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SFORZO EMOTIVO: "Lo sforzo emotivo può essere visto come una qualsiasi altra forma di attività in cui il lavoratore si cimenta, insieme a quella fisica e cognitiva per raggiungere gli obiettivi che gli vengono assegnati e che riguarda il controllo delle proprie emozioni".

Quanto ci dobbiamo sforzare di mantenere la nostra emotività = sforzo di mantenere le emozioni per raggiungere l'obiettivo (es: un operatore di call center è sottoposto a un grande sforzo emotivo perché deve relazionarsi con clienti, che molto spesso non sono contenti).

Tre caratteristiche che ci aiutano a definire il livello di sforzo emotivo richiesto:

  1. Frequenza e durata delle interazioni: (es: interazione con clienti esterni). Più interagiamo più sforzo facciamo.
  2. Aspettativa di essere in grado di influenzare gli stati emotivi altrui: (es: medico che deve comunicare a un paziente notizie non positive; empatia e supporto in un momento emotivamente
difficile). Necessità di seguire regole di "espressione emotiva". 3. Essere in grado di gestire la mia emotività nell'interazione con altri: (es: non perdere la calma di fronte a un cliente particolarmente irritato). Intensità emotiva richiesta dal compito. Per esempio, gli studi ci dicono che i social workers (servizi sociali) sono i lavoratori sottoposti a uno sforzo emotivo maggiore. Una seconda prospettiva evidenzia la possibilità che possa esserci una situazione di "armonia emotiva", non focalizzandosi esclusivamente sugli effetti negativi dello sforzo emotivo. L'individuo può vivere due situazioni: - Armonia emotiva: i propri stati emotivi corrispondono con le aspettative emotive del proprio ruolo (se sono felice posso esprimere felicità, se sono arrabbiato esprimo rabbia...). Questa situazione si verifica quando esiste una corrispondenza tra lo stato emotivo che il dipendente sente e quello che gli viene richiesto di esprimere.è richiesto di dimostrare nel lavoro.• Dissonanza emotiva: le aspettative del proprio ruolo non corrispondono ai propri stati emotivi (anche se sono arrabbiato devo sembrare calmo). In questo caso l'individuo tenderà a fingere il proprio stato emotivo reale: in buona fede (si mostrano emozioni finte perché si crede autenticamente che siano richieste dal proprio ruolo) o in malafede (si finge, senza credere davvero che il proprio lavoro debba richiederlo). In caso di dissonanza le persone possono agire in due modi diversi: - Surface acting: il lavoratore mette una maschera, anche se sente un'emozione negativa deve avere un'emozione positiva. Quindi cerca di fingere uno stato emotivo diverso da quello che prova. Questa situazione può provocare elevati livelli di stress, perché la persona non vive l'emozione che in realtà sente: c'è un conflitto interno molto forte. Il lavoratore mantiene lo stato emotivo che staprovocare un cambiamento reale nello stato emotivo del lavoratore. Nel secondo caso, invece, lo sforzo emotivo è più superficiale e non coinvolge realmente le emozioni del dipendente. 2. La congruenza tra lo sforzo emotivo e le aspettative dell'organizzazione: il lavoratore deve cercare di adeguare le sue emozioni a quelle richieste dall'organizzazione. Se le emozioni che prova sono in linea con quelle attese, lo sforzo emotivo avrà maggior successo nel influenzare il comportamento degli altri. 3. La durata e l'intensità dello sforzo emotivo: il lavoratore deve essere in grado di mantenere lo sforzo emotivo nel tempo e di regolarne l'intensità. Se lo sforzo emotivo è prolungato e intenso, avrà maggiori possibilità di influenzare il comportamento degli altri. In conclusione, il deep acting rappresenta un tentativo da parte del lavoratore di cambiare il proprio stato emotivo per adeguarsi alle aspettative dell'organizzazione. Questo sforzo emotivo può essere più o meno autentico, congruente e duraturo, influenzando così il comportamento degli altri.

1. L'abilità di influenzare le parti con cui si interagisce.

2. Lo sforzo emotivo diretto verso un amplificazione delle emozioni o una loro soppressione.

3. Il potere e la motivazione a comprendere il contesto organizzativo: le persone con maggiore potere tendono ad essere meno influenzate dalle emozioni altrui. La comprensione del contesto organizzativo spinge le persone ad essere più inclini a cercare informazioni anche attraverso la lettura e l'interpretazione degli stati emotivi altrui.

Esempio: un negoziatore che autenticamente amplifica il suo stato di felicità può essere visto come una persona che cerca di stabilire un clima di cooperazione. Questo è ancora più vero se la controparte è una persona altamente motivata a comprendere nel dettaglio il contesto organizzativo.

Aspetti che legano il personale con lo sforzo emotivo: "essere sorridenti con i clienti, duri con i subordinati,

orgogliosi verso il capo…”: questo tipo di situazione richiede uno sforzo emotivo molto elevato perché bisogna cambiare atteggiamento in base all’interlocutore che si ha di fronte, indipendentemente dal proprio stato emotivo. Questa situazione si è dimostrata essere uno dei principali elementi legati a stress ed esaurimento da lavoro. È importante preparare le persone a gestire i propri stati emotivi. Le pratiche HR possono supportare la gestione dello sforzo emotivo attraverso vari aspetti: - Il reclutamento e la selezione: aiutano a definire una possibile corrispondenza tra lo sforzo emotivo richiesto da un lavoro e la possibilità/capacità di un candidato di metterlo in atto. - La formazione è l’ambito in cui diventa più complicato distinguere tra condizionare e manipolare i comportamenti dei dipendenti e la loro capacità di influenzare/gestire gli stati emotivi altrui (esempio film “Tutta la vitadell'azienda dovrebbe promuovere un ambiente di lavoro sano e rispettoso, dove le emozioni negative come la rabbia vengono gestite in modo costruttivo. I dipendenti dovrebbero essere incoraggiati a esprimere le proprie preoccupazioni e frustrazioni in modo appropriato, senza paura di ritorsioni o giudizi negativi. Inoltre, dovrebbero essere forniti strumenti e risorse per affrontare lo stress e gestire le emozioni in modo efficace. CONTRO: Al contrario, alcune aziende possono incoraggiare la repressione delle emozioni negative, come la rabbia, nel tentativo di mantenere un'immagine positiva e professionale. Questo può portare a un accumulo di tensione e frustrazione, che potrebbe esplodere in modi imprevedibili e dannosi per l'individuo e l'ambiente di lavoro. Inoltre, la mancanza di spazi sicuri per esprimere la rabbia può portare a un aumento dello stress e della insoddisfazione lavorativa. In conclusione, è importante che le aziende promuovano una cultura che permetta ai dipendenti di gestire in modo sano ed efficace le emozioni negative come la rabbia. Ciò può essere fatto attraverso la creazione di un ambiente di lavoro rispettoso e supportivo, fornendo strumenti e risorse per la gestione dello stress e delle emozioni, e incoraggiando la comunicazione aperta e onesta.

Il lavoro ci insegna a evitare di mostrare la rabbia. Ricerche emergenti mostrano che sopprimere la rabbia ha un costo tremendo per gli individui. Uno studio ha mostrato che anche quando i lavoratori mostravano rabbia in modo ritenuto inappropriato dai colleghi, se i colleghi reagivano mostrando supporto (ad esempio ascoltando la persona arrabbiata) la cosa si risolveva in reazioni favorevoli, come cambiamenti costruttivi sul lavoro. Quindi, chiedere ai dipendenti di reprimere la rabbia non è solo una strategia inefficiente e costosa, ma finisce anche per avere degli effetti collaterali.

CONTRAPPUNTO: La rabbia è connessa con molti comportamenti improduttivi nelle organizzazioni. Per questo motivo le organizzazioni hanno sviluppato programmi di gestione della rabbia, per prevenire gli effetti dannosi della rabbia. Ognuno ci guadagna quando le organizzazioni cercano di ridurre l'esperienza e l'espressione della rabbia sul lavoro. L'ambiente è meno minaccioso.

È stressante per i dipendenti e clienti. I lavoratori si sentiranno più sicuri e il lavoratore spesso può venire aiutato.

LEZIONE 7 – APPRENDIMENTO:

L'apprendimento ha avuto un'evoluzione straordinaria negli ultimi anni. Apprendimento = processo di trasformazione al termine del quale l'individuo si trova cambiato per conoscenze, abilità e attitudini: l'individuo acquisisce qualcosa. Si tratta di un cambiamento non momentaneo, ma che permane nel tempo e produce uno sviluppo stabile dell'individuo. Per l'individuo, l'apprendimento è un processo di cambiamento complesso, lungo e costoso. Ognuno apprende in molti contesti e con diverse modalità.

Esempio: quando studiamo all'ultimo momento per un esame, l'apprendimento non permane nel lungo periodo, ma tende a sfumare dopo la verifica. In questo caso non si può parlare di apprendimento perché le competenze non vengono

cristallizate. L'apprendimento è un tema di centrale importanza sia in una prospettiva individuale che in una prospettiva di impresa e di società. Ognuno di noi non può smettere di apprendere se vuole continuare a svilupparsi in ambito personale e professionale.

In impresa le persone apprendono in vari modi, ma vi è uno specifico meccanismo di gestione delle risorse umane dedicato ad attivare in modo sistematico e continuativo l'apprendimento: la formazione. Grazie all'aggiornamento continuo del capitale intellettuale, l'azienda acquisisce un vantaggio competitivo.

Possiamo interpretare l'apprendimento secondo due approcci tra loro molto differenti:

  1. Approccio comportamentista: l'apprendimento determina una trasformazione del comportamento, derivante dall'associazione ripetuta nel tempo fra stimoli e comportamenti attivati in risposta agli stimoli. Il comportamento viene condizionato perché a fronte di determinati

stimoli le persone impareranno a rispondere nello stesso modo. Apprendimento significa quindi memorizzare la risposta giusta a fronte di uno specifico stimolo. L'individuo attiva un nuovo comportamento in risposta a uno stimolo che ha ricevuto e, a fronte della ripetizione degli stimoli e delle conseguenti risposte, memorizza il nuovo comportamento. Importanti gli esperimenti di:

  • Pavlov: tramite uno strumento impiantato nella cavità orale si registra la salivazione di un cane. Nella stanza si fa suonare un campanello, il cane sembra sentirlo ma la sua salivazione rimane invariata. Successivamente viene associata al campanello la presenza di cibo: in questo caso il cane aumenta la salivazione alla vista del cibo. Dopo un certo numero di volte, il cane aumenta la salivazione al solo suono del campanello, anche quando non accompagnato da cibo. Il cane ha appreso che campanello vuol dire cibo. Da stimolo neutro il campanello è diventato uno stimolo condizionato capace di attivare
na elettrica, imparano a premere un pulsante per ottenere il cibo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
67 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/10 Organizzazione aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulia.zanin di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di organizzazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Magni Massimo.