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STILI DECISIONALI E DIFFERENZE INDIVIDUALI
Il tipo di decisione presa risente anche dello stile decisionale, inteso come modo prevalente con cui ognuno
di noi prende decisioni. Rowe e Boulgarides hanno individuato le dimensioni di analisi rilevanti per tracciare
il profilo degli stili decisionali sono: il modo di pensare e la tolleranza per l’ambiguità. L’incrocio ortogonale
di tali dimensioni permette di individuare quattro stili decisionali prevalenti: direttivo, analitico, concettuale
e relazionale.
Lo stile decisionale direttivo è caratterizzato da bassa tolleranza per l’ambiguità e alta ricerca di razionalità.
L’efficienza e la logica sono essenziali, così come l’orientamento al risultato. Gli individui con questo stile
decisionale tendono a prendere decisioni velocemente, focalizzandosi sul breve termine, anche in presenza
di poche informazioni e limitata ricerca di alternative.
Gli individui con stile decisionale analitico hanno maggiore tolleranza verso l’ambiguità e tendono quindi a
ricercare maggiori informazioni e alternative prima di prendere una decisione. Sanno affrontare contesti
decisionali nuovi, ma sembrano attendisti, perché vogliono comunque istruire un processo decisionale
quanto più razionale possibile.
Lo stile decisionale concettuale è tipico di chi tende ad allargare i confini del problema e a ricercare
creativamente il massimo numero di alternative. È uno stile decisionale orientato al lungo periodo e valido
per soluzioni creative ai problemi.
Lo stile decisionale relazionale è tipico di chi vuole prendere decisioni attraverso il consenso degli altri,
colleghi o collaboratori che siano. Comporta una notevole ricettività dei suggerimenti altrui e una tendenza
a evitare il conflitto.
Questi quattro stili sono da considerarsi come dominanti negli individui, anche se non assoluti. Si tratta
infatti di tendenze, che si possono imparare a modificare in funzione del contesto decisionale e del tipo di
problema.
MITI DECISIONALI
Alcune caratteristiche dei processi decisionali andrebbero smitizzate o comunque analizzate nella giusta
prospettiva realistica di ciò che accade, ogni giorno, nelle organizzazioni. È questa l’opinione di diversi
studiosi di decision-making: tra questi, Roberto e Bazerman hanno considerato alcuni dei miti più diffusi
sulle decisioni i tipo strategico, quelle che tipicamente impattano sull’economicità e sulla sopravvivenza
dell’organizzazione nel medio-lungo periodo. nella
1. L’amministratore delegato prende le decisioni strategiche realtà le decisioni strategiche
sono prese in modo simultaneo da diverse persone chiave a diversi livelli dell’organizzazione.
molte
2. Le decisioni sono prese collegialmente nella “stanza dei bottoni” decisioni sono prese in
modo riservato, in conversazioni a due o in gruppo ristretto.
le
3. Le decisioni richiedono un esercizio intellettuale decisioni sono complessi processi sociali,
emotivi e politici. le
4. I manager analizzano e poi decidono decisioni sono spesso prese in sequenze non lineari, con
soluzioni che emergono ancora prima delle fasi di analisi e di valutazione delle alternative.
le
5. I manager decidono e poi agiscono decisioni spesso si formano attraverso un processo
interattivo di scelta e azione. le
6. I manager prendono decisioni consapevoli decisioni sono prese a “consapevolezza limitata”.
PROCESSI DECISIONALI DI GRUPPO
I gruppi che prendono decisioni commettono molti degli errori che i singoli sperimentano quando devono
decidere. Anche per i gruppi possono valere i suggerimenti per migliorare il processo decisionale.
L’attivazione di processi decisionali di gruppo comporta una serie di vantaggi e di svantaggi e questi, in larga
misura, dipendono dalle caratteristiche intrinseche del lavoro in team, dalle condizioni di efficacia del
lavoro di gruppo e dalle caratteristiche della leadership.
I principali vantaggi sono costituiti dal formarsi di una meta-competenza di gruppo. Il gruppo possiede più
informazioni e conoscenze; la generazione di approcci alternativi alla soluzione dei problemi è maggiore; la
partecipazione alla definizione degli obiettivi e alle decisioni aumenta il potenziale di commitment e il
livello di condivisione degli obiettivi. Occorre comunque sottolineare anche i possibili svantaggi
dell’impiego del gruppo nei processi decisionali. Anzitutto la pressione sociale al conformismo di gruppo,
dovuta all’influenza sociale. Ciò accade quando si ingenerano fattori quali la paura del dissenso e la non
tolleranza della devianza. Altra patologia dei processi decisionali di gruppo è il social loafing, una sorta di
deriva sociale, fenomeno per cui l’anonimato del gruppo e la diminuzione del senso di responsabilità
creano disimpegno negli individui. Paradossalmente, il fatto di essere tutti responsabili deresponsabilizza.
Un altro fenomeno che può generarsi è il cosiddetto groupthink, che si manifesta quando il bisogno di
consenso e di coesione prevale sull’importanza di prendere la decisione corretta o di attivare un processo
decisionale efficace. Ciò accade specialmente quando il gruppo si mette in una posizione difensiva e i
membri non accettano collettivamente di affrontare e trattare i diversi argomenti in modo realistico. I
principali sintomi del groupthink sono:
Illusione di invulnerabilità;
Razionalizzazione;
Illusione di moralità;
Stereotipi;
Pressione al conformismo;
Autocensura;
Illusione di unanimità;
Autodifesa mentale.
Il fenomeno del groupthink può essere meglio compreso se associato ad altri fenomeni. Uno di questi è il
grado di rischio che i membri vogliono assumersi nel prendere una decisione. Nei gruppi, sempre per
effetto del’influenza sociale, si determina un fenomeno di risk shift, che è la tendenza a prendere decisioni
collettive che comportano rischi maggiori o minori di quelli che si assumerebbero individualmente. Un altro
aspetto riguarda la polarizzazione, intesa come la tendenza da parte dei membri di un gruppo a rafforzare
in seguito alla discussione il proprio punto di vista dominante e iniziale. Gli individui hanno inclinazioni e
propensioni personali circa la decisione da prendere prima di entrare in gruppo e le discussioni di gruppo
generalmente le rafforzano. La polarizzazione è uno degli aspetti critici nei conflitti e una delle competenze
del team leader risiede proprio nell’evitare sia la polarizzazione sia il risk shift.
QUANDO USARE IL GRUPPO PER DECIDERE?
Due importanti criteri per attivare un processo decisionale di gruppo sono la qualità e l’accettabilità. Il
criterio di qualità implica la fattibilità e gli aspetti tecnici del problema e, pertanto, l’uso di fatti, l’analisi di
dati e l’oggettività. Il criterio di accettabilità coinvolge i sentimenti, i bisogni e le emozioni di coloro che
sono coinvolti ed è, quindi, un criterio di natura soggettiva. Ogni volta che l’accettazione è critica si deve
almeno considerare l’uso della decisione di gruppo, poiché decisioni unilaterali possono portare a
incomprensioni o rifiuti. Sebbene la mancanza di tempo possa andare contro questo principio, la decisione
di gruppo è uno dei modi per ottenere l’accettazione della decisione.
un modello utile per decidere se utilizzare il gruppo è stato sviluppato da
IL MODELLO DI VROOM-YETTON
Vroom e Yetton, che proposero cinque tipi di processi decisionali che variano in funzione del grado di
influenza dei collaboratori. A un estremo troviamo la decisione unilaterale presa dal manager, modo rapido
ed efficiente di prendere decisioni, e all’estremo opposto la decisione partecipativa. L’influenza dei
collaboratori sulla decisione finale aumenta col passaggio dall’approccio AI verso l’approccio GII (dove A sta
per autocratico, C per consultativo, G per gruppo).
AI: prendete le decisioni utilizzando le informazioni a disposizione al momento.
AII: ricercate tra i vostri collaboratore le informazioni, ma decidete comunque da soli. Il ruolo dei
collaboratori è solo quello di fornirvi i dati; non hanno nessun ruolo nel generare o individuare
alternative.
CI: condividete il problema con i collaboratori più stretti singolarmente. Quindi, senza indire una
riunione, prendete una decisione che può riflettere o meno le loro opinioni.
CII: condividete il problema con i collaboratori in una riunione che ha lo scopo di ottenere idee e
suggerimenti; poi prendete una decisione da soli che può riflettere o meno le varie opinioni
espresse.
GII: i problemi vengono condivisi con il gruppo. In questo caso utilizzate lo stile di management
partecipativo, il vostro ruolo consiste nel fornire informazioni e aiuto facilitando la determinazione
da parte del gruppo di una propria soluzione piuttosto che quella da voi preferita.
Il modello che segue vi può essere d’aiuto per decidere quale dei cinque metodi di decision-making seguire.
Il più efficace dipende da sette caratteristiche situazionali.
CS1: importanza della qualità della decisione. Se non è richiesta qualità, qualunque alternativa
accettabile per il management sarà sufficiente e il gruppo può prendere la decisione.
CS2: quantità di informazioni necessarie posseduta dal decision maker. Vi sono due tipi di
informazioni che rendono una decisione efficace: le preferenze dei collaboratori circa le alternative
e la presenza-assenza di motivi razionali che consentano di giudicare la qualità delle alternative.
Uno stile partecipativo può essere utile quando non si è a conoscenza delle preferenze dei
collaboratori. Se se ne è a conoscenza, ma il problema è tale da richiedere una decisione
individuale, allora vi trovate di fronte a un tipo di problema che richiede che prendiate la decisione
da soli. Un gruppo è più indicato quando il problema è complesso, composto da diversi elementi e i
membri del gruppo possiedono talenti e capacità differenti.
CS3: grado di strutturazione del problema. Nei problemi strutturati le alternative sono note, o
perlomeno lo sono i termini che le generano. In un problema poco strutturato, l’informazione può
essere ampiamente distribuita nell’organizzazione. Si dovranno, probabilmente, riunire differenti
individui per risolvere la questione o per prendere una decisione comune.
CS4: importanza dell’accettazione da parte dei collaboratori. Essa non è critica laddove la decisione
rientri nei confini del contratto psicologico. In tal caso, portare avanti la decisione è una questione
di semplice acquiescenza. Più si richiede commitment da parte dei collaboratori per implem