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L’URBANIZZAZIONE
L’urbanizzazione si traduce in due manifestazioni differenti:
- La crescita e lo sviluppo dei grandi centri urbani esistenti.
- La comparsa e l’estensione, lungo le vie di comunicazione, che il demografo francese Le
Bras chiama “filamenti urbani” . Ovvero quel processo di ramificazione che
(rurbanizzazione)
salda tra loro le città e che fa si che oggi passiamo da una città all’altra senza mai
abbandonare il paesaggio urbano.
Di conseguenza, è impossibile analizzare le megalopoli o le città più importanti senza tenere conto
di ciò che le lega alla rete mondiale.
Non è più possibile, dunque, pensare alle grandi città senza considerare la loro rete di aeroporti,
stazioni ferroviarie e autostazioni.
Le reti
La presenza di queste reti origina un importante movimento demografico, motore di tensioni
città\campagna, nord\sud che vanno a confluire all’interno della città:
- Da un lato, il mondo diventa una città.
- Dall’altro, la città, la grande città, rappresenta un mondo.
E se il mondo-città è l’ideale, l’ideologia del sistema globalizzante, la città-mondo incarna al
contrario tutte le contraddizioni e le tensioni storiche generate da questo sistema.
LE IMMAGINI E I MESSAGGI DA CUI SIAMO COSTANTEMENTE CIRCONDATI GENERANO IN
NOI VERI E PROPRI EFFETTI DI ACCECAMENTO
Viviamo in un mondo filtrato da immagini che ci inducono a credere che esiste soltanto ciò che da
esse è filtrato.
E questa predominanza del linguaggio spaziale è in qualche modo lo sviluppo dell’opposizione
globale\locale.
Esclusione
- Aspetto fisico dell’esclusione : Questo concetto sottende indubbiamente l’esistenza di un
interno e di un esterno.
- Esclusione in senso sociologico , un’esclusione sociale: all’interno dei paesi ricchi c’è chi
non beneficia o beneficia poco di ricchezza.
Ci sono perciò individui che pur non essendo esclusi in senso strettamente geografico,
appartengono a quelli che con un eufemismo molto significativo, vendono chiamati quartieri
disagiati , quartieri di periferia.
(banlieue)
E questa forma di ghettizzazione si traduce nell’immaginario collettivo nell’idea di un gruppo, di
una massa di persone in grado di incarnare potenzialmente una minaccia.
Termini per il fenomeno
- Cité : qui si trovano a vivere prevalentemente gli immigrati di seconda generazione. E’ una
sorta di città parallela a fianco della città che incarna la sconfitta dell’urbanistica, della
politica economica e del sistema scolastico.
- Emarginato : colui che è sconfitto dal sistema, che non vi si adatta.
(Egli sarà emarginato anche in senso geografico oltre che sociale: vive ai margini della città, nelle
.
periferie, nelle banlieue)
- Clandestino
: condizione di chi lavora senza denunciare la propria presenza.
La forza lavoro dei clandestini è utile a certe imprese perché incarna una sorta di
delocalizzazione sul posto.
Tre aspetti importanti
1. Il rovesciamento dello stigma : nomi, parole, segni vengono assegnati a qualcuno che non
ha la minima intenzione di riconoscersi in quel dato simbolo.
2. Il desiderio di consumo indotto dall’immagine.
3. La microcultura : la banlieue è piena di giovani, e può capitare che questi giovani non si
identifichino né nelle loro remote origini né nel loro paese acquisito. In questi casi si creano
degli effetti di iperlocalizzazione che ha risvolti culturali tra cui per esempio il rap.
LA MOBILITA’ (sociale)
Il problema della ghettizzazione
La ghettizzazione si è tradotta in una duplice divisione:
- Una divisione nel tempo, vale a dire il divario generazionale tra figli che avevano accesso
all’istruzione e genitori impossibilitati a rappresentare per loro il supporto.
- Una divisione nello spazio, la ghettizzazione vera e propria.
Contro questo fenomeno occorre rimettere le cose in movimento, occorre dare modo ai ragazzi
inseriti nel sistema scolastico di sfruttarlo, di emergere.
L’esempio di Roland Castro:
Architetto figlio del Sessantotto, non molto tempo fa ha proposto, in quanto candidato alla presidenza della
Repubblica, di trasferire nelle banlieue tutti i ministeri e i luoghi simbolici del potere, compreso l’Eliseo,
adibendo gli spazi rimasti vuoti ad alloggi popolari.
Un tentativo di praticare una mescolanza sociale in senso geografico e di decentrare Parigi, di edificare una
grande Parigi attraverso il decentramento dei luoghi del potere.
La conquista dello spazio
E’ stata la conquista dello spazio a determinare il trionfo dell’etnografia.
E l’oggetto ideale di questa conquista è il comune.
Nuovi oggetti
Attraverso l’approccio localizzato, così definito da Bromberger, e analizzato da Fabre, alcuni
etnologi notarono che nuovi oggetti andavano imponendosi alla loro attenzione, nuovi oggetti che
si situavano in uno spazio-tempo diverso.
Per loro è più ampiamente dei rapporti fra spazio e alterità che bisogna oggi trattare per mettere in
evidenza qualcuna delle contraddizioni della nostra modernità.
Spazio e alterità
si può cercare di chiarire l’uno attraverso l’altra a partire da due realtà spaziali in contrasto ma
complementari:
- Quella del luogo antropologico in cui l’identità, le relazioni e la storia di quelli che lo abitano
si iscrivono nello spazio;
- Quella del non-luogo, in cui non si lasciano cogliere né l’identità, né la relazione, né la
storia, e che mi sembrano specifici dell’epoca contemporanea.
L’etnologo raccoglie informazioni da entrambe queste realtà, cercando così di non ridurre
l’individuo e il sociale alla conseguenza di una cultura che lo spazio simbolizzato del territorio
etnico condensa e materializza.
Certamente non ne consegue che gli etnologi abbiano delle buone ragioni per disinteressarsi alle
simbolizzazioni.
Perché è un dato di fatto che tutte le società, per definirsi tali, hanno simbolizzato, marcato,
ordinato lo spazio e il tempo.
Comunque sia questa simbolizzazione dello spazio, se costruisce una identità, è sempre in
opposizione a un’alterità esterna e in funzione di un’alterità interna.
L’ Alterità
L’alterità di cui si occupano i sistemi rituali è multipla.
- L’alterità completa , quella dello straniero al quale si attribuiscono tutte le tare di cui si nega
la presenza nel nostro paese.
- L’alterità interna , l’alterità sociale, prodotto di un sistema di differenze istituite: il sesso, per
esempio.
- L’alterità intima , che attraversa la persona di ogni individuo, che è per definizione
composito. L’alterità e l’identità non sono concepibili l’una senza l’altra (in un rapporto di
.
correlazione)
Il corpo individuale stesso è uno spazio abitato nel quale non cessano di giocare le
relazioni di identità e alterità.
Surmodernità
La surmodernità appare quando la storia diventa attualità, lo spazio immagine e l’individuo
sguardo.
Essa verrebbe definita da tre figure dell’accesso:
1. Eccesso di tempo
: la storia ci sembra non avere senso perché accelera e si avvicina. Il
nostro proprio passato individuale si iscrive, non appena vissuto, nella storia.
2. Eccesso di spazio : abbiamo la sensazione di essere coinvolti da ciò che nello stesso
momento accade all’altro capo della Terra. I media ci proiettano istantaneamente dall’altra
parte del mondo.
3. Eccesso di individualismo : ognuno di noi è l’oggetto esclusivo dello sguardo di colui o di
colei che si rivolge a noi dal piccolo schermo .
(Vodafone: “tutto intorno a te)
Queste tre figure dell’eccesso appartengono a paesi che sono ancora lontani dal potersi dire
“moderni”, cioè aperti alle differenze e alle loro conseguenze.
E danno forma a un paradosso e a una contraddizione:
- Aprono ogni individuo alla presenza degli altri, corrispondono a una circolazione più.
- Fanno ripiegare l’individuo su se stesso, rendendolo testimone piuttosto che attore della
vita contemporanea.
E’ nei non-luoghi che le tre figure della surmodernità risultano particolarmente leggibili:
- La storia vi si riduce all’informazione.
- Il restringimento dello spazio, evidente in modo particolare negli aeroporti.
- L’utilizzatore dei non-luoghi, ridotto alla sua funzione di passeggero, di consumatore o di
utente, vi prova una forma particolare di solitudine.
Il paradosso della surmodernità è al suo culmine: nei non-luoghi nessuno si sente a casa
propria, ma non si è nemmeno a casa degli altri.
Non-Luoghi
Luoghi e non-luoghi corrispondono a spazi molto concreti, ma anche ad atteggiamenti che degli
individui hanno con gli spazi in cui vivono e che percorrono.
E Il non-luogo:
- Lo spazio degli altri senza la presenza degli altri, lo spazio reso spettacolo.
- Luogo legato a fenomeni contemporanei subiti da una parte importante dell’umanità, i migratori.
Da qui campi di rifugiati, campi di transito, insediamenti diventati spazio residuale in cui si trovano i
senza-tetto e i senza-lavoro di origine diverse, che hanno tutti un punto in comune: corrispondono
alla perdita del legame sociale che si iscriveva in un luogo.
La crisi dello spazio
L’importante non è di sapere se i luoghi si ricompongono in questi non-luoghi, se vi si ricreano
delle solidarietà: è già evidente questo, la sopravvivenza passa da qui.
Bisogna invece prestare attenzione al fatto che, più che altrove, il provvisorio dei non-luoghi è
percepito come definitivo.
Nello sguardo occidentale nutrito dai media le nozioni di immigrato, rifugiato e accampamento
sono divenute tanto evidenti quanto quelle che non molto tempo fa costituivano le tassonomie:
urbani e rurali, sedentari e nomadi.
In un’epoca in cui si obbligano i nomadi alla sedentarietà, è proprio la categoria del luogo che salta
e che, con questo, rende più difficile il concepire l’altro.
Questa è una crisi dello spazio e una crisi dell’alterità: Oggi la categoria dell’altro si è offuscata,
certo, ma ciò non vuol dire che il razzismo o lo spirito di classe siano scomparsi. Si potrebbe anzi
suggerire che, al contrario, per l’offuscarsi dei segni, questi possono conoscere espressioni
particolarmente aspre. Non riuscendo a pensare l’altro, si costruisce lo straniero.
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