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SCIENZA E ARTE: FALSIFICAZIONI E FALSI:
Qual è il prodotto dell’arte? Qual è il prodotto della scienza?
Il prodotto dell’arte è un oggetto materiale, concreto, che ha una forma, che si può usare, godere, soffrire
solo nel contatto diretto sia che si tratti di un testo, di un dipinto, di un film, di un brano musicale, ecc…
L’oggetto d’arte non può esimersi dall’avere una forma, che può anche essere astratta, non oggettuale,
concettuale.
La corrente dell’Arte Concettuale per esempio ha esplorato la possibilità di un’arte pittorica senza forma
visibile, ma solo pensabile.
Un risultato scientifico o filosofico sarà tanto più vero (verificato) quanto più sarà ripetuto, rifatto, smontato e
rimontato, mentre un’invenzione dada o concettuale sarà tanto più falsa quanto più sarà ripetuta.
Ricostruire gli strumenti inventati da Galileo per studiare la caduta dei gravi o l’isocronismo del pendolo è
stata una “realizzazione” e non la costruzione di un falso.
Se invece un museo d’arte esponesse un orinatoio chiamandolo “fontana” e attribuendolo a Duchamp, tutti
direbbero che si tratta di un falso.
Il prodotto della scienza è indipendente dall’oggetto materiale che lo veicola: può essere costituito da testi,
formule, immagini ma è indipendente dallo stile e dalla grazia con cui testi, formule e immagini sono
presentate.
Il valore di un risultato scientifico è completamente indipendente dal modo e dalla forma in cui si presenta
nella sua prima formulazione, mentre l’opera d’arte ha solo una prima e ultima formulazione e da essa
dipende il suo valore.
Sul campo delle arti visive, e non solo, si è cercato di descrivere in termini numerici o di rapporti fra numeri le
caratteristiche estetiche dei prodotti artistici, invocando le simmetrie, le proporzioni, le sezioni auree, ecc…
Questo lavoro è stato spesso interpretato come un momento di congiunzione o di incontro fra scienza e arte.
Si trattava invece della semplice evidenza che il numero è un pezzo di astrazione matematica che serve
all’arte come alla scienza.
Arte e scienza producono in maniera diversa, ma anche gli oggetti della loro produzione sono diversi.
Nel caso dell’arte il prodotto definitivo è la presenza materiale della sua forma che tutti possono vedere
(udire, leggere) e in misura variabile interpretare.
Nel caso della scienza matematica il risultato è una formula di poche righe, frutto di analisi rigorosa e di
ragionamenti impeccabili che un numero molto ristretto di persone riesce a capire e valutare.
HADAMARD E LA PSICOLOGIA DELLA MATEMATICA:
I tentativi di cercare di fondere Arte e Scienza fanno leva su fatti generici e superficiali come la comune
creatività, il produrre emozioni, l’affidarsi di entrambe all’immaginazione e all’intuizione, richiedere un certo
grado di sensibilità.
Si tratta però di capacità che servono per eccellere in qualsiasi campo.
Anche un grande matematico come Hadamard nel pensare a una psicologia della matematica si è
appoggiato su questi fragili sostegni.
Per Hadamard il questionario è uno strumento non sempre affidabile, che consente di porre domande poco
importanti e di tralasciarne altre, a suo avviso importanti, come la natura delle emozioni provate.
Le emozioni infatti potevano favorire nell’ipotesi dell’autore oltre alla produzione poetica, altri generi di
creazione come quella matematica.
Un aspetto importante per Hadamard era il fallimento: mentre gli errori, pur essendo frequenti, non
costituiscono un problema perché facilmente come si fanno si correggono, gli insuccessi costituiscono delle
perdite che non possono essere recuperate.
Gli insuccessi non riguardano tanto problemi affrontati che i ricercatori non sono riusciti a risolvere, quanto
piuttosto problemi incontrati e non riconosciuti come tali, o soluzioni che erano a portata di mano e che non
sono state considerate. In generale l’interrogarsi sugli insuccessi non ha minore importanza che interrogarsi
sui successi, ma se applicato alla scienza riveste un carattere peculiare, prossimo alla psicologia, in quanto
l’insuccesso sarebbe dato dal non vedere qualcosa che si ha sotto gli occhi.
Hadamard vorrebbe capire come mai gli siano sfuggite, nel corso delle sue ricerche, alcune soluzioni che
erano a portata di mano. L’aspetto difficile, se non impossibile, da affrontare per uno psicologo è quello di
stabilire quando e in che senso due argomenti matematici che non conosce, e probabilmente non è in grado
di capire, siano vicini e quando si possa parlare di soluzione a portata di mano.
Tuttavia anche Hadamard sostiene di non padroneggiare, come altri matematici, alcune teorie che invece
altri padroneggiano e vorrebbe trovare le ragioni psicologiche di tali differenze.
Perché qualcuno degli scienziati “vede” e altri no? In che cosa consiste precisamente quel “vedere”?
LA VISUALIZZAZIONE:
Una questione molto dibattuta riguarda l’aiuto offerto al pensiero dalla visualizzazione dei problemi e dei
fenomeni.
Da un lato troviamo i sostenitori del ruolo esclusivo del linguaggio nella produzione e nella formulazione di
idee e nello sviluppo dei ragionamenti; dall’altro lato troviamo i sostenitori dell’importanza della
visualizzazione nella soluzione dei problemi e nella costruzione e formulazione di ipotesi teoriche e di
interpretazioni creative.
Hadamard sostiene il ruolo fondamentale delle rappresentazioni mentali dei fenomeni.
SCIENZA E ARTE: RISCOPRIRE E IMITARE:
un dato interessante è dato dal fatto che molti matematici quando affrontano lo studio di scoperte avvenute
in epoche precedenti e di risultati già raggiunti, preferiscono ripensarli e “riscoprirli” per conto proprio,
piuttosto che apprenderli dai testi nella forma scelta dal loro autore.
Questo divide ancora una volta scienza e arte.
Nel campo dell’arte non si può riscrivere un’opera già scritta per rassicurarsi sulle proprie capacità creative,
così come non si può rifare una qualsiasi opera pittorica o musicale.
Ciò che si può fare in arte è l’imitazione, la copia, l’appropriarsi dello stile, ed è possibile perché si conosce
molto bene ciò che si imita.
L’artista imiterà lo stile del suo maestro ma non rifarà mai una sua opera, a meno di copiarla; il matematico
invece rifarà l’opera prescindendo da ogni problema di stile.
Nel primo caso c’è di mezzo la forma sensibile, nel secondo invece la forma “pura”, i concetti.
Questa differenza è fondamentale.
L’INCONSCIO MATEMATICO, OVVERO L’ESTETICA DELLA SOLUZIONE:
Hadamard si dedica anche all’inconscio, ovvero a quella parte del lavoro nascosto che si svolge nella mente
degli studiosi e che si manifesta in maniera improvvisa e inattesa come soluzione di un problema.
Hadamard costruisce una teoria della creatività matematica articolata in tre momenti:
1) preparazione: prevede un lavoro rigorosamente logico del pensiero cosciente che assume i termini del
problema da risolvere.
2) incubazione: prevede che il problema con tutte le sue ipotesi, idee, intuizioni, che continua ad essere
alimentato dal lavoro di preparazione, diventi oggetti di elaborazione da parte di processi inconsapevoli, che
fanno maturare quella soluzione di cui non siamo in grado di dire se e quando verrà.
Durante questa fase l’inconscio svolge un lavoro molteplice per costruire numerose combinazioni di idee e
per paragonarle fra loro e approdare infine alla scelta risolutiva.
3) illuminazione: la soluzione si presenta già completa e definitiva, con tempi e procedure imprevedibili e
sorprendenti.
il lavoro dell’inconscio si conclude quindi con una scelta illuminata.
Paul Valery aveva sostenuto che anche alla base dell’invenzione poetica c’è una scelta. Questo fa
sottolineare a Hadamard “quanto meravigliosamente il matematico e il poeta siano d’accordo sul punto di
vista fondamentale per cui l’invenzione consista in una scelta”.
Se l’invenzione è scelta, Hadamard si chiede quale ne sia il criterio e la risposta è che il criterio non può che
essere estetico.
Hadamard si chiede allora come opera il ricercatore, di fronte al grande mare di problemi che richiedono una
soluzione, per scegliere quello a cui dedicarsi? Come vengono selezionati gli argomenti delle ricerche?
La risposta di Hadamard è che “la guida di cui dobbiamo fidarci è quel senso di bellezza scientifica, quella
speciale sensibilità estetica”.
Sulla base del fatto che la bellezza può essere considerata un indicatore attendibile di cui tener conto in ogni
tipo di scelta, Hadamard giunge ad affermare che le scelte operate in base alla bellezza finiscono quasi
sempre col dimostrarsi giuste e fruttuose, anche quando potrebbero apparire sterili e insensate.
Hadamard giunge a una doppia conclusione: l’invenzione matematica è scelta; questa scelta è “governata
perentoriamente dal senso della bellezza scientifica”. Secondo Hadamard quindi, l’estetica del bello si trova
a monte del processo scientifico nella scelta degli argomenti di ricerca e anche valle, quando avviene
l’illuminazione risolutiva.
Ma non è ciò che comunemente si supponeva avvenire anche nell’artista?
Forse appare così a causa di quell’eccedenza di essere, quel qualcosa di gioioso aggiunto al reale che
sembra costituire “il bello”, sia in arte che in matematica.
Una scienza come la psicologia che studia prima di tutto l’uomo in molte delle sue manifestazioni, ha come
obiettivo l’analisi e la spiegazione delle attività dell’uomo medio, che si trova ad affrontare compiti di media
difficoltà in un ambiente mediamente complesso.
Quanto più i problemi che la psicologia si trova ad affrontare si allontanano dall’ambito di una tale astratta
medietà, tanto più difficili diventano.
Quindi pensare a una psicologia della scienza o della matematica è molto più arduo che parlare di psicologia
dell’arte.
CAPITOLO 6: ARTE E COMUNICAZIONE:
Il termine comunicazione si riferisce a molti processi diversi, uno dei quali è la capacità, ma anche la
necessità, che gli uomini hanno di mettere in comune e condividere conoscenze, emozioni, esperienze.
Gli umani vivono all’interno delle strutture sociali organizzate e complesse che vengono tenute insieme dal
continuo riaggiustamento di un sistema di credenze, che si forma, cresce e si modifica grazie alla possibilità
di comunicare.
La violenta irruzione del linguaggio e della