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BOX 2: IL LESSICO PSICOLOGICO:
Con l’espressione “lessico psicologico” si intende un insieme di termini che fanno riferimento a stati mentali come intenzioni,
desideri, pensieri, emozioni.
La presenza del lessico psicologico viene considerata come un importante precursore della TOM, poiché implica la
consapevolezza che sia se stessi che gli altri possiedono stati interni non direttamente osservabili che stanno alla base delle azioni
e dei comportamenti manifesti.
Oggi l’attenzione dei ricercatori si è concentrata sulle differenze individuali tra bambini. Alcune ricerche mostrano che i
bambini più popolari, che presentano maggiori competenze sociali, sono anche quelli che ottengono punteggi più
elevati in prove di comprensione delle emozioni. Allo stesso modo, i bambini che hanno l’opportunità di discutere con i
genitori delle emozioni provate o di farlo a scuola con le educatrici diventano emotivamente più competenti.
In generale, un aspetto molto importante è dato dai modi in cui i bambini fin da piccoli vengono “socializzati alle
emozioni”.
COMPETENZA EMOTIVA E COMPORTAMENTO PRO – SOCIALE:
Come evidenziano molti studi, la competenza emotiva si caratterizza per essere un antecedente e un correlato di
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abilità sociali, dal momento che esprimere, regolare e comprendere la natura e le cause delle emozioni consente di
essere efficaci negli scambi e nelle relazioni sociali, appropriandosi della cultura emozionale tipica dei contesti in cui si
vive.
L’esperienza emotiva nasce nella relazione con l’altro e il termine “empatia” contiene in sé il senso della
partecipazione emotiva alle vicissitudini dell’altro. Hoffman definisce “empatia” la risposta affettiva alla situazione
dell’altro, basata sull’attivazione di processi psicologici che fanno sì che una persona abbia sentimenti più consoni alla
situazione di un’altra persona piuttosto che alla propria. Sono state utilizzate varie espressioni per indicare l’empatia
(es. contagio emotivo, distress empatico, perspective taking), mettendo in rilievo il fatto che la risposta empatica,
caratterizzata allo stesso tempo da aspetti cognitivi ed emotivi, si evolve dal semplice contagio emotivo e
dall’emozionalità parallela, alla più matura emozionalità reattiva, che rappresenta la vera forma di empatia che
richiede la valutazione del punto di vista altrui e che promuove la messa in atto di comportamenti pro – sociali e di
aiuto. Prima dei due anni, i bambini non sono in grado di differenziare sé dall’altro e, pur prestando attenzione alla
sofferenza altrui, la possono condividere solo in modo involontario (empatia embrionale).
A partire dai 2 anni emmezzo si assiste invece a una forma di empatia indotta dagli stimoli espressivi altrui grazie alla
capacità dei bambini di oggettivare il sé e valutare l’emozione come proveniente da un altro separato e diverso da sé.
Tuttavia, solo con la comparsa dell’identificazione sincronica il bambino riesce a immedesimarsi nella situazione altrui.
Le ricerche recenti si sono occupati di studiare il rapporto tra esperienza empatica e comportamenti pro – sociali.
In generale, le condotte pro – sociali vengono definite come azioni dirette a beneficiare qualcuno senza trarne un
immediato vantaggio. Esistono vari tipi di comportamento pro – sociale. Thompson e Newton distinguono in:
comportamenti di aiuto strumentale, fornire informazioni, condividere oggetti, confortare e comportamenti di aiuto
altruistico, in cui il soggetto rinuncia chiaramente a qualcosa di personale a favore dell’altro.
BOX 3: È POSSIBILE MIGLIORARE LE CAPACITÀ EMPATICHE NEI BAMBINI?
Feschbach e colleghi hanno messo a punto l’”Empathy Training Program”, finalizzato a incrementare le capacità empatiche dei
bambini di scuola primaria attraverso alcune attività volte a incentivare la capacità di riconoscere e discriminare gli stati affettivi
altrui, l’assunzione del punto di vista dell’altro e la capacità di rispondere affettivamente alle emozioni altrui.
Il “Roots of Empathy” è un programma ideato in Canada per promuovere l’empatia e ridurre le condotte aggressive dei bambini di
scuola primaria, attraverso un supporto fornito agli educatori per incrementare la loro conoscenza sullo sviluppo dei bambini nei
primi anni di vita.
Negli anni ’90 è stato messo a punto il progetto “Skills for life”, per migliorare il benessere psicosociale di bambini e adolescenti
promuovendo le abilità di gestione delle relazioni sociali e le capacità di regolazione delle proprie emozioni.
Si è così diffusa la consapevolezza che programmi educativi pensati ad hoc potrebbero sempre più essere realizzati nei contesti
educativi extrafamiliari, dove i bambini passano molte ore della loro giornata in interazione con i pari.
Il nido rappresenta quindi un istituzione dove potenziare le emergenti capacità dei piccoli.
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CAPITOLO 3: LA SOCIALIZZAZIONE EMOTIVA IN FAMIGLIA E NEI CONTESTI EXTRA – FAMILIARI:
INTRODUZIONE:
Un soggetto è emotivamente competente quando è in grado di attivare comportamenti adeguati alle convenzioni del
contesto in cui vive ed efficaci per il suo equilibrio emotivo. Non esistono quindi condotte emotive universalmente
giuste o sbagliate.
Il costrutto di “socializzazione emotiva” si riferisce al processo di trasmissione intergenerazionale dei significati e delle
conoscenze sulle emozioni, in linea con i modelli validi in una determinata società e realtà culturale.
La socializzazione non è un processo a senso unico, attraverso cui l’adulto semplicemente addestra il bambino ai
contenuti e agli oggetti socio – culturali di riferimenti. Al contrario essa ha una natura bidirezionale e interattiva: il
bambino infatti decodifica, organizza e interiorizza le informazioni provenienti dall’ambiente, appropriandosi dei
modelli sociali attraverso il filtro della propria interpretazione e rielaborazione soggettiva, diventando così
emotivamente competente.
Questo processo avviene in maniera costante e spesso inconsapevole.
CHE COSA VIENE SOCIALIZZATO?
I contenuti della socializzazione emotiva consistono nell’insieme di esperienze e significati attribuiti agli eventi emotivi,
influenzati dalle credenze e dai valori del contesto culturale. Secondo Cigala e Corsano, attraverso le interazioni
quotidiane cui il bambino partecipa sono socializzati diversi saperi sulle emozioni: i significati degli eventi che
accadono (“quello che è successo ha fatto arrabbiare il papà”), le modalità di espressione emotiva (“quando il papà è
arrabbiato non parla più”), le regole di esibizione che indirizzano la manifestazione emotiva e le condotte in un dato
contesto (“il papà è arrabbiato ma non lo fa vedere”) e le modalità per regolare lo stato interno (quando il papà è
arrabbiato mangia una caramella per stare meglio).
Nello specifico, i contenuti della socializzazione motiva riguardano le tre principali componenti della competenza
emotiva:
1) espressione: i genitori propongono modelli espressivi, forniscono esempi di esibizione per ciascuna emozione ed
esempi di emozioni appropriate in vari contesti.
2) regolazione: nei processi di socializzazione emotiva si trasmettono informazioni sulle strategie di regolazione che
orientano nell’attivare le condotte comportamentali più adeguate al contesto.
3) comprensione delle emozioni: attraverso l’osservazione di come i genitori manifestano le emozioni i bambini
apprendono i nessi tra determinate situazioni e le emozioni correlate.
COME AVVIENE LA SOCIALIZZAZIONE EMOTIVA?
La socializzazione emotiva può avvenire in modo diretto o indiretto, a seconda del grado di intenzionalità con cui
viene proposta. Si tratta comunque di un continuum e non di una semplice dicotomia.
- socializzazione indiretta: non sottende un’esplicita e deliberata intenzione di insegnamento o di trasmissione di
contenuti sulle emozioni. Rientrano in questa categoria il riferimento sociale (fenomeno in base al quale i bambini
usano le espressioni facciali degli adulti come fonti di informazione e guida per il loro comportamento in situazioni
nuove o ambigue) e l’imitazione.
- socializzazione diretta: comprende le strategie di tipo verbale e non verbale intenzionalmente finalizzate a regolare
l’espressione emotiva del bambino o a trasmettere conoscenze precise sulle cause e le modalità di regolazione
emotiva.
Rientrano in questa categoria le strategie di minimizzazione (es. se il bambino ha paura di una mosca, l’adulto può
dire “ma non puoi avere paura di una mosca che è più piccola di te. Semmai è lei che deve avere paura di te”), le
strategie di disapprovazione (es. se il bambino dice una parolaccia quando è arrabbiato, l’adulto interviene dicendo
che dirle non aiuta ma offende e basta) e le strategie di incoraggiamento di particolari espressioni affettive (es. “sei
felice che sono tornata? Allora forza abbracciami!”).
La socializzazione emotiva avviene attraverso tre forme, che si collocano lungo un continuum che va da modalità
indirette e meno consapevoli a modalità dirette e più intenzionali:
a) modeling: consiste nell’apprendimento imitativo
b) contingency: le reazioni e le risposte dei genitori alle emozioni dei bambini costituiscono un feedback di grande
importanza, capace di condizionarne l’espressività emotiva, l’apprendimento delle regole di espressione e la
comprensione delle emozioni.
c) coaching: i genitori e in generale le figure educative rivolgono ai bambini veri e propri insegnamenti in merito alle
emozioni.
Occorre poi specificare che credenze, obiettivi e valori che i genitori più o meno consapevolmente attribuiscono
all’esperienza, all’espressione e alla regolazione delle emozioni, concorrono all’apprendimento emotivo. Genitori
diversi possono avere obiettivi diversi riguardo l’educazione emotiva dei figli: per esempio alcuni minimizzeranno o
ignoreranno le emozioni negative espresse dai figli, mentre altri possono essere convinti che i figli debbano
sperimentare qualsiasi tipo di emozione e quindi permetteranno ai loro figli di misurarsi con un repertorio di emozioni
più sfaccettato.
Di particolare importanza sono le credenze, ossia l’insieme di pensieri, opinioni e convinzioni circa come comunicare
le emozioni al proprio figlio. Queste credenze guidano i comportamenti e gli atteggiamenti, influenzando lo sviluppo
emozionale dei bambini. Si differenziano due tipi: una è più adeguata e una meno adeguata.
1) emotion coaching: l’adulto o il genitore tende a validare le emozioni del bambino, a rispecchiarle, co