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il nodo della cravatta.
3. Ricalcare il tono della voce: non è necessario né consigliabile imitare
perfettamente, ma farlo con buona approssimazione avvicinando
gradualmente la gravità e la velocità del proprio tono a quelle dell’altro.
4. Ricalcare il linguaggio: per es. inserire nella propria conversazione il maggior
numero di parole, frasi e immagini che loro stesse utilizzano, adattando
anche lo stile e il livello di comunicazione (per es. tecnicismi che l'altro non
conosce).
5. Ricalcare le opinioni: non opporsi immediatamente alla convinzione dell'altro,
e soprattutto non dichiarare che sono in errore, la conseguenza più probabile
è un atteggiamento di difesa. Occorre trovare un punto d'accordo su cui
costruire la propria posizione, poi spostarsi verso le aree di disaccordo e
fraintendimento. E' molto più facile muoversi da un accordo a un accordo,
che da un disaccordo a un accordo.
La natura stessa favorisce il fenomeno del ricalco: due persone che sono in
rapporto da lungo tempo assumono modi di camminare, parlare e muoversi simili.
Guidare
Quando hai creato rapport con un'altra persone, è pronta a seguire la tua guida.
Ricalcare è fare qualcosa di simile all'altra persona, guidare è fare qualcosa di
diverso. Se l'obiettivo è semplicemente andare d'accordo con l'altra persona,
ricalcare è sufficiente, ma se il fine è persuaderla allora occorre guidarla.
occorre prima testare il rapport: per es. a livello non verbale, sincronizzandosi sul
linguaggio corporeo (posizione assunta), rispecchiarla per un breve tempo, poi
cambiarla e vedere se l'altro risponde al cambiamento.
Nota bene:
Se la persona si oppone alla guida, è meglio tornare a ricalcare e aspettare
nuove occasioni per guidare.
Se un nostro comportamento non produce buoni risultati, è meglio
interromperlo.
Evitare di ricalcare opinioni in forte contrasto con le nostre
Evitare di ricalcare gli atteggiamenti di chiusura
occorre allenarsi al ricalco finché non diventerà spontaneo
Il rapport con se stessi
A volte si ha bisogno di rafforzare e convincere se stessi, o sbarazzarci
dell'autocritica negativa.
il dialogo interiore negativo: quando sentiamo il nostro dialogo interiore negativo
occorre fermarlo e toglierci da questa spirale negativa, per es. dicendo STOP! nella
nostra mente non appena lo si sente (interrompe il dialogo interiore negativo e dà
l'opportunità di fermarlo). In secondo luogo occorre affrontarlo parlando
direttamente tra sè e sè in termini positivi.
Passaggi:
1. consapevolezza: acquisire consapevolezza di come parliamo a noi stessi (per
es. pessimismo). Spirale negativa: non sono bravo a fare questa cosa, non lo sono
mai stato, non lo sarà mai.
2. discussione: contestare la convinzione sottostante:
- raccogliendo prove del contrario (gli aspetti positivi della nostra vita)
- creando alternative alla convinzione (forse quello che è successo non è sfortuna,
ma ha altre cause)
- determinando l'inutilità della convinzione
COMPRENDERE COME GLI ALTRI COMPRENDONO
Si percepisce la realtà attraverso i 5 sensi, che rappresentano 5 porte d’ingresso
delle informazioni dirette al nostro cervello. La mente conscia gestisce l’apertura di
queste porte separatamente e una alla volta, a seconda della situazione e di cosa
ci interessa in quel momento. La mente inconscia invece lascia tutte e 5 le porte
aperte in continuazione e in contemporanea. Ciascuno di noi percepisce in maniera
più acuta e profonda ciò che arriva attraverso una specifica porta, che è più aperta
delle altre e da cui riceve percezioni a un livello quantitativo maggiore.
Ciascuno di noi ha in ogni momento una modalità percettiva dominante che si
definisce sistema rappresentazionale (modalità percettiva con cui processiamo le
informazioni). Quando si entra in contatto con una persona per la 1° volta,
probabilmente penserà in uno dei tre sistemi: internamente genererà certe
immagini visive, proverà certe sensazioni, parlerà a se stessa udendo certi suoni.
La percezione (e di conseguenza la memoria) si divide in visiva, uditiva,
cinestetica.
Ognuno ha dei canali percettivi prevalenti. È molto raro che una persona sia
totalmente visiva, uditiva o cinestetica, ma c’è una porta principale che fa
passare la maggior parte delle percezioni, un’altra porta in modalità secondaria e
una terza che rimane socchiusa.
1. Visivo: vede il mondo per immagini, usa molti termini e avverbi che
appartengono al canale visivo, postura molto eretta, sguardo all’orizzonte,
muove molto le mani come se disegnasse concetti per aria (gestualità
descrittiva), parla molto velocemente, non cura di come pronunciano le
parole, si sforza di attribuire immagini alle parole (metafore visive). Gli
occhi guardano in alto, nel vuoto, senza una precisa direzione come se
guardassero un punto indefinito.
2. Uditivo: sguardo più basso, movimenti armoniosi legati tra loro come il
suono (quasi da direttore d’orchestra), tono della voce armonioso e
variegato, muove le mani a tempo con le parole. Gli occhi guardano in
basso a sx o lateralmente alle orecchie.
3. Cinestesico: fisiologia e postura più ricurve, fa attenzione al viscerale, voce
fonda, le parole escono lentamente, si servono di metafore tratte dal
mondo fisico, pause molto lunghe, la gestualità va dal’esterno verso il
proprio corpo (anche auto contatto), spalle rilassate. Gli occhi guardano in
basso a dx.
Per entrare in sintonia…
Ad un visivo si può dire: immagina che tu possa vedere il mio punto di
- vista, vedo il punto del tuo discorso, questa idea mi sembra buona, ora
voglio avere un’immagine generale, il mio punto di vista è.
Ad un uditivo: ascolta quello che ti sto dicendo, dimmi di nuovo cosa
- intendi, questa idea mi suona bene
Ad un cinestesico: senti quello che sto provando, ho capito il senso del
- discorso, sento che questa è una buona idea, non riesco ad afferrare il
concetto
Es. di distorsioni: ‘lui non ascolta mai quello che dico’; ‘lei non mi guarda nemmeno
quando parlo’; ‘non è coinvolto emotivamente’.
Occorre identificare le modalità percettive di chi ci parla, facendo attenzione alle
parole, frasi, immagini che usa. Non è sempre così immediato. Quando si usa la
modalità percettiva dell’altro, questo ci ascolterà più facilmente. A volte si interpreta
come resistenza una reazione dell’altro che invece significa semplicemente che
non si è riusciti a comunicare in un modo che per lui ha senso.
Nella cultura occidentale, per la maggioranza delle persone la modalità prevalente
è quella visiva, seguita da quella uditiva. Quasi tutti hanno accesso a tutte le
modalità, a volte le usano tutte, ma esiste una predisposizione inconscia.
Bisognerebbe sviluppare la 3° porta, ossia quella meno utilizzata, per ampliare il
prorpio patrimonio di capacità.
IDENTIFICARE LE STRATEGIE DECISIONALI
Le persone adottano procedimenti (generalmente inconsci) per prendere una
decisione. Alcuni esaminano ogni alternativa plausibile, altri hanno bisogno solo di
2-3 alternative, altri vogliono l’opinione di terzi, altri vogliono scegliere da soli. In
genere siamo tutti creature abitudinarie: una volta sviluppata una strategia
decisionale, si tende a rimanere in quello schema.
Occorre raccogliere più informazioni possibili su come quella persona prende in
genere le decisioni, per es. in passato decisioni simili. Una volta conosciuto come
la persona prende le sue decisioni, si saprà come fare in modo che le interessi
prendere in considerazione la nostra idea, presentando la nostra idea in modo che
si addica ai suoi processi. Occorre prendere in considerazione tutti questi fattori:
- modalità percettiva dominante
- quantità delle informazioni necessarie per prendere la decisione
- numero di alternative
- appoggio di terzi
- quantità di tempo necessaria per prendere la decisione
GESTIRE LA RESISTENZA
La resistenza di un’altra persona è qualcosa che abbiamo generato noi, per occorre
considerarlo un nostro problema. Il primo passo è accettarla, il secondo è cambiare
il nostro comportamento e fare qualcos’altro.
Occorre partire da una condivisione, anche solo di una piccolissima parte, della
posizione dell’altro che condividiamo sinceramente. In questo modo non si è più
uno opposto all’altro, ma entrambi dalla stessa parte per affrontare il problema.
GESTIRE LE OBIEZIONI
1. accetta e usa l’obiezione: dietro l’obiezione c’è sempre energia che si può
utilizzare e reindirizzare verso il nostro obiettivo
2. esprimi accordo con la sensazione: se è impossibile essere d’accordo con
l’idea, si può però condividere lo stato d’animo (riconoscere il sentimento)
3. esprimere curiosità e interesse: così si può portare l’altro ad elaborare
l’obiezione o addirittura a modificarla
4. parafrasa l’obiezione: tattica della parafrasi consente di sviluppare l’idea
5. ristrutturare l’obiezione: occorre saper assumere il punto di vista dell’altro per
sentire ciò che sente lui e poi procedere a ristrutturare la percezione dell’altra
persona in modo che veda la situazione in modo diverso = condividere la sua
cornice di riferimento consentendo il nascere di qualcosa di nuovo
GESTIRE LA RABBIA
Ogni volta che qualcuno ti attacca, è il caso di gestire prima la rabbia e l’ostilità
dell’aggressore, piuttosto che il contenuto dell’attacco. Un errore consueto che si
commette è cercare di difendersi. Se l’interlocutore ha già perso il controllo
emotivo, qualsiasi cosa può essere interpretata come contrattacco.
Il primo passo è neutralizzare colui che attacca, mettersi in linea con la sua energia
e in seguito reindirizzarla, in due modi possibili: esprimere accordo col contenuto o
confermare il sentimento (‘forse ha ragione’, ‘se fossi nella tua posizione, mi
sentirei allo stesso modo’ = neutralizza l’energia che sta dietro l’attacco e permette
di reindirizzarla verso una modalità risolutiva del problema).
Se la rabbia è molto intensa, che non ci consente di dire nulla, occorre lasciarla
scaricare, assorbendo l’energia con calma e imperturbabilità. Poi quando si è
calmato, bisogna entrare in accordo con lui e reindirizzarla.
Sintomatologia
L'interlocutore, per un qualunque motivo, ha perso il c