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esistito quell’elemento eversivo che aveva condotto alla detronizzazione
dei re così come alla lotta patrizio-plebea. Si era dunque pronti a
contestare il potere politico se questo sembrava minacciare la salus rei
publicae, sostenuta da Cicerone come una suprema lex grazie alla quale si
possono infrangere le leggi, ma solo se la salus è realmente minacciata.
Nell’ideale disputa tra auctoritas senatus e libertas populi, il potere
personale, in una soluzione extraistituzionale, era nell’aria già in tarda
repubblica. Dopo il fallimento dell’immissione degli Italici nella
democrazia della città-stato, già il tribuno Macro aveva lanciato, nel 79,
avvisaglie alla plebe di non riporre la propria fiducia in un solo uomo
(Pompeo).
Cicerone stesse nel De re publica parla di princeps, anche se con la
connotazione di princeps civitatis, ma anche gubernator, rector,
moderator rei publicae.
Se questo è l’esito istituzionale e politico della crisi repubblicana, è anche
ora che nasce il concetto di resistenza al potere, ovvero come possibilità di
contestare i poteri vigenti.
L’Italia municipale
3. [69]
La guerra sociale condusse ad un mutamento significativo nella
compagine politico-istituzionale delle municipalità. Le colonie latine
e le città foederatae italiche erano ormai costituite da cives Romani che
esigevano una riqualificazione istituzionale. Roma sceglierà la formula
dei municipia per incorporare le comunità esterne.
Il processo della municipalizzazione fu facilitato dall’esistenza di modelli
condivisi, come il fundum fieri, il dispositivo giuridico che consentiva ad
una comunità non romana di adottare nei propri ordinamenti misure
legislative romane.
Roma cercherà così di strutturare le comunità principali in un
assetto uniforme. Si trattava spesso anche di ridefinire i confini e di
procedere alla catastazione delle terre.
Le colonie latine e le città foederatae acquisirono dunque lo
statuto di municipia e vennero amministrate da quattuorviri (due iure
dicundo e due aedilicia potestate). I magistrati locali venivano rivestiti di
poteri giurisdizionali. I magistrati superiori tenevano pure il censo ogni
cinque anni (erano detti quinquennales).
Gli ex-magistrati, secondo il modello romano, formavano l’assemblea dei
decurioni, il Senato locale, che aveva facoltà normativa solo nella
municipalità.
Più faticosa e lenta fu la sistemazione delle aree rurali. Prima della guerra
sociale, l’ager Romanus era strutturato in prefetture. La realtà
abitativa rurale poteva presentarsi strutturata in fora, conciliabula, agri
con insediamenti viritani e villae. Se c’erano i requisiti richiesti, la struttura
poteva mutare anche qui in un municipio, altrimenti rimaneva la scansione
in prefetture.
Importante fu sino dall’età cesariana la realizzazione dei censi locali.
All’interno di questo contesto territoriale si venne definendo una duplice
sfera di appartenenza del civis Romanus, la cosiddetta doppia
patria di Cicerone: ogni civis Romanus era civis della piccola patria, la sua
città di nascita, e cittadino anche della grande patria Roma.
Il civis Romanus e la res publicae
4.
Analizziamo ora i rapporti tra cittadino e repubblica. Il civis Romanus era
ricompreso nel ius civile, il diritto che regolava la civitas. Il diritto
individuale era invece molto condizionato dalla patria potestas. Il dovere
del cittadino era la tutela della salus rei publicae.
La res publica per i Romani non intendeva solo, in senso astratto, un
ente sovraordinato, bensì individuava in concreto la comunità dei
cives Romani singolarmente individuati ed organizzati sulla base del
diritto per tutelare un proprio comune interesse (cfr. Cicerone).
Tutti i cittadini romani, fatta salva la patria potestas, avevano i
medesimi diritti, sebbene nei fatti alcune condizioni d’accesso
permettevano la fruizioni a pochi di essi.
[70]
A fondamento della condizione di cives in seno alla civitas si pone il diritto
dell’individuo, una volta acquisita la cittadinanza, di disporne in libertà. La
cittadinanza è insomma un diritto.
Nella sfera dei diritti riconosciuti al cittadino romano, il diritto politico è
riconosciuto come diritto sostanziale e si esprime innanzitutto nel ius
suffragii, simbolo della partecipazione diretta. Il diritto di voto non solo è
riconosciuto ma è anche garantito nella sua libera espressione. Le leges
tabellariae renderanno segreti i voti.
Altra forma garantita di diritto politico era il ius honorum, il diritto a
rivestire le magistrature.
Un secondo ambito di diritto riconosciuto è quello giudiziario: il civis
Romanus è titolare del ius provocationis per garantire un giusto
processo.
Nell’ideologia dei paria iura la situazione socio-economica inciderà però
pesantemente in ambito processuale.
Riguardo alla sfera economica, è fortemente garantito dalla normativa
il diritto di proprietà, del raccolto e degli schiavi. Accanto alla proprietà
è tutelato anche il possesso.
La tutela della sfera economica del civis coincideva con la tutela stessa
della res publica.
Nella sfera dei diritti civili si collocano altre forme di diritto di
salvaguardia della persona, garantite dalla produzione legislativa
sillana. Accanto a questa ricordiamo l’inviolabilità dell’omicidio, il diritto
del prigioniero di tornare in patria nel suo vecchio status, il diritto alla
libera circolazione, il diritto al nome ed a forme di religione privata, di
parola e d’espressione.
Estendendosi la concezione ad un contesto più allargato della civitas e del
ius civile che la regolamenta, si giunge all’idea dell’uomo membro
della natio e della comunità umana. I peregrini vengono riconsiderati
in ordine a quel più ampio sistema di diritto che è il ius gentium.
La Roma dei principi
Augusto (27 a.C.-14 d.C.)
Le nuove forme del potere
1. I poteri di Augusto
1.1.
I poteri di Augusto si vennero ampliando e precisando col tempo.
Tra fine 33 ed inizio 32 Ottaviano tenne l’imperium triumvirale. Nel 31
cominciò a ricoprire la carica di console che rinnovò fino al 23, tenendo
dunque in questa fase l’imperium consulare. Nel 23 ebbe l’imperium
proconsulare. Dal 19 ebbe l’imperium allargato a “potere consolare” con le
insegne relative. Augusto necessitava di un potere che coprisse tutte
le prerogative nei meccanismi della politica interna per il pieno
controllo della vita pubblica e dell’ordine nell’Impero. Le prerogative
[71]
consolari davano il potere di convocare comizi popolari. Da ricordare
anche i poteri censori che assunse nell’8 e nel 14 d.C.
Dal 19 Augusto ebbe un imperium complesso che andò oltre le
tradizionali prerogative dell’imperium consulare.
In relazione all’imperium di Augusto non pare che vi siano stati mutamenti
nel Principato. Ottaviano restituisce al Senato ed al popolo romano
la res publica rimessa da lui in piedi dalla catastrofe delle guerre civili,
avendo per questo meritato l’appellativo di Augusto dal Senato
stesso, oltre ad altri onori.
Con l’imperium proconsulare Augusto ebbe la piena facoltà di occuparsi
delle legioni, facendolo capo militare a tutti gli effetti.
Cassio Dione ci riferisce dell’imperium proconsulare di Augusto come
maius rispetto a quello degli altri titolari di imperia. Augusto stesso
definisce di non aver mai ricevuto altro che i suoi colleghi non avessero
ricevuto. Definisce poi l’imperium proconsulare di Agrippa del 18 come
“inferiore a nessun altro”.
Insomma, l’imperium di Augusto gli dava la possibilità di aver potere in
ogni ramo civico e militare, mentre la sua auctoritas rendeva
questo potere superiore agli altri. Un imperium maius lo avrà invece
Tiberio.
Accanto all’imperium Augusto ebbe dal 23 la piena tribunicia potestas,
con annessa inviolabilità e ulteriore credito morale. Dal 2 a.C. avrà anche il
titolo di pater patriae.
Gli organi repubblicani e le nuove funzioni
1.2.
Tacito osserva che, col regime di Augusto, le definizioni delle istituzioni
rimanevano le stesse, anche se erano state svuotate di contenuti.
I ruoli delle magistrature erano stati devitalizzati sia dai poteri di
Augusto stesso sia dalla concorrenziale serie di prefetture, curatele e
procuratele che coprivano i nova officia.
Un segno della decadenza del consolato è nel raddoppio della coppia
consolare nell’anno.
Quanto alle assemblee popolari, esse continuavano ad avere una funziona
legislativa grazie appunto all’iniziativa tribunizia augustea, ma la tendenza
andava verso l’esautoramento.
A lato continuava l’attività giurisprudenziale, ma con un’importante
innovazione: Augusto permise ad alcuni giurisperiti di dare
responsa ex auctoritate Augusti. La funzione giudiziaria i comizi
l’avevano persa da tempo con l’introduzione delle quaestiones perpetuae.
Quest’ultimi, in età imperiale, decadranno a favore delle quaestiones extra
ordines, inizialmente tenute in Senato e poi negli organi designati.
L’attività elettiva è la funzione dell’assemblea popolare che
sparisce forse per prima. Il comizio centuriato non farà altro che
confermare i destinati proposti dalle dieci centurie senatorie-equestri
appena istituite. Queste centurie si scioglieranno già sotto Tiberio e la
destinatio passa al Senato, il cui compito sarà anche nominare i
candidati per le magistrature minori.
[72]
Il Senato è, insomma, l’unico organismo della costituzione mista
repubblica che non perde potere, ma anzi ne guadagna in tutti i
campi. T. Mommsen parlò del Principato come di una diarchia fra
principe e Senato.
Ai luoghi tradizionali del potere se ne aggiunge uno nuovo: la corte, che
ruota attorno al principe ed alla domus Augusta.
L’ideologia
2.
Un regime di potere basato sull’auctoritas necessitava un forte apparato
ideologico che ne sostenesse la preminenza etica. A Roma non poteva
nascere un’ideologia del Principato per via istituzionale e dunque si
passò attraverso l’ideologia del privato che interviene a salvezza
della cosa pubblica. Teoria che Cicerone fa risalire al Bruto tirannicida.
Collegata a questo elemento è la struttura del nucleo familiare che emerge
nella crisi delle istituzioni pubbliche. E’ il caso della famiglia Giulia che
elabora attorno alla sua origine divina una costruzione che ne individui un
destino di preminenza a Roma. E’ il collegamento fra fase privata e
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