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COMMISURAZIONE,ESECUZIONE,ESTINZIONE.
La sistematica delle pene nell'ordinamento italiano.
All'interno della categoria delle pene, si possa individuare quattro sottocategorie:
1. Pene principali;
2. Pene sostitutive delle pene detentive;
3. Pene derivanti dalla conversione delle pene pecuniarie;
4. Pene accessorie.
A queste classi di pene si aggiunge una serie di altre conseguenze giuridiche della
condanna, che legislatore designa come effetti penali della condanna. Centrale e
preliminare all'analisi del sistema sanzionatorio, è l'individuazione delle funzioni della
pena, cioè delle funzioni che la pena può legittimamente assolvere nel nostro
ordinamento.
Le pene principali: tipologia e caratteri.
Pene principali sono l'ergastolo, la reclusione, la multa, all'arresto e l'ammenda, alle
quali si aggiungeva la pena di morte, è eliminata definitivamente anche dal diritto penale
militare di guerra nel 1994. Ulteriori pene principali sono la reclusione militare per i
reati militari, e per i reati attribuiti alla competenza del giudice di pace la permanenza
domiciliare e lavoro di pubblica utilità.
La scelta di abolire la pena di morte è stata compiuta dal legislatore italiano tra il 1944 e
il 1948, e successivamente ribadita nel 1994, interessando le leggi militari di guerra. Due
anni dopo la totale estromissione della pena di morte del diritto italiano interno si
registra inoltre un'importante sentenza della corte costituzionale che ha dichiarato
l'illegittimità di una norma del codice di procedura penale dove lasciava aperta la
possibilità per l'Italia di concedere l'estradizione per i reati per i quali l'ordinamento
dello Stato richiedente prevede la pena di morte: tale possibilità era subordinata alla 251
condizione che lo Stato richiedente o offrisse sufficienti garanzie che la pena di morte
non sarebbe stata eseguita. L'opzione abolizionistica dell'Italia si inquadra in un Pagina
panorama internazionale nel quale la pena di morte vede progressivamente restringer i
propri spazi. All'inizio del nuovo millennio o, oltre la metà dei paesi del mondo ha
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abolito la pena di morte, di diritto o di fatto. Una decisiva spinta verso l'abolizione della
pena di morte nell'ordinamento per lei è venuta dal sesto protocollo della convenzione
europea sui diritti dell'uomo, che prevedeva la possibilità di conservare la pena di morte
del sono tempo di guerra o di imminente pericolo di guerra. L'arco di tempo nel quale i
paesi europei hanno optato per l'abolizione della pena di morte è assai di ampio. La
grande maggioranza delle esecuzioni avviene in Cina, seguita da Iran e Iraq e infine dagli
Stati Uniti d'America. Alle spalle di tre Stati autoritari,un civilissimo stato di democrazia
liberale, che si propone per altri versi come portabandiera dei diritti umani, è
caratterizzato, da una storia sulla pena di morte complessa e carica di contraddizioni.
Dopo una fase in cui il movimento abolizionista, sembrava destinata prevalere,1
tendenza s'inverte nel 1976 con la ripresa dell'esecuzione della pena di morte e la sua
reintroduzione in una serie di ordinamenti statali da quel momento il numero delle
esecuzioni capitali cresce a dismisura. Anche se più recenti sondaggi registrano una lieve
flessione tra i fautori della pena capitale, il favore dell'opinione pubblica americana per
la pena di morte rimane un fattore di grande rilievo nelle competizioni politiche che si
svolgono in quel paese, ad ogni livello. non meno significativo, d'altra parte, delle
esecuzioni capitali siano spesso accompagnate da manifestazioni pubbliche, che,
all'esterno dell'istituto, esprimono entusiastico assenso. Simili atteggiamenti
dell'opinione pubblica non sono minimamente scalfiti da quanto segnala da tempo la
dottrina pluralistica, a proposito dell'assenza di qualsiasi verifica empirica per l'ipotesi
che assume la pena di morte come il più efficace strumento per la prevenzione generale
del reati più gravi. Aveva visto giusto, dunque, Cesare Beccaria, quando contestando
l'inutilità della pena di morte, osservava che meglio di una pena terribile ma istantanea
agisce come deterrente una pena che duri nel tempo; mettendo in evidenza come la pena
di morte possa suscitare compassione per il condannato è facilmente generi la
percezione di una giustizia ingiusta; aggiungeva che la minaccia della pena di morte,
anziché sensibilizzare il rispetto del bene della vita, lo svaluta, per la contraddizione che
intercorre tra il divieto di uccidere e la minaccia della pena di morte; infine mettere in
guardia contro il pericolo che la pena di morte potesse essere inflitta nei confronti di un
innocente.
Le pene principali si caratterizzano per essere inflitta dal giudice con la sentenza di
condanna. Le pene principali, ad eccezione di quelle previste per i reati di competenza
del giudice di pace, assolvono alla funzione di identificare i reati, distinguendoli da ogni
altra categoria di illeciti. Descrivendo la tipologia delle pene principali, il legislatore
fornisce inoltre il criterio per distinguere tra delitti e contravvenzioni: ergastolo,
reclusione, multa sono le pene principali per i delitti; arresto e ammenda per le 252
contravvenzioni. Pagina
Quanto al bene sul quale incidono, libertà personale patrimonio, si distingue tra pene
detentive o restrittive della libertà personale, e pene pecuniarie. Sul bene libertà
personale incidono anche le nuove pene principali della permanenza domiciliare e del
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lavoro di pubblica utilità: si tratta di pene sono limitative, e non privati, della libertà
personale. LE PENE DETENTIVE
1. L’ERGASTOLO.
l'ergastolo è previsto per alcuni delitti contro la personalità dello Stato, contro
l'incolumità pubblica e contro la vita; e si ambito di applicazione si è dilatato per effetto
della progressiva sostituzione alla pena di morte. In caso di concorso di reati ex articolo
73 comma 2, l'ergastolo si applica anche quando concorrono più delitti, per ciascuno dei
quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a 24 anni.
Contenuti.
La pena dell'ergastolo, secondo l'articolo 22, è perpetua. Il carattere di perpetuità della
privazione della libertà personale risulta tuttavia profondamente eroso, dall'articolo 176
nell'attuale versione, introdotta dalla legge 10 ottobre 1986,n. 663, che prevede infatti
che li condannato all'ergastolo la possibilità di essere ammesso alla liberazione
condizionale quando abbia scontato almeno 26 di anni di pena.
Tale termine può essere ulteriormente abbreviato per effetto delle riduzioni di pena (45
giorni per ogni semestre di pena scontata) previste dall'articolo 54 dell'ordinamento
penitenziario quale riconoscimento della partecipazione prestata dal condannato
all'opera di rieducazione.
d'altro canto la riforma penitenziaria del 1986 enti ha contribuito a rimodellare
contenuti dell'ergastolo anche al di là dei profili che attengono alla liberazione
condizionale: ha infatti consentito che il condannato all'ergastolo possa essere ammesso,
dopo l'espiazione di almeno 10 anni di pena, è permessi premio, nonché dopo vent'anni
alla semilibertà. Anche nel computo di questi termini si terrà conto delle eventuali
riduzioni di pena: ne consegue che, nel caso in cui riduzioni di pena siano accordate per
l'intero periodo dell'esecuzione, il condannato potrà anche essere ammesso alla
semilibertà dopo 16 anni e 20 giorni ed ai permessi premio dopo otto anni e 10 giorni.
Allorché la condanna all'ergastolo sia stata pronunciata per i delitti di sequestro di
persona a scopo di terrorismo o di eversione o di sequestro di persona a scopo di 253
estorsione che abbiano cagionato la morte della vittima, il termine per l'ammissione del
condannato alla semilibertà è elevato a 26 anni effettivi. Pagina
Nel complesso si può affermare che anche la pena dell'ergastolo si ispira oggi all'idea
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della esecuzione progressiva, secondo la quale le modificazioni che intervengono negli
atteggiamenti sociali del condannato possono tradursi in un regime gradualmente
sempre più aperto. Per quanto riguarda il lavoro da prestarsi da parte del condannato
all'ergastolo, l'articolo 22 nel sottolineare carattere obbligatorio. Questa indicazione è
ribadita dall'ordinamento penitenziario in relazione alla generalità di condannati a pena
detentiva; nel contempo, negando lavoro qualsiasi carattere afflittivo e assumendo
invece quale elemento portante del trattamento, il legislatore si impegna attraverso
l'amministrazione penitenziaria ad assicurare il lavoro al condannato. La possibilità poi
di prestare lavoro all'aperto e ribadita dall'articolo 10 dell'ordinamento penitenziario.
Quanto al lavoro all'esterno, lavoro che si svolge cioè fuori dall'istituto di pena, alle
dipendenze di imprese pubbliche o private, ovvero nell'ambito di attività organizzata
dalla stessa amministrazione penitenziaria, o anche sotto forma di lavoro autonomo, il
condannato all'ergastolo vi può essere ammesso solo dopo che abbia scontato almeno
10 anni di pena. Dopo la riforma penitenziaria del 1985 gli stabilimenti destinati
all'esecuzione della pena, non sono più di ergastoli, bensì le cause di reclusione.
Problemi di legittimità costituzionale.
L'ergastolo è da tempo oggetto di seri dubbi di legittimità costituzionale:per il suo
carattere di perpetuità, escluderebbe a priori il ritorno del condannato nella società
entrando in aperto contrasto con il principio sancito dall'articolo 27 della costituzione.
La corte costituzionale però ha ripetutamente respinto questioni di legittimità di questo
tenore. Nella sentenza 264 del 1974, la corte costituzionale ha infatti affermato la
legittimità dell'ergastolo in relazione all'articolo 27, sulla base di un duplice ordine di
considerazioni: da un lato, negando che la funzione è fine della pena se solo
riadattamento delinquenti, dall'altro rilevando che l'istituto della liberazione
condizionale, ex articolo 176, consente il reinserimento dell'ergastolano nel consorzio
civile. Successivamente, nella sentenza 168 del 1994, la corte ha ribadito il proprio
orientamento, affermando che la pena dell'ergastolo attualmente non riveste più
caratteri del