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2) LA TECNICA E IL LINGUAGGIO.
L’inquadratura è l’unità minima del film: è un segmento di pellicola girato in continuità e delimitato
da due stacchi. Presenta una varietà di aspetti: la scala dei campi e dei piani, angolazione e
inclinazione della ripresa. I campi e i piani definiscono l’effetto di distanza dell’oggetto dalla mdp. I
campi riguardano lo spazio e l’ambiente, i piani la figura umana.
• Campo lunghissimo (CLL): inquadratura di uno spazio ampissimo in cui la figura umana
si perde.
• Campo lungo (CL):inquadratura di uno spazio ampio in cui le figure si riconoscono
appena.
• Campo medio (CM): inquadratura di uno spazio al cui centro ci sono i personaggi.
• Totale (tot.): inquadratura generale di uno spazio interno (è lo spazio dell’azione nel
cinema classico).
• Figura intera (FI): inquadratura figura umana intera.
• Piano americano (PA): inquadratura figura umana testa-ginocchia (nei film western era
per mostrare le fondine).
• Mezza figura (MF): figura umana dalla testa alla vita.
• Piano ravvicinato (PR): inquadratura figura all’altezza del petto.
• Primo piano (PP): inquadratura testa-spalle della figura umana.
• Primissimo piano (PPP): inquadratura del viso.
• Particolare (part.): inquadratura di una parte del corpo.
• Dettaglio (dett.): inquadratura di un oggetto o parte di esso.
Il tipo di inquadratura più ricorrente è quella frontale che pone il soggetto ripreso al centro del
piano nella tipica collocazione a T. esistono vari tipi di angolazioni: da sinistra a destra, da destra a
sinistra, dall’alto e dal basso, tutte con diverse gradazioni. L’inquadratura dall’alto vuole incutere un
effetto di subordinazione del soggetto inquadrato. Interpretazione più complicata è per le
cosiddette inquadrature anomale, come quella leggermente dal basso in “Quarto potere” che
finisce per riprendere anche i soffitti, esprimendo un punto di vista infernale, oppure la cosiddetta
“tatami shot” del regista giapponese Ozu che collocava la mdp in basso all’altezza dei personaggi
seduti.
Le angolazioni estreme sono quelle riprese da sotto le figure o dall’alto a piombo. In “Notorious” ci
sono angolazioni oblique quando Alicia, ubriaca, vede la figura di un uomo sempre più inclinata
fino a rovesciarsi.
Le figure umane sono disposte all’interno del rettangolo dello schermo secondo criteri di ordine,
centralità e simmetria: se un personaggio è solo viene posto al centro in posizione frontale; se
invece deve dividere lo schermo con il protagonista femminile, vengono disposti simmetricamente
in modo tale da dividersi equamente lo spazio. Naturalmente abbiamo le dovute eccezioni, come
nel cinema moderno di Godard e Antonioni. Questa configurazione anomala dell’immagine è
chiamata dalla critica francese decadrage.
Partiamo dal presupposto che il cinema è luce. Ogni periodo e scuola cinematografica ha il suo
modello, ma quelli standard sono:
• Luce diffusa: propria del cinema d’azione, la troviamo per gli interni ed esterni giorno.
• Luce drammatica: propria del cinema d’autore, ad alto livello psicologico.
• Luce contrastata: propria del cinema espressionista tedesco, del thriller e dell’horror,
prevalenza dell’oscurità.
• Luce neutra: propria del neorealismo e del cinema moderno.
• Luce ibrida: propria del cinema contemporaneo.
L’illuminazione del profilmico:
• Key light: la luce più forte posta in genere accanto alla mdp.
• Full light: serve a omogeneizzare e a eliminare gli effetti troppo forti della luce principale.
• Bach light: luce collocata dietro gli attori che serve a staccare i corpi e ad evidenziare gli
oggetti.
L’ombra, come la luce, è una componente essenziale del cinema. Nel cinema muto tedesco viene
molto spesso a diventare il doppio del personaggio, sostituendosi così all’attore (Nosferatu il
vampiro, Metropolis). L’associazione di un personaggio con un’ombra tende sempre a creare un
legame con le tenebre e l’oscurità.
Il cinema colorato è esistito sin dall’inizio: già nel 1896 si dipingevano a mano le pellicole, ma il
bianco e nero è stato a lungo considerato come creatore di un’immagine di una grande forza
estetica. Il bianco e nero contiene in sé un principio di astrazione e di lontananza dal concreto
dell’oggetto, che sembra favorire le composizioni più rigorose e geometriche, ma anche il gioco
dell’ombra.
Il movimento è al centro dell’immagine filmica. Possiamo parlare di due movimenti: quello
dell’oggetto ripreso e quello della mdp.
• Panoramica: movimento semplice che non richiede la dislocazione della camera. Si tratta
di una semplice rotazione della mdp sul proprio asse che può variare di gradi e può essere
orizzontale, verticale o obliqua. Un tipo particolare di panoramica è quella a schiaffo che
unisce rapidamente due oggetti non vicini o la panoramica a 360° che avvolge tutto lo
spazio visivo attorno alla camera stessa.
• Carrellata o travelling: implica la dislocazione della mdp nello spazio grazie a un
supporto mobile. Può essere laterale se segue lateralmente il personaggio, a precedere
quando arretra anticipandolo, a seguire quando lo segue. In questi casi il movimento di
camera è rettilineo.
• Dolly (o gru): movimento della mdp sull’asse verticale.
• Macchina a mano: molto utilizzata nella Nouvelle Vague. L’operatore regge la macchina
da presa potendosi muovere liberamente nello spazio. Ciò genera movimenti bruschi e
irregolari che permettono di creare un’inquadratura soggettiva, legata agli occhi del
personaggio.
• Steadycam: movimenti di macchina liberi nello spazio grazie all’operatore che controlla la
mdp tramite un braccio idraulico.
• Louma: braccio snodabile su cui è posizionata la cinepresa diretta da terra tramite
comandi a distanza.
Il montaggio è l’assemblaggio delle inquadrature che produce una struttura segnata da un
particolare coordinamento spazio-temporale del visibile. Il montaggio ha varie funzioni:
• Funzione semantica;
• Funzione narrativa;
• Funzione descrittiva;
• Funzione ritmica: il montaggio determina i tempi d’inquadratura e i modi di congiunzione
tra le inquadrature;
• Funzione intellettuale: il montaggio può produrre delle idee (Ejzenstejn);
• Funzione formale: il montaggio configura insiemi testuali segnati da una struttura
compositiva interna accurata e significativa;
• Funzione sintattica: si basa sui raccordi, ossia modi di collegamento tra le inquadrature,
che garantiscono certi effetti e garantiscono continuità e coerenza al flusso visivo. Ne
abbiamo di vari tipi: - raccordo sull’asse;
- raccordo di direzione;
- raccordo di movimento;
- raccordo sullo sguardo.
Il periodo del muto è stato considerato l’epoca del montaggio sovrano.
Il cinema sovietico ha teorizzato e caratterizzato un’idea di cinema basata sul montaggio, poi
Ejzenstejn ha parlato di montaggio come conflitto, che assembla le inquadrature non per
omogeneità, ma per opposizione.
Il montaggio francese invece si è spesso basato su un cinema con storie melodrammatiche o
larmoyantes e quindi sul montaggio di immagini raffinate e dinamiche.
Il cinema classico si è sempre basato su un montaggio analitico e invisibile: analitico perché
scompone la narrazione e lo spazio in varie inquadrature coordinate e omogenee; invisibile perché
cerca di dare l’impressione di continuità tramite l’uso di raccordi. È un montaggio che segmenta
l’azione e lo spazio guidando la percezione dello spettatore favorendone l’identificazione. Privilegia
il dialogo e ricorre spesso alla semplificazione di campo.
Il montaggio del cinema moderno invece privilegia lunghi piani sequenza, mostra il profilmico, per
consentire allo spettatore di interpretare ciò che vede.
Esistono tre grandi categorie per gli effetti speciali: quelli realizzati nel profilmico, quelli realizzati
mediante alterazioni ottiche e gli effetti speciali ottici/digitali.
Effetti del profilmico:
• Sovraimpressione: si sovrappongono due o più immagini sulla stessa pellicola.
• Retroproiezione: consente di realizzare un’immagine in cui gli attori che recitano in un
teatro di posa appaiono su uno sfondo girato altrove. Punta a creare la sensazione di una
ripresa in esterni.
• Effetto Schufftan: riprese tramite modellini di paesaggi o città trasformate in grandi
dimensioni. L’effetto è ottenuto tramite un vetro-specchio in parte trasparente e in parte
argentato che consente l’integrazione ottica delle due scene (King Kong, ET).
Effetti ottici. Microimmagini prodotte con diverse tecniche vengono integrate a macroimmagini di
particolare verosimiglianza e spettacolarità.
• Mascherino dipinto: dipinto estremamente preciso di uno spazio ampio e complesso
integrato alla ripresa in studio degli attori (Mago di Oz, Guerre Stellari);
• Proiezione frontale: la proiezione della scena-sfondo è riflessa in uno specchio da uno
schermo, mentre la mdp riprende gli attori davanti questo schermo su cui è proiettata
l’immagine (2001: Odissea nello spazio);
• Mascherino mobile: integrazione di uno o più attori su sfondo blu a un’altra immagine
registrata altrove;
• Blue screen: permette integrazioni perfette di due riprese effettuate in luoghi diversi.
Effetti ottici e digitali.
• Motion control: permette di realizzare effetti ottici programmando con un computer i
movimenti della macchina.
Effetti speciali digitali. Realizzati interamente al pc e capaci si sostituirsi all’immagine referenziale.
Il 3D stereoscopico è un sistema che gioca sull’illusione ottica della profondità extra-schermica.
Il suono è un elemento fondamentale sin dai tempi del cinema muto. Infatti si avvaleva di un
accompagnamento musicale eseguito in sala durante la proiezione. Il primo film sonoro della storia
è considerato il “Don Giovanni e Lucrezia Borgia” (1926) della Warner. A dire il vero non si parla
ancora, ma gli spettatori possono sentire i rumori e le musiche registrati su disco. Con l’uscita del
“Cantante di jazz” (1927) troviamo sia la colonna sonora sia il sonoro labiale sincrono, seppure ad
intermittenza compaiano ancora le didascalie. Ma occorre ricordare che il cinema muto non era
silenzioso, in quanto era accompagnato in sala, e che la rivoluzione del sonoro portò a una
regressione dei progressi che si erano avuti con il cinema muto. Le prime mdp per il sonoro sono