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Gli studi di Baglivi verranno portati a compimento dal fisiologo tedesco Von Haller: allievo di
Boarhave, si dimostrò molto critico nei confronti della disciplina del suo tempo. La cattedra a
Gottinga diventa per lui l’occasione di dare una svolta in ambito fisiologico: l’università gli mette a
disposizione un centro di ricerca innovativo, un giardino botanico e un teatro anatomico, il tutto con
la collaborazione dei suoi studenti e attuando un metodo rigorosamente sperimentale. I suoi stessi
saggi non sono scritti a livello puramente teorico, ma sono supportati e basati dalle sue
sperimentazioni. Proprio per questi motivi, Von Haller viene considerato come il fondatore della
fisiologia moderna.
In questi anni a Gottinga, lo studioso, combinando il metodo della dissezione e della vivisezione,
compie studi su una quantità di materiale sperimentale altissimo; oltre a questo, lavora anche
usando diversi tipi di stimolazione (meccanica, chimica, elettrica e interventi chirurgici) per
verificare se queste provocano diversi tipi di reazioni. Le sue teorie, in breve, si costruiscono
principalmente sull’esperienza.
Haller iniziò a parlare di irritabilità e di sensibilità nelle note che pubblica a corredo della raccolta
di lezione del suo maestro Boarhave, le Istitutiones medicae del 1739; successivamente, ne parlerà
anche nel manuale che esso stesso redigerà per i suoi allievi. La sua teoria completa compare sono
nel 1752, in De partibus corporis humani sensilibus et irritabilibus, ovvero Sulle parti irritabili e
sensibili del corpo umano. La scelta retorica del titolo riflette una scelta epistemologica: aderendo
al meccanicismo, Haller sostiene che i risultati condotti sugli animali possano essere applicati
legittimamente anche all’uomo. Questo titolo, tuttavia, suscitò parecchie polemiche, legate al fatto
che proprio al fatto che quanto ottenuto dalle ricerche svolte sugli animali non era veritiero circa
l’uomo; se all’inizio Haller resistette alle critiche, alla fine, alla pubblicazione della versione
francese dell’opera, modificò il titolo dell’opera, sostituendo le parole “dei corpi animali” a “del
corpo umano”. Se nella prima pubblicazione Haller presentava solo i risultati dei suoi saggi, nella
seconda, invece, egli cercherà di ampliarlo con appunti, resoconti, esperienze proprie, degli allievi e
anche dei suoi avversari. Il suo scopo era quello di dare alle sue tesi un forte apparato sperimentale
capace di mettere a tacere il più possibile le critiche che gli venivano mosse; Haller scelse non di
mostrare solo i risultati vincenti, ma mettendo in mostra tutte le ricerche da lui condotte.
L’irritabilità e la sensibilità sono due facoltà peculiari per le quali alcune parti del corpo vivente
reagiscono alla stimolazione con la contrazione (parti irritabili), mentre altre rispondono con
manifestazioni di dolore più o meno evidenti (parti sensibili).
• Le parti irritabili, ovvero i muscoli, rispondono con la contrazione
• Le parti sensibili, ovvero i tessuti innervati, rispondono con il dolore
Una conclusione di particolare effetto derivante dalla sua sperimentazione fu che neppure
l’infiammazione può determinare, può produrre dolore dove non ci sono nervi, o dove il
collegamento con il centro nervoso è stato interrotto: interrompendo il flusso nervoso tra un arto e il
midollo spinale, vediamo come l’arto rimanga insensibile a qualsiasi stimolazione esterna. Per
contro, i tessuti nervosi, se irritati, inducono nell’animale manifestazioni più o meno evidenti di
dolore, ma stanno assolutamente immobili. Mentre Baglivi parlava di nervi con movimento
oscillatorio, Haller dimostra al contrario che questi sono immobili: questo comporta una netta
distinzione tra parti irritabili e parti sensibili. Quello a cui mirava questo autore non era una mera
catalogazione delle parti del corpo, ma cercava di riformare radicalmente lo iatromeccanicismo, che
lo rendesse compatibili con le acquisizioni più recenti della fisiologia. La nuova impostazione
meccanicistica di Haller è stata definita “meccanicismo speciale”: da un lato è ancora legato
all’idea che le funzioni dipendano dalla struttura dell’organo (eredità del meccanicismo); dall’altro
lato, è speciale in quanto riconosce che esistono tipi di fibre diverse con forze intrinseche diverse (la
vis irritabilis e la vis sensibilis) e con intrecci diversi. Haller esclude che le funzioni siano
deducibili geometricamente dalla combinazione degli atomi strutturali di base, escludendo che la
fisiologia sia riducibile a geometria, ma ribadisce il carattere non intelligente, non creativo delle
forze corporee. Se la fisiologia fosse una scienza riconducibile alla matematica, potremmo trovare
delle proporzioni e delle leggi precise che legano lo stimolo alla risposta: purtroppo, dice Haller,
questa operazione non è realizzabile. Pur variando l’intensità dello stimolo, o la vastità della zona
stimolata, di fatto non si riescono a trovare dei rapporti di proporzionalità precisi. Questo fatto ha
un effetto euristicamente positivo in quanto induce a migliorare e incrementare la sperimentazione,
tanto dei sostenitori di Haller quanto sugli avversari, che, per contrastarlo, sono indotti a passare
anni in laboratorio.
Haller, nel suo percorso, constata l’esistenza di un altro problema, non legato alla base
sperimentale: la difficoltà principale era riferire davvero l’irritabilità e la sensibilità ai veri elementi
strutturali di base. Se la funzione è effetto della causa, allora effetti diversi richiedono strutture
anatomiche diverse: tuttavia Haller, sperimentando si rende conto che esse sono tutte ugualmente
riconducibili a terra – parte solida – e glutine – parte liquida. Tanto i nervi quanto i muscoli sono
composti da entrambe queste sostanze, ma che sono però capaci di risposte diverse. Haller di fatto
non supera questo ostacolo, ma lo evita facendo appello al fatto che le fibre nervose e le fibre
muscolare sono in realtà costruite da fibrille invisibili, al di là della visibilità. Haller dunque postula
la loro esistenza: proprio perché sono inattingibili sperimentalmente, sono in grado di reggere tutta
la teoria. La fibrilla è l’elemento costituente, non conseguibile razionalmente, ma da postulare
necessariamente.
Halle stabilisce una eterogeneità chiara tra le scienze della vita e le matematiche: l’analogia si ferma
al fatto che come la linea è l’elemento costitutivo dei corpi geometrici, così la fibrilla è l’elemento
costitutivo dei corpi viventi; sono elementi strutturali di basi, con caratteristiche peculiari, non
ulteriormente scomponibili, con caratteristiche omologhe agli organi che costituiscono, ma
l’analogia non è valida oltre. Proprio per questo problema teorico dato dalla necessità di postulare
l’esistenza delle fibrille, la riforma halleriana del meccanicismo apriva la via a possibilità e sviluppi
impensabili rispetto alle linee generali del meccanicismo classico:
• Una prima problematica era quella legata al luogo della sensibilità: Haller non riesce a
offrire per la struttura e per l’attività della fibra nervosa nient’altro che analogie e argomenti
probabili.
• Nel caso del nervo, non esiste propriamente nulla di paragonabile alla contrazione che si
verifica nelle parti irritabili, perché non c’è nulla di visibile: l’effetto del dolore non porta ad
alcuna modificazione del nervo, che rimane immobile. Lo stimolo portato al nervo non
provoca nessun comportamento palese, visibile: questa situazione non è facilmente
comprensibile in una prospettiva meccanicista tradizionale.
• La fibra nervosa non è capace di movimento, eppure ne trasmette l’ordine.
• Un altro problema è legato al fluido nerveo, che non è visibile: per spiegarlo, dunque, è
necessario ricorrere a un’analogia. Questo deve essere un liquido materiale che però non ha
nessuna delle caratteristiche della materia: deve correre attraverso i canali nervosi ma non
deve in nessun modo rendersi esso stesso sensibile. Esso deve trasmettere informazioni
sensibili senza modificarle e senza esserne modificato.
La sensazione non si compie a livello delle fibre, ma si compie nel centro dei sistema: la cosa è
dimostrata sperimentalmente dal fatto che, interrompendo il collegamento del flusso nervoso tra
centro e periferia, si instaura un’insensibilità progressiva. In più, non esiste sensibilità di cui non si
abbia coscienza, non esistono sensazioni rese inavvertite dell’abitudine, non esistono movimenti
che possono diventare automatici: il centro celebrale recepisce tutto, al punto che diviene talmente
importante da ritenere che vi si sarebbe potuta insediare persino un’anima. Irritabilità e sensibilità
restano forze materiali: quello che colpisce la corporeità non si traduce in una menomazione
dell’anima, e l’anima non sa avere alcuna incidenza sulla fisiologia del corpo.
Il corpo, per quanto riguarda le funzioni indipendenti dalla volontà, può fare a meno dell’anima: il
nostro intelletto non può gestire coscientemente tutte le funzioni del corpo. Questa convinzione si
accentua nei suoi successori. Haller scrisse in una lettera del 1754:
“Io non credo nelle anime. Anche le piante fanno tutto da sole, senza il bisogno dell’anima.
Dunque, anche il funzionamento del corpo umano può essere spiegato senza far ricorso a
un’intelligenza”.
L’irritabilità, la vis irritabilis, è una forza insita alle fibre, ma Haller rifiutò di definirla come una
vis viva: l’autore era infatti avverso a una qualsiasi impostazione di carattere vitalistico. La vis
irritabilis è insita alla materia, ma non è una vis viva, e questa posizione è supportata
dall’osservazione: infatti, è una capacità che resta alla fibra anche dopo la morte. Successivamente,
lo scienziato sostenne che questa forza fosse intrinseca, ma associata, data alla materia sin dalla
creazione: essa è molto forte, la vediamo negli atti macroscopici, ma è celata. Il limite della teoria di
Haller è quello di spiegare il come ma non il perché dell’irritabilità, non individuando le cause
nascoste; di fatto, ne deriva un sistema pieno di criticità, in particolar modo legato all’incognita
argomentativa delle fibrille, in quanto la fonte del movimento è inconoscibile. Haller cercò di
accostarsi a Newton per legittimare la propria posizione: l’irritabilità è quella facoltà che resta dopo
la morte, anche se non sappiamo quale sia la causa. Tuttavia, se per Ne