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Bentam, l'utilità è alla base dell'azione morale, che può essere giudicata e calcolata in funzione del piacere o del dolore che arreca all'individuo. Il medesimo criterio deve poter guidare l'attività legislativa il cui scopo è dunque l'utile comune ovvero la massima felicità del maggior numero possibile di persone. Così l'efficacia dell'azione politica può essere misurata in relazione ai miglioramenti che concretamente è in grado di produrre.

La nascita degli Stati Uniti

La guerra di indipendenza fra il 1775 e il 1783, oppose alla madre patria 13 colonie inglesi del nord America. La rivoluzione americana fu il primo esempio di lotta di liberazione condotta vittoriosamente da un paese extraeuropeo contro una potenza del vecchio continente. Formatesi in tempi diversi, abitate da popolazioni tutt'altro che omogenee per religione e per etnia, le colonie del nord America differivano.

profondamente fra loro anche per ciò che riguardava l'economia e l'organizzazione sociale. Nel complesso, l'economia delle colonie era strettamente integrata con quella della madrepatria, che, in base agli atti di navigazione si riservava il monopolio sui commerci da e per le provincie d'oltremare. La quasi totalità della produzione coloniale era destinata ai mercati britannici; mentre l'industria locale era ostacolata per evitare che entrasse in concorrenza con quella della madrepatria. A questa stretta dipendenza economica faceva riscontrare una notevole autonomia sul piano politico. Dall'inizio del 700 tutte le colonie furono poste sotto il controllo di un governatore di nomina regia, affiancato da consigli anch'essi nominati dall'alto. A questi consigli si affiancavano però assemblee legislative elette dai cittadini. Nel corso del tempo, le assemblee legislative assunsero poteri sempre maggiori nella conduzione degli affari delle colonie,

realizzando così esperienze di governo rappresentativo. Forme molto ampie di autogoverno si realizzavano anche a livello delle comunità locali, che godevano ovunque di larghissime autonomie: il che era dovuto in parte alle condizioni geografiche (le difficoltà di comunicazione rendevano problematico l'esercizio di un forte potere centrale), in parte ai valori politico-religiosi cui si ispiravano i coloni, molti dei quali erano emigrati in America per sfuggire a persecuzioni o per sperimentare nel nuovo mondo nuovi modelli di convivenza civile e religiosa. Il pluralismo, la tolleranza, la difesa delle autonomie locali erano valori condivisi dall'intera società coloniale, anche se limitati all'universo bianco e cristiano. Fino agli anni '60 del secolo XVIII, il problema dell'indipendenza rimase sostanzialmente estraneo agli orizzonti politici e alle aspirazioni degli abitanti del Nord America. I coloni di origine inglese non cessavano di sentirsi.

innanzitutto, è importante per i sudditi della corona britannica fare costante riferimento alle idee e agli schieramenti politici della madrepatria. Troppo forti erano i vincoli con la madrepatria e troppo deboli i legami reciproci tra le 13 colonie perché un'identità americana potesse svilupparsi spontaneamente. Il sostegno militare della madrepatria era inoltre considerato indispensabile per proteggere la sicurezza delle colonie contro le insidie delle due potenze cattoliche (Francia e Spagna). La guerra dei 7 anni, che vide le colonie impegnate in un lungo e duro scontro con i francesi e le tribù indiane - loro alleate - parve segnare il momento di massima unione fra la Gran Bretagna e le sue colonie. In realtà, fu proprio la guerra a porre le premesse per un contrasto che si sarebbe presto rilevato insanabile. All'indomani della pace di Parigi del 1763, l'Inghilterra si trovò padrona di un vasto impero nord-americano che si estendeva dal Canada alla Florida.

Per consolidare e difendere questo impero, dovette però aumentare considerevolmente la sua presenza militare sul continente: un impegno che gravava moltissimo sulle finanze inglesi. Di qui il tentativo del governo britannico di esercitare un più stretto controllo sulle colonie e di addossare sulle loro spalle una parte crescente delle spese necessarie alla loro sicurezza. Nel '64 fu emanata una nuova legge sul commercio degli zuccheri (sugar act) che colpiva con un forte dazio le importazioni di zucchero dai Caraibi francesi. Un anno dopo il Parlamento approvava un'altra legge che imponeva alle colonie una tassa di bollo sugli atti ufficiali e sulle pubblicazioni. Queste misure provocarono un brusco deterioramento nei rapporti fra la corona e i sudditi delle colonie. Di fronte alla protesta delle colonie il Parlamento inglese revocò lo Stamp act ma al tempo stesso intensificò i provvedimenti che imponevano alle colonie dazi di entrata su numerose merci. I colonireagirono intensificando le azioni di protesta. In alcune zone fu attuato il boicottaggio delle merci provenienti dalla madrepatria. Della protesta si fecero interpreti le assemblee legislative e i numerosi periodici politici delle colonie. Intellettuali e giornalisti di orientamento liberale-radicale come Franklin, Dickinson, Adams, Jefferson, pubblicarono opuscoli polemici in cui si faceva appello alla stessa tradizione del parlamentarismo britannico: in particolare al principio secondo cui nessuna tassa potesse essere imposta senza l'approvazione di un'assemblea in cui i diritti dei tassati trovassero adeguata rappresentanza. Nemmeno il ritiro dei dazi di entrata valse a far rientrare la mobilitazione. Non ci si limitava più a rifiutare i tributi imposti, ma si affermava che le assemblee legislative, in quanto unica rappresentanza legittima delle colonie, andavano messe sullo stesso piano del Parlamento inglese. A dare nuovo slancio alle correnti radicali fu un provvedimento.che assegnava alla Compagnia delle indie il monopolio dellavendita del te nel continente americano, danneggiando gravemente i commercianti locali. Nel portodi Boston un gruppo di "figli della libertà" travestiti da indiani assalirono alcune navi dellacompagnia delle indie, gettando a mare il carico di te. Il governo inglese rispose con dure misure diritorsione, in tutte le colonie i giudici americani furono sostituiti da funzionari britannici. Da questomomento in poi, la ribellione divenne aperta e generalizzata. Nel settembre 74, in un primocongresso continentale tenutosi a Filadelfia, i rappresentanti di tutte le colonie si accordarono perportare avanti le azioni di boicottaggio e per difendere con ogni mezzo le proprie autonomie. Ilgoverno inglese rispose avanzando alcune proposte conciliative, ma intensificando al tempo stessola repressione militare in Massachusetts. Si ebbero così i primi scontri armati. In maggio unsecondo congresso continentale, semprea Filadelfia, decideva la formazione di un esercito comunee ne affidava il comando a George Washington. Lo scontro fra l'Inghilterra e le colonie del nordAmerica si presentava in partenza come una lotta impari. La stessa opinione pubblica delle colonie, pressoché compatta quando si era trattato di sostenere la protesta contro le tasse e i dazi, si divisenel momento in cui si passò allo scontro armato. Molti coloni, soprattutto fra gli appartenenti ai cetipiù agiati, assunsero un atteggiamento lealista e combatterono al fianco degli inglesi. La tesi indipendentista era invece sostenuta soprattutto dagli intellettuali e dai ceti inferiori. L'atteggiamento intransigente di Giorgio III che dichiarò ribelli tutti i coloni americani, fece fallire ogni ipotesi di soluzione pacifica e diede maggior forza alla tesi indipendentista. Il 4 luglio 1776 il congresso continentale approvò una dichiarazione di indipendenza che può essere considerato

Il vero atto di nascita degli Stati Uniti d'America. Un documento storico che, oltre a enumerare i motivi del contrasto, si richiamava nella premessa ai principi-cardine del pensiero illuminista (i diritti naturali e inalienabili dell'uomo). Dal punto di vista militare le prime fasi del conflitto non furono favorevoli agli americani. La posizione degli insorti era precaria e grave era anche la situazione finanziaria. A favore degli indipendentisti agivano però alcuni importanti fattori esterni.

Il primo fu la solidarietà della opinione pubblica europea: a partire dal '77 giunsero a dar manforte agli insorti numerosi volontari provenienti da diversi paesi europei. Ma l'aiuto decisivo venne dall'intervento delle potenze europee rivali dell'Inghilterra: Francia, Spagna, Olanda fornirono ingenti prestiti agli insorti. Alla fine del '78, la Francia riconobbe l'indipendenza delle colonie e, nel gennaio del '78, firmò con esse un patto di alleanza militare.

L'intervento della Francia non capovolse immediatamente le sorti, ma creò grosse difficoltà all'Inghilterra. Gli inglesi riportarono ancora alcune importanti vittorie ma non riuscirono a sfruttare questi successi per la mancanza di adeguati rifornimenti. Nell'estate dell'81, gli americani passarono al contrattacco e posero l'assedio a Yorktown dove si era concentrato il grosso delle truppe britanniche. Con la resa di Yorktown la guerra poteva dirsi virtualmente conclusasi. Le ostilità si prolungarono ancora per un anno. Nell'autunno dell'82, furono avviate le trattative di pace, che si conclusero con il trattato di Versailles del settembre 83. Col trattato l'Inghilterra riconosceva l'indipendenza delle tredici colonie. Per tutta la durata della guerra, solo l'esercito e il congresso erano stati espressione comune di tutte e 13 le colonie. Per il resto si erano governati da soli e si erano dati propri ordinamenti.

Proprie carte costituzionali. A guerra conclusa, i problemi derivanti dall'assenza di un forte potere centrale si fecero sentire in termini sempre più acuti. Il congresso continentale non aveva autorità sufficiente per imporsi ai singoli stati. Si giunse così alla convocazione di una convenzione costituzionale che aveva lo scopo limitato di emandare gli articoli di confederazione. In realtà i 55 delegati della convenzione andarono ben oltre il compito affidatogli e crearono un'architettura costituzionale completamente nuova. Ispirandosi al principio della divisione e del reciproco equilibrio dei poteri. La costituzione dava vita a nuovi organi federali, in grado di esercitare la propria autorità su tutti i cittadini della confederazione, che si trasformava così in unione, acquistando la fisionomia di un vero e proprio stato. Il potere legislativo era esercitato da due camere, le cui modalità di elezione erano regolate dai singoli stati.

La camera dei rappresentanti, che aveva competenza per le questioni finanziarie, era eletta in base al numero degli abitanti. Il Senato, cui spettava il controllo sulla politica estera, era invece composto da due rappresentanti per ogni stato.
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Publisher
A.A. 2011-2012
80 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof D'Avenia Fabrizio.