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LAVORARE PER I PATRIZI- CONSEGNARE IL LORO RACCOLTO DEGLI ANNI SUCCESSIVI
Inoltre un'antica legge romana stabiliva che chi non fosse stato in grado di far fronte ai propri debiti sarebbe diventato schiavo del suo creditore, così molti plebei persero la propria libertà. I patrizi non risentivano della guerra dal punto di vista economico poiché potevano far lavorare le proprie terre dai propri clienti o dagli schiavi. Inoltre avevano l'uso esclusivo dell'agro pubblico cioè dei terreni che erano stati sottratti ai nemici vinti. Ad aggravare la situazione dei plebei era anche la mancanza di leggi scritte. Da tutto ciò ne conseguì che ben presto i plebei iniziarono a chiedere:
- le condizioni di vita migliori per i più poveri;
- l'annullamento o la riduzione dei propri debiti;
- la possibilità di accedere alle cariche pubbliche.
I patrizi non accolsero queste richieste. Ne conseguì la secessione dell'Aventino.
La plebe nel 494 a.C. si ritirò sul colle dell'Aventino, dove decise di fissare la propria dimora, lasciando la città senza alcuna protezione militare. La secessione dell'Aventino si concluse dopo alcune trattive condotte dal patrizio Menenio Agrippa, molto stimato dai plebei egli riuscì a sbloccare la fase di stallo grazie al famoso apologo (racconto allegorico) delle membra ribelli e dello stomaco. Questi ottennero la possibilità di Tribuni eleggere alcuni magistrati come loro rappresentanti. Essi presero il nome di Plebe: in principio furono 2, poi 5 e successivamente nel 452 a.C. 10. Essi avevano la possibilità di bloccare una legge quando pensavano che questa potesse danneggiare i plebei. Avevano il compito di fissare per iscritto le leggi della città (dodici tavole). Alcune leggi però erano contrarie alla plebe come quella che permetteva ancora la schiavitù per debito e quella che proibiva il matrimonio misto. Con il
tempo essi iniziarono anche a: - proteggere i plebei dall'arbitrio dei magistrati - convocare il senato e discutere le sue proposte - proporre leggi Ad eleggere i tribuni della plebe e gli edili della plebe era l'assemblea della plebe che nel 471 fu istituita con la legge PUBLILIA (legge votata su proposta dei tribuni della plebe. Con questa legge il concilio della plebe fu riconosciuto ufficialmente come istituzione della repubblica romana. Essa disponeva che i capi della plebe, i tribuni e gli edili, venissero eletti dalla plebe in assemblee ordinate per tribù e non per curie ed era presieduta dai tribuni della plebe. L'assemblea era riunita per tribù. Patrizi e Plebei giunsero ad un accordo perché: - Da una parte i Patrizi rimasti soli a Roma si resero conto di aver bisogno dei plebei per coltivare i campi, svolgere lavori e difendere la città dai nemici - Dall'altra parte i Plebei si resero conto della difficoltà di vivere lontano dallePropriecase senza il proprio lavoro ed il proprio guadagno. Una serie di leggi aprirà sempre più la vita politica alla plebe:
-367 a.C. leggi Licinie- Sestie: stabilivano che uno dei due consoli doveva essere plebeo. Questo provvedimento apriva ai plebei l'accesso al senato dato che a fine mandato i consoli entravano a far parte del Senato. Col tempo anche tutte le altre magistrature furono aperte alla partecipazione dei plebei.
-300 a.C. legge Ogulina: permise ai plebei l'accesso alla carica di pontefice massimo.
-287 a.C. legge Ortensia estese anche ai patrizi la validità delle leggi promulgate dai plebei.
Da questa partecipazione alla vita politica trassero vantaggio soprattutto i plebei ricchi, in quanto non tutti potevano permettersi di trascurare le attività lavorative per dedicarsi alla vita politica. Ciò porterà alla nascita di una nuova classe dirigente, la nobilitas senatori, composta dalle antiche famiglie patrizie e dalle più
ricche e influenti famiglie plebee. Questa classe politica si assicurerà il controllo politico dello Stato Romano per ben 3 secoli.
IL DISCORSO DI MENENIO AGRIPPA:
Nell'antica Roma i cittadini erano divisi in due classi: i nobili, chiamati patrizi, e il popolo lavoratore, chiamato plebe. I patrizi dopo avere cacciato i Tarquini da Roma, concentrarono tutto il potere nelle loro mani; si spartirono la maggior parte della terra e del bestiame a danno dei plebei, i componenti della plebe, i quali finirono per indebitarsi e diventare spesso schiavi del creditore. I plebei si sentirono ingiustamente sfruttati e completamente esclusi dalla partecipazione alla vita politica della città; poiché non potevano più tollerare le loro precarie condizioni di vita, idearono una forma di protesta tanto insolita quanto clamorosa. Rifiutarono la chiamata alle armi contro i bellicosi e minacciavano i confini del Lazio e lasciarono Roma, ritirandosi in massa sul monte Sacro, al di
là del fiume Aniene, a circa tre miglia fuori della cinta muraria: si creò così una grave situazione dagli esiti imprevedibili. I patrizi furono assaliti da molteplici timori: da un lato capirono che senza l’importante contributo della plebe non erano in grado di fronteggiare l’imminente guerra, dall’altro non sapevano come comportarsi con i plebei, che come diremmo oggi, avevano messo in atto uno sciopero; temevano inoltre che gli elementi plebei rimasti in città potessero insorgere, provocando gravi disordini. Su un punto tuttavia furono tutti d’accordo: bisognava trovare il modo di riconciliare, con le buone o con le cattive, la plebe con lo Stato. I patrizi decisero allora di inviare sul monte Sacro, dove nel frattempo i plebei si erano fortificati con trincee e fossati, il senatore Menenio Agrippa, che tutti conoscevano per le sue notevoli capacità di abile oratore e che poteva essere ben accetto agli insorti perché di originiLa leggenda racconta che, accolto nelle postazioni dei plebei in rivolta, riuscì a ricondurre tutti all'ordine raccontando, con garbo ed intelligenza, una semplice e toccante storia: La morale del racconto tenuto da Menenio Agrippa risultò subito chiara per tutti: plebei e patrizi dovevano restare strettamente uniti perché reciprocamente legati da comuni interessi; svolgevano infatti ruoli differenti ma entrambi indispensabili e vitali per la sopravvivenza dello Stato. La situazione fu velocemente ricomposta; furono avviate delle trattative che portarono all'istituzione di una nuova importante carica politica, quella dei tribuni della plebe, che poteva essere esercitata soltanto da esponenti della plebe e che conferiva grande potere di controllo e di opposizione contro i consoli. I plebei, appagati dall'importante riconoscimento, lasciarono l'accampamento sul monte Sacro e tornarono a Roma, riprendendo le loro usuali occupazioni.
LE LEGGI DELLE
12 TAVOLE:
Nella Repubblica Romana le prime leggi scritte civili e penali furono emanate nel 451a.C. Fino ad allora le leggi erano tramandate oralmente da giudice a giudice, ma dato che i giudici erano tutti patrizi, spesso le norme erano a danno dei plebei e favorivano i patrizi. L'incarico di scrivere queste leggi fu affidato a 10 magistrati straordinari, chiamati appunto DECEMVIRI, eletti per ben due volte, essi nella stesura di tali leggi si ispirarono alle LEGGI GRECHE. Le prime leggi scritte dalla Repubblica Romana furono dette leggi delle 12 tavole perché furono incise su 12 tavole di bronzo. Queste leggi furono importantissime poiché essendo scritte erano valide per tutti. Inoltre esse erano pubbliche, infatti erano affisse nel foro (che fu incendiato nel 390 a.C. dall'invasione dei Galli cancellando così ogni traccia delle tavole), in modo che tutti potessero conoscerle. Comunque ci sono giunte molte delle norme contenutevi grazie ad autori di epoche
successive come Cicerone e Gaio. In tal modo venivano emanatigli arbitri a favore dei patrizi. Questa fu un’evoluzione importantissima che determinòla parità dei diritti tra patrizi e plebei. Le leggi delle 12 tavole trattavano e regolavanomolteplici aspetti della vita pubblica: - nelle relazioni familiari: il padre perdeva la patria potestas su un figlio, se lo avevavenduto per almeno tre volte; - le condizioni igieniche: era proibito seppellire o bruciare i cadaveri all’interno dellemura cittadine; - i criteri di eredità: se un uomo o una donna moriva e non aveva lasciato alcuntestamento, grazie a delle leggi si stabiliva a quali familiari spettasse l’eredità; - in ambito commerciale e per i rapporti tra i vicini; - nel rapporto penale: si stabiliva, sulla base delle leggi, quale punizione spettasse perun determinato infrangimento delle regole tra esse ricordiamo la legge del taglione(simile alla vendetta: se un uomo faceva del male fisicamente adUn altro questo era autorizzato a ricambiare con la stessa pena) o la legge che prevedeva di gettare il colpevole di un grave reato dalla rupe Tarpea (dove venivano gettati i traditori condannati a morte).
Esse si fondavano sul principio di Eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Sono sorte varie leggende sul decemvirato legislativo. Una di queste attesta che i decemviri siano andati in Grecia per studiare il corpo organico delle leggi dettate dal famoso legislatore Solone nel VI secolo a.C., dato agli ateniesi. Un'altra narra come finì il decemvirato legislativo: Tito Livio scrive che la fine fu causata dal decemviro Appio Claudio poiché attentò ad una giovane fanciulla di nome Virginia. Appio Claudio si invaghì di Virginia, che sembrava però non accettare la sua corte e così Appio Claudio la dichiarò schiava e la volle prendere per sé. Allora il padre di Virginia, per salvare il suo onore, la uccise pugnalandola al petto.
Così il popolo disgustato dalla vicenda causata dal decemviro cacciò tutti i decemviri. In realtà il decemvirato nacque per creare delle leggi per dare delle concessioni ai plebei. Esso però era formato anche dai decemviri patrizi, non solo plebei. Il decemvirato fece degenerare la situazione, creando un forte divario e un acceso conflitto tra le due classi. I patrizi sostenevano che ormai si stessero dando troppe concessioni ai plebei mentre questi sostenevano il contrario. Ciò portò alla caduta del decemvirato legislativo.
L'INVASIONE DEI GALLI: I Galli sono conosciuti anche con il nome di Celti. In realtà furono i romani a chiamare queste popolazioni Galli. Essi erano una popolazione di origine indoeuropea proveniente dall'Europa centrale. Si trattava di tribù prive di organizzazione civile ma molto ben armate e quindi minacciose. Intorno al IV secolo a.C. alcune tribù celtiche, superate le Alpi, si erano stanziate
nella pianura padana. I G