l’età media del soggetto a cui viene diagnosticata l’epilessia, è evidente che
sono i genitori coloro che devono affrontare in primis le implicazioni della malattia. Addirittura
inizialmente sono i genitori, più dello stesso bambino, a dover sopportare le conseguenze
più pesanti.
Il ruolo della famiglia nella gestione della malattia
La diagnosi di epilessia provoca spesso nell’ambiente sociale e familiare del paziente un
atteggiamento iperprotettivo.
L’ansia dei genitori è acuita dalla incompletezza delle informazioni sulla malattia e le
difficoltà di gestione della patologia si ripercuotono sullo stile genitoriale che diventa spesso
rigido e nervoso.
Confrontando famiglie con figli epilettici con famiglie con figli sani, si è osservato che nelle
prime si registrano peggiori rapporti genitori-figli, una peggiore qualità della vita e maggiori
livelli di sofferenza. Tali constatazioni si ripetono anche nel confronto con genitori di figli
affetti da altre patologie croniche.
E’ spesso la madre a vivere le difficoltà maggiori, perché è generalmente la figura di
riferimento principale per la gestione della patologia, ma anche i padri fanno registrare alti
livelli di ansia.
Si genera spesso un circolo vizioso tra la depressione della madre e la qualità della vita del
figlio: l’aggravarsi della prima peggiora la seconda e così via.
Inoltre si osserva che il benessere generale dei pazienti è compromesso indipendentemente
dalla frequenza delle crisi epilettiche.
Attualmente non sono operativi servizi specializzati nel supporto psicosociale a famiglie con
minori affetti da epilessia. 10
Ne deriva che, per ottenere risposta ai propri dubbi, le famiglie ricorrono prevalentemente ai
servizi sanitari. nell’epilessia
Psico-educazione
Si è osservato che l’ansia genitoriale è legata al livello di informazione sulla malattia, quindi
un adeguato intervento psico-educativo volto a rendere consapevoli i genitori delle
caratteristiche e delle conseguenze dell’epilessia, contribuisce in modo evidente a ridurre
l’ansia.
Questi interventi devono essere indirizzati anche a coloro che operano nei contesti scolastici
e lavorativi frequentati da soggetti affetti da epilessia (docenti, compagni, colleghi, allenatori
sportivi, ecc.) che possono dover intervenire in caso di crisi improvvise.
Attualmente, le informazioni relative all’epilessia sono numerosissime e facilmente reperibili,
ma spesso sono complesse. E’ necessario elaborare materiali informativi precisi, ma
semplici da comprendere.
Alcuni studi hanno evidenziato come, anche tra i pazienti, sia limitata la conoscenza
dell’epilessia, con il rischio di generare atteggiamenti stigmatici e senso di inadeguatezza.
Lo stigma associato all’epilessia è di poco inferiore a quello associato all’AIDS e di molto
superiore a quello associato al diabete.
Un ponte tra intervento clinico e promozione del benessere
Due sono le possibilità di intervento a sostegno dei malati di epilessia e dei loro caregiver:
1) intervento clinico diretto ai genitori che manifestano ansia o depressione evidenti;
2) intervento preventivo centrato sui mediatori del benessere personale, quali, ad esempio,
la percezione di autoefficacia e di autostima.
Nel 2010 il reparto di Neurologia dell’ospedale Buzzi di Milano, in collaborazione con
un’associazione Onlus, ha elaborato una proposta psicosociale in tema di trattamento
dell’epilessia.
Si tratta di un servizio che si basa sulla stretta collaborazione tra équipe medica e
psicologica, a cui possono accedere gratuitamente le famiglie con maggiori difficoltà.
In tema di prevenzione, sono stati attivati interventi di Parent Training indirizzati a piccoli
gruppi, che presentano le seguenti caratteristiche:
1) l’attività in gruppo facilita la condivi