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INTRODUZIONE:
“Chi sono io?” è la domanda che ogni adolescente si pone. La costruzione dell’identità avviene mescolando
la spinta biologica della pubertà a quella sociale della cultura cui l’adolescente appartiene, che definisce i
valori che regolano l’essere maschio o femmina.
È compito dell’adolescente elaborare i cambiamenti del corpo, della psiche e del mondo in cui vive, ed
attribuire significato emotivo alle trasformazioni della realtà interna, psichica e biologica, e di quella esterna,
relazionale e sociale.
Rispetto al passato, è cambiato soprattutto il carattere di questo passaggio alla vita adulta: la formazione
dell’identità avviene oggi tramite processi individuali d’elaborazione simbolica, mentre nelle società
tradizionali avveniva nell’ambito di celebrazioni rituali collettive, i riti iniziatici.
Se poi in un passato anche recente, l’identità adulta era organizzata in ruoli rigidi e sistemi di valori ben
definiti, complessità e flessibilità caratterizzano invece l’identità contemporanea.
La “società globale” richiede identità flessibili e orientate al cambiamento.
LA COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀ:
È incerto se considerare più o meno tempestose, destabilizzanti e disorganizzanti, le vicende trasformative
adolescenziali.
Il concetto di crisi come perno della tensione fra integrazione e diffusione d’identità è al centro della
riflessione di Erikson, che considera il processo di formazione dell’identità in adolescenza la questione
centrale della vita psichica.
Per Erikson, l’identità corrisponde ad un sentimento soggettivo di unità e continuità personale, costruito
attraverso processi d’integrazione di sentimenti e rappresentazioni, che collegano gli stati di Sé nel passato
con le sue proiezioni nel futuro.
L’identità è quindi un’entità dinamica: il sentimento di Sé di forma progressivamente attraverso
autorappresentazioni che si sviluppano nel corso della propria storia; tale processo si completa quando la
percezione d’essere se stesso in continuità nel tempo e nello spazio s’integra con la percezione del
riconoscimento da parte degli altri.
Secondo Erikson, il ciclo di vita è scandito in 8 fasi : le prime 4 riguardano l’infanzia e la fanciullezza, la quinta
corrisponde all’adolescenza, le ultime 3 all’età adulta e alla vecchiaia.
Ogni fase implica una specifica crisi evolutiva, caratterizzata da un compito e da un relativo conflitto.
L’identità tende ad assumere con l’adolescenza una strutturazione più stabile e il traguardo di questo
percorso è proprio un’identità stabile, coerente e separata.
Durante la quinta fase del ciclo di vita (adolescenza) che va dai 12 ai 20 anni, il compito di base per
l’adolescente consiste nell’integrare le varie identificazioni che si porta dall’infanzia per formare un’identità
più completa.
Se l’adolescente non è in grado di integrare le proprie identificazioni, i propri ruoli o i propri Sé, ha a che fare
con una “diffusione di identità”.
Secondo Marcia l’adolescente che affronta il periodo critico in cui deve abbandonare i precedenti equilibri e
cercarne di nuovi lo fa mediante un processo di esplorazione.
La crisi d’identità quindi attiva un processo esplorativo: quando l’esplorazione si conclude con l’integrazione
tra elementi vecchi e nuovi, il soggetto è in grado di assumere impegni nei confronti delle prospettive che
caratterizzano il nuovo equilibrio, ed acquisisce un’identità. L’intreccio tra esplorazione ed impegni consente
di definire 4 stati:
a) acquisizione di identità: si ha quando l’adolescente ha messo in atto un’esplorazione significativa nei
diversi ambiti ed ha assunto impegni seri.
b) moratoria: si ha quando l’adolescente permane in una fase esplorativa, non ha assunto impegni e rimane
in uno stato di crisi.
c) blocco dell’identità: si ha quando l’adolescente ha assunto precocemente degli impegni nei confronti
d’identificazioni e valori infantili, senza aver svolto una sufficiente esplorazione.
d) diffusione di identità: è espressione di un’esplorazione incerta, che non ha consentito veri investimenti e
soddisfacenti forme d’impegno.
Secondo Blos, durante l’adolescenza si realizza un secondo processo di separazione, che termina con la
formazione di un’identità individuata.
Costruire l’identità significa operare delle scelte fra introiezioni e identificazioni infantili e nuove prospettive,
ed integrarle in un insieme armonico.
La definizione dell’ideale ha una funzione portante nel processo di costruzione dell’identità. Nella prima
adolescenza i ruoli affettivi di figlio, di studente, di membro di un gruppo ed eventualmente di una coppia
sono scarsamente integrati, e l’adolescente evita con cura ogni loro reciproco contatto, fonte per lui di
intenso imbarazzo.
Gli sporadici contatti fra queste aree scisse del Sé sono nella prima parte dell’adolescenza motivo di disagio,
d’imbarazzo e di vergogna.
All’inizio dell’adolescenza il contatto tra questi ambiti genera confusione, ma la presenza di una funzione
riflessiva favorisce l’integrazione di un’identità armonica.
Questo tuttavia non può avvenire in solitudine perché, come dice Erikson, l’identità si compone non solo del
sentimento del Sé, ma anche del suo riconoscimento da parte di altri.
Quindi la presenza della funzione riflessiva della mente è la precondizione per l’attivazione dei processi
attraverso cui si forma l’identità. Questi processi sono stati definiti “ compiti di sviluppo ” e riguardano :
a) la definizione del concetto di sé.
b) il raggiungimento di un’autonomia decisionale e relazionale.
c) l’accettazione di trasformazioni e di nuovi investimenti nell’area della sessualità e dell’affettività.
d) la costruzione di un sistema di progetti e di valori.
In Italia sono state condotte delle ricerche sull’acquisizione dell’identità in adolescenza e in particolare sulla
formazione del concetto di Sé. Queste hanno mostrato come gli adolescenti percepiscono prima la
trasformazione dei propri comportamenti, poi quella dei sentimenti, dei bisogni e dei desideri, infine quella
delle capacità e del carattere.
I percorsi di costruzione dell’immagine di Sé non sono uguali per maschi e femmine.
Le ragazze presentano una maggior precocità evolutiva rispetto ai coetanei, soprattutto nell’area
dell’autoconsapevolezza, che raggiunge il suo apice verso i 16 anni, quando i coetanei maschi sono solo
all’inizio di questo percorso.
I maschi dimostrano invece maggior indipendenza nel comportamento, ma sviluppano più tardi un senso di
responsabilità sociale.
Nell’area dello sviluppo affettivo e sessuale, i maschi hanno processi di maturazione più lenti, anche se poi
sono più attivi, mentre le femmine presentano relazioni più stabili e meno ambivalenti.
Gli indici di insoddisfazione per l’immagine corporea sono doppi nelle femmine rispetto ai coetanei.
Quando pensano al futuro, le femmine guardano soprattutto alla soddisfazione personale, mentre i maschi al
successo sociale.
Per capire cosa sta alla base di tali differenze è importante analizzare i diversi percorsi di sviluppo
dell’identità di genere maschile e femminile.
L’IDENTITÀ DI GENERE:
Stoller definisce l’identità di genere “un sistema complesso di credenze nei riguardi di se stesso, il senso
della propria mascolinità o femminilità”, che può essere o meno d’accordo con il sesso biologico.
L’”identità di genere” è il convincimento persistente di essere maschio o femmina, di appartenere all’uno o
all’altro sesso. Si distingue dall’”identità sessuale” che riguarda invece i caratteri biologici, anatomici e
l’orientamento sessuale.
Secondo Freud, mascolinità e femminilità erano l’esito delle identificazioni con il genitore dello stesso sesso,
successive alla risoluzione del complesso edipico.
Nel corso dello sviluppo, in particolare durante l’adolescenza, maschi e femmine devono assumere e far
propri i valori del genere cui appartengono.
Secondo Stoller il bambino assume consapevolezza della propria femminilità/mascolinità indipendentemente
dallo stato anatomico dei suoi genitali, a partire dalla certezza dei suoi genitori di avere a che fare con un
neonato maschio o femmina (“identità nucleare di genere”).
L’ideantità nucleare di genere concerne:
a) rappresentazioni basate su impressioni precoci dei genitori come modelli ideali di genere
b) rappresentazioni del bambino maschio/femmina ideale, ispirate all’immagine di bambino
maschio/femmina ideale dei genitori.
c) rappresentazioni del maschio/femmina ideale prodotte dal bambino stesso, espressioni di ciò che lui
vorrebbe essere.
La costruzione mentale di un’immagine del corpo sessuato viene integrata nella pubertà, organizzando lo
sviluppo di un nuovo ruolo affettivo, maschile o femminile, e l’acquisizione delle competenze e dei valori
relativi a tale ruolo.
Alcuni autori considerano la mentalizzazione del corpo sessuato il più complesso fra i compiti di sviluppo.
Questo perché l’integrazione della femminilità e della mascolinità nell’immagine di Sé richiede sia una
rielaborazione dei rapporti interni fra i diversi ruoli affettivi, sia la ricerca nel mondo esterno di relazioni
oggettuali e rispecchiamenti narcisistici che sostengano la definizione del nuovo ruolo.
PERCORSI E CONFLITTI NELLA COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀ DI GENERE MASCHILE:
La madre è il primo modello identificatorio per entrambi i sessi; per costruire il nucleo dell’identità di genere,
il bambino maschio deve dunque prima di tutto disidentificarsi da lei.
Nel suo sviluppo il bambino ha, rispetto alla bambina, il “vantaggio” di non dover cambiare l’oggetto d’amore
ma lo “svantaggio” di dover cambiare l’oggetto di identificazione.
Secondo Chodorow, da questo diverso percorso consegue che le bambine sviluppano un’identità di genere
più stabile e continua, ma hanno maggiori difficoltà nel raggiungere indipendenza e separatezza, mentre i
bambini acquisiscono un senso di maggior separatezza e autonomia, ma un’identità di genere meno