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LITIGARE FA BENE
Il litigio è nella sua natura un modo di stare insieme e vivere le proprie contrarietà. Litigare
è un aspetto fisiologico e sostanziale delle relazioni tra bambini. Gli adulti si trovano in
genere spiazzati di fronte a questo fenomeno, non sanno come gestirlo e mettono in atto
metodi correttivi (raramente coercitivi come in passato) basati sull’idea che i bambini
sbagliano a litigare e gli adulti devono intervenire a sistemare le cose = sono sistemi
inefficaci. Il litigio offre la possibilità di cavarsela da soli.
La stessa pedagogia moderna continua a segnalare come sgradevole il litigio infantile,
preferendo l’armonia e la cooperazione alle forme di reciprocità contenenti dissapori.
Il principale contributo degli adulti nei conflitti dei bambini è sempre stato quello di cercare
il colpevole, individuarlo e se impedirgli di replicare il misfatto.
Con questo metodo (litigare bene = LB) gli adulti scoprono che litigare fa bene ai bambini,
insegna a sbrigarsela d asoli, a capire che ci sono punti di vista ≠, che nella vita non conta
prevalere sugli altri ma avere interessi comuni e sviluppare intelligenza creativa.
Vantaggi del metodo maieutico LB:
La violenza è una cosa che fa male ma il conflitto si può affrontare
In un litigio il punto di vista dell’altro è importante x avere chiara la situazione
Ci si può far rispettare senza danneggiare gli altri
Un accordo si può sempre trovare
Essere amici vuol dire anche poter avere contrasti
Rinunciare non vuol dire perdere ma spesso trovare qualcosa di più interessante
I genitori hanno bisogno di ritrovare la giusta distanza nelle relazioni, allentando
l’interventismo (il bambino si aspetta regolarmente l’intervento dell’adulto, si attiva x attirare
sistematicamente l’attenzione dell’adulto proprio su quelle questioni emotive e psicologiche
alle quali l’adulto è più sensibile).
Es. bambini che oltre i 6 anni dormono ancora nel lettone: i genitori devono favorire la giusta
distanza coi figli, consolidare la loro privacy e autonomia.
L’interventismo dell’adulto è anche il risultato della nuova famiglia affettiva, che investe
tanto nella relazione coi figli, ma che ha necessità di operare un distacco emotivo dalle
situazioni x non venire risucchiata dai continui battibecchi infantili. I nuovi genitori sono
moderni, informati, se ne intendono un po’ di psicologia, seguono programmi tv e libri
dedicati, si confrontano con gli altri, ma spesso la coppia post-autoritaria è ancora più in
difficoltà; x la nuova famiglia che punta alla felicità dei figli più che al loro controllo è tutto
più complicato; sono spesso genitori iperapprensivi, iperemotivi, iperaffettuosi dove il
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conflitto apapre come qualcosa che non deve accadere. .
La soglia di tolleranza emotiva dei genitori rispetto ai litigi dei bambini dipende dai propri
vissuti e varia da persona a persona. Il conflitto infantile è capace di attivare il tasto dolente
dei genitori, che spesso risale ai vissuti della propria infanzia: esso è costituito da strutture
int, una sorta di condensato emotivo e psicologico, appartenente agli strati più profondi della
memoria e che si è originato da eventi incapsulati nella nostra vita infantile (es. di tasti
dolenti: senso di abbandono, gelosie, paure, scarso riconoscimento, mancata
comunicazione).
In qualsiasi relazione umana il ricorso alle urla è segno di debolezza e fragilità emotiva,
segnala perdita di controllo. Se le urla provengono dai genitori, il bambino avverte una
sensazione di pericolo, sentono che il bambino sta perdendo il controllo della situazione,
avvertono la sua debolezza, viene minacciato i, rapporto di fiducia.
Strategie inefficaci:
Genitore inesistente: “devi capire che…”. Si basa sulla convinzione che la
spiegazione sia sufficiente a capire ciò che è giusto/sbagliato
Madre addolorata: “la mamma ci resterà molto male”, tema della sofferenza che il
litigio produce. L’armonia che si vorrebbe fra fratelli deriva dall’errata convinzione x
cui la relazione solida esiste solo in assenza di conflitto, senza considerare che
proprio perchè ci sono affettività/relazione esiste la possibilità di divergenza
Il padre puntiglioso: intervento quasi manageriale, si impegna a spiegare in modo
meticoloso ai figli le regole a cui attenersi
Figlio in time out: bambino collocato in un angolo a riflettere. Si presuppone una
competenza introspettiva che non possiede. L’allontanamento non può che essere
vissuto come una punizione, quindi difficilmente riesce a stimolare qualche
cambiamento
Cartelli: bigliettini x casa che indicano le regole (attribuisce ai bambini un’eccessiva
capacità introspettiva, alcuni comportamenti infantili nascono da motivazioni int
estremamente forti e difficili da controllare)
Alcune situazioni pregiudizievoli in partenza:
Essere più grandi: è già in partenza un deficit perché implica necessariamente avere
una colpa > in un litigio
Essere femmina: aspettativa di “brava bambina” (morbida, accondiscendete,
tranquilla) 3
L’ideale del bravo bambino è un mito irrealizzabile. L’idea della famiglia come luogo di
affetto, armonia nasce nel 900 insieme al movimento pedagogico, sociale e politico che
concentra la sua attenzione sui bambini e conduce al passaggio a una relazione privata coi
figli (vissuti come promessa di felicità). Da qui il mito del bravo bambino (vedi nella
letteratura Giannetto, Cuore, Pinocchio, origini della precettistica di 800/900). Il bravo
bambino non piange, non strilla, non litiga.
Le punizioni non sono necessarie x tutta l’infanzia, anzi generano nel bambino un
pericoloso senso di inferiorità che può accompagnarli x tutta la vita. L’alternativa sono le
regole educative (principi organizzativi, non comandi), x funzionare devono avere 3 criteri:
Chiarezza: la regola funziona se dà indicazioni ben definite (un h x dormire, x la tv,
modalità di stare a tavola, procedure igieniche)
Realismo: pertinente all’età dei figli
Condivisione: se gli adulti di riferimento sono d’accordo
Chi litiga non è cattivo, anzi ogni bambino ha bisogno di litigare, è necessario e benefico.
L’idea che la convivenza si fondi sull’assenza di conflitto è profondamente errata oltre che
irrealistica. Il litigio è occasione di conoscenza, imitazione, reciprocità, scoperte, sviluppo di
capacità autoregolative. Da qui la convinzione di un’educazione centrata sulla
stigmatizzazione della litigiosità come elemento di colpa, errore: è proibito litigare e se
accade serve l’adulto che intervenga e punisca il colpevole.
Bullismo
Etichetta applicata in modo poco pertinente a situazioni disparate: vandalismo, episodi di
litigiosità infantile e incontinenza emotiva. Definizione di bullismo di Dan Olweus:
comportamento vessatorio verso un sog più debole, incapace di difendersi, x un periodo
prolungato di t con l’intenzione di fargli del male (3 precise caratteristiche: dannosità –
intenzionalità – continuità temporale). Un bambino nella 1° infanzia non possiede le
competenze mentali x essere un bullo (l’intenzionalità sadica di fare del male, l’efferatezza
perpetrata nel t).
Il conflitto x sua natura si pone su un piano relazionale e le relazioni, quando sono vitali,
sviluppano conflitti: anche nella mitologia greca la dea Armonia era figlia di Marte (dio
guerra) e Afrodite (dea amore). Il termine violenza indica un’azione, +/- premeditata, che
sospende la relazione e prevede di risolvere rapidamente il problema eliminando
l’avversario. 4
Violenza Conflitto
Danneggiamento intenzionale Contrasto, contrarietà, divergenza,
dell’avversario con presenza di danno opposizione, resistenza critica (no
irreversibile psicofisico dannosità irreversibile)
Volontà di risolvere il problema Intenzione di affrontare il problema
eliminando chi porta il problema stesso mantenendo il rapporto
Eliminazione della relazione come Sviluppo della relazione possibile anche se
soluzione semplificante e unilaterale faticosa e problematica
La possibilità x i bambini di vivere e interagire con coetanei in situazioni di contrarietà,
oppositività, difficoltà è preziosa e fondamentale x imparare strategie di interazione e
controllo alternative a violenza. L’eccesso di protezione con l’adulto che impedisce, blocca
o risolve il litigio è dannoso.
Il modo in cui i bambini intendono i loro litigi è ben ≠ dal vissuto di difficoltà e fastidio avvertito
dai genitori. Infatti spesso fanno di tutto x non essere intercettati mentre litigano; x es. il
litigio tra fratelli è fisiologico, quasi un modus vivendi.
I litigi nascono inevitabilmente dallo scontro fra 2 posizioni che puntano ad affermarsi,
rappresentano una forma di conoscenza di sé e proprie possibilità e di conoscenza di se
stessi nel contesto di una limitazione: la presenza di un coetaneo che pone lim alla mia
volontà attiva importanti meccanismi di regolazione reciproca ed esplorazione fondamentali
x imparare e misurarsi con la realtà degli altri.
Il litigio è occasione x i bambini x strutturare l’area dell’affermazione di sé e della regolazione
reciproca.
L’incontro fra bambini porta inevitabilmente allo scontro fra egocentrismi che lascia delusi e
frustrati; questa frustrazione però costringe a ridimensionare il senso di onnipotenza.
Vivere un’atmosfera a-conflittuale, dove si fa finta che tutto vada bene e che i problemi non
esistono contribuisce a dare al bambino meno strumenti mentali x superare le difficoltà.
I bambini litigano con coetanei verso cui mostrano interesse, il litigio è un respingersi solo
apparente, in realtà segnala un bisogno di vicinanza.
Come evidenziato da Piaget, fino a 7 anni il pensiero infantile ha carattere preoperatorio,
fortemente orientato alla contingenza e sensorialità, incapace di elaborare le conseguenze
delle proprie azioni (reversibilità).
Il metodo LB 5
Autori a cui s’ispira il metodo LB:
Danilo Dolci: matrice educativa improntata alla logica della maieutica
Montessori: aiutami a fare da solo
L’obiettivo del metodo è aiutare i più piccoli a utilizzare da subito le loro risorse e
competenze senza inutili sovrapposizioni. È fondamentale che come tutte le scelte
educative sia condiviso da entrambi i genitori (è necessario che i genitori parlino fra loro di
educazione, dedichino del t alle questioni educative non solo quando sorgono prob