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Il neoistituzionalismo rinnega il modella di scelta razionale, sottolineando lo studio dei vincoli che le istituzioni

pongono ai soggetti. Il neoistituzionalismo si sposta verso le popolazioni organizzative, ovvero, insiemi di soggetti che

operano in un determinato contesto istituzionale definito campo organizzativo. Il contesto istituzionale viene definito

da vari autori come:

− le regole, norme e ideologie della società;

− il senso comune di quale comportamento è appropriato;

− i sistemi cognitivi e normativi.

La teoria neoistituzionalista sottolinea come il contesto istituzionale condiziona il modello organizzativo e le scelte

strategiche che un’impresa compie per leggittimarsi rispetto alle istituzioni. Le organizzazioni assumono lo stato di miti

razionalizzati, cioè regole che non si basano su prove empiriche ottenute con metodo scientifico ma che sono

leggittimate dalla convinzione di essere efficaci. Le organizzazioni, infatti, tendono a conformarsi ai miti dando luogo

a comportamenti isomorfici per guadagnare leggittimità.

Il concetto di isomorfismo organizzativo è stato introdotto da Meyer e Rowan definendo isomorfici quei processi

attraverso i quali organizzazioni dello stesso tipo tendono ad assomigliarsi sempre più adottando strutture, strategie

e processi simili. Il processo di isomorfismo è tanto più rapido quanto più un’organizzazione dipende da risorse esterne

e quanto maggiori sono l’incertezza e l’ambiguità dei suoi obiettivi. Di Maggio e Powell introducono il concetto di

campo organizzativo, cioè un insieme di diversi tipi di organizzazioni che producono influenze reciproche. Essi

identificano, inoltre, 2 tipi di isomorfismo:

1. isomorfismo competitivo, in cui le pressioni sono dovute alla competizione tra le organizzazioni che determina

una selezione tra le più adatte alla sopravvivenza in un determinato ambiente secondo la logica della

population ecology;

2. isomorfismo istituzionale, in cui la pressione deriva dalla competizione tra le organizzazioni per ottenere

leggittimazione istituzionale e guadagnare posizioni di mercato.

L’istituzionalizzazione è il processo attraverso cui si affermano i processi sociali che emergono dall’ambiente

istituzionale. Di Maggio e Powell identificano 3 meccanismi di diffusione dell’istituzionalizzazione:

1. coercitivo, in cui le forze esterne forzano le organizzazioni ad adottare determinati elementi organizzativi;

2. normativo, deriva dai processi di professionalizzazione;

3. mimetico, in cui le organizzazioni, di fronte all’incertezza, copiano le altre oppure si uniformano ad esse per

evitare di apparire divergenti o arretrate.

Ahuja e Yayavaram specificano 5 problemi di mercato a cui le istituzioni devono rispondere efficacemente:

1. il problema delle asimmetrie informative, in cui una delle parti della transazione dispone di più informazioni

della controparte e si possono osservare problemi di adverse selection o moral hazard; questo problema

richiede l’istituzione dell’approvazione e della verifica;

2. il problema delle asimmetrie di potere, che limitano la possibilità che gli attori possano scegliere quale

comportamento adottare; questo problema richiede l’istituzione della restrizione per limitare il potere di

mercato dei partecipanti (come l’antitrust);

3. il problema dell’attuazione dei contratti, definito dalle asimmetrie temporali relative all’attuazione dei

contratti; questo problema richiede l’istituzione dell’enforcement che definisce le conseguenze dei

comportamenti scorretti;

4. il problema degli incentivi allo scambio e alla produzione, quando non c’è un meccanismo di tutela

dell’appropriabilità del valore creato; questo problema richiede istituzioni che assicurino l’imprenditorialità e

l’iniziativa;

5. il problema dell’azione collettiva, di cui il free riding può limitarne il funzionamento; questo problema richiede

istituzioni di coesione e aggregazione.

Oliver identifica 5 possibili strategie che le organizzazioni possono attuare sulla base della resistenza alle pressioni

istituzionali:

1. acquiescence, (accettazione) in cui le organizzazioni hanno volontà di conformarsi, consapevolezza dei

processi istituzionali e convinzione che tale comportamento servirà i loro interessi. si possono usare 3 tattiche:

− habit (abituarsi), l’impresa aderische in maniera routinaria alle pressioni istituzionali;

− imitate (imitare), l’organizzazione imita i comportamenti di imprese di successo;

− comply (ottemperare), l’organizzazione accetta le norme.

2. compromise, (compromesso) in cui si possono usare 3 tattiche:

− balancing (bilanciare);

− pacifying (conciliare);

− bargaining (contrattare).

3. avoidance, (elusione) in cui l’organizzazione elude la pressione istituzionale attraverso 3 possibili tattiche:

− concealing (occultare);

− buffering (tamponare);

− escaping (fuggire).

4. defiance, (provocazione) in cui si possono usare 3 tattiche:

− dismissing (ignorare);

− challenging (sfidare);

− attacking (attaccare).

5. manipulation, (manipolazione), si attua attraverso:

− co-op (cooptare);

− influencing (influenzare);

− controlling (controllare).

L’istitution based view unisce all’industry-based view e alla resource-based view la prospettiva istituzionalista e

disegna l’analisi della strategia come l’uninone tra analisi di settore, di risorse utilizzate e di framework istituzionale

creando un tripode strategico. L’istitution-based view si fonda su 2 presupposti: la razionalità delle scelte degli attori,

e il fatto che le istituzioni agiscono come strutture compensatorie. Per spiegare le differenze di profittabilità tra

imprese, l’istitution-based view concentra l’attenzione verso un tipo di extraprofitto definito rendita di influenza. Si

identificano 4 fonti di extraprofitto:

1. rendite monopolistiche, legate al potere di mercato dell’impresa che si confronta con pochi o nessun

competitor e può quindi esercitare prezzi superiori;

2. rendite ricardiane, o di efficienza, in cui le imprese con capacità e risorse superiori possono avere costi medi

inferiori rispetto alle altre;

3. quasi-rendite, di natura temporanea, che possono essere sfruttate nel breve periodo;

4. rendite shumpeteriane, o rendite da innovazione, derivano dalla possibilità di anticipare i concorrenti con un

prodotto o processo innovativo;

5. rendita di influenza, conseguita grazie alle regole del gioco disegnate per favorire un attore economico.

Le principali patologie di mercato sono:

− l’istituzione fallisce quando è assente rispetto a un determinato contesto creando posizioni di vantaggio per

alcuni attori economici. Cause di questo fallimento sono da ricercarsi nei problemi di capacità e nella

corruzione;

− il meccanismo di market ordering fallisce a causa dell’inadeguatezza a livello di scala, quando l’enforcement

non è adeguato al mercato; di tecnologia, quando questa crea delle possibilità non previste; di misurazione,

riferita alla performance dell’istituzione.

− mancanza del fit tra mercato, istituzione che lo governa e meccanismo di mercato che questa utilizza.

Quando le istituzioni falliscono e i problemi di mercato determinano patologie, le imprese possono adottare diverse

strategie atte a cogliere l’opportunità di generare influence-based rents, riconducibili a 2 intenti:

1. avoidance strategies, comprende le strategie volte a eludere l’istituzione:

− delaying (ritardare), la messa a regime di un’istituzione;

− substitution (sostituzione), formalizzare meccanismi di ordine di mercato alternativo su cui l’impresa

può ottenere maggior controllo;

− defang (disarmare), privare le istituzioni di determinati poteri;

− jurisdiction shopping (arbitraggio regolatorio), le imprese evitano il controllo dell’istituzione

selezionando una località geografica con un quadro istituzionale più favorevole;

− arbitragive morphing (travestimento), le imprese eludono il controllo modificando il proprio scopo o

estendendo all’intera impresa le azioni che attua solo in alcune unit.

2. manipulation strategies, strategie che attengono alla manipolazione delle istituzioni per identificare e cogliere

le opportunità di generazione di influence rents:

− subversion (sovversione), utilizzando l’istituzione per fini per cui non è stata progettata;

− starvation (inedia), privando l’istituzione delle risorse che la alimentano o utilizzarle a favore

dell’impresa;

− perception management (gestione della percezione), minando la reputazione dell’istituzione;

− co-optation and capture (cooptazione e cattura), influenzando la capacità decisionale dell’istituzione;

− institutional proliferation (proliferazione istituzionale), creando istituzioni alternative che risolvono lo

stesso problema poiché all’aumentare del loro numero queste diventano più deboli.

Non sempre l’organizzazione sceglie di adeguarsi, resistere o manipolare l’istituzione ma vi sono casi in cui sceglie di

impegnarsi attivamente alla ricerca di nuove soluzioni istituzionali. L’imprenditore istituzionale è colui che ha

interesse in determinate soluzioni istituzionali e che fa leva sulle risorse per generare nuove istituzioni o trasformare

quelle esistenti. Gli attori che possono assumere il ruolo di imprenditore istituzionale sono gli individui, le

organizzazioni, le professioni, i network, le associazioni, i movimenti sociali. Al fine di creare nuove istituzioni gli attori

devono essere dotati di risorse sufficienti, di cui le risorse relazionali, finanziarie, culturali, materiali, la conoscenza.

L’integrazione verticale

Mentre attraverso la strategia d’integrazione orizzontale, definita “diversificazione”, l’impresa espande l’attività a

produzioni affini a quella esistente, l’integrazione verticale è una scelta strategica che presuppone l’espansione

dell’attività alle fasi intermedie immediatamente precedenti o successive alla produzione esistente lungo la filiera

tecnologico-produttiva.

Ogni processo produttivo è composto da una serie di cicli di lavorazioni successivi che portano dalla materia prima al

prodotto finito. L’insieme di tali passaggi lavorativi costituisce la filiera produttiva. Un aumento del numero di fasi

produttive svolte internamente dalle imprese innesca un’integrazione verticale, quindi un’impresa è definita più o

meno integrata verticalmente in funzione del numero di cicli lavorativi che riesce a svolgere.

Il livello di integrazione sarà il risultato anche di fattori contingen

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
11 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Jessfrat di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Strategie d'impresa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli - (LUISS) di Roma o del prof Boccardelli Paolo.