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LE VALUTAZIONI DA PARTE DELL’ADULTO (ADULT REPORT):
Soprattutto nella ricerca con bambini piccoli, gli adulti sono le uniche fonti di informazione, vista la poca
affidabilità dei giudizi dei bambini stessi.
Vantaggi:
1) i genitori e gli insegnanti hanno relazioni strette con i bambini e l’opportunità di osservarli per lungo tempo.
I genitori, più degli insegnanti, osservano i figli in molteplici contesti e in relazione con varie persone e
possono quindi contribuire alla valutazione integrando più prospettive.
Gli insegnanti invece sono abituati a osservare anche piccoli cambiamenti e a prestare attenzione alle
relazioni all’interno delle loro classi.
Svantaggi:
1) spesso, nonostante il lungo tempo passato con i bambini, a genitori e insegnanti possono sfuggire
determinati comportamenti che avvengono in assenza dell’adulto (es. episodi di bullismo).
2) i genitori possono essere influenzati dall’alto coinvolgimento che hanno con i propri figli o dal loro stato
mentale.
3) gli insegnanti possono essere influenzati dalle aspettative che ripongono in ciascuno studente, e le loro
osservazioni sono spesso limitate soltanto ad alcuni contesti, come per esempio la classe durante le ore di
lezione.
Inoltre i giudizi degli insegnanti diventano man mano meno attendibili più gli alunni crescono.
LE OSSERVAZIONI:
Osservare direttamente le relazioni tra i pari, le amicizie, i rapporti conflittuali o prosociali è sicuramente un
metodo molto usato nella psicologia dello sviluppo sociale.
Come in ogni buona osservazione, è necessario che gli osservatori siano ben addestrati al compito, che sia
fornita una definizione precisa del comportamento da osservare e che siano prese tutte le misure necessarie
a limitare l’eventuale poca spontaneità dei bambini o le intrusioni da parte degli sperimentatori.
Nel caso delle relazioni sociali, si possono osservare i bambini durante le pause scolastiche o nei momenti di
gioco in cortile, quando i rapporti tra pari sono più spontanei.
A volte, piuttosto che osservare un intero gruppo di bambini, si osserva solo un gruppetto.
Vantaggi:
1) con l’osservazione si possono rilevare i comportamenti nel momento in cui avvengono e nel modo più
naturale possibile, senza che ci siano artefatti a influenzarli o domande specifiche a elicitarli.
2) le osservazioni sono oggettive, rilevano cioè il reale comportamento dei bambini e non sono influenzate
dalla desiderabilità sociale, dalla comprensione delle domande o dei costrutti, dalla relazione con il soggetto
da valutare.
3) grazie alla possibilità di effettuare videoregistrazioni è possibile vedere più volte gli stessi comportamenti,
cosa che permette sia una maggiore accuratezza delle osservazioni, sia la possibilità di confrontare più
osservatori per trovare un accordo
Svantaggi:
1) non è possibile rilevare comportamenti nascosti o “meno trasparenti”. Soprattutto nei ragazzi più grandi le
relazioni non si basano solo su azioni visibili ma anche su sentimenti ed emozioni che le osservazioni non
riescono a cogliere.
2) è difficile da mettere in atto con ragazzi adolescenti, che si accorgono più facilmente dell’elemento
estraneo che li sta osservando.
3) sono specifiche per una determinata situazione e quindi non generalizzabili
4) comprendono campioni poco numerosi
5) sono ristrette a intervalli temporali o specifici comportamenti
6) sono lunghe e laboriose da condurre.
IL CONCETTO DI SÉ:
Il concetto di sé è una teoria che ognuno sviluppa riguardo se stesso e che si riferisce alla percezione e alla
cognizione delle proprie caratteristiche, alle credenze riguardo se stessi, alla rappresentazione mentale che
ognuno ha di sé, alle capacità, inclinazioni, attributi che un individuo crede di avere e che lo distinguono dagli
altri.
Spesso sono stati utilizzati altri concetti simili, come “immagine di sé”, “percezione di sé” e “comprensione di
sé”.
L’accezione “immagine di sé” ha più a che vedere con il modo in cui ognuno vede se stesso e si presenta
agli altri.
Con “percezione di sé” ci si riferisce agli aspetti percettivi del vedersi o credersi in un determinato modo.
L’espressione “comprensione di sé” si focalizza maggiormente sugli aspetti cognitivi.
Tutte queste accezioni possono essere incluse nel “concetto di sé”, che coinvolge gli aspetti percettivi,
cognitivi, emotivi e implica anche il modo in cui ci si presenta agli altri.
Sembra esserci confusione tra concetto di sé e autostima, ma in realtà si tratta di due costrutti diversi.
L’autostima si riferisce agli aspetti valutativi del sé, quindi è il valore che viene dato a se stessi in relazione ai
vari ambiti della vita.
Il concetto di sé invece è maggiormente focalizzato sugli aspetti cognitivi, quindi si riferisce a come ci si vede
e ci si descrive in vari ambiti della vita.
Spesso concetto di sé e autostima vengono usati in maniera intercambiabile, perché si pensa erroneamente
che il modo in cui una persona si descriva corrisponda al valore che attribuisce a se stessa.
In realtà le cognizioni riguardo noi stessi non per forza coincidono con l’autostima: si può per esempio
essere poco competenti in matematica ma non per questo attribuirsi meno valore, in quanto quell’ambito non
è ritenuto importante per le nostre ambizioni e non contribuisce a farci raggiungere i nostri obiettivi.
SVILUPPO E DESCRIZIONE DEL SÉ:
Sviluppare il proprio concetto di sé è un compito evolutivo importante per i bambini.
Le risposte che i bambini trovano alla domanda “chi sono io?” possono aumentare e si modificano durante il
corso dello sviluppo in base alle esperienze personali e sociali.
Il concetto di sé infatti si costruisce sulla base di caratteristiche che ci appartengono, ma anche che altre
persone ci hanno attribuito.
Possedere un concetto di sé è molto importante perché questo fornisce un senso di permanenza e un
sistema di riferimento al quale rivolgerci per orientarci, per organizzare il comportamento verso gli altri, per
fare scelte e cercare esperienze che si conformano all’immagine che abbiamo di noi stessi.
Damon e Hart dividono l’esperienza del sé in due componenti:
- l’Io: si riferisce al “sé come soggetto” ed è composta da continuità del sé (la sensazione e la
consapevolezza di rimanere sempre gli stessi), distintività (il riconoscimento delle proprie esperienze rispetto
a quelle degli altri), volizione (il percepirsi il vero attore della propria esperienza, attraverso pensieri, volontà,
desideri e motivazione)
- Il Me: si riferisce al “sé come oggetto” di osservazione. Si riferisce alla descrizione di sé in diversi campi,
attraverso attributi che costituiscono la risposta alla domanda “chi sono io?”.
Questi attributi riflettono la conoscenza oggettiva che si ha delle proprie caratteristiche e sono stati suddivisi
da Damon e Hart in attributi del sé fisico, attivo, sociale e psicologico.
Da un punto di vista evolutivo, le descrizioni di sé fisiche nell’età prescolare (sono alto, ho i capelli biondi)
precedono quelle riguardo le attività nella media infanzia (gioco a pallone, so allacciarmi le scarpe), che a
loro volta precedono le caratteristiche sociali (la mia famiglia è numerosa, sono molto popolare).
Già dall’età di 7 anni compaiono le descrizioni di sé che riguardano gli aspetti psicologici (es. sono gentile,
scontroso), che diventano caratterizzanti in adolescenza. A 7 anni, i bambini possiedono un concetto di sé
abbastanza stabile, realistico, che tiene conto anche del giudizio degli altri.
Quindi il concetto di sé diventa da concreto sempre più astratto.
Crescendo inoltre, le descrizioni di sé diventano differenziate, per cui i bambini saranno ad esempio in grado
di definirsi più bravi in una cosa che in un’altra.
Durante il periodo scolastico, il concetto di sé diventa anche comparativo, cioè i bambini tengono conto degli
altri con cui si confrontano e da cui ricavano giudizi e opinioni sul sé.
Inoltre i bambini crescendo diventano più realistici nella descrizione di sé: se nel periodo prescolare si
riferiscono a se stessi solo in termini positivi, successivamente riescono a tenere conto sia dei lati positivi
che dei propri limiti.
Secondo il modello di Shavelson, la struttura del concetto di sé è multidimensionale e gerarchica e si
presenta con il concetto globale di sé come persona all’apice e le varie componenti della percezione di sé
nelle diverse aree, alla base.
Il concetto globale di sé si divide nel concetto di sé relativo alla scuola e quello relativo ad altri aspetti del sé
(sociale, emotivo, fisico), che a loro volta si suddividono in ulteriori componenti (concetto di sé in matematica
o nelle relazioni con i pari).
Questo modello teorico implica che le varie componenti del concetto di sé possono essere misurate come
costrutti separati, in base alle esigenze e agli obiettivi di chi conduce l’indagine (multidimensionalità).
Inoltre il modello implica che il concetto generale di sé correla molto con i due aspetti sottostanti, ma sempre
meno con gli aspetti ulteriormente subordinati (gerarchia).
CONCETTO DI SÉ E BENESSERE A SCUOLA:
Un buon concetto di sé è in genere considerato come una caratteristica desiderabile sia nei bambini che
negli adulti.
Avere un’immagine di sé positiva aiuta i bambini a ottenere successi sia a livello relazionale che di
rendimento scolastico.
Il modo in cui ci si percepisce influenza anche il modo in cui ci poniamo di fronte agli altri e in cui si
affrontano compiti e sfide.
Uno studio di Egan e Perry ha dimostrato che un basso concetto di sé, specialmente nel rapporto con i pari,
conduce alla vittimizzazione e che l’effetto di eventuali fattori di rischio è maggiore nei soggetti che hanno un
basso concetto di sé, che si sentono inadeguati o poco protetti nel gruppo.
Sembra tuttavia che questa associazione sia significativa anche in senso contrario, cioè i bambini che sonno
vittime dei compagni hanno maggiori probabilità di sviluppare una bassa percezione di sé nella relazione con
i pari.
Non è tuttavia ancora chiaro se i bulli o i bambini con problemi di condotta abbiano un’immagine di sé
positiva o negativa.
Questi bambini infatti, nonostante abbiano un buon concetto di sé proprio nelle aree in cui le vittime sono
carenti (relazioni sociali e aspetto fisico), riportano punte