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Il risultato del processo di svincolo attraverso il lavoro continuo di autodefinizione ed individualizzazione

verrà denominato differenziazione. Tale processo non può avvenire esclusivamente a livello delle relazioni

attuali tra i componenti della famiglia nucleare, ma deve necessariamente attuarsi risalendo al piano delle

rispettive famiglie di origine per consentire all’individuo di conquistare libertà e consapevolezza. La

differenziazione è influenzata dal sistema emotivo della famiglia, dai processi di triangolazione, dal processo

proiettivo familiare e dal grado di separazione emotiva dalla propria famiglia di origine. Il concepire la

famiglia di origine come risorsa nel lavoro con le coppie e con le famiglie nasce quindi dalla convinzione

che esistano forze transgenerazionali in grado di esercitare un’influenza critica sulle relazioni attuali, ovvero

che le difficoltà che una persona ha nel presente possono essere viste come sforzi riparativi che hanno lo

scopo di padroneggiare antichi paradigmi relazionali sentiti come disturbanti e che provengono dalla

famiglia d’origine. Riconciliarsi con la famiglia d’origine consente di ridurre la reattività emotiva, diventare

un migliore osservatore e sperimentare i propri rapporti con una più matura realizzazione del proprio sé.

Attraverso il concetto di scala di differenziazione, Bowen colloca lungo un continuum i vari livelli del

coinvolgimento emotivo all’interno della famiglia, dalla fusione estrema alla totale differenziazione del Sé.

Nella parte più bassa della scala troviamo quegli individui che crescono come sostanzialmente dipendenti

dalla massa dell’Io e nel corso della loro vita cercano altri legami di dipendenza da cui attingere la forza

necessaria a funzionare. Alla totale differenziazione del Sé corrisponde una piena maturità emotiva.

Taglio emotivo. Se con invischiamento si definisce l’appartenenza che non tollera separazione, il taglio

emotivo rappresenta l’estremo opposto, parimenti problematico: l’allontanamento brusco, fisico e/o emotivo

e spesso conflittuale, dai vincoli e dagli affetti familiari. Si tratta di una condizione di profondo

estraneamento di uno o più membri di una famiglia che preserva dal confronto e dunque dalla risoluzione

dei conflitti. Tale modalità relazionale può produrre arresti evolutivi e sentimenti di incompletezza affettiva

in età adulta che si ripercuotono come fonte di disagio e malessere non soltanto sull’individuo, ma anche al

livello dei rapporti di coppia e tra genitori e figli. Spesso il taglio emotivo è causato dall’illusione di poter

conquistare l’indipendenza andandosene di casa e rifiutando ogni contato con la famiglia d’origine; al

contrario, in questo modo i nodi irrisolti finiranno per pesare ancora di più sul fuggitivo, riproponendosi

inconsciamente elle altre relazioni e spingendolo a realizzare legami di tipo compensatorio al fine di riempire

i vuoti. Per completare uno sviluppo che consenta di raggiungere la Posizione Io è necessario riconnettersi al

momento in cui il taglio emotivo è avvenuto, intraprendendo una ricostruzione attiva dei legami

intergenerazionali e una elaborazione attiva delle perdite che, anziché negate, possano essere comprese e

accettate.

Il figlio cronico. La condizione di figlio cronico è quella che si manifesta quando un individuo non riesce a

fare il salto necessario per la conquista di un ruolo adulto e resta bloccato nella posizione di figlio in una fase

di sviluppo personale, ossia l’età matura, in cui ci si aspetterebbe, invece, il raggiungimento di una solida

posizione Io nei confronti dei propri genitori.

Williamson ritiene che questo avvenga perché un’intimidazione intergenerazionale ha arrestato il processo

di acquisizione dell’autorità personale. Allontanandosi dal principio di causalita circolare tipico della visione

sistemica (per il quale non c’è mai un solo colpevole), Williamson insiste per restituire al singolo la

responsabilità di questo processo, in modo da garantirgli la possibilità di farsi attivatore del processo. Benché

i processi di dipendenza siano reciproci, infatti, un’eventuale rottura del legame da parte del genitore

verrebbe vissuta come abbandono, mentre una rinegoziazione dei rapporti di potere da parte del giovano

conduce ad un’autentica maturità.

3. Strumenti per la valutazione dei processi relazionali

Il triangolo come unità minima di osservazione. Molti esponenti del pensiero sistemico, ritenendo il

modello diadico troppo limitante, individuarono nel triangolo l’unità di base delle configurazioni familiari.

Strettamente collegato al concetto di triangolo è quello di triangolazione, che fa riferimento in particolare al

bambino che viene coinvolto nella relazione conflittuale dei genitori al fine di deviarne la tensione. Jay

Haley si è occupato in particolar modo della triangolazione patologica, da lui definita triangolo perverso.

Tale fenomeno:

1) deve comprendere due persone che in una scala gerarchica occupino lo stesso livello e una persona

che proviene da un altro livello;

2) deve implicare una coalizione di due appartenenti a livelli diversi contro il terzo escluso;

3) prevede una coalizione latente contro la terza persona.

La caratteristica che rende perverso questo tipo di triangolazione è il fatto che la separazione tra generazioni

viene scavalcata: le cosiddette triadi rigide infatti prevedono sottosistemi fragili, con confini diffusi.

L’interesse per lo studio delle strutture triadiche della famiglia è stato portato avanti da Salvador Minuchin,

che sviluppò l’ipotesi che i bambini potessero essere usati per deviare un conflitto tra genitori. A partire da

questa considerazione, Minuchin sviluppò una classificazione di quelle che furono chiamate triadi rigide:

1. la triangolazione;

2. la coalizione genitore-figlio;

3. la deviazione-attacco;

4. la deviazione-appoggio.

La triangolazione è per Minuchin una situazione caratterizzata da due genitori in conflitto, sia esso latente o

manifesto, che tentano entrambi di catturare le attenzioni e l’appoggio del figlio contro l’altro, mettendo in

tal modo il figlio in un conflitto di lealtà; nella coalizione genitore-figlio c’è un’alleanza stabile di un

genitore col figlio contro l’altro genitore; nella triade deviazione-attacco i genitori si associano per

controllare il comportamento distruttivo del bambino, che diventa un capro espiatorio, anche se poi non

riescono a mettersi d’accordo su come gestire il figlio e si comportano in modo incoerente. nella triade

deviazione-appoggio, i genitori nascondono le loro tensioni concentrandosi in modo iperprotettivo su un

bambino che viene definito malato.

Più recentemente, Mara Selvini Palazzoli ha proposto altre due dinamiche triangolari disfunzionali che sono

connesse con l’insorgere di gravi sintomatologie nei figli:

1. l’istigazione, in cui un membro della triade viene spinto a diventare il complice di un altro per poi

vedersi negare l’alleanza quando il gioco emerge alla luce;

2. l’imbroglio, in cui un membro della triade viene illuso di vivere una relazione di complicità che nei

fatti si rivela essere soltanto una manovra strategica per mandare messaggi al terzo.

Gli strumenti sistemico-relazionali devono cogliere il sistema e possono essere individuali, relazionali o

transizionali.

Il genogramma. Il genogramma è un diagramma delle relazioni e dello sviluppo storico della famiglia estesa

che include almeno le ultime tre generazioni. In ambito sistemico, il pioniere nell’utilizzo del genogramma è

stato Murray Bowen. Tale diagramma permette di dare risalto alle dinamiche familiari più di quanto possa

avvenire in un colloquio, e include, oltre ai nomi e alle età di tutti i membri della famiglia, anche le date

specifiche di eventi significativi (nascite, morti, matrimoni, separazioni), cenni sulle attività lavorative, titoli

di studio, modelli comportamentali e altri particolari di rilievo. La stesura del genogramma consente quindi

di attivare il ricordo e l’osservazione del mondo relazionale, e arricchisce la descrizione verbale del cliente di

una rappresentazione grafica carica di significati affettivi.

La scultura familiare. La scultura familiare fu introdotta in ambito sistemico-relazionale da Virginia Satir

negli anni ‘70 e consiste nella richiesta di dare una rappresentazione visiva delle interazioni familiari

attraverso la disposizione di corpi nello spazio. Il linguaggio analogico in essa impiegato, saltando i vincoli

della logica razionale, consente di esplorare emozioni più profonde e inconsapevoli, evitando la difficoltà di

verbalizzare alcuni contenuti affettivi. La stessa Virginia Satir introdusse la scultura trigenerazionale, che

include il coinvolgimento delle famiglie di origine: in questo modo le informazioni ottenute riguardano sia

quello che Carver definisce all’interno della struttura multicontestuale asse orizzontale (quello dei

rapporti coniugali e con fratelli, sorelle, amici), sia l’asse verticale (l’asse dei rapporti che coinvolgono le tre

generazioni).

Il role-playing. Il role-playing è una tecnica relazionale ludica che consiste nel coinvolgimento della

famiglia nella recita di una situazione reale vissuta dai membri. Può essere utilizzato in modo prescrittivo

(con una modalità strutturata in cui il copione è predeterminato) o in modo più aperto (che comprende una

modalità semi-strutturata o non strutturata), e il suo scopo è quello di promuovere una miglior comprensione

delle proprie modalità di porsi nelle situazioni relazionali. Il role-playing ha origine nello psicodramma

moreniano, una tecnica terapeutica elaborata dallo psichiatra rumeno Jacob Moreno negli anni ‘30 e

applicata prevalentemente in sedute di gruppo. Nel role-playing è sempre implicito un elemento di finzione

che permette di drammatizzare in parole e azioni desideri, paure ed esperienze dolorose.

4. La diagnosi relazionale

Tener conto della dimensione storico-evolutiva del sistema famiglia è particolarmente utile per cogliere

differenze e creare connessioni tra le varie dinamiche storiche delle relazioni. Lavorare con il sistema

emozionale di tre generazioni permette di mettere in risalto il potenziale insito in ciascuno di esse, a partire

dalla terza, i nonni, che rappresentano le radici sulle quali si fondano i legami successivi. La relazione di

coppia, la genitorialità e il sottosistema dei fratelli, d’altra parte, rappresentano anch’essi oggetti di

osservazione fondamentale per lo psicologo relazionale perché ricchi di informazioni preziose per ricostruire

la storia multigenerazionale che li ha generati.

Ad esempio, possiamo individuare tre tipologie di coppie sulla base dei livelli di separa

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Publisher
A.A. 2015-2016
9 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/07 Psicologia dinamica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher paulweston di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicodinamica dello sviluppo e delle relazioni familiari e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Santona Alessandra Maria Roberta.