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Riassunto esame Storia dell’arte medievale, Prof. Fabrizio Crivello, libro consigliato Arte delle Città, arte delle corti, autore Enrico Castelnuovo Pag. 1 Riassunto esame Storia dell’arte medievale, Prof. Fabrizio Crivello, libro consigliato Arte delle Città, arte delle corti, autore Enrico Castelnuovo Pag. 2
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Giovanni quindi, è stato il primo artista a manifestare la coscienza che aveva di sé stesso. Questa vicenda

conferma la situazione particolare e privilegiata della scultura, il suo ruolo di arte-guida, di tecnica-pilota in

questo periodo. Il passaggio al nuovo stile era stato qui meno traumatico che in altri campi, come

testimonia la green head inglese, la testa umana frammista con elementi vegetali, che verrà ripresa anche

nel gotico. In molti centri dell’Italia settentrionale l’apertura a nuovi modi si precisa nel corso dei primi

decenni del 200 e questo è in parte dovuto alla radice classica della plastica emiliana, una tradizione

stabilita di Wiligelmo già a Modena. Diversamente le cose andranno in Toscana dove l’esempio di

Guglielmo nel pulpito oggi a Cagliari, ma prima a Pisa, si propose come modello e fece largamente scuola

in seguaci che dimostrano una grande attenzione alla scultura provenzale, quindi attraverso l’opera del

bronzista Bonanno e di maestri attivi al battistero, svilupperanno un rapporto privilegiato con Bisanzio. Gli

elementi gotici arriveranno in toscana solo con maestri antelamici, quindi, con l’arrivo dalla Puglia di Nicola

Pisano. Egli giunse in toscana prima della morte di Federico II, quindi fatto importante per testimoniare

come la cultura federiciana si sia riprodotta indipendentemente dalla chiusura dei cantieri imperiali. Forse il

primo soggiorno toscano di Pisano fu a Siena e ce lo fa pensare la comparazione tra i protomi animali

attribuitogli nella fontana dei cantali a Piombino, molto simili a quelle figure di animali dentro la cattedrale di

Siena. Passato a Pisa Nicola diresse il cantiere del battistero dove eseguì il pulpito per l’interno dell’edificio.

Uno straordinario monumento, evocante l’immagine della città sante celeste, dove elementi gotici e

classicismo federiciano trovano un luogo di sintesi. La vena classica di Nicola nel pulpito del battistero

andrà molto al di là di tanti episodi revivalistici. Da Nicola discenderà poi tutta una generazione di artisti

della nuova scultura italiana. In primis Arnolfo di cambio, uno dei discepoli di Nicola, e infine il figlio di

Nicola, Giovanni pisano. I due non seguiranno lo stesso itinerario: Giovanni imporrà la controrivoluzione

gotica con una scultura espressiva, drammatica e piena di pathos e di contrasti che si oppone agli equilibri

e all’armonia classica. Sul finire del 200 giovani è il più personale, il più geniale degli scultori europei che

porterà all’apogeo quel ruolo di tecnica-guida che la scultura aveva conosciuto con suo padre e con

Benedetto Antelami. A inizio 300 si presenta una situazione complessa: da una parte Giovanni e i suoi

seguaci, dall’altra ampie aree rimasti fedeli alle tradizioni di Nicola; infine la scultura senese, che aveva

sviluppato una cultura plastica particolare che cercava i suoi modelli in Giotto e non in Pisano, i cui

protagonisti non hanno un comportamento omogeneo, ma manifestano una chiara preferenza per un certo

tipo di rilievo. I confini quindi non erano rigidissimi e molti artisti vennero influenzati sia da una corrente che

dall’altra. Una straordinaria inventività la si ha anche nel campo del ritratto, dove gli scultori sembrano

precedere i pittori nella resa psicologica e fisiognomica, pur senza a arrivare a un ritratto autonomo slegato

dall’immagina tombale o celebrativa. Dall’esperienza federiciana, i nuovi ritratti di questo periodo

diventeranno più complessi e definiti. Il dialogo quindi tra scultura e pittura in questo periodo è più attivo

che mai.

4 – turiboli a forma di edifici ed edifici a forma di turiboli: arti suntuarie e microtecniche

Reliquari e ostensori trovavano come modelli il vasto repertorio del disegno architettonico e della teoria

progettuale gotica per proporre microesempi di architetture immaginarie più ardite e fantasiose di quelle

costruite. Un esempio è il reliquiario di san Galgano del museo dell’opera del duomo di Siena, una struttura

a pianta centrale a forma di torre. La struttura poligonale del micro edificio viene accentuata da un

elemento tipicamente gotico: i contrafforti torriti, che appoggiati contro gli spigoli, scandiscono per ogni

registro il succedersi delle scene, e che sono in realtà dei baldacchini coronati da cuspidi, timpani, loggette

e abitati da angeli. Accanto ai baldacchini molti altri elementi adducono al gotico francese, come le coppie

di santi situate sotto le arcate, evocanti le vetrate a personaggi delle chiese gotiche. Siena è in questo

periodo un attivissimo luogo di produzione per le tecniche suntuarie e gli elementi francesi trovano ampia

circolazione e una rielaborazione attraverso le regole tradizionali. Qui vengono prodotti i sigilli, che

marcavano ogni atto o documento e vennero scelti per la loro realizzazione solo i migliori artisti come

Guccio di Mannaia, una delle massime figure dell’arte senese tra due e trecento. La sua firma è visibile

anche sul calice di papa Niccolò IV, donato al Tesoro della Basilica di assisi. In quest’opera per la prima

volta troviamo splendidi esempi della nuova tecnica degli smalti translucidi, posti su placche d’argento e

lavorate in modo da essere visibili attraverso la pasta trasparente e colorata dello smalto così da arrivare

ad un mix tra pittura e scultura. Guccio di Mannaia sembra saper utilizzare con maestria i modi gotici

francesi, ma con un’espressività sempre più accentuata. Negli smalti del calice le capigliature, volti, le

lunga dita angolose, le pieghe profonde nei panneggi degli abiti dei personaggi mostrano come l’artista

avesse compreso lo spirito e le forme di questo momento di espansione europea della pittura gotica.

Tuttavia lo stile di Guccio non riuscirà ad affermarsi come possibile alternativa a Giotto, ma tuttavia

influenzerà la più giovane generazione di orafi senesi, come Tondino di Guerrino e Andrea Riguardi e verrà

ad essere una componente presente nello stile di Simone e Pietro Lorenzetti. Lo smalto translucido

acquisterà quindi una grande fortuna e con questa tecnica sono state eseguite alcune delle più importanti

opere della storia senese del 300 come lo stupendo ciclo delle Storie di san Galgano del reliquario di

Frosini, o il celebre reliquario del santissimo corporale della cattedrale di orvieto, fantasmagorica facciata di

chiesa gotica in miniatura, tutta animata da smalti. Il successo e la diffusione dei prodotti senesi nelle arti

suntuarie si misurano attraverso un censimento e una localizzatone delle resistenze che sono manifestate

nei confronti dello stile senese. Un esempio di resistenza è il fregio in bronzo dorato, con sfondi smaltati,

inciso e niellato dall’orafo Pucci: qui niente della lezione di Guccio è presente, piuttosto solo un più severo

linguaggio gotico.

5- Dilettare gli occhi degli ignoranti o compiacere allo ‘ntelletto de’ Savi: la pittura agli inizi del Trecento

Generalmente in Italia i tempi della pittura non concordano con i temi dell’architettura o della scultura. Le

strade e i tempi della pittura toscana intorno alla metà del 13 secolo erano molto diversi da quelli del nord.

Penetrano nella pittura però già singoli elementi gotici, ma sono marginali e certi racemi che, nelle storie di

san francesco sopravvissute in modo tanto frammentario nella vanata della basilica inferiore di assisi,

trovano paralleli nelle pitture murali del Petit-Quevilly e in altre opere nordiche. La penetrazione dei nuovi

modi e soprattutto la loro favorevole ricezione, avverrà nel corso della seconda metà del duecento e avrà

straordinarie conseguenze: porterà alla fusione di elementi diversi, di spunti naturalistici gotici e di

rinnovata capacità di rappresentare lo spazio studiato e sperimentato su esempi tardo-antichi, a una

convergenza tra due tradizioni che offrirà risposta a molti problemi. In tempi brevi nel corso dell’ultimo

quarto del duecento nasce tra Roma e assisi una pittura che dominerà la scena europea. Tutto si giocò in

pochi anni, attorno alle basiliche che Niccolò III Orsini voleva restituire nella loro splendida decorazione,

attorno alla nuova chiesa di Assisi, tempi del grande ordine religioso in cui confluivano tensioni e spinte

tanto diverse e su cui Roma voleva mantenere, anche attraverso simboli e immagini uno stretto controllo.

Ad assisi fu lunga la contesa tra conventuali e spirituali, tra sfarzo e austerità che segnarono gli arresti e le

riprese della decorazione della chiesa superiore. A Roma furono il contendere delle grandi famiglie e le

resistenze dell’egemonia francese. Dopo la morte di Clemente IV, Carlo d’Angiò aveva installato proto

senatori in Campidoglio, fatto battere moneta di Roma con il proprio nome ed erigere una sua statua nel

luogo del governo cittadino. Contro il potere angioino si scaglierà Gregorio X visconti e si manifesta

pienamente con Niccolò III Orsini. La dominazione degli Orsini si attua attraverso una politica di controllo

sulla città portata avanti attraverso mezzi politici, progetti edificatori e vaste imprese artistiche. Le gradi

famiglie aristocratiche romane concentravano i loro interventi su determinate basiliche tradizionalmente

legate alla loro committenza, come san Pietro e san paolo per gli orsini, o san Giovanni in Laterano e santa

Maria maggiore per i colonna. Così Niccolò si fece costruire un palazzo presso la basilica vaticana e

Niccolò IV, legato dei colonna, eresse il proprio presso la basilica liberiana di santa Maria maggiore, la

chiesa su cui si concentrarono gli investimenti artistici del suo pontificato. Arrivarono a Roma quindi molti

artisti come Torriti e Cimabue. Sono questi tutti elementi che entrarono nella complicata vicenda, ma

splendida e breve stagione artistica detta l’estate di san Martino di Roma negli ultimi decenni del duecento.

Fu Roma quindi ad esercitare una continua influenza, un permanente controllo sui programmi iconografici

della basilica ad assisi, e fu da Roma che l’equipe di artisti mosse verso l’Umbria. Roma divenne quindi il

luogo in cui si incontravano la spazialità della pittura antica e le capacità dinamiche ed espressive del

disegno gotico. Un problema fondamentale della pittura, come della scultura gotica, era stato proprio quello

della rappresentazione dello spazio, inoltre permaneva ancora lo stile romanico di non rappresentazione

illusionistica dello spazio delle scene sacre. Il mutamento del duecento alla fine avevano finito con

l’eliminare questa resistenza gotica, offrendo quindi la possibilità dell’emergere di una nuova figurazione. È

ora che si avverte l’esigenza di rinnovamento, dell’introduzione di formule che affrontassero e risolvessero

il problema della rappresentazione tridimensionale e si pone a questo punto il problema di Giotto. È

sicuramente stato lui a propor

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A.A. 2014-2015
7 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/01 Storia dell'arte medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simosuxyeah di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Crivello Fabrizio.