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Non è possibile effettuare distinzione alcuna tra diritti soggettivi e interessi legittimi nemmeno dalla
trattazione che di essi viene fatta in Costituzione (art. 24, 28, 113) perché non si ricavano elementi
utili per definire il rapporto che intercorre tra diritti economici e sociali.
Possiamo quindi integrare la catalogazione appena esposta affermando che le due fondamentali
posizioni giuridiche della nostra Costituzione formale risultano così definite:
- Diritti inviolabili della persona e libertà personali; libertà e diritti politici a tutela preventiva e
rafforzata;
- Diritti economici e diritti sociali, eventualmente qualificabili come interessi legittimi,
comunque tutelati alla stregua dei diritti soggettivi e, quindi, risarcibili, se illecitamente
danneggiati anche da atti della pubblica amministrazione.
NB: i diritti economici e sociali, siano essi qualificati come diritti o come interessi legittimi,
dispongono delle stesse forme di tutela giurisdizionale. Non è dunque possibile inferire dalla loro
eventuale diversa qualificazione un possibile rapporto di prevalenza.
I diritti sociali
La disciplina dei diritti sociali è contenuta nel Titolo II della Costituzione.
Questi vengono realizzati in tre forme fondamentali:
· Soddisfacimento a carico dello Stato (solo se i cittadini versano in uno stato di bisogno
incolpevole).
· Soddisfacimento a carico di un altro soggetto (es. datore di lavoro)
· Soddisfacimento a carico di associazioni mutualistiche di privati.
Il soddisfacimento a carico dello Stato è limitato e circoscritto solo a particolari categorie di
cittadini, cioè gli indigenti, i capaci e meritevoli e gli inabili al lavoro sprovvisti di mezzi di
sostentamento. Per questa ragione i diritti sociali, con le uniche eccezioni del diritto all’istruzione
(art 34) ed alla sanità (art 32),non hanno la caratteristica dell’universalità, in altre parole non tutti
possono usufruirne. Nei suddetti casi vi è da parte dello Stato una solidarietà politica. Negli altri
casi la soddisfazione dei diritti sociali è rimessa alla solidarietà civile.
Come ulteriore limite al finanziamento statale dei diritti sociali interviene l’articolo 81 della
Costituzione, che prevede che ogni legge che comporti nuove spese deve indicare i mezzi per farvi
fronte. Proprio per questa ragione lo Stato preferisce fare ricorso alle mutualità (art 45),
agevolandone l’attività con il riconoscimento e le esenzioni fiscali, ma senza provvedere
direttamente al suo finanziamento.
Riepilogando, quindi, lo Stato realizza i diritti sociali solo se residuano risorse sufficienti, altrimenti
li pone a carico di terzi, riconosce l’assistenza e l’istruzione privata, e non considera gli altri diritti
sociali totalmente universali, ma prerogativa solo di determinate categorie. Quindi anche questa
analisi ci porta a pensare di essere di fronte ad una costituzione democratico liberale.
La Tutela del Lavoro
La Costituzione, proclamando il lavoro come fondamento della Repubblica (art 1), non discrimina i
diversi tipi di lavoro dipendente o meno, ma discrimina il lavoro dal non-lavoro, e
conseguentemente il reddito da lavoro dalla rendita. Il lavoro, come dice l’art 35, è tutelato in tutte
le sue forme.
La tutela si realizza con il riconoscimento di istituti per l’assistenza e la sicurezza, con diritti non
derogabili dei lavoratori, e soprattutto con uno speciale assetto del mercato del lavoro a favore del
contraente più debole. Questo avviene perché il mercato del lavoro è imperfetto, cioè esiste una
diversa forza contrattuale delle parti.
Questo assetto speciale si realizza garantendo al lavoratore una retribuzione proporzionale al
lavoro svolto e comunque sufficiente ad assicurargli un’esistenza dignitosa, (art 36) e grazie ad un
complesso meccanismo di funzionamento istituzionale, basato su:
- La libertà di organizzazione sindacale (art 39)
- La contrattazione collettiva erga omnes (art 39)
- Il diritto di sciopero (art 40)
- Il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende (art 46)
L’articolo 39, nel suo complesso, contrasta con il principio generale di libertà contrattuale, poiché
estende gli effetti dei contratti collettivi anche a soggetti che non li hanno sottoscritti (erga omnes).
Quindi per evitare che i sindacati abusino di questo privilegio, sono state introdotte delle misure
antimonopolio incentrate sulla libertà sindacale e sull’ordinamento interno a base democratica.
L’unico obbligo dei sindacati è registrarsi presso gli uffici centrali o locali, ma possono registrarsi
solo a condizione che abbiano l’ordinamento democratico, altrimenti i contratti sottoscritti non
hanno alcuna validità, poiché solo i sindacati registrati hanno personalità giuridica.
Il sindacato, per poter contrattare, ricorre al diritto di sciopero (art 40), che però viene attenuato
dall’art 46, che prevede che i lavoratori debbano essere portati a conoscenza dell’andamento
dell’azienda, in modo da poter stabilire se uno sciopero potrebbe arrecare danni troppo gravi alla
posizione sul mercato, il che danneggerebbe sia il datore di lavoro che i lavoratori. Questo sistema
partecipativo, dove è stato usato (es. Germania), ha portato grandi vantaggi, ma in Italia è stato
notevolmente disatteso.
Il grande limite di questo equilibrio tra l’art 40 ed il 46, è che può essere utilizzato solo nel mercato
concorrenziale, dove, cioè, l’azienda è sottoposta al rischio di fallimento. Nelle situazioni di
monopolio legale o di fatto il diritto di sciopero deve essere regolato per legge.
Anche questo aspetto ci conduce verso un modello democratico liberale.
I Diritti economici
La Costituzione prende in considerazione i diritti economici essenzialmente nel titolo III (art.41-47).
Il sistema costituzionale prevede, accanto al libero mercato, eccezionalmente il monopolio, oppure
in alternativa l’autoproduzione. I tre elementi non sono posti sullo stesso piano. Il libero mercato è
previsto dagli art 41 e 42, costituisce la regola generale ed è la formula aggiornata della classica
“libertà di industria e commercio”, si tratta ossia dello scambio di diritti di proprietà. Il monopolio ha
carattere di deroga eccezionale al funzionamento del mercato, tale possibilità è attuabile solo a
determinate condizioni, e comunque sempre purché il legislatore non possa attuare soluzioni
alternative, come previsto dall’art 43. Infine l’autoproduzione destinata all’autoconsumo è, invece,
un sistema alternativo al mercato per la produzione di beni e servizi in quanto fa a meno
dell’intermediazione commerciale o addirittura del mercato e viene esplicitamente riconosciuta e
promossa dall’art 45.
Iniziativa economica (art 41, 1 e 2 comma)
L’art 41 sancisce, al primo comma, il principio che l’iniziativa economica privata è libera. Chiunque
può intraprendere una qualsiasi attività economica di produzione o distribuzione di servizi. Tale
libertà tuttavia presenta dei limiti, quali il rispetto delle altrui libertà (minimum ledere) e, come
stabilito dal 2 comma, deve svolgersi senza recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità
umana.
Le limitazioni all’iniziativa economica privata possono essere sia soggettive (ad esempio, requisiti
professionali) sia oggettivi (presupposti: rispetto di norme tecniche, di sicurezza dei luoghi e degli
impianti, delle procedure e delle caratteristiche del prodotto). Tali limitazioni possono dare luogo
all’esigenza di conformazione dell’attività che dovrà svolgersi in modo da eliminare eventuali
esternalità negative (ad esempio: localizzazione e rispetto della normativa urbanistica ambientale).
L’iniziativa economica privata può essere anche radicalmente esclusa, nel caso in cui si svolga in
contrasto con l’utilità sociale. Questa è una situazione estrema, l’esempio più adatto è quello dei
monopoli, con cui si arreca danno ai clienti ed agli utenti obbligati poiché, nella ricerca della
massimizzazione del profitto, non si incontrano i limiti della competizione. Solo in questi, ed in altri
casi di fallimento del mercato, è possibile intervenire con soluzioni radicali come l’espropriazione,
ma solo a condizione che non esistano soluzioni alternative meno violente. Lo Stato può decidere
di espropriare, non è costretto.
Attività economica (art 41, 3 comma)
Nel momento in cui l’iniziativa privata si realizza, dinamicamente diviene attività economica, (art
41, 3 comma).
L’attività economica, essendo uno sviluppo dell’iniziativa, è altrettanto libera di essere esercitata,
quindi non può essere assolutamente impedita o ostacolata, ma solo indirizzata e coordinata
tramite programmi e controlli.
La norma indicata inoltre non fa distinzione tra attività economica privata e pubblica, mentre la
libertà di iniziativa riconosciuta è solo privata. Da ciò si può trarre la conclusione che solo
l’iniziativa economica è “coperta” dalla nostra Costituzione, mentre l’attività pubblica in qualsiasi
momento può essere eliminata. Lo Stato non è libero di intraprendere come un qualsiasi privato:
può farlo, ma non godrebbe di alcuna garanzia, per cui non c’è limite alla privatizzazione delle
imprese in mano pubblica.
Dal diverso grado di copertura costituzionale si deduce che non ci sono limiti alla privatizzazione
delle imprese in mano pubblica operanti nel mercato. Nella specie, però, lo scopo che il legislatore
intende raggiungere in questa norma, oltre a porre una riserva di legge, non è riconoscere l’attività
pubblica, ma soltanto equipararla a quella privata per evitare che usufruisca di indebiti vantaggi
competitivi. I programmi e controlli devono indirizzarle e coordinarle entrambe in via generale,
senza discriminazione di sorta.
Ne consegue che i programmi e i controlli opportuni stabiliti per legge devono indirizzarle e
coordinarle entrambe in via generale senza distinguere tra l’una e l’altra. L’indirizzo e il
coordinamento non possono avere pertanto carattere strutturalmente discriminatorio e devono
essere formulati in via generale e applicati conseguentemente senza discriminazioni, nel rispetto
della parità di condizioni degli operatori pubblici e privati sul mercato.
Esproprio e monopolio (art 43).
Come abbiamo detto il legislatore prevede tre forme di produzione organizzata: economia libera di
mercato, monopolio e autoproduzione. L’art 41 disciplinava in particolar modo il libero mercato, l’art
43 che adesso esami