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LA SCHEMA THERAPY
Jeffrey Young, psicoterapeuta newyorkese, ha sviluppato la Schema Therapy, o Terapia delle
Trappole, per trattare pazienti con disturbi di personalità che non rispondevano pienamente alla
Terapia Cognitivo-Comportamentale standard. La Schema Therapy nasce dall’integrazione nella
CBT con assunti tratti da approcci terapeutici quali la psicologia della Gestalt, la psicoanalisi e la
teoria delle relazioni oggettuali, la teoria dell’attaccamento e il costruttivismo.
L’assunto centrale di questa terapia è l’esistenza di bisogni emotivi fondamentali che, se frustrati
nell’infanzia, danno origine a schemi disfunzionali precoci, ai quali il paziente risponde con stili di
coping disfunzionali. Il trattamento è finalizzato alla modifica degli schemi e degli stili di coping,
nonché al soddisfacimento dei bisogni emotivi precedentemente frustrati. Per raggiungere questi
obiettivi, la Schema Therapy si avvale di tecniche cognitive, comportamentali, esperienziali e
interpersonali.
Target terapeutico: la Schema Therapy si è dimostrata efficace nella cura della depressione e
dell’ansia cronica (ma non della sintomatologia psichiatrica acuta, quali una depressione maggiore
o degli attacchi di panico), dei disturbi alimentari, nel prevenire le ricadute con disturbo da abuso di
sostanze, nei problemi di antisocialità e di coppia, ma è particolarmente nota per il trattamento dei
disturbi di personalità.
Durata e setting: la durata può essere breve, media o lunga, ma nella maggior parte dei casi è
media o lunga. Il setting è generalmente individuale, sebbene alcune ricerche indichino un proficuo
utilizzo della Schema Therapy in un setting gruppale.
Il modello contempla tre concetti fondamentali:
• gli schemi, ossia i temi psicologici centrali;
• gli stili di coping, che sono specifiche risposte comportamentali agli schemi;
• le modalità (mode), che rappresentano gli schemi e gli stili di coping – adattivi o disadattivi -
attivi in un dato momento.
Schemi disfunzionali precoci
Sono temi generali e pervasivi che comprendono memorie, emozioni, pensieri, sensazioni
somatiche e che riguardano il sé e gli altri. Gli schemi sono il risultato dell’interazione tra i bisogni
emotivi infantili insoddisfatti e le caratteristiche temperamentali del bambino, e nell’età adulta
possono essere innescati da eventi percepiti come simili alle situazioni da cui originano. Gli schemi
compromettono la qualità di vita e sono percepiti da chi li vive come verità indiscutibili: in questo
senso ci appaiono come vere e proprie trappole.
Bisogni emotivi primari
Gli autori identificano cinque bisogni emotivi fondamentali:
1. legami di attaccamento sicuro agli altri (che implicano sicurezza, stabilità, accudimento e
accettazione);
2. autonomia, competenza e senso d’identità;
3. libertà di esprimere bisogni ed emozioni importanti;
4. spontaneità e gioco;
5. limiti realistici e autocontrollo.
L’individuo sano è colui che riesce a soddisfare questi bisogni emotivi in modo adattivo; obiettivo
della terapia è infatti quello di aiutare i pazienti a trovare modalità più adattive di soddisfacimento
dei propri bisogni.
Frustrazione dei bisogni emotivi primari
Young presenta quattro modalità in cui l’ambiente può frustrare i bisogni emotivi del bambino:
a) troppo poco di una cosa buona: l’ambiente non soddisfa il bisogno di sicurezza, amore
ed empatia del bambino. Da questa frustrazione possono svilupparsi schemi quali la
deprivazione emotiva e l’abbandono;
b) troppo di una cosa buona, come nel caso di famiglie iperprotettive che danneggiano la
fiducia in sé del bambino, o troppo permissive, o ancora che trasmettono un senso di
superiorità. Da questa situazione originano le trappole della dipendenza e delle pretese;
c) traumatizzazione: eventi traumatici possono frustrare i bisogni emotivi fondamentali ed
essere all’origine di schemi quali quello dell’inadeguatezza e della sfiducia/abuso;
d) internalizzazione selettiva, ovvero quando si internalizzano regole presenti in famiglia.
Una famiglia severa può frustrare il bisogno di spontaneità e dare origine allo schema di
standard severi.
A ciascuno di questi bisogni corrisponde un dominio, ossia un insieme di schemi disfunzionali,
come si può notare nella tabella 1.
Bisogno emotivo Dominio Schema disfunzionale
Spontaneità e gioco Ipervigilanza e inibizione Negatività
Inibizione emotiva
Standard severi
Tendenza ad essere punitivi
I 18 schemi disfunzionali precoci
1. Distacco e rifiuto
abbandono: chi ha la trappola dell’abbandono crede che le persone lo lasceranno da solo,
o perché muoiono o perché lo abbandoneranno volontariamente;
sfiducia/abuso: implica la convinzione che l’altro ci farà certamente del male;
deprivazione emotiva: dolorosa convinzione che nessuno ci voglia bene e che il nostro
bisogno d’amore non verrà mai soddisfatto in modo adeguato;
inadeguatezza: si pensa di avere qualcosa che non va, che ci rende indegno del rispetto e
dell’amore altrui;
esclusione sociale: senso di isolamento dal resto del mondo, sensazione di essere diversi,
invisibili o indesiderati;
2. Mancanza di autonomia e abilità
dipendenza: ci si percepisce come incapaci di affrontare la vita senza il sostegno degli altri;
vulnerabilità: il timore che possa succedere qualcosa di terribile, come una calamità o una
malattia;
fallimento: la convinzione di essere inadeguati, falliti, inferiori agli altri in svariati ambiti;
invischiamento/Sé poco sviluppato: eccessivo coinvolgimento nei confronti dei genitori o
del partner, accompagnato da una scarsa identità individuale;
3. Mancanza di regole
pretese: le persone con questo schema sentono di poter dire e fare ciò che desiderano,
senza curarsi della ragionevolezza di ciò che hanno in mente o delle conseguenze per gli
altri;
autocontrollo o autodisciplina insufficienti: tali persone non esercitano l’autocontrollo o la
gestione della frustrazione necessari per raggiungere i propri obiettivi;
4. Eccessiva attenzione ai bisogni degli altri
sottomissione: si manifesta nella sottomissione agli altri nelle relazioni interpersonali in
genere, in quanto si ritiene che se non ci si adatta all’altro si verrà abbandonati o puniti;
autosacrificio: sacrificio eccessivo dei propri bisogni per aiutare gli altri. Quando questi
pazienti prestano attenzione alle loro esigenze, spesso si sentono in colpa o si vergognano;
ricerca di approvazione o riconoscimento: si riferisce all’eccessiva enfasi posta sul
guadagnare l'approvazione degli altri e alla sensibilità al rifiuto;
5. Ipercontrollo e inibizione
negatività: riguarda il concentrarsi sugli aspetti negativi della vita;
inibizione emotiva: si riferisce alla credenza che si debbano sopprimere le emozioni e gli
impulsi spontanei, soprattutto la rabbia, perché qualsiasi espressione di sentimenti può
danneggiare gli altri o portare alla perdita di autostima, all’imbarazzo o all’abbandono;
standard severi: chi convive con questo schema non concede molto spazio alla felicità e al
piacere, in quanto troppo preso a soddisfare aspettative elevatissime che nutre verso di sé,
per giunta mai pienamente soddisfacenti anche se realizzate.
punizione: la convinzione che le persone meritano di essere punite duramente per gli errori
commessi.
Stili di coping disfunzionali
In risposta allo schema si sviluppano delle modalità di risposta per fronteggiarlo, dette anche stili di
coping. Quando questi stili hanno come effetto il perpetuarsi dello schema si parla di stili di coping
disfunzionali. Young ne ha identificato tre:
1. resa
: la persona si arrende allo schema, accettandolo come vero; lo schema non viene
evitato né combattuto, ma agito. Ad esempio, nel caso della dipendenza, si ha la resa se si
cercano persone forti dalle quali dipendere;
2. evitamento
: porta la persona ad organizzare la sua vita in modo tale che lo schema non si
attivi; nel caso dello schema sfiducia/abuso, ad esempio, il soggetto può evitare qualunque
tipo di relazione e avere solo rapporti superficiali;
3. ipercompensazione
: si combatte lo schema pensando, sentendo e comportandosi come se
fosse vero il suo opposto, come nel caso del paziente con schema di inadeguatezza che
agisce come se fosse perfetto e infallibile.
Le modalità
Sono stati identificati quattro tipi di modalità, alle quali si associano specifici schemi e stili di
coping:
1. bambino. Si declina in:
1.1 bambino vulnerabile : presenta disforia e ansia, tristezza e impotenza;
1.2 bambino arrabbiato : manifesta apertamente la propria rabbia quando ha la sensazione che
i propri bisogni non siano soddisfatti;
1.3 bambino impulsivo/indisciplinato : agisce in maniera impulsiva per soddisfare i propri
desideri, senza curarsi degli altri;
1.4 bambino felice : si sente amato, in armonia con gli altri e soddisfatto. Non presenta schemi;
2. coping disfunzionale. si declina in:
2.1 arreso compiacente : corrisponde al coping della resa e adotta uno stile caratterizzato da
compiacenza e dipendenza;
2.2 protettore distaccato : corrisponde al coping dell’evitamento e adotta uno stile caratterizzato
da distacco emozionale e isolamento;
2.3 autoesaltatore : corrisponde al coping dell’ipercompensazione e si realizza attraverso
l’utilizzo di strumenti solo parzialmente adattivi, ad esempio un’eccessiva dedizione al
lavoro.
3. genitore disfunzionale. Si declina in:
3.1 genitore punitivo : limita, critica o punisce sé stesso o gli altri;
3.2 genitore esigente : si aspetta molto dagli altri e spinge in modo oppressivo sé stesso e gli
altri a raggiungere gli obiettivi prefissati.
4. adulto sano. Realizza tre funzioni di base: 1) si prende cura del bambino, offrendogli conferme
e protezione; 2) pone dei limiti al bambino arrabbiato e al bambino impulsivo/indisciplinato; 3)
contrasta o contiene le modalità di coping disfunzionale e di genitore disfunzionale. Nel corso
del trattamento, i pazienti interiorizzano il comportamento del terapeuta come parte della
propria modalità adulto sano.
Il lavoro sulle modalità si articola in sette fasi generali:
1. identificare e dare un nome ai mode del paziente;
2. esplorare le origini e il valore adattivo che una modalità esprimeva durante l’infanzia e
l’adolescenza;
3. connettere le modalità disadattive alle problematiche attuali e alla sintomatologia;
4. dimostrare i vantaggi connessi alla possibilità di abbandonare tale modalità;
5. accedere al bambino vulnerabile attraverso l’immaginazione, in quanto rappresenta