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Compagnie des iles d’amerique che importò prima engagés bianchi poi schiavi neri. La danimarca si
fece posto nelle antille ove si impiantò canna da zucchero. In questo periodo si inaugurò la terza fase
con Inghilterra e Francia che soppiantavano olandesi e portoghesi. Dalla metà del 600 gli schiavi neri
cominciarono a superare gli ingaggiati bianchi e dal 1670 l’approvvigionamento di schiavi verso il
nuovo mondo dall’africa verso il nuovo mondo divenne stabile. Dal 500 la tratta si espandeva lungo tre
itinerari e non vi furono implicati solo gli europei, ma anche la società africana stessa che contribuì a
rifornire gli europei di schiavi. Nacquero così anche i negriers noirs. Nella tratta del nord atlantico
viaggiavano navi cariche di merci che partivano dai porti europei, per approdare in africa ove si
svolgeva lo scambio tra uomini e merci, per poi ripartire verso il nuovo mondo. Esistevano altri due
persorsi quello luso-brasiliano che collegava direttamente il brasile con l’africa senza il passaggio a
lisbona e la tratta dell’oceano indiano sembra dal brasile verso Madagascar e africa
occidentale/orientale. In europa i principali porti negrieri erano Liverpool e Bordeaux. In Francia invece
era Nantes. Decisamente minore era il commercio in danimarca. In africa furono invece istituiti dai vari
paesi veri e propri forti che fungevano da depositi e da guarnigioni militari (soprattutto in guinea,
gabon e congo). Da qui partiva la maggior parte degli schiavi (80%) che andava soprattutto verso le
antille. Non mancarono commercianti di altri spazi geografici come gli italiani. Durante questa fase
iniziale la deportazione era monopolio statale affidato alle compagnie commerciali. In seguito dal 700
cominciò un periodo di liberalizzazione dove le compagnia cedettero una parte dei loro privilegi a
privati in cambio di compensi. In Francia agli armatori di Nantes, mentre in spagna si passò all’asiento
de negros: lo stato concedeva la tratta a privati in cambio di un contributo. La tratta era sicuramente
un commercio molto lucroso e insieme alla schiavitù ha sicuramente contribuito allo sviluppo
economico occidentale. Questo aspetto si intreccia con altri per spiegare il decollo dell’economia come
l’arrivo di argento e oro in Europa; in inghliterra la confisca delle terre di ordini religiosi durante la
riforma anglicana, gli enclosures; in Francia la vendita dei beni nazioni e altri commerci (spezie). La
tratta ha quindi contribuito all’economia occidentale anche perché coinvolgeva una vasta rete di gruppi
sia implicati che non, come armare una nave, i dottori, etc. nonostante tutto non garantiva guadagni
sicuri a causa soprattutto di conflitti bellici che causarono un calo di importazione di schiavi. Inoltre il
middle passage (traversata dell’atlantico) durava due mesi e con alti tassi di mortalità a causa di
malattie e malnutrizione. Anche le rivolte di schiavi a bordo potevano finire con la perdita totale o
parziale del carico. Malgrado tutto, la tratta rimase in ascesa e crebbe notevolmente durante il 700.
Anche nell’800 si continuò a praticare, nonostante ci furono leggi che la abolissero. I guadagni della
tratta venivano poi reinvestiti e ad esempio in Gran bretagna andarono a finanziare il sistema bancario
(braclay’s) o assicurativo (Lloyd’s). questo denaro contribuì quindi all’industrializzazione della gran
bretagna, prima potenza negriera del 700. In Francia non mancarono casi di industriali come i perier di
grenobles che erano legati ai gruppi schiavisti e i cui redditi furono reinvestiti nell’industrializzazione
ottocentesca francese. Tutto questo ebbe e ha tutt’ora ricadute sulla storia dell’africa. Forte risultava il
legame tra il take off occidentale e il sottosviluppo africano. Infatti in africa furono prelevati uomini
giovani e attivi dal punto di vista economico che non potettero aiutare il loro paese a svilupparsi.
Tuttavia in alcune zone ci fu un miglioramento delle condizioni di vita con la tratta a causa delle
continue carestie, ma solo in una piccola parte. Ovunque nel mondo coloniale fu quindi introdotta la
schiavitù di fatti dapprima regolamentata da singoli provvedimenti, quindi da legislazioni volte a
istituzionalizzare la pratica. Nacquero i codici neri o slaves codes che regolamentavano l’esistenza dei
neri, schiavi e liberi, dei mulatti, degli zambos (nati da unioni tra neri e indios), ma imponevano pure
norme ai bianchi. Nelle tredici colonie inglesi in america ci furono varie fasi di regolamentazione: nella
prima erano emanate leggi dagli organi di governo locale coloniale; poi ogni colonia si dotò di leggi
specifiche che confluirono negli slaves codes (il primo fu emanato in Virginia del 1705). In genere le
legislazioni del sud erano più severe e variavano dalla proibizione della vendita di alcolici ai neri, al
divieto di circolazione di notte. Per ogni legge infranta c’era anche la sua giusta punizione, culminante
nella condanna a morte in caso di fuga. Tutte le colonie definirono così lo statuto giuridico dello schiavo
come bene mobile commerciabile (coatte property). Durante il 700 la maggior parte degli schiavi era
concentrata a sud grazie alla maggiore disponibilità di terra da coltivare e per ragioni climatiche che
avevano condotto il nord alla piccola proprietà terriera e il sud alle grandi piantagioni monocoltura. Al
nord esistevano fenomeni di emancipazione (anche di ascesa sociale come Phillis Whatley, una
poetessa nera), al sud invece fu rimarcata la separazione tra schiavi e bianchi. La questione si accentuò
di più durante la rivoluzione del cotone, provocando un aumento forte di presenza schiavile. Molte
colonie del nord, in seguito, sancirono l’emancipazione degli schiavi, ma raggiungere le frontiere era
difficile e pertanto anche la libertà. Nelle colonie francesi la popolazione schiavile venne emanato
invece il code noir che doveva garantire l’uniformità religiosa cattolica di tutti i sudditi. Alcuni articoli
riguardavano la cacciata degli ebrei, il matrimonio che poteva avvenire solo tra cattolici e per gli altri
era proibito, gli schiavi potevano sposarsi solo col consenso del padrone e con rito cattolico. Riguardo
allo status, gli schiavi erano etre meubles, ossia oggetti. I nati da schiavi restavano schiavi. Non
potevano commerciare, lasciare eredità e puniti severamente in caso di furti, aggressione al padrone e
in caso di fuga anche la morte o il taglio delle orecchie. Venivano tuttavia regolamentati anche i padroni
che dovevano fornire loro abbigliamento e cibo, picchiarli, ma non torturarli. Per quanto riguarda
l’affrancamento i padroni dai 20 anni in su potevano renderli liberi e solitamente venivano liberato i nati
da relazioni tra schiave e padroni o il personale domestico. Questi liberi erano i libres de couleur e una
volta liberi si dedicavano ad artigianato, commercio ecc.. Nonostante tutto furono subito discriminati e
impossibilitati nel svolgere varie funzioni. Il code noir fu elaborato per le antille, ma poi esteso alle altre
colonie francesi con delle revisioni. Per quanto riguarda le colonie spagnole le prime ordinanze furono
emanate a Hispaniola e poi alle altre colonie, erano solo provvedimenti per problemi locali. Così il
governo cercò di razionalizzare il sistema legislativo a causa dei numerosi affrancamenti e dei
marronages. Il marronage era un fenomeno tipico della resistenza schiavile nelle colonie spagnole e
portoghesi e consisteva nella figa di migliaia di schiavi se grande, di un singolo se piccola. Diventare
marron significa vivere il resto della propria vita in clandestinità. Gli spagnoli provarono ad elaborare un
testo come il code noir francese, il codigo negro, ma non ebbe molto successo. Gli schiavi non erano
presenti solo nelle colonie infatti nel 700 molti arrivarono anche in europa insieme al rimpatrio dei
coloni. In Francia a causa della perdita di colonie come il Canada ci fu un incremento dopo il 1763.
L’arrivo di schiavi fu accompagnato da leggi che regolamentassero la loro condizione giuridica. L’edit
du roi concernano les enclave negres des colonies fu un primo passo. Autorizzava l’arrivo di schiavi in
Francia, ma senza affrancamento. Il decreto successivo fu la declaration royale dove si imponeva il
rimpatrio degli schiavi nelle colonie entro tre anni (questo a causa della forte crescita in Francia).
Successivo ancora è la declaration du roi pour la police de noir, novità essendo la prima legge non
contro gli schiavi, ma contro gli uomini di colore. Infatti prevedeva il divieto assoluto di introduzione in
Francia di neri, mulatti e altri, pena una multa. Questa finì per scoraggiare nuovi ingressi, ma anche per
peggiorare le condizioni di vita dei neri liberi. Infatti la loro l’integrazione non era semplice. In gran
bretagna la situazione non era diversa: c’era un commercio interno di schiavi che venivano impiegati in
commercio, artigianato e servizio domestico. Non c’erano norme scritte che regolamentassero la loro
vita in GB, quindi i giudici facevano un po’ come pareva loro. In portogallo venne introdotta l’alvara che
dichiarava liberi tutti quelli che venivano introdotti in modo illegale, ma non per scopi di certo
umanitari. Altre future, invece, furono atti di umanitarismo come la legge che rendeva liberi i figli di
schiave nati da relazioni con padroni.
3 – il dibattito intellettuale
I fondamenti ideologici della schiavitù nel mondo occidentale derivano da fondamenti antichi
costantemente richiamati nei secoli. Dal mondo classico provenivano teorie che tendevano a
giustificare la schiavitù come qualcosa di normale e naturale (Aristotele), in quanto gli schiavi erano
privi di ragione, ma nati per obbedire e con una forza fisica adatta ai lavori manuali. Anche nel diritto
romano la schiavitù viene giustificata (codice di giustiniano). Nella tradizione cattolica la convivenza tra
tradizione cristiana e schiavitù durò per secoli. Il cristianesimo ricopriva un ruolo ambiguo in quanto
nelle sacre scritture si ritrovano differenti posizioni. Ad esempio nel nuovo testamento si parla di
persone tutte uguali, senza differenze, mentre nell’antico la prassi è legittimata. Anche nelle scritture di
san paolo la schiavitù non è condannata e lo stesso santo esorta gli schiavi ad accettare la loro
condizione, mentre ai padroni di trattarli con dolcezza. San paolo sottolinea il valore spirituale della
sachivitù, dove si trova la vera libertà e la connessione con dio. il filosofo Agostino individua le radici
della schiavitù nel peccato originale. Un’espiazione per una colpa individuale o collettiva. In epoca
medievale San Tommaso concilia la dottrina aristotelica dello schiavo naturale con l’idea agostiniana
della schiavitù come castigo. Così tra 400 e 500 l’occidente aveva a disposizione una moltitudine di
idee per giustificare questa pratica. Nelle gerarchi