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C) ULTERIORI CLASSIFICAZIONI DEI REATI SECONDO LA STRUTTURA DEL
FATTO
Un reato si dice consumato quando nel caso concreto si sono verificati tutti gli estremi del
fatto descritto nella norma incriminatrice; finché il reato non è giunto a consumazione,
potranno eventualmente ricorrere gli estremi di un tentativo.
I reati istantanei sono i reati nei quali,una volta che si è verificata la consumazione del reato,
è irrilevante che la situazione antigiuridica creata dall'agente si protrarrà nel tempo.
I reati permanenti sono i reati nei quali il protrarsi nel tempo della situazione antigiuridica
creata dalla condotta è rilevante, nel senso che il reato è perfetto nel momento in cui si realizza
la condotta ed eventualmente si verifica l'evento, ma il reato non si esaurisce finché perdura la
situazione antigiuridica.
Il reato abituale è un reato il cui fatto esige la ripetizione, anche ad apprezzabile distanza di
tempo, di una serie di azione od omissioni, con la conseguenza che un singolo atto del tipo
descritto nella norma incriminatrice non integra la figura legale del reato in questione (ad
esempio il delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli previsto dall'art.572 c.p).
I reati necessariamente plurisoggettivi sono quel reati in cui il fatto richiede come elemento
costitutivo il compimento di una pluralità di condotte da parte di una pluralità di persone:
- se la norma incriminatrice assoggetta a pena tutti i soggetti che intervengono nel reato, si
parla in questo caso di reati necessariamente plurisoggettivi in senso stretto, o di reati
necessariamente plurisoggettivi propri (ad esempio la bigamia).
- se invece la norma richiede una pluralità di condotte da parte di una pluralità di persone ma,
per le ragioni più disparate, assoggetta a pena soltanto alcune delle condotte che costituiscono il
fatto di reato, si parla di reati necessariamente plurisoggettivi in senso ampio, o di reati
necessariamente plurisoggettivi propri (ad esempio la ragione della non punibilità di qualcuno
dei concorrenti necessari risiede nel fatto che egli è il soggetto passivo del reato, come
nell'estorsione in cui si richiede che un soggetto usi violenza o minaccia e che un'altra persona
faccia o ometta qualcosa procurando così un ingiusto profitto all'autore della violenza o della
minaccia o a un terzo, cagionando un danno a se stesso o ad altri).
6. L'ANTIGIURIDICITÀ.
L'antigiuridicità esprime il rapporto di contraddizione tra il fatto e l'intero ordinamento
giuridico.
Si dà il nome di cause di giustificazione all'insieme delle facoltà e dei doveri derivanti da
norme, presenti in qualsiasi luogo dell'ordinamento, che autorizzano o impongono la
realizzazione di un fatto penalmente rilevante. Se il fatto è commesso in assenza di ogni causa
di giustificazione, il fatto è antigiuridico e costituirà reato se concorreranno gli altri estremi del
reato; se invece è commesso in presenza di una causa di giustificazione, il fatto è lecito e quindi
non costituisce reato perché viene meno l'elemento dell' antigiuridicità. In questo senso la
dottrina parla di efficacia universale delle cause di giustificazione.
La rilevanza oggettiva delle cause di giustificazione trova esplicito e vincolante
riconoscimento del codice penale. Dispone l’art. 59 c.p. che le circostanze che escludono la
pena (dunque anche le cause di giustificazione) sono valutate a favore dell’agente anche se da
lui non conosciute o per errore ritenute inesistenti.
Di regola chi concorre alla realizzazione di un fatto tipico commesso in presenza di una causa
di giustificazione non è punibile perchè concorre in un fatto lecito: concorrendo al fatto tipico,
concorre all’offesa del bene protetto; trattandosi però di un fatto giustificato, il partecipe
concorre anche al salvataggio di un bene più rilevante, ed è quindi logico che anche la sua
condotta sia considerata lecita.
In base a tali considerazioni l’art 119 c.p. dispone che le circostanze oggettive che escludono la
pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato ed è pacifico che tra le cause
oggettive di esclusione della pena rientrino le cause di giustificazione.
Fanno eccezione a questa regola le cause di giustificazione c.d. personali, cioè quelle che si
riferiscono soltanto a cerchie limitate di soggetti.
Cause di giustificazione e clausole di illiceità espressa
Talvolta singole norme incriminatrici contengono clausole di illiceità espressa: contengono cioè
termini come ingiusto, indebitamente, arbitrariamente che non contribuiscono a descrivere il
fatto penalmente rilevante, ma danno espresso rilievo alle cause di giustificazione previste
dall’ordinamento, la cui presenza nel caso concreto rende lecita la commissione del fatto
penalmente rilevante.
In entrambi i casi il termine ingiusto evoca espressamente l’eventualità che un fatto di
appropriazione indebita o di rapina sia invece finalizzato a conseguire un vantaggio giusto,
perchè ad esempio quel fatto sia commesso per legittima difesa.
L’erronea supposizione della presenza di cause di giustificazione
L’agente può credere erroneamente di agire in presenza di una situazione di fatto che se
esistesse nella realtà darebbe vita ad una causa di giustificazione riconosciuta dall’ordinamento.
Tale ipotesi è disciplinata dall’art 59 c.p., in base al quale se l’agente ritiene per errore che
esistano circostanze di esclusione della pena, dunque cause di giustificazione, queste sono
sempre valutate a favore di lui.
Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è
preveduto dalla legge come delitto colposo.
L’eccesso nelle cause di giustificazione
Se il fatto è commesso in presenza di una situazione che integra la previsione di una norma
scriminante, ma la condotta dell’agente eccede i limiti segnati da tale norma, si parla di eccesso
nelle cause di giustificazione.
Il codice penale disciplina espressamente l’eccesso colposo all’art. 55 c.p. quando nel
commettere alcuno dei fatti preveduti dagli artt 51,52,53,54 si eccedono colposamente i limiti
stabili dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le
disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto
colposo.
La colpa dell’agente può innanzitutto riguardare un’erronea valutazione della situazione
scriminante
(es. l’agente ha creduto di vedere nelle mani dell’aggressore un coltello che non c’era). La
colpa può inoltre radicarsi nella fase esecutiva della condotta, in particolare in un cattivo
controllo dei mezzi esecutivi che comporta un risultato più grave di quello voluto dall’agente.
Esula dalla sfera dell’art. 55 c.p. un errore che abbia per oggetto non la situazione ma la norma
scriminante, lasciando sussistere di regola la responsabilità per dolo
(es. se l’agente cagiona la morte dell’aggressore ben rendendosi conto che è in pericolo solo la
sua integrità fisica, ma ritenendo per errore che la legittima difesa non contempli il limite della
proporzione, risponderà di omicidio doloso).
Si tratta di eccesso doloso quando l’agente si sia rappresentato esattamente la situazione
scriminante, abbia pienamente controllato i mezzi esecutivi e abbia consapevolmente e
volontariamente realizzato un fatto antigiuridico che eccede i limiti della causa di
giustificazione.
Nessuna responsabilità penale sorge invece nel caso di eccesso incolpevole: quando cioè
l’errore in cui è incorso l’agente non sia dovuto a colpa, perchè non sarebbe stato evitato da
parte di un uomo ragionevole che si fosse trovato ad agire nelle stesse circostanze di tempo e
luogo.
LE SINGOLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
1) Il consenso dell’avente diritto . (art. 50 c.p. )
Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può
validamente disporne.
E’ una causa di giustificazione a portata limitata: possono essere giustificati solo i fatti
penalmente rilevanti che ledono o pongono in pericolo diritti individuali che le norme penali
proteggono nell’esclusivo interesse del titolare.
Sono disponibili in via di principio i diritti patrimoniali, a meno che l’oggetto del patrimonio
non soddisfi anche un interesse pubblico.
Disponibili son inoltre anche i vari diritti personalissimi. La disponibilità della libertà personale
incontra peraltro un limite di misura: il consenso è inoperante in relazione al delitto di
riduzione in schiavitù.
L’integrità fisica è illimitatamente disponibile quando l’atto di disposizione del corpo sia
funzionale alla salvaguardia della salute (asportazione di un organo malato). L’integrità fisica è
invece disponibile solo entro i limiti fissati dall’art 5 c.c. se l’atto di disposizione va a
svantaggio della salute del disponente
(consenso prestato per il trapianto da vivo a vivo).
Si tratta di un duplice ordine di limiti:
- quantitativi: gli atti di disposizione sono vietati quando cagionino una diminuzione
permanente dell’integrità fisica
- qualitativi: gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando siano altrimenti
contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.
Quanto al limite della diminuzione permanente dell’integrità fisica, non sarà superato quando il
consenso riguardi l’asportazione di parti del corpo autoriproducibili, sarà invece superato
quando riguardi un organo non autoriproducibile, anche se doppio, posto che la mancanza di
uno dei due organi comporta un permanente complessivo indebolimento della funzione
espletata dall’organo donato.
Al divieto degli atti di disposizione del corpo che comportino una diminuzione permanente
dell’integrità fisica ha derogato la legge 458/1967 che, in presenza di una serie di condizioni, ha
reso lecita la donazione di un rene, e la legge 483/1999 ha disposto in tal senso a proposito di
parti del fegato.
Quanto ai limiti qualitativi è irrilevante il consenso al prelievo di sangue in cambio di denaro.
Legittimato a prestare il consenso è il titolare del diritto,ovvero il suo rappresentante legale o
volontario. Quanto alla capacità a consentire, decisiva è la capacità naturale di chi presta il
consenso, cioè la maturità e la lucidità necessaria ad intendere l’importanza del bene in gioco e
a valutare l’opportunità del sacrificio.
Il consenso può